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Autore: Karyon    28/05/2010    7 recensioni
Rukawa si chiedeva spesso – diciamo costantemente – per quale infausto motivo si fosse iscritto a quella follia collettiva, altrimenti nota come squadra di basket.
Partecipa al "A year together" del Collection of Starlight.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akagi Takenori, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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75. Come etilico
Partecipa a “A year together” del Collection of Starlight.
 
Rukawa si chiedeva spesso – diciamo costantemente – per quale infausto motivo si fosse iscritto a quella follia collettiva, altrimenti nota come squadra di basket.
Sì, lo Shohoku era certamente una delle migliori scuole di Kanagawa e il Capitano-Gorilla della squadra uno dei più tenaci e stacanovisti, e schiavisti, dell’Universo; però il più delle volte pensava che quelli non fossero esattamente motivi sufficienti per sopportare tutto quello.
Soprattutto quando ai suoi cari, e decisamente idioti, compagni veniva l’insana voglia di portare a compimento l’eccidio di massa dei loro neuroni.
«Tappetto, dannazione, levati dalle palle!»
«Non rompermi i coglioni, Teppista ubriacone!»
Tanto per fare qualcosa di nuovo, Mitsui e Miyagi si stavano pestando sull’ennesima bottiglia di birra, spalmati sul bancone del locale. A qualche passo di distanza c’erano Shiozaki, Yasuda e altre povere  matricole trascinate in tutto quel bordello.
La vittoria contro il Ryonan li aveva esaltati tanto, da lanciarli tutti nell’impresa epica di scolarsi più birre che potevano, possibilmente  facendosi venire una sbornia mondiale da alcolizzati cronici.
Peccato che lui fosse quasi astemio.
Alla fine si era ritrovato circondato da moribondi, mentre l’unico vivo della compagnia – che era ovviamente il loro sanissimo Capitano – se l’era svignata chissà dove mezz’ora prima.
Rukawa sospirò, annegando i dispiaceri in un analcolico alla frutta: continuando di quel passo, si sarebbe attaccato anche lui alla bottiglia e al diavolo i salutismi.
«Oi, Volpe!» Grugnì la solita testa-rossa, con la testa spalmata sul bancone. «Devi bere anche tu!» Continuò, biascicando le parole.
E come al solito il Do’aho era stato il primo a finire in coma etilico, giusto per ricordare a mezzo Mondo la sua pessima capacità di reggere l’alcool.
«Do’aho fa silenzio» si limitò a dire indifferente, senza manco darsi la pena di guardarlo.
«Oh, Rukawa almeno tu sei vivo!» Lo apostrofò la voce di Akagi dalla porta.
L’Ala alzò gli occhi al cielo – probabilmente per ringraziare Kami – poi girò sullo sgabello mobile «Hn, a quanto pare sono stato risparmiato» ironizzò.
Akagi sospirò, sempre più profondamente convinto che tutti loro lo avrebbero portato alla morte un giorno o l’altro, e annuì «Va bene, dobbiamo potarli a casa…»
«Che cosa?» Lo interruppero due voci all’unisono.
A quanto pare qualche matricola sopravvissuta allo stermino c’era, a giudicare dalle face sconvolte e sobrie di Kakuta e Ishii.
Akagi li guardò con un ghigno che faceva molto “sì, anche io preferirei seppellirli in qualche fosso”, poi si spostò verso quei due imbecilli che ancora mugugnavano qualche insulto.
«Kogure, tu prendi Miyagi, io mi occupo di quest’altro cretino» bofonchiò, mentre staccava Mitsui dal bancone – e neanche tanto gentilmente a dire la verità.
Ovviamente Rukawa possedeva abbastanza materia grigia per capire all’istante cosa dovesse fare lui e, contemporaneamente, proiettò lo sguardo verso la Scimmia addormentata.
«Io il Do’aho non me lo trascino in spalla» annunciò con suprema sicurezza.
Akagi gli mandò un’occhiata «Sarei l’uomo più felice della terra se mi facesse la grazia di scomparire, ma visto che purtroppo ha tentato di suicidarsi davanti a me, non posso fare finta di niente».
Si guardarono per un po’, in perfetta intesa omicida, poi Rukawa tornò a fissare Hanamichi.
«Che palle…» mugugnò, cercando di tirarlo su.
Come se un idiota ubriaco di un metro e ottantatre fosse effettivamente facile da portare, oltre al fatto che aveva come minimo otto chili in più di lui.
«Dopo questa, dovrebbe non rompere le palle per un anno…» cominciò a dire, parlando ovviamente al vento, mentre Hanamichi brontolava qualcosa sulla genialità.
Rukawa poteva dirsi davvero soddisfatto di aver capito che anche da collassato continuava a dimostrare di essere affetto da demenza narcisistica.
«Do’aho piantala con questi discorsi da deficiente» fece dopo un po’, tanto per non ricordare alla propria mente che poteva anche scaricarlo in strada.
«Volpe io ti batterò» replicò in risposta il rosso.
