Mancano pochi capitoli
alla fine. Forse il prossimo è l'ultimo. Però non
ne sono sicura.
Comunque, ringrazio a chi ha recensito lo scorso capitolo e spero di
vedere tante recensioni anche per questo capitolo!
Ah, vi avviso già che c'è il sequel di
Situations; This Love. ^^
Ora vi lascio.
Buona lettura!
15.
Come
se finisse tutto.
“Ben svegliata, bellezza. Andiamo a fare un giro?”
Davide, l’infermiere, entrò nella stanza e
aprì le
finestre. Lasciò che il fresco di Dicembre si difondesse
nella stanza e mi
facesse rabbrivvidire.
“Non mi va.” Bisbigliai e mi misi la coperta sopra
la
testa. Lui sbuffò e mi scoprì completamente.
“Non vorrai marcire in questo letto!” e rise.
Non lo sopportavo. Quel Davide non faceva che rendermi la
permanenza nell’ospedale un inferno.
Mi faceva camminare tutti i giorni, mentre io volevo solo
dormire. Mi obbligava a mangiare quando non avevo appetito. Era uno
schifo.
“Sei una mia paziente e fai quello che ti dico.”
“Non sono una tua paziente.”
“Sì, invece. Il capo mi ha detto di occuparmi di
te.” Disse
calmo e poi incrociò le braccia al petto, fissandomi dal
fondo della stanza. “E
io non ho intenzione di lasciarti crepare qui.”
“Dio, che delicatezza!” borbottai e affondai la
testa nel
cuscino.
Lui soffocò una risata e prese la sua cartelletta.
Annotò
qualcosa.
“Oggi come stai?” si informò.
“Come ieri. No. Peggio di ieri.” Gli risposi. Lui
annuì e
poi venne a controllarmi da vicino.
“Fuori nevica, bellezza, e..”
“Non chiamarmi bellezza, Davide.”
“E tu non chiamarmi Davide.” Ribatté e
mi guardò offeso. Io
lo guardai confusa.
Poi iniziai a ridere e lui con me.
“Prima, c’era il tuo ragazzo. Però gli
ho detto di starti
alla larga.”
Io sgranai gli occhi e poi mi alzai dal letto.
“Cosa hai fatto tu?!” urlai e lui si
allontanò ridendo.
“Ora che ti sei alzata, possiamo andare a fare un
giro.” Io
lo guardai male, ma non dissi niente. Mi resi conto di aver bisogno di
camminare, di sentire il vento in faccia e di provare qualcosa. Le
medicine che
prendevo mi facevano andare di matto. Troppo tempo chiusa in quella
stanza d’ospedale.
“Seguimi, bellezza.” Aprì la porta e mi
invitò a uscire.
“Non hai detto niente del genere ad Andrea, vero?”
insistetti
e lui rise, superandomi.
“Ehi, ehi! Mi hai sentita?! Rispondimi!”
“Senti, Matt.”
“Mhm.”
Mattia mi guardò curioso, mentre io tentavo di trovare
una posizione comoda in
quello stupido e
duro letto da ospedale.
Non mi ricordo di preciso da quanti giorni ero là dentro.
I medici non erano riusciti a trovare ancora cosa mi faceva star male.
Qualche volta
mi capitava di avere una di quelle crisi. Ogni volta peggiorava. Quella
cosa..
che avevo dentro.. mi divorava. Ne ero sicura.
Matt si passò una mano tra i capelli.
“Tu mi ami?” gli domandai, e lui sgranò
gli occhi e
iniziò a balbettare frasi sconnesse, senza senso. Sorrisi e
cercai la sua mano.
“Perchè io lo so che tu mi ami.”
Bisbigliai e lui smise
di parlare. Mi guardava e mi stringeva la mano. Forte. Per non
lasciarmi andare
via.
“Andrea dice che sei innamorato di me. Ma io non gli
credo. Tu mi ami come sorella, vero? Perchè se è
così anche io ti amo, da
impazzire. Ma come fratello. Il migliore al mondo.”
Faticavo a respirare. Però continuai a parlare. Parlare mi
faceva distrarre dalla mia malattia.
