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Autore: Etoile_Noir    31/05/2010    1 recensioni
Fanfiction sui Papa Roach a quattro mani scritta in collaborazione con Dominil. "Continuai ad avere lo sguardo fisso su un paio di Converse viola, senza dire nulla.
“Avanti Williams, non puoi avercela ancora con me.”
“Vedo che il mio cognome te lo ricordi ancora, Shaddix.” risposi dura, senza guardarlo.
Lo sentii ridacchiare, quella risata che migliaia di volte negli anni addietro mi aveva scaldato il cuore. Non dovevo lasciarmi scalfire. "
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LoveHateTragedy

1.


 

Tenevo il bicchiere di birra in mano, il liquido ambrato oscillava ad ogni mio passo dentro al contenitore trasparente. Tentavo di schivare quella marmaglia di gente armata di giacche di pelle e borchie che soffocava la stanza con la propria presenza.
La paura pazzesca di versarmi la birra addosso, e che mia madre fiutasse l'odore di alcool sui miei vestiti mi tormentava.
Mi sentivo gli occhi di tutti addosso. Accusatori, minacciosi, languidi rispondevano ai miei sguardi.
Nonostante i miei diciassette anni in mezzo a quella gente mi sentivo una bambina.
Ero intimorita ma nessuno sembrava notarlo,mantenevo la guardia alta io, lo sguardo fiero che squadrava dall'alto in basso, sotto quella mia tipica e apparente noncuranza.
Esaltata di essere in quel posto mi sembrava di camminare a tre metri da terra, era la prima volta che avevo il permesso dei miei, che mi lasciavano andare a vedere lo show di un mio amico.
"Ethan!! la birra!!"
Sì, esattamente stavo facendo da servetta al mio amico che aveva appena suonato.
Non sapevo nemmeno il perché di quel gesto, non ero proprio il tipo da fare i lavoretti alla gente. Forse la voglia di fare un giro aveva preso possesso di me nel momento in cui mi ero offerta, avere un'altra occasione di fare il giro del locale e osservare meglio i personaggi da circo di cui era composta l'audience non era affatto male.

Quattro battiti anticiparono la canzone.

La musica esplose. Corpi si scontrarono all'unisono in una danza violenta. Lo chiamavano pogo.
La gente si accalcava sempre più, sentivo il caldo esplodere fuori e dentro me come se fossi finita all'inferno.
Mi ritrovai a guardare il palco senza un motivo apparente, per inerzia, dopotutto era da lì che quella musica travolgente proveniva.
Potevo contare ogni singola ruga che si era formata sulla fronte, sul volto del cantante contratto in una smorfia di rabbia.

Cause I'm losing my sight
Losing my mind,
Wish somebody would tell me I'm fine
Losing my sight,
Losing my mind,
Wish somebody would tell me I'm fine



Le parole che ripeteva erano totalmente distorte da quel sentimento che in quell'istante lo scuoteva nel profondo. Si comportava come un pazzo, perso in quel suo mondo alternativo che era composto da quella musica assurda che non apparteneva decisamente ad un genere predefinito.
Non lo capivo quel ritmo eppure era esplosivo. Mi faceva sentire bene.
Diedi di nuovo un' occhiata complessiva, a tutto il palco, per evitare che il cantante mi facesse venire la nausea con quei movimenti da svitato. In un istante due occhi profondi, neri come il carbone si specchiavano dentro i miei.
Quel contatto che bruciava come il fuoco, così intenso che il chitarrista con i capelli alla moicana non resisteva alla tentazione di chiudere i suoi occhi e riaprirli giusto un secondo dopo per fissarmi diritto in volto come solo lui quella sera sapeva fare.
Gli sorrisi involontariamente. Un sorriso fastidioso si era plastificato sulla mia faccia e non aveva alcuna intenzione di scollarsi.
Mi sembrava di essere in una bolla d'aria ferma nel tempo e nello spazio, isolata da tutto il resto.
Solo lui. Riuscivo a pensare solo a quel dannato ragazzo e alla voglia così imminente di farmi largo tra quegli animali e stringerlo a me. Parlargli.
Quel giochetto continuò per un'eternità, per tutto il loro show, un inferno per me caratterizzato da un conflitto doloroso,quasi fisico, tra il mio cervello e il mio istinto.
Cinque dannate canzoni.
Vi sembrano poche?
Ebbene per me era anche troppo, avevo una soglia di sopportazione alquanto bassa, alcuni dicevano che fosse inesistente, ma erano solo cattiverie di qualche idiota o semplicemente di qualcuno che si era preso una mia sfuriata.
Un alcolico, uno di quelli forti era ciò che faceva per me. Un bicchiere di vodka o di Jack Daniel's, magari.

