Serie TV > The Mentalist
Ricorda la storia  |      
Autore: Sasita    31/05/2010    6 recensioni
Ogni momento è importante, e nessuno più di un ora d'amore, che sia fisico, che sia romantico, che sia per un figlio...
Jane e Lisbon lo sapranno mai?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'One Shot Jisbon'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

♥ You and Me 

 



-Che noia.-
Alzai gli occhi al cielo, che cosa aveva adesso da ridire quel rompiscatole del mio consulente?
-Cosa c’è che ti annoia tanto?- gli chiesi
-Questa giornata afosa e vuota...- rispose, lascivo.
-Finalmente un po’ di calma e ti lamenti… certo che sei strano, Jane!- esclamai, scuotendo la testa.
Sorrisi divertita, mentre continuavo a leggere e compilare pratiche alla scrivania, mentre lui se ne stava  bellamente sdraiato sul divano bianco del mio ufficio.
-Odio non fare niente...- si lamentò, come un bambino.
-Tu fai niente anche quando ci sarebbe qualcosa da fare, quindi…- commentai
-Questo non è affatto vero, io osservo, studio, ascolto…- si difese Patrick
-“Dormo” aggiungerei...-
-Io non dormo mai, e tu lo sai perfettamente!-
-Sì, come no!- sorrisi
-So benissimo che anche tu sei annoiata dalle giornate vuote!- disse, sicuro di sé e delle sue intuizioni geniali.
-Sono contenta che ogni tanto non ci siano omicidi.- osservai, senza smettere di firmare stupida burocrazia.
-Ciò non vuol dire che ti piaccia passare il tempo a leggere quelle pratiche inutili.-
-Per te è tutto inutile ciò che è di origine burocratica.- lo ammonì
-Non tutto, la maggior parte… non esagerare.-
-Sì, come ti pare… cosa vuoi da me, Jane?-
-Chiacchierare già è qualcosa!- rispose lui, e sentì il sorriso nella voce.
-Sì, ma io non ho né voglia né tempo.- gli risposi, cercando di non sorridere.
-Sei la solita bugiarda, tu adori parlare con me!-
Alzai lo sguardo verso di lui, posai la penna e lo guardai divertita, con un mezzo sorriso di scherno sulle labbra.
-Tu credi...- dissi laconica
-Lo so che è così, non puoi mentirmi.-
Si sedette per bene sul divano e mi guardò negli occhi con quel  suo sorriso beffardo e affascinante.
-Tu credi.- continuai, convinta.
-Adesso verrai con me.- esclamò, mentre con passo felpato e scattante si alzava e si avvicinava alla scrivania.
-No.- affermai decisa, ma incapace di divincolarmi dalla sua stretta.
-Invece sì! Dai Lisbon, sono le dieci di sera e siamo soli in questi benedetti uffici!-
-E allora? Io devo studiarmi tutte queste patiche!- Feci, strattonando il braccio e tornando a firmare.
-Non mi interessa Lisbon! Tu hai bisogno di vita sociale!-
-Senti, senti, da che pulpito vien la predica!-
-Okay, hai ragione, abbiamo bisogno di vita sociale, dai, andiamo a prendere un aperitivo…-
-È un invito?- chiesi, a mo’ di sfida.
-Puoi vederlo come un invito se vuoi: Lo è?- domandò scrutandomi. Sentivo il suo sguardo sulla pelle, formicolare.
-Patrick Jane mi sta invitando fuori? O oh! Ma è un occasione irripetibile… che respingo!- ironizzai
Feci scattare lo sguardo di nuovo su di lui e poi lo riportai sui fogli dinnanzi a me.
Ma all’improvviso mi sentii tirare vigorosamente quanto dolcemente e mi ritrovai in piedi a pochi centimetri dal viso perfetto del mio consulente, l’uomo più rompiscatole, egocentrico, guastafeste, affascinante e sexy su cui io avessi mai avuto la fortuna di posare gli occhi.