“Jade, cosa stai dicendo?” Mattia si
alzò e si avvicinò
al letto. Il viso preoccupato. Mi scrutava.
“Matt, io non posso ricambiare.” Bisbigliai. E mi
seri
conto che avrei dovuto dirglielo tanto tempo. Io lo amavo, ma come
fratello. E lui
non doveva essere innamorato di me. Avrei voluto che mi avesse detto
che Andrea
si fosse inventato tutto.
“Lo so, Jade. Lo so benissimo. Ma io ti amo lo stesso. Cosa
ci posso fare? Ma stai bene?” volle sapere e io
annuì, mentre tentavo di
sorridere.
Lui mi accarezzò i capelli. “Andrea ti ha detto la
verità. Lui ti ama, sai.” Continuò,
senza guardarmi negli occhi.
“Anche io lo amo, però amo anche te.”
Balbettai e buttai
per terra la coperta.
“Ma che fai?” mi sgridò Matt e mi
coprì di nuovo. “Stai
delirando, Jade.” Aggiunse poi.
Io, senza capire più niente, cominciai ad agiarmi. Era come
se mille api mi pungessero all’infinito. Mi faceva male da
tutte le parti. Volevo
solo che smettesse di farmi male tutto.
“Jade!” sentì Andrea. E Christinne.
Allegra mi chiamava
disperata. E avrei voluto rispondere a tutti, anche a Marco che era
appena
entrato nella stanza.
Poi Mattia chiamò il dottore e io smisi di ascoltarli.
Sentì due braccia avvolgermi e il profumo costoso di mia
madre mi invase le narici.
Provai a dire qualcosa, ma lei non si spostò di un
millimetro.
“Oh, Jade. Grazie a Dio!” continuò a
blaterare, ma io non
stetti ad ascoltarla.
“Ora è temporaneamente fuori pericolo, ma non
è ancora
stabile. Ha bisogno di riposo.. e di qualcuno che capisca cosa le
faccia
questo.”
Poi il signori lasciò la stanza e rimasi sola con mamma.
“Mamma, mi stai.. facendo male..”
Lei mi lasciò andare velocemente e si sedette,
sistemandosi la gonna. Era incredibile quella donna. Fuori nevicava e
lei
girava con la gonna. Era pazza, completamente.
“Cosa mi è successo, mamma?” domandai e
lei esitò.
“Una crisi, tesoro. Ma ora sei di nuovo stabile.”
Si affrettò
a dire e mi sorrise.
“Mamma, lo sai che non ho sette anni e so cosa mi sta
succedendo, vero?” lei abbassò la testa e si
guardò le unghie.
Poi nessuna delle due parlò.
“Scusi, signora, dovrebbe uscire un attimo.” Davide
sorrise a mia madre, la quale uscì in fretta.
“Accidenti, ragazza.” Esclamò, mentre
accendeva e
spegneva qualche apparecchio. “Stavi per andare
all’altro mondo. Cazzo, come
fai ad essere ancora qui?!”
Davide era un tipo diretto, avevo imparato a conoscerlo
in quelle settimane. Non ci girava intorno. Se voleva dire qualcosa lo
diceva e
basta.
“Davide, sai cosa ti manca?” gli domandai.
Lui mi guardò. “Cosa?”
Mi girai dall’altra parte. “La
delicatezza.” E lo sentii
ridere.
Poi fece il giro del letto. “No, sul serio. Sei forte,
dolcezza.” E sorrise. Io chiusi gli occhi.
“C’è il tuo ragazzo fuori. Lo faccio
entrare?”
Annuì e lui se ne andò.
Andrea entrò e rimase al centro della stanza. Poi
sospirò
e mi abbracciò forte. “Mi hai fatto morire dalla
paura, incosciente.” Mi rimproverò
e mi baciò la fronte. “Cosa faccio se ti perdo,
eh? Me lo spieghi?” continuò e
io lo strinsi forte al petto e lo costrinsi a distendersi sul letto,
accanto a
me.
Non protestò e dormimmo così.
Improvvisamente diventai agitata, come se in quel momento
mi fossi resa conto che tutto sarebbe finito in pochi giorni.