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Autore: Kourin    21/05/2010    2 recensioni
Athrun e Yzak sono impegnati in un'esercitazione su Junius Four, un Plant abbandonato frutto di un progetto di ricerca interrotto.
Genere: Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Athrun Zala, Yzak Joule
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Passato

 

 

Volse lo sguardo verso il finestrino della nave da trasporto, e in primo piano gli apparve nitido il riflesso del volto annoiato di Yzak. Da quando erano partiti non gli aveva rivolto una sola parola, ma trattandosi di lui il solo fatto di stare seduto lì era una grande concessione. In secondo piano erano ben visibili le immense clessidre di Junius, che galleggiavano perfettamente allineate nel vuoto dello spazio. Iniziò a contarle: uno, due, tre, quattro, cinque, sei... e il vuoto. Quel lungo spazio tra il sei e l'otto era così profondo che gli parve di annegarvi dentro. Quando le sue mani si serrarono d'istinto per trovare un appiglio, il riflesso del compagno di viaggio si mosse e Athrun Zala venne richiamato nella dimensione reale. La consapevolezza di essere fissato dal rivale durò un istante, quanto bastava perché Yzak si voltasse sdegnato dall'altra parte incrociando le braccia sul petto. Athrun allora chiuse gli occhi e si rilassò lasciandosi sprofondare nel sedile.

 

I Plant di Junius non erano particolarmente popolosi ed erano adibiti per lo più a colture agricole oppure ad attività di ricerca sugli organismi vegetali. Junius Four era uno di questi. Vi era stato ricostruito un ecosistema basato sul modello della foresta tropicale terrestre, progettato in modo da essere perfettamente funzionante e indipendente dall'intervento dell'uomo. Perfino la composizione atmosferica era in grado di mantenersi costante, tanto che i sofisticati impianti per lo scambio di ossigeno e anidride carbonica erano stati smantellati e trasferiti sui Plant di più recente costruzione.

Su Junius Four non c'erano altre strutture all'infuori di due laboratori, uno sul disco superiore, l'altro sul disco inferiore. Non erano stati utilizzati molto. Pochi anni dopo l'installazione, parte dei fondi dedicati erano stati trasferiti sulle tecnologie militari. Per un certo periodo i ricercatori erano riusciti a mantenere vivo l'interesse per il progetto adibendo una parte del disco inferiore ad attività didattiche. Ma non era stato sufficiente: le spese di gestione continuavano a superare la somma dei contributi governativi e dopo altri cinque anni il Plant era stato definitivamente chiuso al pubblico.

Recentemente Zaft aveva deciso di utilizzarlo come locazione per le esercitazioni dei soldati che sarebbero stati inviati sulla terra. Attualmente nei laboratori venivano studiate le capacità di adattamento dei Coordinator alle condizioni ambientali della fascia tropicale.

Athrun conosceva quella clessidra. Quando era piccolo, sua madre lo aveva portato a visitarla. Già allora i sentieri, invasi dalle felci, erano difficili da percorrere e pianticelle di ogni tipo si attorcigliavano sui cartelli dei percorsi botanici rendendoli illeggibili.

Ricordava la sensazione di mistero e inquietudine che aveva provato nell'entrare nei tunnel di liane e foglie giganti. Era come trovarsi in mezzo ad una dilatazione del tempo e dello spazio, che avrebbe potuto richiudersi da un momento all'altro inghiottendolo insieme ai piccolissimi moscerini che gli volavano intorno.

Lenore lo aveva tenuto stretto per mano ripetendogli che non bisognava avere paura di quel luogo, perché era in mezzo ad un insieme di macro e microorganismi che si era formato il DNA degli uomini delle specie Natural e Coordinator. Questi ultimi erano molto fieri delle conoscenze raggiunte dalle loro menti, ma spesso dimenticavano che il lavoro in campo genetico non era altro che un pallido tentativo di imitare tecniche che la Natura terrestre aveva collaudato e affinato in milioni di anni.

