Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: XShade_Shinra    25/05/2010    3 recensioni
Vuoi prendere parte ad un gioco che dura da millenni?
"Nasconditi e cerca di non essere trovata... oppure sarai catturata"
Come dici? La tana? No, non esiste in questa variante... Comincio a contare fino a cento.
Uno... due... tre... quattro...
[ Classificata 4° al Contest “La Nicchia e... la Luna” indetto da Eylis sul Forum di EFP ]
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-Hide and Seek-
Vuoi prendere parte ad un gioco che dura da millenni?
"Nasconditi e cerca di non essere trovata... oppure sarai catturata"
Come dici? La tana? No, non esiste in questa variante... Comincio a contare fino a cento.
Uno... due... tre... quattro...
Classificata 4° al Contest “La Nicchia e... la Luna” indetto da Eylis sul Forum di EFP



- Nick dell’autore: XShade-Shinra
- Titolo: Hide and Seek
- Tipologia: One-Shot
- Lunghezza: 1’067 parole  
- Genere: Fantastico, Romantico
- Rating: Verde
- Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.  
- Note dell'autore: Il titolo significa "Nascondino". Chi non ha mai giocato a questo gioco quando era piccolo (e tuttora non si fa di certo pregare per giocarci)? Sinceramente preferisco la variante "Sardina" perché è più divertente, soprattutto se si fa al chiuso e ci sono molti giocatori - ecco il mio lato sadico che prende il sopravvento! Nella mia storia non è presente la "Tana", infatti è solo un nascondino dove chi si nasconde deve restare celato e chi cerca deve darsi da fare finché non trova. Diciamo che somiglia di più ad una "caccia all'uomo".
Ulteriori note sono presenti in calce alla storia.  



- Hide and Seek -

Durante quel novilunio, solo il riverbero delle stelle si specchiava nel calmo mare, nero come il cielo.
Il bagnasciuga era accarezzato dalle onde che venivano richiamate all'oceano dalla risacca con un indolente movimento quasi muto, ma nessuna di loro arrivava a toccare i lontani muri di quella vecchia chiesetta edificata sulla bianca sabbia, come un castello costruito con secchielli e palette dai bambini.
Superando l'entrata, chiusa anni prima da un massiccio portone che ora giaceva sulla spiaggia come un cetaceo arenato, si accedeva a quel luogo lasciato all’abbandono. L'acqua marina ricopriva per una spanna il piano di calpestio, sommergendo così i due scalini che lo separavano dall'entrata e quelli perfettamente identici costruiti per giungere all'altare. Consunte statue di fredda pietra, riposte in grandi nicchie ad un metro da terra, adornavano la chiesa come gargoyles lasciati lì di guardia per quel luogo oramai sconsacrato, in ricordo di quello che era un tempo. E proprio in una di quelle nicchie, dietro l'alta statua di San Francesco d'Assisi, si nascondeva una femminea figura dalla pelle diafana ed i capelli lisci e argentati, nei quali erano ingarbugliate delle piccole pietruzze lattee, le stesse che le adornavano caviglie, polsi e collo.
Ella sedeva a gambe distese tra la polvere, noncurante di sporcarsi la veste bianca. Sembrava a suo agio nonostante le tenebre che la avvolgevano e rendevano macabro quel luogo caduto in dimenticanza. Forse la sua apparente tranquillità era data dal fatto che non era sola: sdraiato ai suoi piedi, dormiva un bel lupo dal pelo grigio, mentre, in grembo, ella teneva un candido coniglietto al quale stava dando da mangiare del gustoso formaggio preso dal cesto in vimini poggiato lì accanto.
All'improvviso il silenzio di quella oscura notte senza luna in cielo, venne lievemente incrinato dal rumore prodotto dagli zoccoli di due cavalli neri che scalciavano la sabbia, infastiditi. Essi tiravano un carro manovrato da un uomo dalla pelle abbronzata e dagli occhi celesti come il cielo, coperti appena dalla frangia dai ciuffi dorati. In prossimità dell'edificio sconsacrato, egli fermò gli equini e proseguì a piedi il proprio cammino - nonostante la sabbia diventasse vetro ad ogni suo passo -, entrando senza indugio in quel luogo.
Appena mise piede sul primo scalino per scendere, l'acqua nel raggio di qualche centimetro dal suo corpo fumò e diventò vapore, evitando così che lui si bagnasse; ma non si limitò solo a questo: all’improvviso il suo corpo emanò una forte luce e, nonostante le tenebre che avvolgevano la nicchia nella quale si nascondeva la ragazza, la sua pallida pelle brillò di luce non propria, come gli occhi opale di un gatto. La fanciulla ebbe un brivido e, messo velocemente il coniglio dentro il cesto che prese dal rifinito manico, si alzò in piedi in fretta e furia, andandosi a nascondere meglio dietro la statua del Santo, sperando di non essere stata individuata da quel nuovo arrivato.
Non poteva permettere di essere trovata così presto!
Oramai, però, il cercatore l'aveva vista, e non poteva sfuggirle.
Lei era la preda perfetta, poiché era per nascita legata a quell'uomo: illuminata dall'aura di quella figura, ne risplendeva la gloria, in modo che lui la potesse sempre trovare.
Il lupo si svegliò dal suo sonno e si sedette vicino alla candida figura, come se fosse abituato a tutto quello, come se avesse capito che combattere non serviva a nulla e cercasse di dare coraggio alla ragazza, la quale respirava pesantemente, tendendo le orecchie in modo da poter percepire anche il più piccolo rumore, ma il suono del proprio cuore che le martellava nel petto era talmente assordante da coprire i passi dell'uomo, che entrò nella nicchia di pietra e la afferrò per un polso, illuminandola nuovamente.
Lei sobbalzò, e le sue pozze argentate andarono a tuffarsi in quelle celesti del nuovo arrivato, che la guardava con aria da sbruffone. Ormai era troppo tardi per fare qualsiasi cosa: l'aveva vista e l'aveva addirittura acchiappata.
Aveva perso.
Abbassando lo sguardo, sbuffò appena, sconfitta, e l'uomo la tirò a sé senza che lei provasse ad opporre la minima resistenza.
«A quanto pare,» disse il ragazzo dalla pelle abbronzata «tocca di nuovo a me decidere cosa fare, come sempre, e voglio che sia ancora tu a nasconderti. Ti va bene, Luna?»
«Sì, Sole.» rispose la ragazza, lasciandosi abbracciare da colui che aveva vinto, stringendolo di rimando tra le proprie braccia.
Il loro gesto d'affetto era frutto dell’amore che li univa; infondo, entrambi erano ben felici di quel monotono epilogo al loro gioco.
Erano ormai millenni che i due continuavano quel nascondino senza mai fine, perché, per quanto la luna si fosse nascosta al sole, egli l'avrebbe sempre ritrovata proprio a causa del grave svantaggio che ella aveva: brillare di luce non propria, ma di quella della stella.
«Forza, devi contare!» gli ricordò la fanciulla, uscendo dalla nicchia assieme al lupo e tenendo il coniglio nel cesto. Baciò l'acqua marina con la punta dei piedi e si bagnò le gambe, camminano verso l'uscita.
«D'accordo.» annuì Sole, tappandosi gli occhi e cominciando a contare contro il muro della nicchia «Uno... due... tre... quattro...» doveva arrivare a cento, come volevano le loro regole.
Silenziosamente, Luna lasciò quell'edificio, accarezzò il muso dei due cavalli dell’amato, i quali sbuffarono dalle froge come segno di saluto, e corse diretta alla radura alla base della montagna, verso l'entroterra, alla ricerca di una grotta con un’altra nicchia dove potersi nascondere. Guidata dal suo lupo, che partecipava sempre con lei a quel gioco - poiché nelle notti di plenilunio poteva solo ululare per lei per farle capire quanto le mancava -, era certa che non si sarebbe perduta e, se fosse riuscita a non farsi trovare prima dell'alba, avrebbe finalmente vinto lei.
Sole, intanto, si era seduto a gambe incrociate dentro la nicchia e si era accorto che il livello dell'acqua nella chiesa si era abbassato, fino a scomparire del tutto e lasciare scoperto il piano di calpestio. Da lì poté già intuire che la fanciulla doveva essersi allontanata, ma rimase dentro la nicchia, finendo di contare.
«...sessantanove... settanta... settantuno...»

