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Autore: verolax    28/05/2010    2 recensioni
***TERZA classificata all'Original Concorso 7: La nicchia e la Luna indetto da Eylis sul forum di EFP*** Una storia dolce e malinconica, dai tratti appena fiabeschi... la storia dell'incontro tra Luna e Stella, la prima non può parlare, la seconda non può sentire...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa fiction si è classificata TERZA all’Original Concorso 7: La nicchia e la Luna, indetto da Eylis sul forum di EFP. Riporto in fondo il lusinghiero giudizio… subito invece il bellissimo banner:

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Nick dell’autore: verolax
Titolo: Poetessa muta
Tipologia: one-shot
Lunghezza (numero delle parole): 2.592 parole
Genere: generale
Avvertimenti: nessuno
Rating: verde
Credits: nessuno
Età dell'autore: …devo proprio? Un po’ “grandicella” per EFP… 28!
Note dell'autore: la mia prima ff originale
Introduzione alla storia: la storia nasce dalla poesia riportata quasi alla fine del testo. Si tratta di un piccolo esercizio non in rima, mio componimento originale di molti anni fa che da tempo volevo riutilizzare. Il resto lo scoprirai leggendo
J

 

POETESSA MUTA

 

La Luna amava Venezia.

La amava come un pittore ama il suo primo dipinto: un amore così tenero ed innocente – così squisitamente totalizzante, e soggettivamente infinito – da preferire questo luogo ad ogni altro, la sera, per la sua luminosa apparizione.

La bellezza degli antichi palazzi affacciati sull’acqua - come anziani signorotti perennemente davanti allo specchio - catturava la sua fantasia, e la Luna vi si soffermava pensosa, lasciando che i propri dolci raggi carezzassero le ruvide superfici di mattoni, di intonaco e di marmo come un amante farebbe con la propria sposa. Ma ciò che la tenera ed inconsapevole Luna amava sopra ogni altra cosa era tuffarsi a capofitto nelle stradine secondarie, strette tra le case troppo alte, tortuose nel loro perenne inseguire, senza riuscirvi, la linea retta disegnata tanto tempo prima. Quella stessa linea retta che le acque, lentamente ma inesorabilmente, avevano piegato al loro volere inclinando le fondamenta delle case ora a destra, ora a sinistra. La Luna amava venire fin quaggiù, quando le strade erano deserte, e si poteva respirare l’umidità dei muri nel più totale silenzio, osservando di lontano il lento incedere di qualche anziano abitante intento ad appendere ad un chiodo nel muro un piccolo sacco di spazzatura.

Si trattava di un’usanza sorta molti anni prima: per evitare le invasioni di sorci, gli abitanti di Venezia avevano appeso grossi chiodi ad intervalli regolari nei muri di mattone che fiancheggiano le anguste stradine ed avevano preso ad appendervi i loro rifiuti, la sera, perché venissero raccolti durante la notte e non disturbassero la bellezza della città durante le ore diurne.

Naturalmente, la Luna non trovava nulla di bello nel contenuto reale dei sacchetti, ma le piaceva immaginare che al posto dei rifiuti gli abitanti della città appendessero ai muri qualche cosa di importante, di personale, un pezzetto della loro vita, o magari un ricordo, un sentimento.

Sì, perché la Luna aveva un animo romantico. Amava Venezia di un amore così struggente e profondo che aveva preso a scrivere poesie per lei. Le sue poesie erano una melodia sonora dalle mille sfaccettature, eppure la Luna era triste, perché sapeva che Venezia non avrebbe mai potuto sentire i suoi versi: nessuna parole avrebbe mai potuto uscire dalle sue labbra, poiché la Luna era una poetessa muta.

La sua tristezza si faceva ogni giorno più profonda. L’astro splendente incominciò a tuffarsi nelle stradine più anguste e più strette che riusciva a trovare, cercando un posto – un posto qualsiasi – per nascondersi al mondo e per celare a se stessa la tristezza del suo cuore. Una sera, nel suo perenne girovagare, trovò una piccola nicchia all’interno di un muro, grande appena a sufficienza per contenerla tutta. Vi si gettò con la gratitudine che solo le anime perdute sanno provare e decise di non uscire mai più.

