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Autore: cartacciabianca    30/05/2010    4 recensioni
[ SOSPESA ]
Nel 1459 Bianca de’ Medici sposava Guglielmo de’ Pazzi. Dalla loro unione sarebbero nati 15 figli, ma solo uno questi, consacrando la discendenza diretta di Cassandra della mitologia greca, avrebbe ereditato il dono della veggenza. Grazie alla sua naturale capacità nella pittura, Arianna, accolta nella bottega del Verrocchio di comune accordo con suo padre Guglielmo, intraprese ingenuamente la via dell’arte non a conoscenza del proprio oscuro potere. L’ostinazione della madre Bianca e un matrimonio combinato imminente allontanarono la fanciulla dai pennelli, ma Guglielmo, disperatamente alla ricerca di qualcuno che le insegnasse l’arte perché i suoi quadri (fonte di speculazioni sul futuro) potessero essere il più chiari possibile, permise alla figlia, in segreto e solo 15enne, di seguire le orme di Leonardo da Vinci. A sconvolgere la serena esistenza in bottega fu la condanna a morte della famiglia Auditore, avvenuta nel maggio del 1476 a seguito del processo che vide coinvolti molti, ma non tutti, i membri della famiglia Pazzi.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Leonardo da Vinci , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Questo post è unicamente incentrato sul ritorno di Leonardo a Firenze dopo la trasferta a Careggi :3 Presenta un’ipotetica situazione posta in una reale circostanza.
Destreggiarsi tra personaggi storici di un tale rilievo e importanza non è stato affatto semplice: ad ogni battuta di ciascuno mi palpitava il cuore nel costante timore che gli stessi facendo dire qualcosa di sbagliato. Pertanto, poiché l’idea nasce come parte non fondamentale della trama, non è legata né ai precedenti né ai successivi capitoli, se non per una piccola parte contenuta nelle ultime righe.
Indirizzato a chiunque abbia deciso di leggere questo mio breve tributo alla Bottega del Verrocchio: spero che vi piaccia ^^

Una calorosa accoglienza

Era il dì, o meglio, la sera del 7 maggio 1476 quando il convoglio di pittori, letterati e poeti rientrò a Firenze da Careggi.
La marcia del ritorno era durata tutta la giornata. Il gruppo si era mosso alle prime luci dell’alba per raggiungere Firenze solo quella notte, sotto un magnifico cielo stellato. Erano una dozzina in totale, gli artisti, accompagnati da cinque guardie armate: non si poteva certo rischiare che le maggiori ricchezze e conoscenze del tempo venissero derubate da furfanti o rapinate lungo il tragitto!
Subito avanti c’erano i soldati di Lorenzo e la sua carrozza, dentro la quale riposavano il piccolo Piero e la madre Clarice. Tutt’attorno si erano disposti i fedeli alabardieri: la prudenza non era mai troppa.
Ormai in vista delle mura, sul sentiero sterrato che percorreva in sella al suo cavallo, Leonardo, che si era permesso di chiudere gli occhi, si sentì gelare da una curiosa folata di vento che gli scompigliò i capelli e i lembi del mantello. Il cavallo tirò indietro le orecchie e rischiò d’inciampare sulla via, per metà assopito come il padrone.
L’amico affianco azzardò un ghigno furbastro sulle labbra sottili. –Non vorrai mica azzopparti prima di veder conclusa la tua fama, pittore- arrise.
Leonardo accorciò le redini e gli scoccò un’occhiataccia. –Non portar altra sfortuna, te, Sandro, che di ‘sti tempi ne avanza- sopraggiunse con una smorfia.
L’artista fece avvicinare la sua bestia a quella dell’inventore e si guardò dagli altri compagni che marciavano con loro. –Se ti riferisci all’ospite che ti fa le bizze in bottega, perché considerarla sfortuna?- sghignazzò. –Potresti sempre metterla a posa e farne un bel modello, una volta che è donna- propose con leggera malizia.
Leonardo aggrottò la fronte. –All’età sua penso che donna lo sia già, ma questo cosa c’entra? E poi non mi pare cosa buona: non lei, non Arianna, conoscendola non accetterebbe mai timida com’è- ammise sussurrando appena il suo nome.
Quell’uomo era l’unico di cui Leonardo si fidasse abbastanza da svelargli il malandrino segreto della Pazzi nella sua bottega. Sapeva che Sandro, su sua richiesta, non ne avrebbe fatto parola con nessuno, potendo stare sereno che il detto, piuttosto, se lo trascinava nella tomba.
Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi, più comunemente noto come il Botticelli, all’epoca aveva trentuno anni e quella sera vestiva di una primaverile mantellina sopra ad un abito rosso mogano. La calzamaglia color rame e il decorato copricapo arancio simboleggiavano la sua maturità artistica e il suo raffinato gusto nel vestire.
I due si erano conosciti nella bottega del Verrocchio ed erano stati inseparabili, assieme al Lorenzino di Credi, per quel breve tempo che era stato loro concesso assieme. Perché Sandro, ormai adulto e ben fatto, aveva aperto una sua bottega qualche anno prima e già aveva garzoni e discepoli ovunque, a Firenze. Due, giovanissimi, solo bambini, se li era portati dietro a Careggi giusto quella settimana, ma erano rientrati a Firenze la settimana scorsa, precedendo il maestro. Il Magnifico stesso si era congratulato per la sua dedizione e interesse verso gli altri, premiando l’artista in una generosa somma in denaro, con la quale Sandro, aveva detto, avrebbe fatto ristrutturare la casa paterna.
-Mi piacerebbe tanto conoscerla la tua allieva- disse il Filipepi ad un tratto.
Leonardo lo fulminò con un’occhiata di braci anche attraverso il buio della notte.
-Ah, perdonami… il tuo allievo- si corresse il Botticelli con grazia, senza mai peccare nel fine tono di voce. –Da come ne parli, sembra padrone di un grande talento. Gli insegnerai qualche trucco di quelli che non hai mai voluto condividere con nessuno?- domandò curioso.
Leonardo sorrise guardando a terra, e nel contempo fece una carezza al cavallo. –Forse. Il talento nel disegno non gli manca, ma deve far pratica coi colori e con le ombre. Troverò giorni da dedicargli, se è quello che chiedi-.
Sandro sembrò soddisfatto. –Benone, ma cerca di non metterlo troppo in mostra lasciando che ritocchi i tuoi quadri, per esempio, o qualcuno potrebbe interessarsi alla sua mano piuttosto che alla tua- scherzò.
-Di questo ne dubito, Sandro, ne dubito fortemente- sospirò Leonardo alzando il naso e guardando le stelle, mentre il cavallo proseguiva senza comandi assieme a quelli degli altri acculturati. –Chi mai potrebbe interessarsi all’arte d’una donna travestita da uomo?- sospirò, chiedendo più a se stesso che ad altri.
Il Botticelli si adombrò. –Perché dici ciò?- domandò confuso. –Sottovaluti la sua capacità di mimetizzarsi oppure sei in forse del suo talento?-.
-Affatto, anzi. Mi fa quasi invidia per quanto io mi sforzi d’imitare il pennello leggero di una donna, ma percepisco che non è aperta al mondo come vorrei. Quando sono con lei mi accorgo a malincuore della sua timidezza, del timore che l’avvolge. Il sorriso sulle sue labbra non è mai pieno, mai vero. C’è qualcosa di oscuro, macabro in lei, che la trattiene, che le sbianca spesso il viso e le inumidisce gli occhi- disse Leonardo tutto d’un fiato.
Sandro si aggiustò il cappello con una mano. –Mi sembra più che normale. Non emerge mica da un campo di rose e fiori, Leonardo. Quella ragazza ne ha passate di brutte in famiglia. Poi, sbaglio, o mi dicesti che suo padre l’aveva picchiata?- pronunciò serio.
L’inventore annuì, ma con breve convinzione. –Si è tutto risolto, ovvio, ma la settimana scorsa-, cominciò abbassando il tono -è pure venuto a farle visita-.
Sandro sgranò gli occhi. –Chi? Messer… Guglielmo?- sussurrò.
L’altro annuì. –Proprio lui-.
-Perché non me l’hai detto subito!- imprecò quello. –Cos’ha fatto? Cos’ha detto?- chiese con curiosità crescente.
-Voleva parlare con… lui, nient’altro, ‘sta tranquillo-.
-Devo star tranquillo quando il mio più caro amico rischia la forca!- digrignò Sandro a denti stretti e voce bassa. –Appena sarai a Firenze, guarda te se non t’arrestano! E si può sapere di cosa hanno parlato?-.
-In vero penso di non conoscere tutti i dettagli. Quel che so, è che suo padre terrà il segreto, non dirà nulla alle guardie, tantomeno alla moglie. A lui basta saper la figlia sana. Non vuole che torni a casa, dove sa che ad attenderla c’è il peggiore di tutti i cani rabbiosi- spiegò.
-Chi, Vieri?-.
-No, Bianca-.
-Ah- ne convenne Sandro, rilassandosi sulla sella. –Se lo dici tu- ammise stringendosi nelle spalle.
-E poi la sua famiglia ha ben altro a cui pensare-.