-Non accetto “no” in risposta, ora tu vieni con me.- disse, con quella sua voce musicale e ipnotizzante, quasi sulle mie labbra. E, involontariamente, mi ritrovai a fissarlo.
Non riuscivo a spiccicare parola, mi perdevo nelle pagliuzze turchesi dei suoi profondi occhi cerulei, nei dettagli ambrati e color mogano dei suoi capelli dorati, nella apparente morbidezza delle sue invitanti labbra rosee, nella dolcezza e nella virilità della sua stretta…
-Quando avrai finito di scandagliarmi  fammi un fischio!- fece, con un sorriso beffardo e compiaciuto sulle labbra.
-Eh?- mi riscossi dai miei pensieri, diventati, andando avanti, sempre più imbarazzanti.
-Niente… silenzio assenso, quindi prendi la giacca!-
-E va bene!- dissi, sbuffando. Mi staccai da lui, indossai la giacchetta, presi la borsa e mi diressi verso l’ascensore, mentre il mio biondo consulente mi trotterellava intorno allegramente, con un sorriso che, da solo, poteva illuminare l’intera città.
-Sei contento adesso?-
-Decisamente!- cinguettò divertito.
Lo guardai sorridendo, ero contenta che mi avesse tirato fuori da quella serata di lavoro…
-Tu?- mi chiese con quel suo sguardo indagatore che sembrava mettere a nudo la mia anima.
-Jane, mi hai prolungato il lavoro!-
-Non girarci intorno, e poi, a vederti, il tuo lavoro non finisce mai!-
-Infatti è così...- risposi
-Infatti sei un asociale!-
-Parla il playboy super-impegnato!-
Ridemmo entrambi di gusto, contenti della compagnia l’una dell’altro mentre salivamo in macchina.
-Quindi dove andiamo?- chiesi dopo un po’ che giravamo a vuoto per le strade di Sacramento.
-È una sorpresa!-
-Non sarei sorpresa se scoprissi che non ne hai idea!-
-Lo so eccome! Ed è una sorpresa!-
Mi girai al finestrino e fissai le nuvole, che formavano disegni immaginari sullo sfondo blu scuro del cielo…
Adoravo guardare le nuvole, mi davano un senso di pace e guerra insieme, e mi facevano sognare nei giorni di pioggia…
Di giorno guardare il cielo mi ricordava il celeste incontaminato degli occhi di Jane, che ogni tanto viravano al verde a seconda della luce e dell’umore…
Occhi così intensi, sofferenti e profondi ma allo stesso tempo sbarazzini e dolci, come a testimoniare la presenza di un ragazzino che, nonostante tutto, non se n’era mai andato.
Sorrisi, al pensiero di Jane da ragazzo, e repressi una risata a pensare al ragazzo dal “cuore di ghiaccio” che tanto mi piaceva alle superiori, se avessi conosciuto Jane allora, non avrei mai perso tempo a piangere per le occasioni perdute con quel ragazzo e per colpa di mio padre, lui mi avrebbe fatto ridere in qualsiasi occasione, e, probabilmente, mi avrebbe capito e consolato… magari non come fidanzato, ma come amico… e mi sarebbe bastato.
-Sei felice.- osservò con un tono compiaciuto, sorpreso e contento allo stesso tempo.
-Cosa te lo fa pensare?-
-La smetti di stare sulla difensiva? Stai sorridendo… sai, anche a me piace guardare le nuvole.-
Lo guardai con un sorriso sulle labbra -Lo faccio fin da quando ero una bambina...-
Il suo sorriso si allargò, creando quelle fossette che tanto adoravo e che tanto mi facevano struggere…
-Siamo quasi arrivati!- disse poi, distogliendo gli occhi dai miei e tornando a guardare la strada.
-Davvero?-
Aprii il finestrino e guardai fuori… eravamo vicino alla costa, com’era possibile che avessimo fatto tanta strada? E, soprattutto, perché?
