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Autore: montespan    27/05/2010    7 recensioni
Damon Salvatore è attratto dalla purezza in ogni sua forma, per profanarla ovviamente, ma quella che preferisce possiede le sembianze di un piccolo uccellino rosso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non morto.

A chi non piacerebbe essere un non morto?

L’immortalità, il Potere, il fascino del proibito.

Posso avere quello che voglio e non perché io lo debba chiedere, ma perché mi è dovuto.

A chi non piacerebbe schioccare le dita ed ottenere tutto quello che vuole, brama, desidera?

Io, sono uno di quelli che la pensa così. E in questo momento, quello che voglio, è qualcosa di puro e innocente che non vedo l’ora di macchiare. Perché si sa che l’egoismo è parte integrante della natura di un non morto. E chi meglio di me può rappresentare tutte queste caratteristiche?

Forse è proprio la sua purezza d’animo che tanto la contraddistingue da me, ad attrarmi. Forse è proprio questa sua incapacità di imporsi, di peccare, di tradire, di mentire, di soggiogare che mi affascinano e mi infastidiscono contemporaneamente, tanto da spingermi a fare di tutto pur di scatenare in lei pulsioni e desideri mai provati prima.

E probabilmente è proprio a causa di tutto questo che Damon Salvatore, il non morto per antonomasia, avrà, presto o tardi che sia, il suo piccolo uccellino rosso.

Con qualsiasi mezzo.

******

                                                                       La Mia Filosofia:

Squarcia, Mordi, Cancella

******

Bonnie P.O.V.

Perché a me?

Ecco quale fu il mio primo pensiero quando mi accorsi di dove mi ero risvegliata.

Ormai erano giorni che mi sembrava di essermi svegliata a casa mia per poi capire era tutto un semplice sogno.

Si, un sogno. Un sogno che si ripeteva notte dopo notte da almeno due settimane.

Aprivo gli occhi, mi mettevo seduta e quello che avevo davanti agli occhi non era la mia camera, non il mio letto, non le mie cose. Mi trovavo in una stanza da letto enorme arredata sempre in modo diverso, ma che soprattutto non era la mia. Una volta in stile chalet, una volta in stile contemporaneo, persino in stile giapponese, ma tutte le stanze avevano due caratteristiche in comune. L’assenza di una porta ed una sola, minuscola, finestra come unico collegamento con il mondo esterno.

Una sorta di prigione di lusso.

La camera nella quale mi ero svegliata questa volta era in stile vittoriano. Le pareti erano dipinte di un giallo tenue e ai lati del letto a baldacchino su cui ero seduta vi erano due comodini di legno laccato in tintura d’oro. Attaccati alla parete vi erano due specchi, con cornici intagliate anch’esse nel legno che formavano uno strano disegno floreale simile ad un ricamo d’orato.

La dinamica del sogno seguiva sempre una linea ben precisa: mi svegliavo, mi guardavo intorno confusa, registravo mentalmente di essere nell’ennesimo sogno partorito dalla mia mente malata e…

La mia attenzione fu catturata, come da copione, da qualcosa appollaiato sulla finestra.

Era buio, notte fonda oserei dire, e l’unica luce proveniva da alcune candele accese poggiate su entrambi i comodini. Potevo ben vedere l’area della camera ma non quella della finestra a causa delle due piccole persiane aperte che proiettavano un’ombra sul piccolo davanzale.

Socchiusi gli occhi nel tentativo -del tutto inutile- di riconoscere quella piccola figura appollaiata sulla minuscola finestra dalla quale non si vedevano altro che le tenebre e mi sbilanciai in avanti poggiando il peso del corpo sulle braccia poggiate sul materasso.

La figura si spostò in avanti con due piccoli balzi e, così illuminato dalla tenue luce delle candele, potei notare le caratteristiche tipiche che contrastinguevano un corvo. Aveva lucenti piume nere dai mille riflessi bluastri, accentuati dal movimento quasi impercettibile delle fiammelle delle candele e due occhietti che mi fissavano attenti tanto quanto io fissavo lui.

Mi sentivo strana sotto il suo sguardo scrutatore che mi incuteva una certa soggezione ma anche un certo senso di… di Deja-vù.

Dove avevo già visto quello sguardo?

Quello sguardo pacato ma costantemente attraversato da un’ombra indecifrabile.

Dove ti ho già visto?

Mandavo messaggi mentali ad un uccello? Qualcosa mi diceva che questo non era solo un sogno.

L’uccello mosse di lato la testolina, inclinandola e ricambiando il mio sguardo.

Dove ti ho visto?

Gli lanciai uno sguardo di fuoco, come se potesse davvero capirmi. E quando quello spiccò il volo fu come se tutto quello che mi stordiva, quello che mi mancava tornasse al suo posto nella mia mente.

Mi stupì entrando nella stanza e, così spaventata lanciai un urletto di cui mi vergognai terribilmente, lanciandomi indietro verso il costone del letto come una molla.