-Tipo?-.
Leonardo si voltò in parte verso di lui. -Arianna mi parlava spesso di un processo, e Guglielmo ha solo confermato le sue parole. Pare che in causa ci sia suo fratello Francesco, il maledetto che ha da poco tirato fuori gli artigli contro la famiglia Auditore. Guglielmo cercherà in tutti i modi di stemperare la faccenda, ma non so quanto allungo i Medici riusciranno a tener in mano la situazione- borbottò.
-Temi che sia successo qualcosa mentre Lorenzo non era in città?- domandò Sandro, severo.
-Non lo temo,- disse Leonardo guardando lungo la strada e arrivando a cogliere un battaglione di guardie molto numeroso appostato più avanti, con fiaccole e armi alla mano. –…Io so che è successo qualcosa- concluse l’inventore quando il Botticelli seguì il suo sguardo.

~ ۞ ~

A tener buone le questioni politiche era stato, per la prima volta nella storia, il fratello minore di Lorenzo, Giuliano, rimasto in città mentre il parente si occupava dei lussuosi incontri tra la maggiore gente colta della Toscana. Ma il terzogenito di casa de’Medici non aveva fatto un ottimo lavoro come garantito: sotto a quel suo grosso naso adunco da gran signore erano passati quattro processi in due giorni. Lorenzo, appena saputa la notizia, aveva preceduto i suoi accompagnatori ed era volato di galoppo dentro Firenze, scortato solamente da tre guardie.
-Che accade?-.
-Ma dove va correndo?-.
-Sarà grave?-.
Un chiacchiericcio confuso prese piede tra gli artisti, mentre la carrozza proseguiva lenta oltre le mura. Al suo interno, allarmati quanto il Principe di Firenze, stavano il piccolo Piero e Clarice.
Sandro aggrottò la fronte e fece per portare avanti il cavallo, ma Leonardo si allungò sulla sella e lo frenò, tirandogli le briglie al posto suo.
-Acquietati, amico mio, non riguarda noi- disse, serio.
-Per ora- biascicò Sandro, nervoso, affiancando il palafreno a quello dell’inventore che taceva inquieto.
-E così i tuoi timori erano corretti- commentò il Filipepi con una nota amara nella voce. –Preghiamo che non sia gran cosa-.
Appena il convoglio di artisti entrò in città e salutandosi si sparpagliò per le strade ognuno con la propria dimora da raggiungere, Sandro smontò di sella e prese a tirare il cavallo per le briglie.
Leonardo dubitò se imitarlo o meno. Si guardò attorno circospetto, accorgendosi con stupore delle pochissime guardie rimaste a pattugliare le vie. Scambiò con l’amico un’occhiata e i due vennero presto affiancati dal Verrocchio.
Questi si mise in mezzo tra di loro, altrettanto perplesso. –Mah, che stranezze accadono quando il Magnifico non batte la faccia- commentò l’orafo maestro grattandosi il mento.
Lui e il Botticelli si avviarono discutendo, ma Leonardo restò indietro. Smontò tardivo dalla sella, prese il cavallo per le redini e lo legò alla staccionata, vicino all’abbeveratoio, assieme agli altri. Gli carezzò il muso un’ultima volta e poi si avviò anch’egli.
I tre artisti seguirono il corso principale di Firenze e giunsero in vista della casina del Verrocchio ormai a notte inoltrata. Le finestre dell’edificio erano ben illuminate e dall’interno veniva anche un gran chiasso: musica, ma soprattutto l’allegro cianciare di una quindicina di persone.
-C’avrei scommesso l’oro colato, guarda- mugugnò Andrea andando verso l’ingresso della bottega. Quando bussò due potenti colpi sulla porta (le chiavi l’aveva affidate a Lorenzino perché portasse avanti bottega mentre lui era fuori città) nessuno venne ad aprire per parecchi minuti.
Leonardo e Sandro si barattarono una nuova occhiata divertita.
-Suvvia, Andrea, sono ragazzi- tentò il Filipepi vedendo adirato quello che un tempo era stato suo maestro.
-Non ragazzi, Sandro! Bestie di Satana, altroché! Maledetti Diavoli!- imprecò l’orafo e bussò di nuovo, ancora più forte. –Aprite ‘sta porta, bastardi!-.
Di questo passo la butta giù quella porta… pensò Leonardo, scrollando le spalle ad una medesima folata di vento, che inaspettatamente gli trascinò nelle orecchie un silenzioso suono di passi.