-Ma dove mi hai portato?-
-A un ristorante.-
-Avevi detto un aperitivo!-
-E allora? Io ho fame, tu no?- chiese, retorico.
-Come se ci servissero a venti alle undici!-
-Ci serviranno, tranquilla! Vedrai!- sorrise, malizioso
-Che… hai prenotato?- domandai, accigliata ed esterrefatta.
-Ahem… sì.-
-Sapevi che sarei crollata?-
-Non puoi resistere al mio fascino persuasivo!-
-Tu sei scemo!- dissi, alzando le mani in segno di resa.
-Può darsi!-
Mi ritrovai a sorridere, anche se ero irritata dalla sua sicurezza nei miei confronti.
-Niwa? Cos’è un ristorante cinese?-
-Ma no! È giapponese e thailandese! Mai assaggiato?-
-Sì, una volta…-
-Vedrai che ti piacerà.-
Lo seguii. All’interno solo uno d tutti i tavoli era apparecchiato. All’improvviso il mio cuore iniziò a battere come un tamburo impazzito. Avvampai, ne sono certa, ma per fortuna le luci erano soffuse e non si poteva notare il colore rossastro della mia pelle.
-J-Jane, perché è apparecchiato solo per noi?-
-Semplice! Perché di solito a quest’ora la cucina è già chiusa, e poi perché è giovedì, quindi non c’è molta gente!-
-Ah.- dissi, incapace di dire altro.
 

♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥

 
Avevamo mangiato da molto ormai, ma rimanemmo a parlare fino a tardi, io ridevo, lui sorrideva, ci raccontavamo momenti divertenti della nostra vita, lo trovavo maledettamente affascinante, quasi più del solito, e continuavo a ridere… raggiante della sua vicinanza.
-Te lo assicuro, la sua faccia era proprio così.-
Gonfiò le guance e strabuzzo gli occhi, imitando Sam, che era  morto ormai di quasi due anni.
-E poi ha detto “non ti direi dov’è il bagno neppure se il tuo culo andasse in fiamme”!-
E risi, risi di nuovo e lui con me.
-Perché tu non sai cosa fece una volta Cho…- sorrisi  -…prima che tu arrivassi, un uomo, palestrato, super muscoloso…-
-Uno di quelli di mister olimpia?-
-Esattamente… beh, stavamo indagando alla gara per la morte di uno dei concorrenti… e questo disse, “ehi piccoletta” rivolto a me “ti va di uscire una sera?” e io “non ci contare” così mi rispose male “Ehi! Cosa sei? Non sei su un piedistallo, zitella!”…-
-Posso immaginare la reazione di Cho…-
-Infatti disse “come ti permetti di dire queste cose a un agente di polizia?”- dissi cercando di imitare il suo status di uomo ghiaccio –E l’uomo “che vuoi nano cinese?” e Cho, “non sono cinese testa di cazzo, sono coreano”, gli mollò un calcio nei testicoli e quello stramazzò per terra…-
-E poi?-
-Poi chiamò gli altri partecipanti e disse “ehi, ragazzi, quest’uomo ha detto che siete delle femminucce” e loro picchiarono a sangue quello che mi aveva trattato male.-
-Cho è un grande!-
-Già!- storsi la bocca –Anche se poi dovetti firmare tante, tantissimi pratiche…-
Ci guardammo per un altro po’ e poi risi di nuovo.
-Che c’è?- chiese sorridendo.
-Niente...-
Continuammo a guardarci, mentre piano pano sulle mie guance un leggero rossore prendeva il sopravvento.
-Ti va di ballare?- chiese
Stavo quasi per rispondere di sì, quando casualmente mi cadde l’occhio sull’orologio che teneva al polso.
-Jane  ,ma ti rendi conto che sono le una e mezza?- esclamai
-Ehm… sì, allora?-
-E’ tardissimo!-
-Okay, ma mi concedi questo ballo?- insisté lui, perentorio.
