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Autore: _KyRa_    18/05/2010    5 recensioni
Mi ero semplicemente scocciata di essere la brava bambina che non dice le parolacce, che è educata con tutti, che studia e che recita la preghierina prima di andare a dormire. Troppa normalità, troppa monotonia.
Non fraintendetemi, non volevo diventare cattiva. Volevo semplicemente distruggere quella finta perfezione nella quale ero stata costretta a costruire la mia immagine.
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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liek a mannequin

~ Like a mannequin ~

Una luce accecante. Tutto ciò a cui la mia vista era soggetta.

Il rombo di un motore, che lentamente si avvicinava.

A chi sarò destinata questa sera? Per chi sarò importante per qualche attimo?

Una bella macchina, nera e costosa, si accostò al marciapiede, dove io sedevo, intenta ad aspettare il mio prossimo amante. Il finestrino si abbassò scorrevolmente, rivelando dietro ad esso il viso di un uomo sulla quarantina, che mi fissava ghignando, come se non avesse mai visto una prostituta in vita sua.

Non lo conoscevo, eppure già lo odiavo. Lo odiavo come tutti gli altri uomini.

Solamente un suo sguardo mi bastò per darmi la spinta ad alzarmi ed appoggiarmi alla portiera, osservandolo con occhi spenti e stanchi.

«Quanto prendi?» la classica domanda squallida alla quale ero costretta a rispondere a comando, almeno quattro o cinque volte ogni sera.

«Ha importanza? Non mi sembri un morto di fame.» sussurrai freddamente, alludendo alla lussuosa automobile sulla quale il suo fondoschiena poteva permettersi di poggiare.

Sorrise compiaciuto e, con un semplice “Sali”, sbloccò le portiere, concedendomi di entrare.

Ero sempre stata una bambina serena, con una bella famiglia, un bel cane, una bella casa, una fiorente vita scolastica, amici meravigliosi, tanti soldi. Ero cresciuta senza alcun tipo di trauma psicologico, senza la tristezza negli occhi, senza il benché minimo problema.

Allora non chiedetemi come fossi finita sulla strada, non lo so nemmeno io.

Probabilmente una vita troppo agiata ti porta a cercare l'avventura; e spesso quella pericolosa, la peggiore che possa esistere, suscita dentro di te quel pizzico di curiosità in più.

Forse volevo uscire fuori dagli schemi, volevo sbaragliare tutti i paletti che mi erano stati imposti dalla mia famiglia. Forse avevo bisogno di sentirmi superiore, avevo bisogno di dimostrare che possedevo le palle per andare in contro ad un lavoro del genere.

Ma a chi dovevo dare tale dimostrazione? A me stessa? Sì, a me stessa.

Mi ero semplicemente scocciata di essere la brava bambina che non dice le parolacce, che è educata con tutti, che studia e che recita la preghierina prima di andare a dormire. Troppa normalità, troppa monotonia.

Non fraintendetemi, non volevo diventare cattiva. Volevo semplicemente distruggere quella finta perfezione nella quale ero stata costretta a costruire la mia immagine.


*


Era mattina inoltrata ormai ed io mi accinsi a scendere dall'ultima macchina spettatrice dei miei intrattenimenti. Non appena chiusi la portiera, questa ripartì, lasciandomi di nuovo sola sul marciapiede.

Sola, com'ero sempre stata.

Tanti insegnamenti, una buonissima educazione, tante cose. Ma nessuna propriamente all'altezza di rappresentare anche solo uno spicchio della felicità della quale avevo realmente bisogno.

Presi a camminare distrattamente, diretta alla fermata dell'autobus.

Di certo non ero il tipo di ragazza ben accetta su quei mezzi pubblici, a causa del mio abbigliamento. Così appariscente, così provocante, quasi volgare. Allo stesso modo, l'etichetta che mi aveva affibbiato la gente non rispecchiava l'esatta immagine di una ragazza ben vista.

Tutto ciò che potevo fare io? Fregarmene altamente.

Improvvisamente, il suono di un clacson mi riportò alla realtà. Misi a fuoco davanti a me una macchina ormai perfettamente nota. La raggiunsi, mentre il finestrino scuro si abbassava.