Leonardo si voltò e scrutò circospetto l’oscurità alle sue spalle, mentre il Verrocchio continuava a bussare con violenza per farsi sentire dai suoi garzoni. Nonostante il gran frastuono che faceva Andrea sulla porta, Leonardo era sicuro di aver sentito, e poi visto, qualcuno muoversi nei dintorni, dove le loro ombre, proiettate sui muri delle case dai bracieri sulla soglia, si crogiolavano nell’oscurità della notte.
Sarà stato un gatto… pensò. L’artista si maledisse di tanta pignoleria e, sospirando, preferì alzare gli occhi al cielo stellato giusto per distrarsi.
-Basta, io ci rinuncio!- proruppe d’un tratto Andrea battendo sulla porta un ultimo colpo. -Hanno fatto baldoria tutta la notte ‘sti cagnacci, perciò che continuino pure, finché non muoiono alcolizzati o a far l’amore nei forni!- ringhiò il Verrocchio circondandosi dei suoi discepoli più fedeli. –Ah- sospirò, -meno male che ci siete voi a far luce in ‘sta galleria buia. I miei Angeli- disse posando le mani sulle spalle di Sandro e Leonardo con una smorfia in viso.
-Mastro Andrea, dovete accettare che la gioventù non è più come una volta, e lasciare che la stessa faccia il suo corso. Che paghino le conseguenze della loro ubriachezza- lo consolò il Botticelli.
-Sandro, Sandro, Sandro- gli fece eco Andrea scuotendo la testa. –Non è la loro vita che mi fa pena, ma sono preoccupato per l’arte mia che dorme là dentro con loro!- eruppe in ansia il maestro.
Il Botticelli s’irrigidì sgranando gli occhi. –A questo fatto non avevo pensato- confessò smarrito. –I quadri, se fosse successo qualcosa… le tele… le tempere- balbettò.
Nella Bottega di Andrea Sandro ha lasciato molti dei suoi ultimi dipinti su commissione. Pare che li abbia portati al Verrocchio prima di partire per Careggi, perché Andrea scegliesse assieme a lui quali portare alla mostra di luglio.
Leonardo si inclinò dalla sua parte. -Se non sbaglio, là dentro c’hai lasciato anche la tua di arte, Sandro- sussurrò l’inventore nell’orecchio del pittore.
Il Filipepi inarcò un sopracciglio e scrutò allungo lo sguardo malandrino di Andrea e Leonardo, che sotto i baffi se la ridevano di gusto.
Sandro Botticelli, che di pulizia e precisione era sapiente più degli altri, andò incontro alla porta di corsa e cominciò a battere su di essa. –Cagnacci schifosi! Se vi siete azzardati a toccare le mie tele, state certi che non vedrete l’alba! Aprite! Infami, aprite, subito!-.
L’orafo e l’inventore scoppiarono in una grassa risata che, sia in strada che in bottega, attirò l’attenzione di gente: una ronda di guardie camminò loro accanto ma non diede fastidio alcuno. Piuttosto, mentre ridevano, qualcuno si affacciò dalla finestra del terzo piano della bottega con una faccia a dir poco brilla.
-Mastro! Mastro!- esultò il ragazzo sporgendosi e agitando il braccio.
I tre fiorentini tornati da Careggi alzarono la testa, sorpresi. La fronte di Andrea impiegò mezzo secondo a corrugarsi e gli occhi a farsi piccoli piccoli per la rabbia.
-LORENZO!- gridò furibondo. –Cristo in Croce! Esci dal mio studio, bastardo!- strillò agitando un pugno minacciosamente.
Il Lorenzino si voltò verso l’interno della bottega e chiamò a gran voce gli altri garzoni, ignorando del tutto l’ammonimento del maestro. –Amici! Mastro Andrea è tornato!-.
Leonardo si preparò a vedere il peggio, nel frattempo che Sandro gli tornava vicino.
Due giovanotti si sporsero a guardare giù e, appoggiandosi a Lorenzo lo schiacciarono con il loro peso sulla balconata.
-Mastro Andrea!- salutò uno agitando la bottiglia mezza vuota di vino nella mano.
-Com’è andata a Careggi, maestro?- chiese l’altro, singhiozzando.
-Ubriachi come cani, che v’avevo detto?- borbottò il Verrocchio levandosi il cappello e stirandosi i capelli all’indietro con un gesto nervoso.
-Leonardo!- esultò d’un tratto Lorenzo di Credi, facendo sobbalzare l’inventore. Questi tornò a guardare la finestra accigliato, ma Lorenzo parlò di nuovo prima che il da Vinci potesse aggiunger parola.
-Leonardo! Leonardo! Vi ho cercato tanto in questi giorni! Devo dirvi una cosa importante!- annunciò.