Forse proprio per l'emozione forte che aveva provato, l'immagine di Lenore in quel giorno era rimasta bene impressa nella sua mente, nitida come una fotografia scattata in una giornata di sole. Sua madre indossava una camicia di lino gialla e dei pantaloni color kaki e aveva fermato i capelli scuri imperlati dall'umidità con delle forcine rosse. Anche vestita in modo semplice, a lui appariva così bella da togliere il fiato.

Il programma della visita di gruppo prevedeva un'intera giornata di cammino tra i sentieri appena abbozzati. La guida era un ricercatore dall'aspetto saccente che parlava in continuazione, ma sua madre non sembrava dargli troppo ascolto. Di tanto in tanto Lenore e Athrun restavano indietro perché lei si era inginocchiata per mostrare un'orchidea che cresceva su un tronco, o per osservare l'oscillare lento delle ali di una farfalla che si riposava su una felce. Richiamati dalla guida indispettita, raggiungevano il gruppo di corsa, ma subito le occhiate complici di Lenore facevano capire al figlio che doveva stare pronto a sgattaiolare via per tornare tra i formicai costruiti tra i grovigli di radici coperti da muschi e funghi.

Athrun si chiedeva sotto quale forma fossero custoditi i suoi ricordi: negli ultimi otto anni in quel luogo non era stato fatto nessun tipo di intervento. Piante e animali erano nati, vissuti, morti e si erano decomposti senza che l'occhio umano registrasse l'avvenimento.

Athrun amava le cose artificiali, che si potevano costruire, regolare, aggiustare, distruggere. Trascorreva con esse quasi tutto il tempo libero, una dimensione fatta di un tempo e di uno spazio di cui era assoluto padrone. Su quel Plant invece i ruoli erano invertiti, e sapeva che di lì a poco si sarebbe sentito come una delle sue piccole creature meccaniche, indifesa davanti ad una natura che lo capovolgeva e che toccava dall'interno i suoi meccanismi biologici cercando di farlo funzionare secondo il suo ancestrale progetto.

 

Non appena furono sbarcati vennero invitati ad accomodarsi sull'ascensore. I sessanta chilometri di discesa passarono piuttosto in fretta. Gli altri occupanti, tutti giovani militari come loro, rimasero in piedi pieni di curiosità mentre cercavano di scorgere qualcosa attraverso le nuvole formate dalla condensa. Nel frattempo scherzarono sull'utilità del progetto in cui erano stati reclutati (per un motivo o per l'altro nessuno era giunto lì di sua spontanea volontà) e infine lanciarono un'esclamazione di stupore quando il panorama si aprì intorno ai loro occhi. Gli alberi raggiungevano altezze mai viste su altri Plant e in lontananza si vedevano volteggiare delle aquile.

Yzak se ne stava seduto, assorto in chissà quali pensieri, come se la cosa non lo riguardasse minimamente.

Seguì un breve meeting in una sala conferenze che aveva tutta l'aria di essere stata un'aula scolastica. Venne illustrato a grandi linee lo scopo della ricerca e poi venne spiegato il significato dei dati clinici che il team stava raccogliendo. I “volontari” ricevettero l'equipaggiamento di sopravvivenza, le istruzioni per le apparecchiature di misura dei parametri biomedicali e i files contenenti le mappe dei percorsi da seguire. In pratica avrebbero dovuto camminare per tre giorni nella foresta, fermandosi ogni due ore per comunicare i dati ematici richiesti dal laboratorio.

Zaft aveva ottenuto dal governo di Junius il permesso di utilizzare il Plant a patto che l'equilibrio dell'ecosistema non venisse danneggiato. Gli ex-ricercatori, affiancati dagli ecologisti, avevano raccolto migliaia di firme per la sua salvaguardia e così il governo aveva dovuto tenere in considerazione le loro richieste per non inimicarsi l'opinione pubblica.