«Hai intenzione di svegliare tutto il vicinato? Sono solo le sette del mattino.» sorrisi a Tom, che, con il braccio appoggiato al volante, mi guardava con espressione ricca di affetto ed un pizzico di compassione, del quale io mi nutrivo da anni ormai.

«Vieni a casa con me.» mi disse, sbloccando le portiere.

Tom era il mio migliore amico. Lo conoscevo dai tempi delle elementari ed eravamo cresciuti assieme. Ed assieme avevamo affrontato molte stranezze della vita, compresa quella attuale di cui io ero la protagonista.

Soffriva, lo vedevo. Soffriva per me.

Tante volte aveva provato a farmi aprire gli occhi, ad impedirmi di fare ciò che facevo, ma io continuavo a rassicurarlo, ripetendogli che ero grande e che ero sicura di come mi comportavo. Eppure sapevo benissimo che dicevo il falso. Non ero abbastanza adulta per affrontare quella situazione.

In realtà non si è mai abbastanza adulti per la prostituzione.

Guidava affianco a me in silenzio. Era più teso del solito e la cosa mi preoccupò alquanto. Sapevo anche, tuttavia, che in determinati momenti – e quello ne fu un classico esempio – bisognava lasciarlo in pace, senza proferir parola; almeno fino a che non avesse deciso lui quando sarebbe stato opportuno farlo.

Rispettai il suo silenzio e mi accontentai di osservare il paesaggio in movimento attraverso il finestrino.


*


Non avevamo scambiato parola per tutto il tragitto, fatta eccezione per il momento in cui mi riferì che il suo appartamento sarebbe stato vuoto. I miei occhi saettavano di nascosto sulla sua figura, ad intervalli regolari, ma nulla riuscii a decifrare da un tale comportamento.

Non appena arrivammo a casa sua, mi fece accomodare sul divano, mentre Scotty – il suo cane – veniva a salutarmi scodinzolante, come da routine.

«Ciao, piccolo.» sorrisi accarezzandogli affettuosamente le orecchie. Con il naso umido annusava le mie gambe, bagnandole di tanto in tanto e provocando in me lievi risate. «Di che so?» domandai divertita.

«Sentirà l'odore di tutti gli stronzi che ti pagano.» intervenne Tom, piuttosto scettico.

Mi voltai nella sua direzione, osservandolo cupa.

«Tom, non sei divertente.» lo informai.

«Infatti io non volevo esserlo.» rispose freddamente.

Okay, la situazione stava diventando più ardua da gestire, così feci scendere Scotty a terra e mi sedetti meglio sul divano, osservando il ragazzo che invece se ne stava in piedi, davanti a me – sulla sinistra – ad osservarmi con le braccia conserte ed un'espressione contrariata che non prometteva nulla di buono.

Sospirai pesantemente.

«Tom, non riapriamo questo discorso, per favore.» lo implorai, con tono troppo stanco per affrontare nuovamente quell'argomento.

«Invece io lo riapro finchè non metti la testa apposto e non ti rendi conto della cazzata che stai facendo, Niki.» ribattè, sedendosi affianco a me.

«Ti ho già detto che è una mia scelta.»

«Che razza di scelta meditata è prostituirsi?»

«La mia.»

«E trovarti un altro lavoro? Ti posso aiutare io.»

«Non voglio trovarmi un altro lavoro.»

«Ma perchè ti piace rovinarti in questo modo?»

«Chi te l'ha detto che mi sto rovinando?»

«Niki, per favore, non fa bene a nessuno questo tipo di vita e lo sai benissimo anche tu.»

Ammutolii, osservandolo di sbieco. I suoi occhi inondati quasi di disperazione, continuavano a specchiarsi speranzosi nei miei, in cerca di un qualche segno di cedimento imminente. Abbassai lo sguardo, deglutendo amaramente, sapendo perfettamente che di lì a poco avrei dato libero sfogo alle lacrime.

«Non posso fare altro. Non sono nessuno.» sussurrai senza guardarlo.

«Cosa? Ma che dici?» domandò esterrefatto da tale affermazione. Rialzai gli occhi su di lui, mentre le lacrime vi si accumulavano repentinamente.