-E ditemela, dunque- pronunciò quieto Leonardo.
-Io vi amo, Leonardo!-.
Al suono di quelle parole le guance dell’inventore si colorarono come peperoni. Sandro si portò una mano davanti alla bocca, sconvolto, ma soprattutto per nascondere la risata, e Andrea si batté il palmo in fronte, esasperato.
-Io vi amo, Leonardo! V’ho sempre amato e voglio esser vostro per sempre! Portatemi via da ‘sto posto, voglio star con voi in bottega! Il nostro talento assieme ci guiderà lontano come il vento, me lo sento e…-.
Lorenzo proseguì ben oltre, scendendo in dettagli che descrivevano Leonardo addirittura come suo eroe. L’inventore, da un lato, non riuscì a sentirsene tanto sorpreso; dopotutto, quelle volte che Davide e Gallo deridevano il Lorenzino per i suoi boccoli dorati da bambola, Leonardo ci andava sempre di mezzo per difenderlo. Era il minimo che il fanciullo non gli fosse riconoscente in cuore, ma non a tal punto da dire di amarlo.
Alle spalle del Lorenzino, per la sua manifestazione di ubriachezza, si levava un coro di risate.
-Vieni qui, Lorenzo, te lo do io l’amore che cerchi!- scherzò qualcuno dall’interno.
Ora a tingersi di rosa furono le guance del fanciullo biondo, che voltandosi si vide trascinato da un compagno verso il centro della stanza, laddove gli altri garzoni ridevano come iene.
Nel frattempo, al pian terreno e fuori dalla bottega, i tre pittori aspettavano pazienti.
-Se non stesti già ridendo, Sandro, direi che stai a piangere- commentò Andrea con una smorfia, lanciando un’occhiata al Filipepi. Questi sarebbe esploso da un momento all’altro: le guance gonfie, le labbra strette e lo stomaco contratto, peggiorava quando i suoi occhi umidi si posavano su Leonardo.
L’inventore scrollò le spalle dissimulando il rossore in viso e guardò altrove. –Non è divertente- borbottò riferito a ciò che Lorenzo aveva confessato.
-Il tuo promesso ha organizzato proprio una bella festicciola, eh?- fece eco Andrea, incrociando le braccia al petto. Guardò severamente il suo allievo più giovane, ma il da Vinci preferì evitare altre battutine sulle fragili condizioni mentali del Lorenzino, così declinò l’argomento.
-Maestro, è più probabile che Lorenzo sia stato trascinato dal volere altrui proprio perché tanto deriso, perciò penso che non sia stata sua l’iniziativa di tale monelleria. Non infierite troppo su di lui- spiegò greve.
-Immagino, immagino- assentì il Verrocchio. –Ma spiegalo tu al vicinato, quando verranno in Bottega con torce e forconi, tra qualche ora, tsk!- sollevò il mento indispettito.
La forza di volontà venne improvvisamente meno a Sandro, che nel silenzio della notte scoppiò in un gran ridere. Leonardo allora gli scoccò un’occhiata burbera, ma già Andrea sembrava esserne stato influenzato, perché a poco a poco anche sulle sue labbra compariva un sorriso.

-Hai finito?- domandò scocciato Leonardo ad Alessandro.
Questi si asciugò le lacrime agli angoli degli occhi. –Sì, sì, perdonami, amico mio, se non ho resistito-. In faccia era rosso come un peperone, nonostante la poca luce.
Leonardo si strinse nelle spalle, aggiustandosi il mantello.
In quello stesso istante il volume della musica sembrò abbassarsi fino a dissolversi, e quando la porta della bottega si aprì, per Firenze era già tornato un dolce silenzio.
-Lode alla Vergine! Un miracolo!- eruppe il Verrocchio piombando all’interno senza accorgersi del ragazzo che aveva aperto la porta, e che Andrea spintonò in terra dalla furia. Il fanciullo si riassestò sui piedi reggendosi al pilastro vicino, guardando come il suo maestro sbatteva porta dopo porta gridando a squarcia gola poche ma chiare parole:
-Bastardi! Mettete ordine, pulite i muri e lavate le schifezze dalla vostra e dalla mia roba!-.
Come soldatini, orafi e giovani artisti, seppur poco coscienti di sé, scattarono sull’attenti e poi dritti a svolgere il dovere loro dettato da Andrea, che se li vide correre davanti, su, giù, a destra e a sinistra come formiche sul cui formicaio è piovuto un tacco di stivale.
Quando anche Sandro e Leonardo (in quest’ordine) entrarono in bottega, l’uno si mise a braccia conserte godendosi la scena, l’altro richiuse la porta perché le urla del Verrocchio non turbassero il sonno dei vicini.