All'esercito non era permesso di introdurre nella foresta troppe persone alla volta, né di aprire nuove strade. In definitiva i soldati di Zaft dovevano muoversi sui sentieri preesistenti e diventare come tutti quei piccoli animali elusivi che popolavano il territorio.

Con grande sorpresa di entrambi, Athrun venne mandato in missione proprio insieme ad Yzak.

 

A Yzak quel posto non piaceva. Faceva fatica ad ammetterlo, ma i brividi che sentiva assomigliavano a quelli della paura. Come quella che si ha da bambini nel momento in cui si entra in una stanza buia. Anche se qualcuno accende la luce resta sempre un po' di oscurità sotto ad un letto, dentro ad un armadio, o nel ripiano più basso di una libreria. Da quei posti, l'istinto dice che non si sa mai che cosa può saltare fuori. Anche se tutti rassicurano che non è niente.

Su Junius Four non c'erano pericoli seri, gli avevano spiegato che un diametro di dieci chilometri non poteva racchiudere un territorio sufficiente per la riproduzione di grossi predatori. Si trovavano diverse specie di anfibi, uccelli, rettili, roditori e piccoli primati. E insetti. Tanti, troppi insetti, perfino quelli ingegnerizzati geneticamente. Sembravano essere lì apposta per camminare sotto ai vestiti con le loro innumerevoli zampe, per impigliarsi in modo inestricabile nei capelli e infilarsi ronzando nelle orecchie.

Ma Yzak Joule era un uomo e un soldato di Zaft. Aveva una reputazione da difendere con le unghie e con i denti: nell'ultimo anno di Accademia aveva sputato sangue per costruirla. Di certo il suo aspetto non entrava nello stereotipo del soldato, e se avesse mostrato a qualcuno la sua innata paura per quel luogo, non avrebbe fatto altro che dare soddisfazione a chi in passato lo aveva chiamato “bellezza”.

Non sapeva se considerare una fortuna o una sventura il fatto di essere lì con Athrun. Fortuna, perché non era il tipo da andare in giro a spiattellare i problemi altrui. Sventura, perché si trattava del suo rivale e, sebbene stavolta non si fosse azzardato a lanciare una sfida aperta, era praticamente certo di perdere l'inevitabile confronto.

La Vesalius sta preparando i piani di battaglia e noi invece che facciamo? Stiamo qui a perdere tempo in mezzo alla verdura!” sbottò mentre estraeva la mappa con il percorso.

Sai benissimo che ce la siamo cercata,” replicò il compagno lanciandogli un'occhiata torva.

Yzak si limitò a grugnire. Quello che diceva Athrun era vero.

Nell'ultima esercitazione, anziché aspettare i compagni rimasti indietro, avevano provato un combattimento con le spade dei Ginn. Non avevano causato nessun danno, ma stavolta Miguel Ayman non aveva lasciato correre. Non aveva fatto rapporto al Capitano Klueze (cosa che, in effetti, sarebbe stata imbarazzante) ma aveva colto la palla al balzo quando la divisione medica aveva chiesto ad ogni squadra presente nel Quartier Generale di Aprilius due soldati da coinvolgere in uno studio sulla capacità di adattamento dei militari.

Dato che siete così bravi, immagino che concludere il ciclo di esercitazioni con i compagni sia per voi tempo perso. La Patria però vi viene incontro,” aveva detto il Sergente prima di spiegare i dettagli della trasferta.

Godetevi la vacanza ai tropici, chiaritevi tra voi e non tornatemi incinti,” aveva poi concluso con un ghigno. Quando Athrun aveva afferrato Yzak per il braccio per impedirgli di saltare addosso a Miguel e staccagli a morsi il naso, questi si era limitato ad osservarli divertito. “E' evidente che siete fatti l'uno per l'altro, chissà che non siate geneticamente compatibili. Ci rivediamo fra tre giorni, bellezze.”