«Sono una fallita! Ho sempre avuto tutto dalla vita e per questo sono sempre stata un'incapace! Non ho mai rifatto il mio letto, non ho mai cucinato, non ho mai pulito casa, non ho mai portato a spasso il cane, non sono mai andata a fare la spesa, non ho mai fatto niente di tutto questo, semplicemente perchè altre persone l'hanno fatto al posto mio! Non ho mai avuto il coraggio di andare contro i miei genitori, non ho mai avuto il coraggio di fare nulla! Ora basta, mi sono stancata!» alzai la voce, lasciando che quelle gocce salate rigassero il mio volto.

«Perchè rovinarti solamente per dimostrare qualcosa a qualcuno?»

Mi alzai di scatto dal divano, facendo spaventare Scotty – che nel frattempo si era accomodato sul tappeto vicino a noi – e con il volto completamente ricoperto di lacrime mi indicai.

«Guardami, Tom!» urlai. «Guardami!» ripetei.

«Ti guardo.» rispose tristemente il ragazzo, osservandomi profondamente in viso.

«Cosa vedi?!»

«Vedo la mia migliore amica, in preda ad una crisi di identità.»

«Non fare lo spiritoso, cazzo!»

«Non sto facendo lo spiritoso, è la verità. Non sai più neanche chi sei, non ti riconosci nemmeno più tu.»

«Io sono una puttana, Tom! È questo che sono! Proprio perchè non sono in grado di fare altro!»

«Non è vero, stupida! Tu sai chi sei veramente!»

«Sono una prostituta, una puttana, un giocattolo, un manichino da prendere e buttare via! E tu dovresti fare lo stesso con me, invece che avere pietà!»

«Come potrei fare una cosa del genere a te?!»

Cominciai a strapparmi di dosso i vestiti, buttandoli a terra, capo per capo.

«Ecco come potresti fare...» dicevo, continuando a spogliarmi. Si alzò e mi afferrò con forza per i polsi, fermandomi. Ormai ero seminuda di fronte a lui. Nulla più mi copriva, se non gli slip ed il reggiseno. I suoi occhi mi fissarono rabbiosi, così tanto da permettere alla pelle d'oca di diffondersi lungo la mia schiena e le mie braccia.

«Smettila di umiliarti in questo modo.» sussurrò a pochi millimetri dal mio viso. Il suo respiro era caldo e profumato e lambiva delicatamente le mie labbra. Presi a tremare, continuando a piangere silenziosamente, ma senza interrompere quel contatto visivo di cui avevo bisogno.

«Servo solo a questo.» conclusi. «Usami.» gli ordinai poi sommessamente, notando i suoi occhi sgranarsi appena. «Usami, Tom, come fanno tutti quanti!» ripetei con voce rotta dalla sofferenza. Vidi l'ira impossessarsi delle sue pupille e, con uno scatto, lasciò la presa dai miei polsi e cominciò a slacciarsi la felpa.

«Vuoi che ti uso? È questo che vuoi?» domandò, buttandola sulla poltrona. «Vuoi sentirti trattata da puttana anche da me?» continuò, sfilandosi la maglia e gettandola a terra, rivelando sotto ad essa un fisico ben formato e curato. «Solo in questo modo ti senti felice, Niki?» mi chiese, slacciandosi velocemente la cintura, ma senza abbandonare il mio sguardo triste. Posò le mani dietro alla mia schiena e mi tirò a sé con un semplice gesto. Mantenni l'equilibrio, posando le braccia sul suo petto lievemente muscoloso, fino a che non mi fece distendere quasi bruscamente sul divano alle sue spalle. In pochi secondi lo trovai a sovrastarmi interamente con il suo corpo. «Vuoi di nuovo essere trattata come un manichino?» commentò, sfilandomi gli slip, che andarono a finire sul tavolino affianco a noi. «D'accordo, se è questo che ti soddisfa.» si aprì la cerniera dei suoi jeans oversize e, con un colpo secco, entrò in me.

Strinsi le palpebre, non aspettandomi quel contatto così improvviso e graffiandogli lievemente la schiena. Si muoveva velocemente nel mio corpo, senza alcuna esitazione ed io non feci nulla per fermarlo. Dopotutto era ciò che volevo.

Era davvero ciò che volevo?

Mi piaceva sul serio essere usata a quella maniera, come un oggetto?

Mi piaceva sul serio conoscere tutti quei corpi a me estranei?