Perfetto, passiamo al secondo argomento della lista preferita dal Do’aho: dopo la sua indiscussa superiorità, c’era la sua latente invidia marcia nei suoi confronti; perfettamente consequenziale.
Consapevole di stare discutendo con un semi-infermo mentale, Rukawa sibilò un «Questa storia è una rottura di palle, potresti piantarla dopo un anno che la meni…» considerò e, miracolo dei miracoli, il Do’aho gli rispose anche!
«Sta zitto, tu lo sai di essere inferiore al sottoscritto…» biascicò, scivolando in giù.
Rukawa tentò un paio di volte di reggerlo al meglio, poi decise di essersi abbondantemente fracassato le palle e lo lasciò scivolare a terra, rizzando poi la schiena con un sospiro di beatitudine divina.
«Hn, così va meglio…» fece, massaggiandosi la cervicale.
Nel frattempo con un rumore di inferno, la macchina di Akagi gli passò accanto, carica praticamente di tutto lo Shohoku fuori quadro.
«Rukawa, noi accompagniamo tutti loro a casa sperando che si riprendano per domani…» cominciò Kogure.
«Sperando? Devono riprendersi o provvederò a spezzare le ossa a tutti» minacciò Akagi, con un ghigno particolarmente diabolico. «Tu rimani qui con Hanamichi aspettando che si riprenda, vero?»
E il suo “vero” gli sembrò vagamente minaccioso.
Rukawa lo fissò per qualche attimo, giusto per calcolare quanto male avrebbe potuto fargli se si fosse rifiutato, ma dalla vena pulsante del collo poteva chiaramente intendere che avrebbe volentieri rischiato il carcere perpetuo per farlo fuori – o, in alternativa, poteva anche venirgli un infarto in auto e schiantarli tutti.
Alla fine decise di acconsentire da bravo boy scout e si ritrovò in una strada semi deserta, di notte e in sola compagna di un mezzo cadavere. Beh, divertente.
Cianciando amenamente col suo morto e pregando che la schiena non decidesse di abbandonarlo, riuscì a raggiungere una felice e assolutamente disabitata area di servizio, dove abbandonò gioiosamente il Do’aho ad un tavolo, saltellando verso la cassa.
«Hn, una bottiglia d’acqua e un caffè…» grugnì, ma la cassiera sembrava particolarmente interessata alla Scimmia che sbavava sul tavolo di plastica. Chissà perché poi.
«Il tuo amico è morto?» Domandò e lui si limitò a sbuffare «No, purtroppo».
Si risedette al tavolino dove si mise a guardarlo farfugliare per qualche altro secondo, poi lo mandò ad affogare con l’acqua della bottiglia.
«Mmh? Chi cazzo ha aperto la pioggia?» Domandò molto stupidamente Hanamichi, mentre l’acqua gli scorreva sulla testa.
Se neanche quello faceva effetto era davvero messo uno schifo. Do’aho imbecille.
Rukawa posò la bottiglia ormai vuota e appoggiò i gomiti sulla superficie plastificata «Come diavolo ti è saltato in mente di ubriacarti, stupido deficiente?» Borbottò, in realtà più a se stesso.
«Non rompere le palle salutista…»  riuscì per a replicargli quell’altro, con un filo di voce.
Tempo due secondi e la mano andò a reggergli quella testa bacata, con un delicato «Cazzo, mi sento dei tamburi in testaa» alzandosi di scatto e finendo a sbattere contro il poggiaschiena.
Rukawa alzò gli occhi al cielo, alzandosi «Aspetta qui, idiota» gli intimò, andando a chiedere del ghiaccio alla tenera signora che già malediva la loro presenza.
Al suo ritorno poté constatare una volta di più il suo stato pietoso, visto come si lamentava di: mal di stomaco, mal di testa, mal di crani0 e mal di ossa, quasi accartocciato su se stesso.
Rukawa si limitò a respingerlo delicatamente indietro.
«Ahia! Volpe fa piano, accidenti a te! Sei un Essere crudele, te l’ho mai detto?» Si lamentò Hanamichi.
«Do’aho, guarda che stare diritto è meglio per te, visto che hai lo stomaco a pezzi. Visto che sei ignorante, almeno falle fare a me le cose…» ribatté sempre felicemente Rukawa, mentre gli piazzava un panno ghiacciato sui polsi e uno in testa «Tieni, reggilo».Hanamichi alzò una mano tremebonda a tenere quello che sembrava un grosso pezzo d’iceberg, poi gli lanciò un’ occhiata mentre si sedeva «Come mai non mi ritrovo abbandonato in un fosso?»
«Fosse per me lo avrei fatto, ma Akagi non sembrava d’accordo».
«Oh, lo sapevo che il Gori mi ama!» Esclamò lui con un ghigno, prima di tornare a tossire come un malato allo stadio terminale.
«Do’aho ti sei ridotto da schifo. Tu e quegli altri deficienti matricolati».
Hanamichi scrollò il capo con aria vissuta «Tu sei troppo fottutamente giusto».