Inizialmente gli uomini pensarono che si trattasse di un’eclissi lunare. Il mondo intero fu preda del buio. Ma quando la sera successiva la Luna non tornò, qualcuno incominciò a preoccuparsi.

“Abbiamo perso la Luna,” mormoravano alcuni; “Sta arrivando il giorno del Giudizio,” ammonivano altri.

E la Luna ancora non tornava a splendere sui cieli della Terra.

L’umanità si ritrovò avvolta da una nebbia perenne di terrore.

Non più sostenuto dalle fasi lunari, il ciclo delle maree si era fermato e il mare lambiva pigramente la costa sempre nello stesso punto. L’intero mondo marino incominciò a risentire di questo fenomeno.

Allo stesso modo i raccolti nei campi iniziarono a diminuire.

Anche l’influsso diretto sugli uomini fu notevole: nessuno osava avventurarsi di notte nei luoghi bui e lontani dalla civiltà, perché non vi era la dolce e rassicurante luce della Luna a rischiarare il cammino.

Gli innamorati non avevano più baci e tenerezze da scambiarsi sotto il complice chiarore dell’amato astro.

Mentre i più eminenti tra gli scienziati si riunirono per trovare una spiegazione per la scomparsa della Luna, a Venezia e in molte altre città del mondo venne perfino istituito un coprifuoco: nessuno poteva girovagare per le strade cittadine oltre le undici di sera. Le attività criminali erano aumentate vertiginosamente e nessuno si sentiva più al sicuro, nemmeno le forze dell’ordine.

La situazione stava precipitando, eppure la Luna non tornava a splendere sui cieli della Terra.

Rimaneva chiusa nella sua piccola nicchia, a snocciolare componimenti malinconici uno dopo l’altro, dimentica del mondo e della sua stessa esistenza.

Una sera, però, accadde qualcosa di magico.

Attorno alla mezzanotte una piccola figura ammantata passò frettolosamente accanto alla nicchia dove la Luna riposava; i deboli passi appena accennati ed insicuri risvegliarono la Luna dal suo torpore ed ella aprì appena gli occhi, incuriosita. Rimase delusa nel constatare che la figurina era già passata oltre; eppure l’eco dei suoi passi non poteva essersi già spenta! La Luna rimase in ascolto e constatò che nessun rumore giungeva dalla stradina: tutto ciò era molto strano. Sporse appena il capo dalla sua nicchia e vide che la piccola figura si era fermata appena pochi metri oltre il suo nascondiglio. Sembrava in attesa di qualcosa o di qualcuno. Lentamente la misteriosa apparizione si voltò, fissando due occhi grandi e scuri in quelli luminosi della Luna. Emise un gridolino di stupore prima di avvicinarsi con cautela. Quando fu a pochi centimetri da lei, la Luna illuminò il suo volto pallido: era una bambina, una bellissima bambina con lunghi capelli ricci che il cappuccio scuro non riusciva a contenere.

“Ma tu… sei la Luna!” esclamò la piccola, con un misto di incredula curiosità e di timida reverenza.

La Luna non rispose: sapeva che la bimba non avrebbe potuto sentirla.

Dopo un istante di silenzio in cui la figurina scura parve soppesare le parole, parlò ancora: “Ti stanno cercando tutti, sai,” disse pensosa, il tono di voce ora molto più maturo in cui si coglieva appena una venatura di accusa.

La Luna rimase così stupita da quella piccola rivelazione che decise di tentare una domanda: “Davvero?” chiese con sincera meraviglia, “Chi mi cerca?” – ma subito l’euforia della Luna scomparve lasciando il posto alla tristezza, poiché sapeva che la bambina non poteva udirla – o almeno questo era ciò che la Luna pensava.

“Come chi ti cerca? Tutti ti cercano,” rispose la piccola causando un’ulteriore brusco cambiamento nell’umore della Luna, che si sentì nuovamente meravigliata – ed immensamente felice.

