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Autore: Sorella_Erba    16/05/2010    1 recensioni
Era triste. Come se lo stereotipo dell’incomprensione fra uomo e donna avesse la precisa intenzione di spingere ciascuno fra le braccia di persone dello stesso sesso. Affinché potessero comprendersi.
Fan fiction partecipante al contest 2010: a year together , indetto dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight since 01.06.08 }
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sussurri alla menta all’una di notte – 14 maggio.

 

Montgomery non aveva l’aria di uno che si era divertito alla grande. Quando era entrato nella sua stanza, nel pomeriggio, per chiedergli di prestargli quella giacca di pelle nera fan-ta-sti-ca, aveva annunciato che la sera stessa sarebbe passato dal campus delle ragazze per prendere Marianne e portarla al concerto di un gruppo locale – ovviamente ignoto a lui, Ethan, che avrebbe dovuto rifarsi al più presto un’intera cultura sulla musica indie della sua epoca. Prima di uscire in tutta fretta, aveva messo sotto una piccola montagna di libri sulla filosofia ottocentesca costruita esattamente nei pressi della porta, distruggendola e spargendo ogni frammento cartaceo sul pavimento già ingombro. Ethan pensò che avrebbe dovuto ringraziare il “grande Dio del Rock” perché il mattone di storia non gli fosse arrivato in testa, provocandogli una sicura commozione cerebrale.

All’una di notte, invece, fu proprio Ethan a sentire la necessità di pregare.

«Sei sveglio, matricola. Lo so che sei sveglio. Stavi per bestemmiare».

«Mick… dannazione, spegni la luce. Cazzo».

«Vorrei poter accontentare la tua seconda richiesta».

Ethan sbuffò, sforzando gli occhi nel tentativo di abituarli alla luce. Per sua fortuna, Mick Montgomery sapeva quando fosse necessario utilizzare quell’organo chiamato cuore: spense la luce e, avvicinandosi al letto, accese l’abat-jour sul comodino occupato da fogli di carta appallottolati e indumenti.

«Sei senza mutande, Ethan?», sghignazzò indicando un paio di boxer neri sul pavimento, imitando l’accento texano di Ozzy. Si sedette per terra, sistemando la schiena contro al letto, la testa all’indietro poggiata sulle coperte.

«Rompicoglioni idiota bambino, perché sei venuto a quest’ora a sfracellarmi le- ».

«Non è andata».

Silenzio.

Ethan si morse la lingua, il viso nascosto a metà dalle coperte. «Marianne non…».

«Esatto. Dice che è stanca. Vuole una persona più… be’, seria».

Ethan non seppe che rispondere. Desiderare qualcuno di serio significava semplicemente non volere più avere intorno Mick.

Mickey.

La sola persona sciocca, spontanea e fastidiosamente allegra che Ethan avesse mai conosciuto e che mai – era certo – mai sarebbe cambiata per qualcun altro. Neanche per la donna amata o per l’amico-che-tanto-amico-non-sembrava.

«Alle volte penso che con gli uomini possa essere diverso».

«Mh?».

Eccolo. Ritornava all’attacco.

«Ci si capisce, Ethan. Non è così complicato, siamo tipo… standardizzati».

«Che cazzata. Ognuno ha la propria personalità, il proprio modo di reagire alle situazioni e…».

«Ti prego, Ethan. Usiamo gli stessi cliché per le azioni più abitudinali, quasi ci avessero fabbricato seguendo uno schema. Con lo stampino, no? Pim!».

Ethan rifletté su quelle parole, taciturno.

«So a cosa stai pensando, ad esempio. La stessa cosa che penso io».

«Che ti ha detto?», chiese rapido Ethan, deviando il discorso. E stranamente, Mick accondiscese. Allora ne aveva davvero bisogno.

«Sai questi discorsi squisitamente nonsense fra uomo e donna? Del tipo lei “tu non mi capisci” e lui “cosa intendi dire?”. Ecco, così».

Ethan rise a quella battuta, senza trovarla tuttavia divertente.

Era triste. Come se lo stereotipo dell’incomprensione fra uomo e donna avesse la precisa intenzione di spingere ciascuno fra le braccia di persone dello stesso sesso. Affinché potessero comprendersi.

Rabbrividì quando dalla finestra socchiusa entrò un leggero filo di brezza primaverile ad accarezzargli la pelle.

Era triste. Faceva paura.

«Questa cosa mi mette ansia», espresse a voce alta – un codardo tentativo di provare la sensazione involontaria che lo aveva avvicinato a Mick la prima volta che, per sfida, lo aveva baciato a stampo.

«Non temere. Ci sono io al tuo fianco. Posso restare stanotte?».

«Fanculo», rispose, allungandogli il cuscino che aveva imparato a tenere accanto, per evenienze di quel tipo.

 

 

 

N/A.

Ethan e Mick sono i personaggi protagonisti di una long pensata questa stessa mattina. Un’idea malsana nata così, all’improvviso. Il titolo l’ho ideato prendendo spunto da una caratteristica di Mick, goloso di caramelle alla menta :P

 

Fan fiction partecipante al contest 2010: a year together , indetto dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight since 01.06.08 }

Prompt #172. Lei: «Tu non mi capisci». Lui: «Cosa intendi dire?».

   
 
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