-Sarà una lunga notte- sospirò Sandro.
-Forse dovresti dar una mano anche tu, e pregare che non ti abbiano rovinato i quadri- sopraggiunse Leonardo appena gli fu affianco.
Il Botticelli si adombrò. –Odio darti ragione- disse incamminandosi. Salì le scale e scomparve al secondo piano dell’edificio.
Per qualche minuto, forse un’ora, le attività in bottega chiesero man forte di tutti gli artisti che, sotto dittatura di Andrea, tirarono a lucido il locale. Sandro aveva colto intatti i suoi ultimi lavori, e alcuni cartoni e studi di corpi su carta che aveva sbadatamente abbandonato nello studio del Verrocchio. Questi, cogliendo il disordine che i suoi garzoni avevano lasciato nelle sue stanze, aveva sfuriato come un toro contro chi per primo gli capitasse a tiro. Gli stessi orafi che avevano fatto danni a molti degli stampi o modelli in terracotta si occuparono di pulire il pian terreno, mentre i musicisti, amici di amici degli artisti, fuggivano dalla bottega prima che Andrea li prendesse a mazzate.
-Mastro Leonardo-.
Sentendosi interpellato da una voce acuta e giovanile, l’inventore si voltò, ma si vide costretto ad abbassare di molto lo sguardo verso il suolo. Il bambino che l’aveva chiamato per nome gli tirava ora un lembo del mantello giusto per attirare la sua attenzione. Il bambolotto vestiva come un adulto, ma non poteva avere più di sette, otto anni. Aveva le guance pallide, gli occhi grandi e verdi, i capelli bruni, lisci, appiattiti da un berretto rosso.
Leonardo si addolcì, pensando che fosse uno degli scultori bambini di cui il Verrocchio amava circondarsi, soprattutto in quei tempi, avendo interrotto i corsi di pittura di cui, invece, si occupava ogni tanto Lorenzo.
-Mastro Leonardo, Lorenzo è nel cortile- disse.
L’inventore parve non capire e aggrottò la fronte.
-Non si sente bene- aggiunse il bambino lasciandogli il mantello e facendo un passo indietro, come spaventato dalla sua reazione.
Leonardo allora si diede un certo contegno, ringraziò il fanciullo posandogli una mano sulla testa e si avviò per il giardino dietro la bottega.
Appena fu all’sterno, di nuovo sotto il cielo stellato e circondato delle piante in vasi che collezionava Andrea per farne ritratti di nature oppure impastarle per semplici tempere, trovò Lorenzino seduto sulla panchina di travertino grezzo, appoggiato con un gomito al bordo della fontanella. Il crosciare dell’acqua limpida sulla pietra diffondeva il suo dolce suono di campanelli per tutto il giardino, e il profumo di fiori si mescolava alla fresca umidità della notte.
Il fanciullo stava proteso in avanti e con quei boccoli luridi di tempera e spettinati aveva davvero una pessima cera.
Leonardo andò ad accomodarglisi accanto. Lorenzo sobbalzò per lo stupore quando se lo vide comparire davanti al naso all’improvviso, perché probabilmente era distratto dal fastidio di stomaco e dalle bollicine nella testa.
-Come ti senti?- chiese Leonardo cordiale.
Il viso di Lorenzo, ancora sporco di tempera qua e là nonostante avesse le mani bagnate nel tentativo di lavarsela via, si tese in una smorfia, ma non disse nulla.
Leonardo lo capiva: dopo quella sera alcuni dei sui compagni avrebbero ricordato le sue parole e gente come Gallo Cecconi o Davide Marrozzi avrebbe continuato a deriderlo.
-Non devi sentirti in imbarazzo per ciò che hai detto- cominciò Leonardo. -Sotto gli effetti del vino mi sarei aspettato cose ben peggiori, credimi- ridacchiò. –L’importante è che adesso sia passato- concluse.
Lorenzo annuì tirando su col naso. Leonardo gli porse un fazzoletto ricamato che portava nel taschino del giubbetto e lasciò che il fanciullo bagnasse la stoffa con l’acqua della fontanella ringraziandolo, utilizzando l’oggetto per togliere le macchie di tempera restanti dal volto.
Leonardo lo contemplò allungo, dubbioso più che altro su quanto di vero potesse esserci nelle sue parole. Il Lorenzino, sentendosi osservato, tornò presto ad arrossire.
-Mi chiedevo se era bugia anche il fatto che mi hai cercato- disse Leonardo con naturalezza. –Magari per qualcosa di più serio-.
Lorenzo annuì. –Sì, infatti, quello era vero-.