Dei secondi che erano seguiti, Yzak non ricordava assolutamente niente. Si era risvegliato steso nella sua stanza, mentre Dearka gli appoggiava un panno imbevuto d'acqua fredda sulla fronte bollente.

 

La prima parte del percorso era comune con quella di altri due gruppi, uno formato da tre ragazze un po' più grandi di loro e l'altro formato da due uomini sulla trentina.

Era stato detto che la prima giornata sarebbe stata terribile, perché anche un fisico resistente da Coordinator aveva bisogno di tempo per adeguare la fisiologia del proprio organismo all'ambiente. Specialmente se l'ambiente era profondamente diverso da quello in cui si era nati e cresciuti.

L'aria era talmente densa di umidità che pareva non volere entrare nei polmoni. Per riuscire ad incamerare una sufficiente quantità di ossigeno bisognava mantenere il respiro regolare così come il passo di marcia, cosa impossibile in un luogo dove si incespicava di continuo. Gli alberi erano molto alti e permettevano a pochi raggi solari di filtrare in un sottobosco costituito da un groviglio caotico di radici contorte, a cui faceva da controparte ad un altrettanto caotico groviglio di liane pendenti dall'alto.

Trascorse due ore, che parvero a tutti un'infinità, si sedettero in una specie di radura. Qui il sole si rifletteva sulle minuscole goccioline d'acqua che ricoprivano le foglie ampie di una strana specie di piante. Il verde era così brillante da abbagliare gli occhi, e dal fusto spuntavano dei fiori giganti di un color fucsia che attiravano varie specie di insetti, per fortuna poco interessati al gruppo di soldati che si preparava a trasmettere la prima serie di dati. L'umidità, la luce intensa e il continuo ronzio condussero Yzak in uno stato di torpore profondo. Pur essendo un Coordinator dovette fare un grande sforzo di concentrazione per svolgere il semplice compito che gli era stato assegnato.

Per trasmettere i dati ematici bisognava prelevare un campione di sangue, trasferirlo sul sensore apposito e inserire quest'ultimo nel trasmettitore. Il battito cardiaco e la temperatura corporea venivano invece monitorati in tempo reale da uno speciale braccialetto piuttosto stretto e fastidioso da sopportare. Almeno i medici avevano risparmiato alle cavie l'applicazione di elettrodi intorno al cervello, cosa che avrebbe provocato la trasmissione istantanea delle maledizioni che aleggiavano minacciose nella mente di Yzak. Comunque lì era proprio in buona compagnia: tutti avevano qualcosa di cui lamentarsi, tranne, ovviamente, Athrun Zala, che aveva già svolto diligentemente il suo compito e che ora stava riponendo la strumentazione. Chissà se si rendeva conto che in quel momento lo stavano osservando tutti. Specie una delle ragazze, che pareva completamente rapita dalla fine arte di chiudere le cinghie di uno zaino.

Andiamo, Yzak” disse allora Athrun.

Non permetterti di darmi ordini,” minacciò Yzak.

Non era un ordine.”

Era vero. A giudicare dallo sguardo, quella era una specie di supplica.

Andiamo,” disse allora Yzak. “E' un ordine,” aggiunse sogghignando.

 

Si divisero così dagli altri. Per un po' dovettero procedere in mezzo a quelle piante dalle foglie immense. Spesso capitava di inciampare tra i gambi turgidi, che si spezzavano producendo un rumore netto che pareva terribilmente sinistro. Ma era meglio non pensarci e concentrarsi per andare avanti perché, se si fossero voltati indietro, avrebbero potuto scorgere le ombre delle creature che li stavano osservando dileguarsi furtive dietro ai tronchi degli alberi.

Probabilmente sono scimmie” disse Athrun interrompendo il silenzio.

Lo so benissimo, per chi mi prendi?” ringhiò Yzak.

Athrun sospirò. “Dobbiamo farci l'abitudine, qui è tutto così.”

Ci sei già stato?”