Solo una volta, io e Patrick, avevamo ballato insieme. Non nascondo che quel giorno fu uno dei più belli della mia vita. Ero innamorata di Patrick, e ballare con lui mi aveva fatto capire tanti motivi. In primo luogo la sua capacità di farmi sentire sempre bene, sempre a posto con me stessa. Poi la sua simpatia, la sua dolcezza, la sua infinita intelligenza. Lì, abbracciata a lui nel ballare un lento, avevo fatto entrare nella mia anima tutto quello che fino ad allora era solo aleggiato intorno a me. La sua bellezza, il suo fascino, il suo carattere ed anche quei difetti che lo caratterizzavano mi avevano fatta innamorare di lui...
-Sì.- risposi senza pensarci, sentendomi trascinata in un sogno.
-Ne sono lieto.- disse sorridendomi e alzandosi dalla sedia. Si avvicinò a me e mi prese la mano tirandomi su dolcemente, mi cinse la vita con un braccio e attirò più vicina a sé. Sussultai. Posai la testa sulla sua spalla, e mi lasciai guidare da lui, mentre la mia mente vagava in luoghi pericolosi…
Mi avvicinai di più a lui, e mi accolse tra le sue braccia, e lasciai che i miei occhi si chiudessero, rilassati e felici…
Poi spalancai gli occhi: mi ero fermata, eravamo fermi in mezzo alla stanza, alzai lo sguardo…e incontrai i suoi occhi turchini profondi e più scuri del solito.
-Jane… io… credo di doverti dire una cosa…-
-Dimmi.- la sua voce era un po’ roca e seria, troppo seria. Ma non ci feci caso, lì per lì.
-Io… credo… sì, insomma… io…-
Sospirai, cercando le parole adatte. Volevo fare un discorso ispirato, sul come il nostro rapporto si fosse evoluto, su come mi fossi resa conto che la nostra amicizia era più di questo. Aprì la bocca per farlo.
-Patrick io ti amo.- non staccai gli occhi dai suoi, eravamo così vicini che…
Ecco, appunto. Un discorso ispirato.
Poi lui sorrise, sorrise sornione e rise. Si mise a ridere, facendomi sentire una stupida ingenua.
Lo guardai male, mentre le lacrime si affollavano sotto le mie palpebre, mi sentivo amareggiata e offesa.
-Che cazzo ridi?- chiesi, arrabbiata.
-Niente, solo che è una cosa stupida...- disse lui
E le prime lacrime iniziarono a scendere sul mio viso.
-Fottiti… e…e vaffanculo!- inveii, girandomi e uscendo dal locale.
Nel parcheggio davanti al ristorante salii in un taxi e mi feci riportare a casa. Mentre l’auto sgommava uscendo dal posteggio mi parve di vedere Jane uscire dal ristorante correndo e fermandosi davanti alla porta.
Tutto potevo credere, tutto, tranne che mi avrebbe trattata così…
Io lo amavo e lui  mi aveva umiliata: non importava che non ci fosse nessuno, aveva aperto una crepa dentro di me.
Quando arrivai a casa, affranta, mi buttai sul letto e piansi, piansi tutte le lacrime che sapevo di possedere. Piansi silenziosamente, perché avevo imparato a non mostrare le mie debolezze, avevo imparato che singhiozzare voleva dire fare rumore e essere trattati male. Avevo imparato che a volte, tenersi dentro le cose era meglio che tirarle fuori tutte, perché dentro di me erano al sicuro, fuori sarebbero state esposte a giudizio…
Quando mi calmai almeno un po’ mi cambiai per provare a dormire, ma continuavo a fissare il cielo dalla finestra della mia camera senza la minima forza per prendere sonno.
