Anime & Manga > Angelique
Ricorda la storia  |      
Autore: Melanto    28/05/2010    0 recensioni
[Neo Angelique Abyss] - La Fondazione era tutta la sua vita. Il motivo per cui aveva un appartamento, ma non una famiglia con cui condividerlo, il motivo per cui non aveva più amici dal tempo del liceo. Il motivo per cui non se ne andava mai.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Documento senza titolo

Scritta per lo Sfiga!Fandom!Fest di Fanworld, con il prompt (autoproposto ed autoclaimato XD): “Yorgo/Erenfried, orario continuato”.

Fuori orario

A quell’ora non c’era mai nessuno nella Fondazione Artefatti, per questo lui, che era sempre lì in ogni istante della giornata, quasi non avesse altra casa che quella, si concedeva il solito, lento giro per i suoi corridoi e meandri. Visitava l’intero edificio e poi usciva, per perlustrare i capannoni. Passeggiava adagio; le mani dietro la schiena dritta, la testa alta e la luna che illuminava in maniera irreale il suo percorso, filtrando dalle ampie vetrate. Lo scenario tipico delle sue notti insonni.
La Fondazione era tutta la sua vita. Il motivo per cui aveva un appartamento, ma non una famiglia con cui condividerlo, il motivo per cui non aveva più amici dal tempo del liceo. Il motivo per cui non se ne andava mai.
A pensarci bene, forse quell’appartamento nel centro di Farian avrebbe anche potuto venderlo, visto che vi si recava solo per cambiarsi e fare una doccia. Eppure, un motivo per cui continuava a tenerlo c’era. E si trovava in quello stesso edificio, rintanato nell’ultima stanza che lui controllava nel suo girare.
Aveva scoperto per caso di non essere l’unico a fare l’orario continuato di ventiquattro ore, di solito non arrivava mai fino all’ultimo piano dell’ala Est, ma camminava mantenendosi al centro, in quello che era il cuore della Fondazione. Poi, un giorno, o, per meglio dire, una notte, era arrivato nel punto più alto dell’edificio e lì, nella semioscurità dell’andito, aveva visto una luce accesa provenire da un laboratorio.
Di primo acchito aveva pensato che qualcuno avesse dimenticato di spegnerla, ma quando era entrato nella stanza era rimasto fermo sulla porta, dipingendosi un’espressione sorpresa.
«Cosa ci fai ancora qui a quest’ora, Erenfried?»
Il suo tono fermo e basso così, all’improvviso, aveva fatto sobbalzare il giovane scienziato che stava lavorando al microscopio.
«Direttore Yorgo!» l’interpellato s’era alzato di scatto «Che… che sorpresa.»
«Non dovresti già essere a casa? È notte fonda.» aveva fatto notare lui, guardandosi attorno. Il laboratorio era un completo disastro: fogli sparsi, libri aperti un po’ ovunque. Gli era venuto da sorridere, perché gli aveva ricordato tantissimo il suo, di laboratorio, quello di quando era solo uno studente che progettava di salvare il mondo dai Thanatos.
Rapidamente, Erenfried aveva cominciato ad ammucchiare tutte le cartacce, stentando un sorriso imbarazzato, perché solo in quel momento si era reso conto del caos imperante.
«Beh, ecco… non ero stanco, no.»
A quelle parole, Yorgo aveva sorriso davvero, perché, sì, in Erenfried vedeva esattamente sé stesso alla sua età e forse era proprio per questo, per la forte affinità, che aveva sempre puntato molto su di lui.
«A cosa stai lavorando?» aveva allora domandato, facendo qualche passo in avanti e mantenendo sempre le mani dietro la schiena.
Eren era arrossito, davanti alla sua smorfia divertita, e si era sistemato meglio gli occhiali sul naso. «Veramente… stavo cercando di migliorare Jinx.»
