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Autore: crimsontriforce    28/05/2010    0 recensioni
Da grandi scoperte archeologiche derivano grandi responsabilità, soprattutto quando cerchi di trasformarle in una serie di videogiochi di successo. Cyan ne sa qualcosa.
Convergenze – anno uno: 1991, sono bravi ragazzi, talentuosi, e incontrarli di persona fa tutto un altro effetto.
Vendicatore del canone oscuro: 1997, D'ni c'est moi.
Identità inviolata: 2000, peculiare busillis di game design.
Genere: Generale, Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Raccolta, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'e'
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In the remote event of this raising eyebrows up there: the following is a collection of five tongue-in-cheek stories about Uru!Cyan's and Uru!Ubisoft's in-universe creation of the Myst games. If writing fanfiction about Uru counterparts of Cyan employees is not ok, drop me a line at laughingpineapple at googlemail dot com and I'll get everything off the internet before you can say “Bahro”, 'k? This was written as a playful and deferent homage to my favourite bit of fourth-wall breaking in the history of everything else combined, no offense meant. :)





Oi, non è per questo che ho firmato il contratto, tre anni fa ò_o
Ci crede qualcuno se dico che ho iniziato Myst cercando una storia indefinita e leggera, sospesa...? Che prima davo titoli seri in inglese citando canzoni melodrammatiche (enfasi sul 'seri')? Che scrivevo solo di ometti aitanti ed eterei? Che... oh, è più divertente così. Aaaandiamo!

Disclaimer: Gli avvenimenti narrati sono frutto di fantasia. Non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone descritte né offenderle in alcun modo. Se possibile, anzi, il tutto è da intendersi come tributo di affettuosa stima.





Le Sconvolgenti Origini Segrete della Saga






Convergenze – anno uno


Richard A. Watson non aveva attraversato le Ere per finire in un garage giallo, pensò sconfortato varcando la soglia del suo nuovo posto di lavoro, o quello che più assomigliava al quartier generale di un posto di lavoro sparso per miglia attorno a Spokane.
È temporaneo, dicevano. Fallo per una buona causa, dicevano. La voce di D'ni deve venir diffusa e diffusa bene o tanto vale starsene zitti, dicevano, e avevano certamente ragione, ma lo scusassero se non lo entusiasmava l'idea di abbandonare per mesi gli scavi – la vera D'ni, quella di pietra e alghe e inchiostro – per fare da consulente a un videogioco, benedetto Elias e le sue grandi idee.
Ti terremo in caldo i coni, dicevano. Spiritosi.

Per poco non inciampò nel campo di battaglia di cavi sparsi che ravvivava il pavimento del garage di Brandkamp, dove il team era in riunione straordinaria per fare il punto della situazione e salutare il nuovo arrivato. Va bene, fermo. Meglio restare fermo. Si soffermò a dare un'occhiata ai monitor accesi e alle pile di fogliacci e schemi, mentre restava lì in piedi come un pinguino aspettando che qualcuno gli desse una stretta di mano, un posto dove sedersi e magari un caffè. Gli arrivò qualche sorriso e dei saluti con la mano, a mo' di anticipo.
Era un garage pieno di talento. Traboccava talento, a giudicare da quello che vedeva formarsi sui Macintosh già a uno stadio così primordiale della modellazione. Ricambiando imbarazzato i saluti, si chiese però se sarebbe mai bastato.

Il punto era che Watson portava con sé le parole di un altro mondo. Le portava letteralmente con sé, in una valigetta con le principali trascrizioni stampate e tre copie complete salvate per sicurezza su una pletora di floppy disk, e soprattutto le portava in sé, dopo averle tradotte e studiate, lasciate sedimentare, riprese e sentite proprie con la forza di nuove radici. Glieli aveva affidati una sognatrice, con una dedica ingiallita sulla prima pagina: “A chi ritorna”. Parlavano di due persone a confronto con la Storia, di cinque persone, di un amico, di realtà infinite che si aprivano come i rami di un grande albero sopra il cielo di tutte le Ere.
Fra le righe, aleggiava il respiro di una città morta.