Certo che quel posto era proprio una noia se non sapevi dove andare e cosa fare. In quei diciassette anni quasi diciotto non mi ero persa un granché, dopotutto.
Qualche chiacchiera con Mel e due bicchieri dopo di Jack mi ritrovai di nuovo al bar.
“Un bicchiere di Jack, ho notato che ti piace parecchio” disse una voce sconosciuta che mi si accostò.
Restai basita, come cazzo poteva pretendere questo tizio di sapere quello che io volevo bere.
“Senti be-”
Mi girai per guardarlo dritto negli occhi ma le parole non ne volevano sapere di uscire dalla bocca.
Cazzo, è lui. " Ah, io sono Jerry ”
Eh? Non avevo quasi sentito il suo nome. Non ci potevo davvero credere.
Ero stata a sorridere e a fissarlo per quaranta fottuti minuti ed in quel momento non riuscivo nemmeno a trovare le parole per presentarmi.
Non ricordavo il mio nome, quello era davvero il colmo! Nemmeno un bambino al suo primo giorno di scuola avrebbe fatto queste figure di merda.
Mi sentivo totalmente bloccata. “ Come ti chiami?”
"oh, io.. scusami..Keri, piacere”
Il mio volto scottava come se avessi la febbre. Mi vennero in mente le parole di una hit suonata spesso nei club ' O boy, you make it so hot like i got the fever”
Non osavo immaginare come fosse conciata o di quale colore fosse la mia faccia in quel momento. Non volevo decisamente farlo.
“Sei stato bravo lassù”
“Grazie” Mi dedicò un suo sorriso, ancora più luminoso di come me lo potevo immaginare. Mi sentivo quasi sciogliere, quasi. “ Sono contento che tu la pensi così, ci abbiamo lavorato poco ”
Ed eccolo il momento in cui non sapevo cosa dire, in cui un silenzio imbarazzante e pesante si stava facendo strada nonostante la musica altissima del locale.
“Kerii ”
La voce di Melanie mi salvò in corner.
“Devo andare, mi dispiace
“Ci vediamo,Keri” mi rispose di rimando quando ero già lontana e la sua voce mi sembrava solo un eco.

 * * *



Nella quiete confusionale di questo posto, mi immersi nella mia apatia con la schiena appoggiata al muro e lontana dalla folla, con una sigaretta stretta tra l'indice e il medio della mano destra. Dopo aver preso un tiro e espirato un po' di fumo, vidi una ragazza passarmi davanti con un bicchiere di birra e lo sguardo curioso. La riconobbi subito, Keri. Si diresse verso un ragazzo, il nostro amico Ethan, e gli porse il bicchiere.
A quel punto mi decisi a buttare la cicca a terra e a schiacciarla con un piede, per poi avviarmi verso di loro. Ero piuttosto sorpresa nel vedere Keri in un posto così, con strani soggetti in giro, visto che i suoi genitori erano sempre molto restii a farla partecipare ad avvenimenti come questi.
"Ehi Keri!"
La ragazza si voltò, non appena pronunciai il suo nome. Mi rivolse un ampio sorriso e allargò le braccia, così che io corsi a rifugiarmi verso di lei. Ethan mi salutò con una pacca sulla spalla, che io ricambiai.
Spostai lo sguardo sul cantante a qualche passo dietro di lui, che discuteva allegramente e con un gran sorriso divertito. Accompagnava le parole con ampi gesti delle mani e delle braccia, cambiando spesso la mimica facciale.
E all'improvviso, quando i suoi occhi si posarono casualmente sulla mia figura, mi resi conto di chi avevo di fronte.
Jacoby Shaddix.
Eravamo nella stessa classe fino ad un anno fa, fino a quando decisi di lasciare la scuola perchè davvero, quel posto non faceva affatto per me.