Yorgo si era voltato con evidente curiosità a quell’affermazione, ma l’altro aveva continuato prima che lui potesse porgergli qualche altra domanda.
«So bene che siamo in pace e che i Thanatos sono stati sconfitti grazie ad Angelique e so anche che Jinx ha portato più danni che altro, ma… è meglio essere preparati ad ogni evenienza, non crede, Direttore Yorgo? Se dovesse accadere qualcosa alla Regina, almeno questa volta, non sbaglierei…»
Lui lo aveva osservato chinare il capo con una certa mestizia, ma non aveva risposto subito. Adagio aveva raggiunto la finestra per osservare, dall’alto, la città che dormiva silenziosa.
«Non ho mai detto che tu abbia sbagliato.»
Nel riflesso del vetro, Yorgo vide Eren sollevare la testa di scatto.
«Jinx non era perfetto, questo è vero, ma hai dimenticato quanta gente ha scritto per ringraziarci del suo intervento? Jinx ha distrutto cose, beni materiali, ma ha salvato vite. È un compromesso accettabile, dopotutto. Mentre a te…» gli aveva rivolto appena il profilo, mostrandogli parte del sorriso che gli stava increspando le labbra. «…mancava l’esperienza, ma potrai rimediarla solo col tempo. Non fartene una colpa, è così per tutti.»
Quando Erenfried aveva di nuovo abbassato lo sguardo, per un attimo Yorgo aveva avuto l’impressione che stesse per commuoversi, ma subito si era ripreso, sorridendogli con entusiasmo e gratitudine.
«Le posso offrire un tè?»
Erano cominciati così quegli strani appuntamenti notturni, quel trovarsi completamente da soli a bere piacevoli tazze di tè e discutere di qualsiasi argomento. Lavoro, vita privata, aspirazioni. Quest’ultime erano soprattutto di Erenfried perché lui, in fin dei conti, il suo sogno lo aveva già raggiunto, ma era stimolante stare ad ascoltare come il suo scienziato si entusiasmasse per ogni più piccola idea o per ogni nuova ricerca. Stranamente, la sua euforia lo faceva sentire più giovane e gli ricordava che aveva ancora molto da fare per la Fondazione, dopotutto.
«Ammetto che un po’ mi preoccupa il fatto che tu faccia l’orario continuato tutti i giorni.» aveva esordito una notte, dopo aver sorseggiato un po’ di Earl Grey – e ancora si domandava come avesse fatto Erenfried a sapere che fosse il suo preferito. «Sei ancora troppo giovane per rinchiudere la tua vita in un ufficio. Non vai mai a trovare i tuoi genitori, oppure gli amici?»
Yorgo aveva visto Eren abbassare la tazza e sorridere con una certa ironia. Per un attimo si era pentito d’averglielo chiesto.
«I miei sono divorziati da anni, ormai. Credo nemmeno si ricordino di avere un figlio o, forse, sono ambedue convinti che sia l’altro ad occuparsene, quindi non si fanno sentire. In quanto alle amicizie…» era arrossito, sistemandosi ancora gli occhiali con un certo nervosismo. «…non sono molto bravo in queste cose. Sono sempre stato abituato a confrontarmi con persone più grandi di me, con quelli della mia età non vado d’accordo.»
Lui aveva inarcato un sopracciglio, con preoccupazione. «Forse la colpa è anche mia. Come capo della Fondazione Artefatti devo aver preteso troppo da te non lasciandoti spazio per altro.» ma subito Eren aveva cominciato a gesticolare animatamente, col rischio di rovesciare anche tutto il tè.
«Ma no! Ma no, Direttore! Che dice?! Anzi! Io… io… devo tutto alla Fondazione. Per anni ho creduto di essere inutile, trasparente agli occhi degli altri, ma da quando sono qui… ho smesso di sentirmi un incapace ed ho trovato… uno scopo. Per questo… per questo, io… volevo ringraziarla, Direttore Yorgo, per tutte le opportunità che mi ha dato finora. Grazie infinite.»