E lui c'era stato, l'aveva vissuto e doveva aiutarli a trasmetterlo. Con qualche personaggino disegnato a mano, la potenza nascosta di Strata Studio Pro (nascosta dove non era ben chiaro, ma nascosta, ok) e un medium immaturo, noto alle masse per la violenza gratuita e il potere di rimbecillire le giovani generazioni, avrebbero dovuto parlare di spazi e di vuoto, del calore del buio, di un passato che si sgretola come carta bruciata – benedetto Elias e le sue grandi idee. Da dove si iniziava?

Poi il fratello dell'amico del figlio di Elias si fece avanti e lo salutò con un sorriso mite – Rand, piacere, com'è andato il viaggio – presentandosi da dietro i suoi occhialoni tondi con una discrezione che non era del tutto di questo tempo, non era del tutto di questo mondo, e i decenni di ricordi altrui che si portava dentro si riallinearono d'un tratto puntando in una sola direzione, davanti al suo naso. Atrus.

Richard A. Watson annuì piano. Al diavolo i disegnini e la computer grafica, avevano un protagonista. Sul resto si poteva lavorare.















Note:
@ Myst dichiaratamente pianificato come spintarella più o meno subliminale alla Chiamata: tutto vero, sta negli archivi del DRC. L'idea fu di Elias Zandi, padre di Jeff. I documenti necessari passarono da Jeff al suo amico Rod Miller, e da lui ai suoi fratelli Rand e Robyn che di mestiere facevano videogiochi. Tuttavia, nei credits è citato un certo D'ni Historian R.A.Watson e credo che abbia passato del tempo con loro a collaborare direttamente, no?
@ Myst sviluppato in un garage: ugualmente tutto vero, sta negli archivi di... Cyan. O quasi. Il primo Myst non aveva neanche una vera base, ognuno a casa sua, ma visto che il garage di Chris Brandkamp fu scelto come primo quartier generale a inizio sviluppo di Riven, boh, penso che potesse essere stato un punto di ritrovo anche prima.
@ parole: non quelle in formato 5x125, per una volta, bensì i diari di Catherine che, ritrovati in Città dal DRF degli inizi, fecero sia da stele di Rosetta per la comprensione del D'ni sia da base storica per i giochi. Cosa ci facessero a D'ni i diari di una che non ci ha mai vissuto poi è un altro discorso e sarà per un'altra fanfic (la mia ipotesi è che Catherine tutto sa e tutto può e li ha lasciati lì apposta) (cioè, la mia ipotesi è che li abbia lasciati apposta... che Catherine tutto sappia e tutto possa è canone >:3)
[IC]@ somiglianza inquietante fra Rand e Atrus: tutto il resto dei giochi, quando ne abbiamo potuto avere riscontro, è così accurato! E Watson non aveva mai incontrato Atrus, ma aveva letto e riletto ad nauseam decenni di diari di sua moglie... non credo mancassero le descrizioni...[/IC]
[OOC]@ somiglianza inquietante fra Rand e Atrus: GAAAAAHBFSSdsvdsjkvnuisu. Prendete End of Ages, un gioco basato su 'eventi reali' del primo 2005. Nel cast abbiamo Rengin Altay come Yeesha, David Ogden-Stiers come Esher, Rand Miller come Atrus. Same old same old, nessuna informazione sull'effettivo aspetto dei 'veri' Atrus ed Esher (di Yeesha abbiamo il paragone diretto in Uru e si sa che le manca un tatuaggio, che è buffamente sbagliata nell'età e, immagino, giusta nel resto. Bel vestitino, per inciso). Ora però rivealate i fogli di texture dei personaggi. Ci siamo? Notate qualcosa di diverso? Tipo che ATRUS SEGUE IL TEMPLATE DI URU ('gli eventi reali') e non quello di EoA ('il gioco')? Quindi quello doveva essere il suo 'vero' aspetto, non una mistificazione del gioco. Atrus sarebbe dovuto comparire in Uru esattamente con quella faccia lì se, uhm, Ubisoft non avesse chiuso Uru prima di farlo cominciare. Ergo, Rand gli assomiglia proprio tanto-tanto-tanto e, in-universe, è la scelta di casting più azzeccata nella storia degli adattamenti, ever. Ergo, non potevo non scrivere questa fanfiction. Fine parentesi Out of Cavern, torniamo alla programmazione prevista... (perché qualcuno aveva notato che tutto il resto di quest'account è strettamente In Cavern, vero? Ditemi di sì? Qualcuno...?)[/OOC]
   
 
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