“Tu… tu puoi sentirmi,” affermò commossa, le lacrime che sgorgavano silenziose dai suoi occhi scivolando sulla superficie argentata del suo volto come piccole gocce di rugiada sulle tele dei ragni al mattino.

La bimba annuì appena, anch’ella sopraffatta dall’emozione contagiosa della Luna.

“Come ti chiami?” riuscì a chiedere la Luna dopo qualche tempo.

“Stella,” rispose la piccola in un soffio.

La Luna, che per la prima volta viveva una così intima vicinanza con un essere umano, stava sperimentando una dolcezza senza limiti; la osservava come se volesse ghermirle l’anima solo per poterla meglio comprendere. Così si accorse che la bimba non aveva mosso le labbra quando aveva fornito la sua risposta.

“Ma come… come possiamo parlare io e te? Io sono muta e tu… tu parli senza aprire la bocca…”

Stella sorrise, ma il suo era un sorriso stanco e senza gioia. Improvvisamente sembrò una persona adulta anche nell’aspetto, oltre che nel tono di voce.

“Se tu parlassi con le corde vocali,” disse abbassando lo sguardo, “io non potrei sentirti”.

Aspettò qualche attimo prima di continuare la sua spiegazione. La Luna attese paziente – anche se era ansiosa di sapere – perché vide che la bambina era in difficoltà. Si osservava le scarpe e non riusciva a stare ferma con i piccoli e graziosi piedini: spostava continuamente il peso da uno all’altro.

Infine, Stella parlò. “Sono sorda”.

La Luna rimase un lungo istante a pensare, ma non riuscì ad afferrare il senso della spiegazione.

Stella capì l’incertezza della Luna e continuò: “Io sono sorda e tu sei muta, capisci? Comunichiamo attraverso la mente. Tu pensi ed io recepisco i tuoi pensieri, e viceversa. Naturalmente io potrei parlare e tu mi potresti sentire, ma… - il tono della bambina si abbassò ulteriormente – preferisco non farlo. Sono sorda da molto, molto tempo e… ho scordato il suono delle parole… le pronuncio tutte sbagliate. A casa mi considerano ritardata. È per questo che stasera sono scappata per non tornare mai più…”

Stella si morse il labbro ed assunse l’espressione di chi si è lasciato sfuggire una confessione di troppo, ma la Luna la rassicurò: non avrebbe raccontato a nessuno il suo segreto. Del resto, come avrebbe potuto?

“Tu invece perché sei scappata?” chiese Stella alla Luna, a bruciapelo.

“Oh, ecco, io… in fondo, per il tuo stesso motivo. Tu perché sei sorda, e io perché sono muta,” spiegò la Luna, colta in flagranza di reato. Se avesse potuto sarebbe diventata color della porpora dalla vergogna.

“Ma nessuno sa che sei muta,” replicò Stella poco convinta.

“Sì, ma… vedi, io scrivo poesie. Poesie per Venezia, perché la amo. E Venezia non potrà mai sentirmi. I suoi abitanti non potranno mai sentirmi. Scrivo poesie di struggente bellezza, e nessuno ne sarà mai a conoscenza. La mia vita è inutile; non posso fare del bene agli uomini, non posso aiutarli con la mia poesia. Non mi posso esprimere. Trascino un’esistenza vuota e senza senso, se non fossi immortale desidererei che finisse…”

La bambina rimase a lungo a fissare la Luna come se non avesse compreso le sue parole. La Luna notò le sue sopracciglia contrarsi appena nello sforzo di riflettere e partorire un pensiero completo e comprensibile.

“Non è come dici,” esordì infine Stella.