E sentirlo parlare dei suoi problemi e dei suoi sogni gli aveva come dato l’impressione di trovarsi di fronte ad uno specchio, a discorrere con quel ragazzo che era stato un tempo. Erenfried riusciva a capirlo meglio di chiunque altro perché la pensavano allo stesso modo, perché entrambi stavano dando il cuore in ciò che facevano. Rayne, una volta, aveva paragonato Erenfried al sé stesso di anni prima, quando era ossessionato solo dalla ricerca e dalla sete di conoscenza, ma si era sbagliato. Perché Eren somigliava a lui e non a suo fratello minore.
Era per questo che non aveva ancora venduto l’appartamento.
Ci aveva pensato a lungo e anche in quel momento, mentre chiudeva il proprio giro notturno raggiungendo l’ultimo piano dell’ala Est dell’edificio.
Il suo alloggio era grande, troppo grande per una sola persona, ma adatto a viverci in due. Era una possibilità: per Erenfried di non restare da solo… e per sé stesso di riuscire ad avere una vita anche al di fuori della Fondazione per la quale aveva sacrificato tutto, compreso il rapporto con Rayne.
Sorrise, pensando che magari, vivendo assieme, entrambi avrebbero smesso di fare quell’improponibile orario continuato.
Quando arrivò al piano, la luce filtrava dalla porta del laboratorio e lui la raggiunse con il solito passo lento e misurato. Bussò appena, però, stranamente, non ottenne risposta. Quando decise di entrare, con sorpresa non trovò Erenfried seduto alla scrivania, davanti al pc, e per un attimo provò una sensazione spiacevole, quasi di abbandono. Pensò d’esser rimasto solo di nuovo, come sempre era stato prima di sapere che qualcun altro condivideva con lui la quiete notturna della Fondazione, rendendo piacevole quel vagar solitario. Ma gli bastò varcare l’uscio per scoprire, con sollievo, d’essersi sbagliato.
Eren era sul divano, la testa appoggiata alla spalliera ed un libro aperto sulle gambe; pronta, sul piccolo fornello da campo che il ragazzo teneva nel laboratorio, c’era la teiera.
Yorgo sorrise, pensando che il sonno doveva averlo colto per sfinimento dopo nottate rimasto sveglio a parlare con lui ed un po’ si sentì in colpa perché, in fondo, Erenfried aveva solo quattordici anni e non doveva trascurare sé stesso in favore del lavoro. Anche per questo, proporgli di vivere assieme non era affatto una cattiva idea, si disse mentre con calma gli toglieva il libro dalle mani e gli sfilava gli occhiali. Adagio li mise via prima di liberarsi dell’impermeabile e sedersi sul divano, accanto a lui. Eren si mosse, mugugnando qualcosa, ma non si svegliò; lentamente prese a scivolare contro la spalliera e Yorgo l’aiutò a distendersi e poggiare la testa sulle gambe. L’impermeabile divenne la coperta adatta per il giovane e lui sorrise nel vedere quanto l’abito fosse grande in confronto al suo corpo minuto.
«…Direttore… Yorgo…»
Sentirgli pronunciare il suo nome nel sonno, gli fece accentuare il sorriso, mentre le dita cominciavano ad accarezzargli i lisci capelli mogano e rimase ad osservarlo dormire per un po’, con il viso poggiato nell’altra mano.
«Che ne pensi, Erenfried? Vieni a vivere con me?» domandò ad un tratto, in un mormorio, ma sapeva che il giovane non potesse sentirlo. Così, nell’attesa del giorno, socchiuse gli occhi, consapevole che la solitudine di entrambi sarebbe stata finalmente spazzata via dal chiarore dell’alba.

 

Fine

NoteFinali: per me, questi due, dovevano fare COSACCE! é__è tante, tantisssssime cosacce!!! Epperò… epperò non si può. Eren ha 14 anni, Yorgo almeno 16/18 in più. T_____T e quindi nisba.
Però lo penso XD, vale lo stesso?! XDDDD

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Angelique / Vai alla pagina dell'autore: Melanto