~ Nelle notti di luna nuova, quando né il Sole e né la Luna sono in cielo, essi prendono fattezze umane e scendono sulla terra a giocare a nascondino. E chissà, forse, un dì il sole deciderà di non sorgere, così da continuare quel gioco. Poiché quella è l’unica occasione – a parte l’eclissi – nella quale i due si possono abbracciare ~

§Fine§
XShade-Shinra  




-Note:
- Il coniglio lunare - in cinese yuètù, in giapponese tsuki no usagi - è una creatura immaginaria presente nella mitologia e nel folklore di molti paesi dell'Estremo Oriente, ed in particolare di Cina e Giappone. Si tratta per l'appunto di un coniglio che vivrebbe sulla Luna. Deve la sua origine ad una pareidolia [l'illusione subcosciente che tende a ricondurre a forme note oggetti o profili (naturali o artificiali) dalla forma casuale] comune in Asia (ma non in Occidente) per la quale è possibile vedere, negli avvallamenti  della faccia illuminata della Luna piena, la figura di un coniglio seduto sulle zampe posteriori a fianco di un pestello da cucina. [fonte]
- Il formaggio è stato utilizzato come cibo per il Coniglio partendo dall'antica credenza che la luna fosse fatta appunto di formaggio.
- Il lupo è stato utilizzato per via della sua vicinanza con la luna, non solo come licantropo - nella FF non è specificato se lo fosse o meno -, ma anche perché molte storielle popolari e leggende parlano del lupo che "ulula alla luna".
- San Francesco d'Assisi è conosciuto per essere il Santo Patrono degli animali, scelto appositamente per la presenza del lupo, in memoria di quello che ammansì a Gubbio.  
- Le pietre che aveva indosso Luna sono le cosiddette "pietre della/di luna", pietra dei nati sotto il segno del Cancro.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: XShade_Shinra