COME MORI’ IL
SIGNORE DI DOL AMROTH
Trentaquattresimo anno della
Quarta Era
Era gremita di gente, la piccola
stanza in cui stava morendo Imrahil di Dol Amroth.
Lothiriel, sua figlia, suonava l’arpa
per allietare le ultime ore di suo padre.
La primavera stava sbocciando,
fuori dalle finestre, e le labbra dell’anziano cavaliere si distesero in un
morbido sorriso.
“Dicono
che la stretta della Morte sia quanto di più freddo possa percepire un uomo.
Ritengo
che credere questo sia più che legittimo.
Ma
ritengo anche che sia difficile percepire questo gelo, quando si muore in
primavera.
Non c’è
sinistro ticchettio, quando fuori cinguettano gli uccelli, quando le dita della
propria figlia accarezzano delicatamente le corde della sua arpa, quando
persino il rantolo del tuo respiro sta cessando.
Non ci
sono brutte sensazioni, quando si è circondati dall’affetto della propria
famiglia.
Dai
quattro figli di cui si è infinitamente orgogliosi.
Dal
nipote e dalla sorella che non hanno mai cessato di credere in te.
Dal
proprio genero, grande amico e fedele compagno sotto le armi.
E dal
proprio nipotino, che è biondo e ha gli occhi grandi di sua madre.
Non ci
sono falci scintillanti nelle tenebre, semmai lo sfocato ricordo dell’amata
spada, cinta in giorni tempestosi e crudeli, spada che ora dorme serena, appesa
sopra il caminetto.
Mi chiamo
Imrahil di Dol Amroth.
Figlio di
Adrahil, fratello di Finduilas e Ivriniel.
Padre di
Elphir, Erchirion, Amrothos e Lothiriel.
Non
importa quali battaglie io abbia combattuto e vinto, non ha importanza lo
stendardo che garrisce al vento, sulle torri svettanti della cittadella.
Quando
gli uomini muoiono, si assomigliano tutti quanti.
- Papà?-
timida, Lothiriel mi tocca una mano.
Con un
sobbalzo, riapro gli occhi.
Sì, vero,
ci sono ancora alcune formalità da sbrigare, prima dell’oblio.
Guardo i
miei figli, e ognuno mi sembra eccezionale.
Lothiriel,
la mia donna-bambina, che ha i capelli sottili e delicati, come quelli di un
Angelo. Ricordo che stava ore davanti allo specchio, passandosi fra le ciocche
un leggero pettine d’osso bianco. Non ho mai capito perché cercasse di rendere
ancora più lisce le sue chiome di seta.
Amrothos,
rosso fuoco, con il sorriso smagliante di sua madre, il sorriso che mi aveva
fatto innamorare di lei. Amrothos, che aveva ricevuto in dono a sette anni un
corno da caccia, e che ci aveva tenuti svegli di notte per i tre mesi seguenti,
senza smettere di soffiarci dentro neppure per prendere un respiro.
Erchirion.
Serio, severo, coi capelli lunghi sul viso, pallido delle mille ore passate in
biblioteca, fra polverosi manoscritti. Per punire Amrothos, gli imponevo di
restare in camera sua e di non partecipare ai tornei. Per Erchirion dovevo fare
l’esatto opposto. Non gliel’ho mai detto, ma ha sempre saputo molte cose più di
me.
Elphir,
il primogenito, l’infante aspettato e, al contempo, quello più tormentato. Ero
ancora un ragazzo, quando incrociai lo sguardo di mio figlio, di quella
creatura piangente che dipendeva esclusivamente da me, e dalla sua meravigliosa
madre. Temo di aver commesso degli errori, con lui. Tanti. Ma Elphir non si è
lasciato demoralizzare. Ha combattuto. Ha vinto. E’ adulto, saggio dentro l’anima. Ed è per questo,
che sarà il mio successore.
- Papà?-
Cerco
ancora una volta di aprire gli occhi, ma mi riesce solo di dischiuderli un po’.
La luce
entra, prepotente, dalle finestre spalancate.
La
primavera fiorisce in giardino, gli alberi sono pieni di fiori profumati.
Non ho il
tempo necessario per pensare a quanto amo la mia famiglia.
E tutt’ora,
non so come morire.
Sono
talmente vecchio che potrei spirare con un semplice soffio, l’ultimo respiro.
Sarebbe
tanto terribile? Dopotutto, ho già detto quello che dovevo dire.
Chissà se
adesso rivedrò la mia Finduilas, mia sorella, e Boromir, suo figlio più grande.
Sono
stato un guerriero tutta la vita.
Non so
parlare di poesia. Non so filosofeggiare sul significato della morte.
Ma è
tutto bello. E caldo. E sereno.”
- …Papà? … papà?-
Eomer poggia una mano sulla spalla
di Lothiriel, la sua sposa.
Lei si volta indietro,
impallidendo.
Dalle sue labbra sfugge un
sospiro, uno solo.
- Addio, papà.-
Dalla finestra aperta entra un
fiore di ciliegio.
Volteggia nell’aria per qualche
istante, poi si appoggia sulla fronte di Imrahil, defunto signore di Dol
Amroth.
FINE