-Ebbene?-.
-Qualche giorno fa sono stato alla vostra bottega ma non ho trovato nessuno. Volevo accertarmi che steste bene, sapete: in piazza ho veduto l’impalcatura e tre cappi, si sarebbe celebrando un processo, Umberto avrebbe impiccato tre genti, così ho pensato che voi e Tommaso poteste essere ancora coinvolti in quell’accusa…- s’interruppe per via di un groppo alla gola. –Ho saputo che eravate a Careggi solo quando sono tornato in bottega di Andrea, il quale prima di partire non mi ha lasciato detto che sareste andato con lui. Di questi tempi, poi, quando la politica è in mano a Giuliano ne succedono di tutti i colori: avrete saputo del rapimento di Arianna, suppongo- assentì flebile, con le labbra ancora gonfie e arrossate per il troppo vino bevuto.
Leonardo annuì assente, con la testa altrove. –Ormai è una triste storia vecchia anche quella, Lorenzo, non pensiamoci. Piuttosto, sai a chi era contro la condanna?- domandò allarmato.
Lorenzo rispose prontamente. –Purtroppo sì, Leonardo. Uno dei morti era un amico di Michele, l’orafo della nostra bottega… Gallo ha organizzato per lui questa “festicciola”- spiegò senza mezzi termini.
-Hai un nome?- insisté l’inventore.
-Più di uno: gli Auditore, ser- assentì il di Credi. –Federico, Giovanni e Petruccio- chiarì.
Leonardo s’irrigidì. Appena sentito pronunciare il cognome della famiglia aveva temuto il peggio. Leonardo capì che a morire era stato il ramo maschile, e non rimase stupito di tale scelta. Rifletté alcuni istanti sulle parole di Lorenzo, che lo osservò allungo senza staccargli gli occhi di dosso, accorgendosi di aver quasi rischiato di confondere Ezio con il Federico di cui parlava il biondino accanto.
-Ed Ezio?- chiese infatti.
Lorenzo inarcò un sopracciglio. –Chi?-.
-Ezio, Ezio Auditore- spiegò meglio. –Se non hanno impiccato anche lui, dov’è?-.
Lorenzo si strinse nelle spalle, dubbioso. –Non so di chi parlate, maestro-.
-Perdonami, Lorenzo, ma adesso devo…-.
Quello annuì, comprendendo al volo che il suo signore avesse altro di cui occuparsi. –A presto, messere-.
L’inventore lasciò il cortile, rientrò in bottega e volò ai piani superiori, su per le scale, evitando agilmente garzoni che gli venivano incontro con scatoloni, attrezzi, scope e dipinti da sistemare al loro posto.
Trovò Sandro e Andrea nella Camera delle Tempere, dove Gallo, Davide ed altri stavano finendo di mettere ordine.
Si avvicinò al Verrocchio. -Mastro Andrea, per me è tempo d’andare- disse stringendo la mano al mentore.
-Non lo metto in dubbio. Rammenta che il Magnifico sarà lieto di rivederci assieme a Careggi quando i tempi saranno migliori, perciò tieniti sano- gli augurò col cuore. –Ma vedi di portare anche quel tuo giovine garzone di cui mi hai parlato- aggiunse.
Leonardo sobbalzò. –Chi…?- avrebbe voluto chiedere se stava parlando di Arianna, ma il Verrocchio lo precedette smentendo i suoi timori.
-Sì, quell’ometto vegetariano di cui ti lamenti spesso. Tommaso, se non sbaglio, il Masini- rise.
-Ah, Zoroastro- sospirò di sollievo. –Lui non è uomo d’arte, ma potrebbe fargli bene un tuffo nella cultura nostra- arrise sconsolato.
-Hai fatto una faccia, amico mio, come se gli avessi piantato uno stiletto in petto giusto ‘sta mattina!- rideva Andrea.
-Be’, sono solo un po’ stanco, maestro, e turbato da tante cose-.
-Risolvi i tuoi guai, Vinci, e vieni a trovarmi più spesso. Ma soprattutto, vedi di non mancare alla mostra di luglio. Lì sì che ci sarà gente importante!-.
-Senz’altro- sorrise Leonardo.
Alle spalle di Andrea, Sandro aveva sostituito il maestro dettando ordini agli scolari e aiutando gli allievi Verrocchiani a sistemare le tele.
-Salute anche a te, Sandro!- fece Leonardo avviandosi.