Mi piaceva sul serio agire come un robot?

Mi piaceva sul serio che anche il mio migliore amico mi usasse?


Chiusi nuovamente gli occhi, sentendo le spinte farsi più veloci e forti, fino a che Tom non raggiunse l'apice del piacere, crollando successivamente su di me. Lo sentivo respirare con affanno, mentre invece io fissavo inespressiva il soffitto.

Ancora una volta non avevo provato piacere; ancora una volta non avevo vissuto quel momento; e ancora una volta mi sentii vuota ed incompleta. Ormai quel tipo di sensazione mi perseguitava da qualche anno a quella parte.

Percepivo il respiro accelerato di Tom battere sul mio collo, mentre le mie braccia ancora gli avvolgevano la schiena umida. Non ero arrabbiata con lui per ciò che aveva fatto. Dopotutto me l'ero meritato ed ero stata consenziente.

«Adesso ti senti meglio, Niki? Ora che ti ho trattata da puttana, che hai soddisfatto i miei bisogni, ma io non ho soddisfatto i tuoi, ti senti serena e completa? Ora che ti ho usato, come mi hai chiesto, cos'hai dimostrato agli altri?» mi domandò il ragazzo con voce tremante, sfiorandomi l'orecchio con le labbra. «Pensi che non me ne sia accorto che non hai provato piacere? Il tuo corpo non mente, Niki. Non è questo che ti rende felice. Non è il sesso fatto in questo modo; in modo così rude e senza sentimenti reali.» continuò con un pizzico di dolcezza in più.

Non risposi. Non risposi semplicemente perchè mi resi conto che ciò che stava dicendo era dolorosamente reale.

Alzò il capo e mi guardò negli occhi. «Salvati, sei ancora in tempo. Abbandona questo tipo di vita. E non permettere mai più a nessuno di ferirti in questo modo.»

Le lacrime si accumularono nuovamente nei miei occhi, fino a scivolare lungo le mie guance.

Lo odiavo per quello che aveva appena detto; lo odiavo perchè era così dolce; lo odiavo perchè aveva ragione. Eppure gli volevo un bene sconfinato ed incondizionato, proprio perchè era l'unica persona che tenesse davvero a me.

Chiusi gli occhi e lo strinsi, prendendo a piangere disperatamente. I miei singhiozzi erano incontrollabili, così come le scosse che il mio corpo riceveva. Tom mi confortò nel suo dolce abbraccio, donandomi lievi baci sulla spalla di tanto in tanto.

«Ci sono io con te e ti starò vicino sempre, ricordatelo, Niki. Non devi dare dimostrazioni a nessuno. Io non ne ho bisogno; mi basti tu, per quello che sei.» sussurrò nuovamente al mio orecchio.

«Scusami, Tom.» balbettai, sentendomi tremendamente in colpa.

«Non scusarti con me. Scusati con te stessa per il fatto che non ti sei voluta bene in tutto questo tempo. E promettiti di farlo d'ora in avanti.»

L'avrei fatto; avrei ripreso in mano la mia vita.
Perchè non è rovinando sé stessi che si raggiunge ciò che si vuole.
Non è rovinando sé stessi che si dimostra qualcosa agli altri.

E questo Tom me l'aveva insegnato.




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Note finali:
Eccomi qua con una nuova one shot.
Che posso dire; mi è venuta in mente per caso, come tutte le cose che scrivo.
Inizialmente doveva venirne fuori una fanfiction, ma poi ho cambiato idea, decidendo di concluderla in questo modo, perchè forse tutto quello che c'era da dire è scritto qui.
E' una one shot che non pretende nulla; non è finalizzata ad insegnamenti vari o ad una morale ben precisa. Se voi ne trovate una, sono ben contenta, ovvio; altrimenti non importa.
L'unica cosa che mi farebbe piacere è leggere dei vostri pareri a riguardo.
Potrete trovarla priva di significato, o magari no; non mi importa.
Commenti positivi o negativi sono sempre ben accetti.
Questo è un ennesimo esperimento, o forse, più che esperimento, si tratta di una concretizzazione di alcuni pensieri che hanno preso a vorticare nella mia mente e, come voi ben sapete, sento la necessità di scriverli e condividerli con voi.
Fatemi sapere =)
Bacio.


  
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