Sì, tanto tempo fa,” rispose Athrun fissando lo sguardo lontano. Per quanto lontano si potesse guardare lì in mezzo. Ma in effetti un qualcosa di strano c'era. Una forma quadrata, lì dove tutto era informe e irregolare.

Che cos'è quello?”

Il cartello di un percorso botanico, credo.”

Yzak avanzò per primo. Athrun lo stava seguendo, ma non sembrava avere fretta.

Provò a scostare le foglie dell'edera che avevano avvolto quell'oggetto, ma sotto trovò solo un intreccio di rami. Al diavolo l'ecosistema. Yzak strappò (non senza una certa soddisfazione) sia le foglie che i rami. Una scheggia gli si conficcò nel palmo, ma non diede alla pianta la soddisfazione di sentirlo urlare. Si accovacciò e si mise a leggere la vecchia didascalia mentre succhiava le gocce di sangue che erano fuoriuscite dalla mano.

Athrun finì di togliere i ramoscelli dell'edera e poi si sedette accanto ad Yzak.

Qui una volta c'era un sentiero, quindi” disse infine Yzak interrompendo quello strano momento di meditazione.

Già, e pare che dovremo seguirlo, sempre che ce ne sia rimasta qualche traccia,” replicò Athrun.

 

Per avanzare di una decina di metri si impiegava un'eternità. Le piante, quando non erano così grosse da dover essere aggirate, andavano scostate con le braccia nude (nella speranza che non fossero urticanti) oppure calpestate (senza sapere che cosa potevano nascondere). Dopo qualche ora Yzak si ritrovò con le braccia completamente arrossate e il respiro affannoso. Il suo organismo si stava adattando all'ambiente, ma questo, quasi per fargli dispetto, stava diventando sempre più ostile.

Quando era piccolo Yzak aveva dovuto rinunciare ai primi anni di scuola perché, nonostante fosse un Coordinator, si ammalava spesso. E quando veniva in contatto con le piante, o anche senza un motivo preciso, la sua pelle si ricopriva di macchie rosse.

In giro si diceva che fosse colpa della madre che, perseguendo l'obiettivo della purezza della specie, aveva fatto pressioni sui genetisti per ottenere un genoma complesso che però non garantiva al figlio una risposta immunitaria stabile.

La verità era un'altra.

Ezalia era una Coordinator di Prima Generazione. I suoi genitori, che possedevano un profilo genetico ordinario, avevano speso tutti i loro averi e si erano indebitati fino al collo pur di ottenere un figlia irrealmente bella e completamente diversa da loro. In quel paese non vigevano leggi che limitavano la manipolazione dei cromosomi e così la coppia venne accontentata su tutto: intelligenza, attitudine per le discipline scientifiche, pelle chiarissima e capelli bianco argento. Fu un lavoro rischioso che avrebbe potuto comportare serie conseguenze sulla salute, ma questo Ezalia lo scoprì molto più avanti, una volta stabilitasi su Martius.

Quando aveva da poco compiuto sei anni, i genitori morirono in un incidente stradale. Il patrimonio di famiglia venne confiscato per pagare i debiti e lei venne accolta in un istituto. Dato che le scuole per Coordinator, oltre ad essere rare, erano appannaggio delle classi benestanti, Ezalia non ebbe altra scelta che vivere tra i Natural e frequentare il loro sistema di istruzione.

Non fu facile crescere tra quelle persone portando un fenotipo esteriore da Coordinator così marcato. Lei non parlava mai di quel periodo della sua vita, ma quando Yzak aveva chiesto spiegazioni riguardo ad una cicatrice che le segnava il braccio destro, Ezalia aveva risposto che era stata presa a sassate dai compagni di classe. Non aveva voluto rimuovere quella ferita perché segnava il momento in cui aveva deciso di combattere per i diritti della sua specie, giurando che un giorno nessuno si sarebbe permesso di trattare un Coordinator così come era stata trattata lei.

