Quella mattina stranamente per le vie di Los Angeles c’era poca gente. Niente fan accanite che ci inseguivano, niente fotografi irritanti pronti a cogliere le espressioni più bizzarre che si disegnavano sui nostri volti stanchi ed assonnati. Non vedevo l’ora di tornarmene a casa e dormire, recuperare tutto il sonno perso in quei giorni a causa dei troppi concerti uno di seguito all’altro.
Joe camminava accanto a me, lo sguardo perso davanti a lui. Trascinava a fatica gli scarponi sul marciapiede, i Ray-Ban un po’ abbassati, i capelli sempre spettinati. Ma piaceva così.
Kevin era scappato da Danielle appena avevamo finito le ennesime prove. Col suo solito sorriso da perenne innamorato, ci aveva lasciato a piedi.
E così, con molta lentezza, ci eravamo incamminati verso casa. Evitammo di prendere un autobus o la metropolitana: avevamo cara la vita. Il nostro era un quartiere tranquillo, qualche villa, poche auto. Passammo davanti ad un negozio che piaceva tanto a nostra madre. Non ci avevo mai trovato niente di interessante se non qualche maglietta ogni tanto, ma davo sempre un’occhiata. La vetrina era grande con due manichini ai lati e lasciava intravedere anche l’interno. Era proprio davanti ai camerini. Distrattamente, guardai il reparto uomo, ma la mia attenzione fu catturata da una figura snella, davanti ad uno specchio. Girava più volte su se stessa. Indosso aveva un abitino di seta nero, corto sopra le ginocchia. Gli spallini erano fini, quasi non si vedevano. La pelle chiara risaltava come una stella nel cielo notturno. Piegò la testa da un lato ed una ciocca di capelli, lunghi e lisci, le cadde sul collo; li prese tutti con le mani e se li tenne sulla testa, lasciando nuda la schiena. Il suo viso era puro e semplice: acqua e sapone. Niente trucco, era al naturale. Occhi grandi marrone chiaro, come i capelli, contornati da ciglia lunghe e nere come la pece. Le labbra fini si contorcevano ai lati in una smorfia: il vestito non le doveva piacere poi così tanto. Arricciò il naso e lasciò cadere il ciuffo.
Tutto questo in pochi secondi. Ero bloccato davanti alla vetrina. Joe non si accorse subito della mia assenza al suo fianco.
“Bro, che fai?” mi domandò tornando indietro. Si misi a scrutare l’interno del negozio in cerca di cosa, o chi, potesse attirare la mia attenzione.
“N-Niente, guardavo” balbettai poco convincente.
“Oh, oh.” esclamò “E’ carina!”.
“Ma che hai capito?” tentai di mascherare la voce tremante.
“La commessa! Guarda, cavolo!”. Joseph, Joseph, Joseph. Sempre il solito.
“Veramente, non guardavo quella” mi tradii. Subito dopo aver pronunciato quelle parole me ne pentii e mi morsi la lingua fino a farla sanguinare.
“E certo! Ora ho capito. La ragazza”. Mi guardò alzando un sopracciglio.
“Perspicace” borbottai.