Dopo il breve concerto, che io avevo gustato nel mio angolino lontano dalla folla in cui Keri sembrava sentirsi perfettamente a suo agio, mi guardai intorno per vedere dove fosse finita. Mi alzai in punta di piedi e strinsi gli occhi per cercare di focalizzarla ma non riuscivo a trovare nessun viso familiare. E in occasioni come quelle la mia bassa statura non aiutava affatto anzi, rendeva tutto più difficile. Ma di scarpe con il tacco nemmeno a parlarne.
Avanzai immischiandomi finalmente tra le persone con la gola arsa e voglia di nicotina. Quelle sigarette mi avrebbero uccisa, lo sapevo, ma erano la mia ambrosia. Provai a raggiungere l’altro lato del tendone a forza di spintoni e, non appena riuscii ad estrarre il pacchetto di sigarette dalla tasca dei jeans, grazie ad un emerito idiota, finii con la faccia a terra. Con un gran sospiro mi misi con i gomiti impiantati a terra e i palmi rivolsi verso l’altro, per poi appoggiarci il viso. Mi ero comodamente stesa nella polvere, offesa, imbarazzata, e con nessuna voglia di alzarmi da lì.
Fissai per qualche minuto le scarpe dei presenti, sperando che con il tempo diventassero interessanti.
"La tua amica sta parlando con Jerry.”
Continuai ad avere lo sguardo fisso su un paio di Converse viola, senza dire nulla. “Avanti Williams, non puoi avercela ancora con me. ”
“Vedo che il mio cognome te lo ricordi ancora, Shaddix.” risposi dura, senza guardarlo.
Lo sentii ridacchiare, quella risata che migliaia di volte negli anni addietro mi aveva scaldato il cuore. Non dovevo lasciarmi scalfire. Si piegò sulle ginocchia, offrendomi una mano.
“Su, alzati. ”
“No. ”
Roteò gli occhi sbuffando, senza togliere quel maledetto sorriso…
Mi sfiorò la spalla con le dita, delicatamente, iniettando nel mio corpo una scarica elettrica. Socchiusi gli occhi per un istante, provando a rimanere forte.
“Dai, non credo ti stia divertendo lì per terra. ”
“Cosa te lo fa credere?” Alzai il viso e posai le mani a terra. “E’ illuminante, invece. Non credevo esistessero tutti questi tipi differenti di scarpe.” dissi sarcastica per poi tirarmi su, senza il suo aiuto.
Mi pulii i pantaloni con le mani, nonostante la polvere rimase tutta lì. Jacoby continuò a guardarmi compiaciuto.
“Che vuoi?!” tuonai scocciata.
“Nulla…” abbassò il viso. “Volevo solo chiederti come… se ti era piaciuto il concerto. ”
“Beh, siete stati bravi.” ammisi, calpestando allegramente tutto il mio orgoglio. Ma la sua voce mi aveva confortata per tutta la durata dell’esibizione, estrapolandomi da quel posto. Era da tanto che non mi sentivo così… bene.
Alzai l’indice della mano sinistra portandomela al viso, notando che l’unghia dipinta di nero era scheggiata da un lato.
“Cazzo…” mormorai.
“Da quando ti importa delle unghie? Non eri così quando passavamo i pomeriggi in punizione. Insieme.
“Shaddix, sono cambiate un sacco di cose negli ultimi due anni, sai? ”
“Avevamo quindici anni, non puoi pensarci ancora! ”
“Sentimi bene, io sono venuta qui solo per accompagnare una mia amica, Keri, e non per vedere te. E poi so io a cosa devo pensare, me la so cavare. ”
Sentivo le guance andare a fuoco e gli occhi ardere dalla rabbia.
Finalmente riuscii a vedere la mia amica intenta a parlare con il chitarrista e feci per avvicinarmi, se non fosse che Jacoby tentò di fermarmi.
“Dobbiamo parlare. ”
“Non voglio. Va bene così. ”
“Sono stato male. ”
“Anch’io e adesso, se vuoi scusarmi, vado a recuperare Keri. ”
Mi voltai con gli occhi velati e feci qualche passo in avanti fino alla mia amica. Il chitarrista se la stava letteralmente mangiando con gli occhi.
Mi dispiaceva interrompere quel momento, almeno qualcuno sembrava spassarsela, ma lo feci lo stesso. Forse per egoismo, forse perché non sopportavo l’idea che qualcuno potesse essere felice.
Quanto odio in una ragazza piccola ed esile come me, eh? Non si trattava nemmeno di odio, probabilmente, semplice disillusione.
“Keriii!” urlai con voce stridula.
Lei si voltò per un secondo verso di me, rivolgendomi uno sguardo sollevato. Tornò a guardare il ragazzo, lo salutò velocemente e io la tirai velocemente verso di me con la voglia impellente di scappare, fuggire… lontano da lui.

 

 

 * * *

Glo:

 Allora: buonsalve carissimi lettori! Questo primo capitolo è solo un assaggio di tutto quello che accadrà, e chi mi conosce sa dove voglio andare a parare -.- Spero sia piaciuto e un grazie in anticipo a tutti anche alla mia Hun che con pazienza mi ha aiutato a scrivere questa fic. È stato un onore collaborare con una fanwriter di questi livelli... Ti voglio bene Gio!!

Gio:

Sono seriamente emozionata, ci abbiamo messo quasi un anno per scrivere questa storia, e vedere che finalmente ha la sua ben meritata fine mi rende molto contenta. Un grazie gigantesco alla mia hun, perchè ha accettato di collaborare con me, per la sua pazienza e il tempo che ha dedicato a questa fic! 

Niente, spero che vi sia piaciuto questo primo capitolo e che ci continuerete a seguire!!

  
 

  
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