“Il senso della tua esistenza non è racchiuso nell’atto di scrivere poesie o nel poterle recitare ad un pubblico. Tu sei la Luna ed il tuo compito è illuminare il mondo. Grazie a te i campi seminati donano preziosi raccolti, grazie a te il mare si ritira e si espande con il ritmo delle maree. E soprattutto grazie a te gli uomini sognano, scrivono, amano. Lo sai quanti poeti hai ispirato? Quanti artisti ti hanno osservato mentre ti specchiavi nel lago, e ti hanno dipinto con mano sicura? Quante coppie di innamorati si sono dichiarati sotto il tuo dolce chiarore? Senza di te il mondo perde ogni armonia. La notte è buia e silenziosa e paurosa senza la tua luce. Il mondo piange e si contorce e si ritrae dalla vita come tu hai fatto nella tua nicchia, da quando non ci sei. Filosofi, poeti, scrittori e artisti tutti hanno smesso di regalare al mondo le loro creazioni. Tu sei essenziale, Luna, quanto l’aria, il cibo e l’acqua!”

Per un lunghissimo istante non vi fu che silenzio ed umidità tra la bambina e la Luna. La prima riprendeva fiato dopo il suo discorso appassionato rivolgendo all’altra uno sguardo obliquo in attesa di una risposta, la seconda era troppo scossa per parlare e si limitava ad ascoltare il battito impazzito del suo cuore.

Quando Stella vide le prime lacrime inumidire il volto della Luna, seppe che le sue parole avevano colpito nel segno.

“Io non avevo idea…” sospirò la Luna, sopraffatta.

Questa volta il sorriso di Stella fu più luminoso del precedente: “Tornerai a splendere nel cielo?” chiese con tono speranzoso e sguardo sognante, ritornando per un momento la bambina che era, senza il rigido autocontrollo che troppo spesso si imponeva di mantenere.

La Luna parve soppesare seriamente quella possibilità.

“Lo farò soltanto se tu tornerai a casa,” rispose poi con decisione.

Il volto di Stella si oscurò all’istante. “Oh”, disse con disappunto.

“Ascolta, piccola. Tu hai ancora bisogno dei tuoi genitori e loro ne hanno di te. Ecco come faremo. Tutte le sere io verrò qui a trovarti e ti detterò le mie poesie. Tu le trascriverai e le farai leggere ai tuoi genitori – al mondo intero, se vorrai – come se fossero tue. Anzi, saranno proprio le tue, perché le scriveremo insieme. Così nessuno più dirà che non sei intelligente. Io tornerò a splendere nel cielo e potrò soddisfare il mio desiderio di essere una poetessa. Che ne dici, Stella? Io e te. Abbiamo un destino da compiere.”

La bambina rise, poi pianse, infine si acquietò. “Sì,” disse semplicemente, quando l’ultimo singhiozzo smise di scuotere il suo corpicino.

 

---

Stella ha ormai vent’anni ed è una poetessa di fama mondiale.

Oggi torna dalla sua Luna dopo alcuni mesi di tour per le città europee a presentare il suo ultimo libro.

“Ciao, Luna,” saluta con tono gaio ed amorevole, mentre mastica un bastoncino di liquirizia – un vizietto che l’ha accompagnata per tutti questi anni e che la Luna ha imparato a conoscere ed apprezzare.

“Ciao, Stella,” risponde l’astro, all’apice della sua luminosità.

“Che cos’hai per me oggi?”

“Stella, devo dirti una cosa.”

La giovane si rabbuia appena un po’ nell’udire il tono serio dell’amica.

“Dimmi.”

“Questa sarà la mia ultima poesia. Tu hai raggiunto la fama e… io voglio girare il mondo. Amo ancora Venezia, e amo te, ma… sono troppo felice, e la buona poesia nasce solo dagli animi tormentati.” Un attimo di silenzio, e poi: “Ho perso la mia ispirazione, Stella…”

“Oh.”

È questa l’unica risposta della ragazza, la solita sillaba che pronuncia quando si trova in difficoltà. Ma comprende il desiderio dell’amica di viaggiare e sa che l’ispirazione che l’ha sostenuta per tutti questi anni può anche estinguersi in maniera improvvisa.

“D’accordo – dice infine, una punta d’amarezza nella voce – d’accordo, possiamo anche terminare di scrivere poesie, ma non di vivere la nostra amicizia. Promettimi che tornerai a trovarmi”.

“Almeno una volta al mese,” scherza la Luna, forse per mascherare la propria malinconia. Non vuole vedere Stella triste, ma sa che ormai è una giovane donna e che saprà cavarsela anche da sola.