Avevo chiuso gli occhi.

Ricordavo, adesso, quello che accadeva in ogni sogno ma non volevo pensarci.

Non volevo.

Mi tremavano le braccia e avrei tanto voluto coprirmi il volto ma ero troppo irrazionalmente spaventata per muovere anche solo un muscolo.

Sentii due dita fresche accarezzarmi lo zigomo, delicate come le ali di una farfalla, e serrai ancora di più le palpebre chiuse.

La mano scese dallo zigomo alla guancia.

E’ solo un incubo, è solo un incubo, è solo un incubo…

La mano scese ancora, verso il collo, che accarezzò spostandomi leggermente i capelli dietro la spalla.

-Un incubo?-

La voce più sensuale che avessi mai sentito, ma questo era scontato dato che stavamo parlando della sua voce.

-Non è molto carino nei miei confronti, sai?-

Colsi un accenno ironico nel suo tono di voce.

-Non sei contenta di rivedermi? Perché non apri gli occhi, sciocca?-

Mi prese una ciocca di capelli tra le dita.

Non accennai ad aprire le palpebre ma inspirai forte.

E’ solo un incubo, è solo un incubo, è solo un incubo…

 -Sei tu che mi hai portato qui. Sono il frutto della tua immaginazione. Non mi definirei affatto un incubo, e se aprissi quei tuoi occhietti come apri solitamente la bocca per blaterare te ne accorgeresti-

-Perché…perché dovrei volerti in un mio… sogno?- Dissi schiudendo leggermente gli occhi e mettendo pian piano a fuoco il suo volto tanto bello da far male.

Damon sfoggiava la sua solita espressione da “sono uno schianto e lo so”. -Oh, piccolo uccellino questo lo sai solo tu- Rispose sfiorandomi la spalla con un dito –Hai avuto buon gusto stasera. Mi piace molto questo stile di vestiario che hai adottato: mi ricorda…i tempi andati- Accennò alla camicia da notte d’epoca che indossavo.

-Sei poco loquace stasera, Streghetta. Così mi fai pensare che tu voglia spendere il tuo tempo a fare altro, sai?- Un sussurro serpentino.

-Non…non mi farò abbindolare così da te- Un sussurro trasudante finta sicurezza. Ingenuità.

-Andiamo Streghetta…Ti devo ricordare come finisce tra noi in ogni tuo sogno? Non te lo ricordi più?-

Si burlava di me, mi voleva vedere in difficoltà ed io ero stufa, confusa, emozionata -Voglio solo svegliarmi. Questo… questo non è quello che voglio-

-Ne sei così sicura, Uccellino? Sicura di volerti svegliare e tornare alla solita routine? La piccola ed ingenua Streghetta costantemente all’ombra dei suoi amici?- Il suo sguardo era sorprendentemente dolce, mentre la voce assumeva lentamente un tono duro -Non vuoi essere la protagonista della favola almeno in un sogno? Almeno nella tua fantasia puoi essere tu la persona al centro della storia, ed io sono qui per assicurarmi che questo accada-

Poteva una persona essere talmente affascinante?

Certo, se si parla di Damon Salvatore, ma lui non era una persona. Era tutto fuorché quello. Lui era il vampiro per antonomasia, l’assassino, l’approfittatore, il cattivo.

-Allora perché mi vorresti nei tuoi sogni…non proprio casti?- Fece una piccola pausa, come per cercare la parola giusta.

-I…io…- Patetica. Non sapevo neanche rispondere al frutto della mia immaginazione. Neanche in un sogno avevo acquistato un po’ più di carattere. Ero un caso senza speranza.

Mi si avvicinò e con studiata lentezza mi tolse un ricciolo dalla tempia mettendolo dietro l’orecchio. -Non sei affatto patetica, Uccellino. Sei bellissima ed è un peccato che i tuoi amici non si accorgano neanche di quanto potresti essere utile al gruppo. Loro sono così, non ti capiscono, ma io posso. Per il semplice fatto che sei tu a darmi vita ogni notte-

Prese a sfiorare il mio labbro superiore con un dito –E’ questo che desideri veramente ma che solo il tuo inconscio non ha paura di svelare.-

Quando si era avvicinato così tanto da sfiorare il mio respiro con il suo? Da quando fremevo alle sue carezze?Ma d'altronde lui era così: ammaliatore, sensuale e… manipolatore. Sapeva come far cedere una donna.

Quando le sue labbra toccarono le mie non feci resistenza e mi sorprese che il bacio non fosse focoso fin da subito, come mi aspettavo da lui, ma dolce e… e bello. Le sue labbra erano così delicate e fresche sulle mie…perché non le avevo baciate subito?

-Oh, Streghetta. Io so quello che vuoi, perché sei tu a dirmi cosa fare, sei tu che mi crei ogni notte per soddisfare i desideri che non puoi soddisfare di giorno.-

Aveva ragione. Era come se due me stessa combattessero ogni notte: la Bonnie responsabile, arrendevole, casta e quella irresponsabile, desiderosa di emozioni forti, che poteva emergere solo al calar delle tenebre.