Quello gli rispose con un cenno del capo, ma appena si distrasse, uno studente imbranato poco distante da lui lasciò cadere in terra la tela che stava spostando. Il dipinto, di mezzo metro per uno, si appiattì sulle tegole del pavimenti, ma sbattendo contro una fitta serie di altri quadri, procurò un effetto a catena. Nell’arco di pochi secondi l’intera parete occidentale della Camera della Tempera si svuotò dei dipinti ad essa appoggiati. Tele grandi e piccole ostruirono il passaggio e acciaccarono piedi di rinomati artisti disperati.
Leonardo non ebbe neppure il coraggio di voltarsi a guardare la faccia del Verrocchio, affianco a lui, che vide Sandro gonfiarsi come un pallone.
-Gallo, dannazione, hai le mani di ricotta!- lo sgridò Andrea e il ragazzo scappò via dalla camera a gambe levate, inseguito dal maestro.
-Sarà proprio una lunga notte…- sospirò Leonardo.
Mentre lui e Sandro aiutavano i pochi studenti rimasti a tirare su i dipinti da terra, l’inventore s’imbatté in un quadro dalla mano inconfondibile. A tratti il disegno stentava di prospettiva, ma, completo in ogni minimo dettaglio, sfumatura o ombra, raffigurava la chiara impiccagione di uomo nudo con un solo panno attorno alla vita a coprigli l’intimità. Questi pendeva per il collo da Palazzo Vecchio, di notte, guardando con gli occhi fuori dalle orbite verso la piazza affollata di gente.
Leonardo rabbrividì, ma allo stesso tempo fu affascinato ed attratto come una calamita da quel dipinto, sapendo già a chi appartenesse. Deciso a portare il quadro con sé, lo sollevò da terra e lo avvolse in un telo bianco che rubò da un’altra opera. Se lo mise sottobraccio e si avviò fuori dalla camera.
-A ladro!- scherzò Sandro vedendolo andar via.
-È solo in prestito, lo giuro!- rise Leonardo andando per la sua strada, senza voltarsi.
Il Botticelli non aggiunse altro.
Tanto Leonardo sapeva che si sarebbero rivisti. Se non in privato, allora alla mostra che il Verrocchio avrebbe tenuto nel cortile della Santa Croce sulla fine di luglio.
Restituirò il dipinto in quell’occasione, pensò sorridendo.


~ ۞ ~


.:Angolo d’Autrice:.
Come detto inizialmente, e come avrete avuto modo di capire voi stessi, quest’ultimo capitolo è stato pressoché “inutile” ad un livello logico. Diciamo che ho voluto improvvisare, anzi, dare sfogo alla mia fantasia annoiandovi come al solito con le mie scemenze incentrate su Leonardo XD Spero che abbiate pietà di me per quello che avete letto, in quanto poco attinente a quello che realmente è la trama originale sia di AC che della fan fiction da me inventata.
Detto questo, credo che non ci siano grandi parentesi da aprire. A parte forse il fatto che, vorrei rammentarvi, la mostra del Verrocchio della quale si parla non è altro popò di meno che… la stessa mostra alla quale Ezio si recherà per uccidere Umberto Alberti, nei primi blocchi di memoria. Perciò siate pronti a vederne delle belle ;D
Sandro Botticelli ha ora una certa importanza, ma non molta in futuro, quando i due artisti perderanno un po’ i contatti… per poi ritrovarsi in vecchiaia, ed io e Manu sappiamo dove, quando, come e perché! XD (P.S. *---*)
Sempre sul rapporto Leonardo/Sandro vorrei segnalarvi due meravigliose fan fiction a carattere yaoi moooolto spinto (rating rosso) ma anche moooolto dolce, di una eccezionale scrittrice. ^-^
Ultimamente sto dedicando pochissimo tempo alla scrittura, e avrete notato che manco già da un po’ su msn, dove compaio a singhiozzi. I motivi sono tanti ma sempre gli stessi. Sono stata febbricitante tutta la settimana, giorni di più giorni di meno, e un libro stupendo di uno scrittore meraviglioso piovuto dal cielo mi ha letteralmente fatta prigioniera nel suo mondo. Guarda se non casca l’asino anche lì <.< come se non avessi già abbastanza fan fiction in corso! Grrrrr! Che rabbia mi fa sta cosa! Be’, l’estate è alle porte, direte voi, c’è tempo per scrivere!
COL CA**O!
Quella brutta tr… trota di una professoressa di matematica non ha ancora capito che è LEI che non sa spiegare se il 99% della classe ha l’insufficienza in materia! -.- Ma dico…
Vabbuò… annuncio ufficialmente che non ho più un capitolo pronto e che potrei pubblicare il prossimo non prima di due o tre settimane! XD Ho alcune altre ff da seguire, di cui una da concludere ._.
A presto :D
La vostra Ire :3
   
 
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