“Ecco dunque la mia ultima poesia. Trovo che sia la più bella che io abbia mai scritto, perché lascia trasparire il mio amore per Venezia in tutta la sua struggente malinconia. Rappresenta la città vista con gli occhi della Luna. E rappresenta la mia partenza, Stella. L’ho scritta per te.

 

 

 

PAINTING VENICE

 

Una partenza decisa e condivisa

Riflette e rifrange nell’acqua dei canali

L’eco di una nostalgia inutile

Inutilizzata

E quasi blasfema.

Respirare l’umidità dei muri con il naso

Schiacciato contro la pietra

Odore di nord, profili mistilinei di

Strade raddrizzate

A pugni

Colore d’inverno cristallizza il pensiero

Immobile.

Troppi dettagli, troppe visioni, troppe

Rivelazioni in questa città diversa.

Specchio d’acqua è specchio convesso

Ritorce e distorce

Passando, ai chiodi nei muri ognuno appende

Un sentimento

Sul fondo dei canali annegano i ricordi

Nebbiosi.

Il dipinto di una città dipinta è il saluto

Che mi rimane negli occhi.

Non ero io a lasciare il cuore ad ogni

Angolo ed ogni calle; non ero io a

Parlare di creazioni

Di emozioni scontate. Non io che masticavo amore

Soddisfatto di essere amato,

Ma qualcun altro masticava liquirizia e mi dava

Sicurezza.

Fermo sui binari

Il momento di saltare dentro  un altro viaggio-scherzo

Mi conduco fra altra nebbia…

---

“Stella, Stella!”

Un gruppetto di giornalisti lotta perché la propria voce sovrasti le altre e venga udita da me, attraverso il magico apparecchio che mi ha ridonato almeno un poco dell’udito perduto, mentre vengo abbagliata dai flash delle fotocamere. La mia ultima poesia ha ottenuto un ottimo successo.

Tra la moltitudine di parole che colpisce il mio orecchio in maniera attutita, quasi da sogno - si delinea chiara una domanda: “Da dove trae la sua ispirazione?”

Sorrido e attendo un momento prima di rispondere. Fisso lo sguardo sul giovane giornalista che mi ha posto una domanda così ingenuamente banale e sorrido ancora.

“Dalla Luna,” rispondo con un nuovo, luminosissimo sorriso; “dalla Luna”.  

 

Giudizio di Eylis:

 

Grammatica, sintassi, ortografia e lessico: 9 / 10
Ho trovato solo un paio di piccoli errori, il testo è scritto molto bene

Sviluppo della trama: 10 / 10
La trama si sviluppa con dolcezza, avvolgendo il lettore e portandolo per mano nella scoperta dei sentimenti di Luna e Stella. L’unica cosa che mi lascia un poco perplessa è il discorso che la bambina riesce a fare alla Luna pur essendo, appunto, una bambina. Dato però che si intuisce che Stella non deve avere un passato facile direi che la cosa possa essere giustificabile

Caratterizzazione dei personaggi: 10 / 10
Anche i personaggi sono stati sviluppati molto bene, entrambi sono ben caratterizzati: buon lavoro!

Espressività: 10 / 10
Come penso si sia già intuito ho trovato questa storia davvero molto espressiva, è dolce e malinconica, ma allo stesso tempo anche ribelle e coraggiosa. Molto ben integrata inoltre la poesia alla fine, che ho trovato davvero forte motivata

Originalità: 8,5 / 10
È una storia piuttosto originale, che magari a tratti ha una vaga traccia di “già sentito”, ma che comunque è stata ben lavorata e resa propria

Attinenza al tema e ai parametri posti: 10 / 10
Tutti i temi ed i parametri sono stati rispettati

Valutazione finale: 57,5 / 60
Questa sorta di fiaba mi ha fatta sorridere perché io adoro Venezia… ci sono stata per pochi giorni qualche tempo fa dopo anni che non ci tornavo e ho rivisto, leggendo, tutte le sue caratteristiche più belle =P Buon lavoro!

 

  
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