Quando mosse le mani sulle mie spalle, accarezzando le braccia e approfondendoli bacio, mi sciolsi come neve al sole.

-Si, Uccellino. Tu sei così- Sussurrò sulle mie labbra quando dovemmo riprendere fiato.

Ma volevo davvero essere così? Anche se era tutto un sogno desideravo davvero portare alla luce la parte meno buona di me che… che se la faceva con il nemico?

Dio, che situazione.

No! No! Non era quello che volevo, diamine! Io volevo essere al centro della storia ma non così!

Neanche in un sogno.

-Vuoi davvero svegliarti e perdere l’occasione di avermi? Perché cominciare un sogno così per poi sprecarlo facendoti condizionare da degli stupidi scrupoli? Sai anche da sola che mi sognerai domani e dopodomani e il giorno dopo ancora. Tu mi vuoi Bonnie- 

-Come… come mi hai chiamata?-Fu un sussurro talmente flebile che feci fatica a sentirlo io stessa.

Il mio corpo lo voleva e la mia mente lo voleva solo in parte, ma adesso, calato su di me, le labbra tornate sulle mie e che piano deviavano al lobo dell’orecchio, scendevano al mento, al collo…Come avrei fatto a resistere alla tentazione?

Perché voler resistere alla tentazione?

-Dillo ancora…-

Il mio corpo inarcato lo voleva, perché negarglielo?

Ridacchiò sulla mia pelle provocandomi tanti brividi -Ti eccita sentirtelo dire?-

Non sapevo cosa mi fosse preso, sapevo solo che le sue carezze erano più che gradite e che volevo che mi chiamasse ancora. Non con tanti diminuitivi, ma con il mio nome, perché sapesse con chi stava passando la notte. Non Elena, non qualsiasi altra ragazza del pianeta, ma con me.

Impazzivo dal piacere sotto le sue carezze. -Ti prego… dillo ancora…-Sospirai tra i gemiti mentre le sue labbra sul mio collo si adoperavano per farmi andare fuori controllo.

-Bonnie…-Passava le mani sulla mia schiena,

-Bonnie…-le braccia,

-Bonnie…- i fianchi.

Mi aggrappai alla sua schiena cercando un appiglio in quel vortice di piacere.Lo guardai negli occhi e anche i suoi erano velati della stessa mia brama. Poi ci fu il bacio più caldo che io possa ricordare.

Sentii la sua lingua penetrare le mie labbra con foga, un assetato nel deserto. Ed io, la sua oasi.

Il cuore mi batteva talmente forte che avrei creduto mi sarebbe uscito dal petto. Mi morse il labbro inferiore trascinandomi ancora di più in questo gioco di sensazioni meravigliosamente sensuali.

Lo volevo.

Mio, per una notte.

Mio, almeno in sogno.

Lo feci stendere sopra di me, continuando il nostro gioco di lingue e mi rilassai sotto il tocco delle sue mani forti e gentili.

-Damon…-

-Damon…- Gemevo il suo nome mentre mi sfiorava i fianchi, il ventre, e andava ad insinuare le mani sotto la camicia da notte. -Voglio… voglio fare l’amore con te-

Damon mi guardò intensamente per un secondo infinito e poi sorrise.

Mi tolse la veste percorrendo il mio corpo con baci e carezze.

Il su sapore, il suo odore… tutto di lui era una droga. Chi avrebbe potuto resistergli?

Io no di certo.

Quando finalmente fu dentro di me, fu come se il mio cervello si fosse staccato dal corpo. Avrebbe potuto cadere il mondo e non mi sarei mossa da lì.

Il piacere mi sommergeva, il suo sapore mi inebriava, la sua presenza sopra di me era tutto, e giungere all’apice mi tolse il fiato.

Il suo morso sul mio collo arrivò più che gradito, e la sensazione che qualcosa di mio stesse fluendo dal mio corpo al suo, fu quasi migliore dell’orgasmo appena provato.

-Domani sera sarà ancora più bello-

Fu con quelle sue parole in testa che mi svegliai di soprassalto, sudata e accaldata.

Adesso, ero nella mia stanza.

Ci furono un paio di secondi in cui rimasi immobile con lo sguardo vacuo perso nei ricordi del sogno e l’espressione impassibile. Poi, come se qualcosa di importante fosse scattato nella mia testa, alzai il volto verso la mia finestra, e come sempre da più di due settimane, lo vidi.

Appollaiato su un albero, fuori, in giardino, un uccello nero mi fissava con occhi attenti e inquietanti.

Un corvo.

 

 

 

Fine

 

 

 

 

Note: Non ha alcun collegamento con la saga o altre fanfiction di mia invenzione, semplicemente avevo voglia di scrivere e la mia fantasia ha fatto il resto.

Spero vi sia piaciuta e che, nel caso, me lo facciate sapere.

   
 
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