«Hn, scusami se non ho voglia di vomitarmi l’anima e di passare il mio tempo a tracannare alcolici» ribatté Rukawa, incrociando le braccia.
«Susu non farmi l’offeso ora, Volpe algida» lo prese per il culo la Scimmia e solo allora notò sembrò notare le fasce fredde ai polsi. «E queste?»
«Possibile che devo spiegarti tutto? Quando uno beve tanto si alza la temperatura e il ghiaccio aiuta ad abbassarla, i polsi e la carotide è dove il sangue pulsa di più» spiegò, sotto lo sguardo sconvolto del rosso.
«E tu queste cose come le sai?»
«Perché ho assistito altri idioti» ribatté laconico Rukawa.
Hanamichi  lo fissò per un po’, poi ghignò «E comunque questa la chiamo preoccupazione, Volpe!»
«Chiamala istinto di sopravvivenza, invece: così evito di farmi uccidere dal Capitano».
Non fosse mai che quel ghiacciolo umano confessasse qualcosa, come un sentimento che rivelasse la sua umanità.
Hanamichi sorrise «Il solito cyborg».
L’altro finse di non sentire e si decise a bere il caffè ormai freddo.
Rimasero in silenzio per un po’ – cioè con in sottofondo le lamentele intermittenti di Hanamichi – poi Rukawa sbuffò «Do’aho quel coso devi mettertelo in testa, se no non serve a niente» fece, visto che a quanto pareva gli pesava tanto la mano, da non riuscire a reggersi del dannato ghiaccio sulla sua vuota testolina.
«Va bene, va bene… rompicoglioni…» sussurrò Hanamichi, rimettendo l’iceberg al suo posto. «Senti, Volpe…» continuò poi, a voce tanto passa che dovette ripeterlo per farsi sentire.
Rukawa si girò con uno sguardo indifferente «Hn?»
Hanamichi spostò lo sguardo all’istante, decidendo che la vetrata poco pulita era un soggetto abbastanza interessante da meritare la sua attenzione «Grazie» grugnì però, con tono seccato.
Dal silenzio che seguì, temette di doverlo ripetere un’ altra volta, ma alla fine la Volpe si decise a rispondere.
«Prego. Vado a prenderti altro ghiaccio» espose, alzandosi silenziosamente.
Hanamichi lo vide passare con la solita espressione imperturbabile e passo veloce.
Nonostante tutto, riuscirono a rimanere nella stazione di servizio per un altro paio di ore – cioè fino a quando il Gorilla non si degnò di ricordarsi di loro –, senza discutere né litigare per qualche misera stronzata.
Anzi, ad un certo punto la Volpe gli rifece persino le fasce di ghiaccio per i polsi e gli trovò un altro iceberg da mettere in testa, oltre che a prestargli la giacca visto che sentiva un gelo d’inverno.
Quando poi quello si addormentò sul tavolo, Hanamichi rimase a fissarlo con la sensazione che in quel posto fosse avvenuto un miracolo assoluto, che non avrebbe avuto precedenti – la gentilezza della Volpe, tanto per fare un esempio a caso.
«Che stupido orgoglioso…» sussurrò Hanamichi, perfettamente consapevole che lui era messo peggio, in quanto ad orgoglio. Dopotutto erano due mentecatti che passavano il tempo a odiarsi felicemente.
«Ehi tu!» Gridò molto gentilmente alla cassiera, che sembrava essersi volatilizzata. «Che palle…» borbottò, mentre provava ad alzarsi: tutto sommato – dopo la sensazione di cadere in un burrone e la voglia di rigettare anche le budella – si sentiva discretamente bene.
Moolto lentamente fece qualche passo, poi gettò alla bell’e meglio la giacca nera-rossa sulle spalle della Volpe addormentata, per poi rilanciarsi sulla sedia.
Almeno così non poteva lamentarsi di essersi ammalato per colpa sua, pensò tornando a fissarlo, soprattutto visto che la Volpe aveva la salute più cagionevole di un bambino.
E poi, anche se lui avrebbe benissimo potuto coprire anche il suo ruolo superfluo, non poteva certo permettere che saltasse gli allenamenti: il Gorilla lo avrebbe trucidato; lo faceva anche lui per puro istinto di sopravvivenza.
Guarda tu se da ubriaco doveva pure fargli da balia, Volpe inutile.
 
N/A
 
Sì lo so è una cretinata, però non ho potuto non scriverla. XD
Piccole noticine: Ishii, Kakuta, Yasuda e Shiozaki sono le altre matricole dello Shohoku, quelle che non giocano quasi mai insomma.
I rimedi da sbornia me li hanno insegnati giusto ieri – Erika di farmacia, la Santa protettrice degli ubriachi xD – mentre un amico idiota cercava di fare la fine di Hanamichi, riuscendoci perfettamente.
Per il resto buh, è una cosetta fatta per diletto, spero vi piaccia almeno un po’.
Buona lettura!
   
 
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