Quando i genetisti si trovarono davanti all'embrione che sarebbe diventato Yzak, dovettero affrontare una serie di problemi. Nel DNA di Ezalia era stata inserita una quantità di modifiche superiore a quella prevista dalle regole di base dell'ingegneria genetica umana. Le sue cellule somatiche erano perfettamente sane, ma in quelle germinali la replicazione dei cromosomi non poteva avvenire correttamente. Come risultato, diversi geni caratteristici della specie Coordinator risultavano interrotti o spezzati, e quindi inattivi. A molte imperfezioni venne posto rimedio grazie alla compensazione dei cromosomi paterni, ma per il cromosoma X non ci fu nulla da fare. Un'alternativa sarebbe stata quella di prelevare un cromosoma X da un altro spermatozoo in modo da trasformare l'embrione in femmina, ma Ezalia aveva rifiutato, affermando che suo figlio sarebbe andato benissimo così com'era.

Quella decisione aveva causato una strana inversione di destini: quanto i Natural avevano attaccato Ezalia perché troppo perfetta, così i Coordinator attaccarono Yzak perché imperfetto. Quando gli altri bambini lo prendevano in giro, lui semplicemente reagiva. Dato che si sentiva costretto reagire di continuo, iniziarono a dire che fosse pazzo per colpa di sua madre. Yzak finiva con il prenderli a botte, e genitori ed insegnanti andavano a lamentarsi da Ezalia dicendo che era troppo aggressivo. Una volta a casa, lei ascoltava le ragioni del figlio, ma non lo rimproverava. Si limitava a sincerarsi che non fosse lui ad attaccar briga e soprattutto che non se la prendesse con i più deboli.

Era davvero una fortuna che Athrun fosse tutto fuorché debole, pensò Yzak. Poteva prendersela con lui quanto voleva.

 

Quando gli strumenti iniziarono a di nuovo a pigolare, l'atmosfera era divenuta davvero irrespirabile. L'umidità del Plant, condensatasi sotto forma di nubi, stava per scaricarsi al suolo sotto forma di pioggia: così funzionava Junius Four.

Prelevarono i campioni e inviarono i dati senza scambiare una parola. Poi accadde ciò che Yzak temeva.

Yzak,” esordì Athrun con lo sguardo levato verso gli squarci grigi di cielo che si aprivano tra i rami alti. “Sicuro di stare bene?”

Non è affar tuo,” tagliò corto Yzak.

Athrun non disse nulla ma spostò gli occhi verso il compagno.

Stammi lontano!” ringhiò allora Yzak spingendolo via.

Gli insetti smisero di frinire e le foglie degli alberi circostanti vennero scosse dal battito delle ali degli uccelli impauriti.

Come vuoi,” disse Athrun incrociando le braccia visibilmente irritato.

Yzak allora levò a sua volta gli occhi verso l'alto e si accorse delle gocce d'acqua che iniziavano a scendere. Poche, pesanti, gocce isolate seguite da un violento scroscio. Ma la pioggia non lo bagnò: il compagno stava reggendo un telo impermeabile in modo da proteggere entrambi.

Hmpf!” soffiò Yzak mentre strappava una parte del telo dalla mano di Athrun per potersi coprire da solo. Non che servisse a molto: tutt'intorno l'acqua scendeva in cascate a partire dagli alberi più alti fino a scivolare sulle foglie e perdersi nel sottile tappeto di muschio. Era evidente che il loro destino era quello di inzupparsi completamente.

Si sedettero sulle radici che si dipanavano a raggiera dal tronco inclinato di un grosso albero. Athrun teneva le ginocchia piegate contro il petto. Yzak si soffermò ad osservare il profilo del compagno coperto da ciocche di capelli blu bagnati e spettinati, poi seguì lo sguardo perso in chissà quale orizzonte e lasciò che rumore violento e avvolgente della pioggia ipnotizzasse anche lui.

  
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