 

♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥

 
Mentre mi rotolavo nel letto, alla ricerca delle fantomatiche braccia di Morfeo, all’improvviso il campanello mi riscosse dai miei vaneggiamenti e dal mio assillarmi dicendomi che ero una cretina. Scesi le scale, incurante del fatto di indossare semplicemente la mia maglietta con su scritto “LISBON 99” e che fossero le tre del mattino.
Guardai dallo spioncino e vidi Jane, la testa china a guardarsi la punta delle scarpe, i capelli scarmigliati, un braccio appoggiato allo stipite della porta e l’altra mano chiusa a pugno sul suo fianco.
Nonostante volessi lascarlo lì, aprii la porta.
-Che vuoi?- domandai, astiosa.
-Voglio chiederti scusa.- disse alzando la testa ed entrando in casa, senza il mio permesso.
-Beh… scuse respinte… c’è altro?-
-No, ti prego ascoltami, tu non capisci!- provò
-Ah, sarei io che non capisco?- alzai la voce –IO? NE SEI PROPRIO SICURO? Io ti amo. Ti ho detto che ti amo e tu che fai? Ridi e dici che è una cosa stupida! Facendomi sentire ingenua e stupida! Sai che ti dico, anzi, ripeto? Vaffanculo, Patrick!- feci, cercando di spingerlo fuori da casa mia.
-Non è una cosa stupida che tu mi dica che mi ami, non lo è! Non è ciò che stavo dicendo… io non mi riferivo al fatto che tu mi abbia detto che mi ami, ma che è stupido il fatto che io ti ricambi!- disse, quasi in preda a una crisi isterica.
-Ah sì? Consideri stupido che…- iniziai, accecata dalla rabbia. Ma mi zittii.  -Aspetta tu mi ricambi?-
-Sì.- sospirò lui, come se stesse subendo la più grande tortura del mondo.
-Ancora peggio, ritieni stupido che io te ci possiamo mai amare?-
-No.- disse, storcendo la bocca
-Illuminami, allora, perché non capisco…- feci, acida, e incrociando le braccia sul petto.
-Ritengo stupido il mio egoismo. Tu sei in pericolo con me, rischieresti di essere trascinata nel mio oblio e nel mio desiderio di vendetta!-
-Tu continui a scappare, continui a nasconderti, e ti rifugi nei tuoi inutili giochini, e ti affanni dietro una vendetta he non vuoi neppure, perché tu non sei un assassino… ferisci le persone e non te ne rendi conto, dici cose che fanno male, fai sentire le persone inferiori! Allora perché non vai a farti consolare dalla tua vendetta? Eh! A che ti serve piangerti addosso?- esclamai, troppo arrabbiata per pensare positivo. Per pensare che lui stava facendo di tutto per salvarmi. Per proteggermi.
-A niente, ma non voglio che trascinarti nella mia tenebra.-
-Non mi interessa dove potresti trascinarmi, ma non lo capisci? Non capisci che io sono perfettamente a conoscenza dei rischi? Non capisci che anche io ho paura di amarti?-
-Vorrei vivere i miei piaceri e miei dispiaceri con te, vorrei renderti felice ogni giorno di più, vorrei portarti la colazione a letto tutti i giorni, vorrei svegliarmi tutte le mattine con un tuo bacio sulle labbra, e il tuo profumo sulla pelle, vorrei poterti stringere ogni momento e amarti con tutto me stesso...-
Nuove lacrime si precipitarono fuori dai miei occhi, mentre mi mordevo le labbra alla disperata ricerca di mantenere un po’ di contegno. -Tu puoi, puoi fare tutto questo, anche io lo vorrei…Ma fai il ragazzino! Sei immaturo... Tu non sai quante volte ho sognato di svegliarmi abbracciata a te e avere il tuo profumo in giro per casa, il tuo dopobarba nel mobiletto del bagno, il tuo sorriso in ogni momento della mia giornata. Non mi importano i divieti, le regole, le leggi... non mi importano i rischi, i giudizi degli altri... io amo solo te.- esclamai, quasi supplicante.
-Io ho paura per te!- disse lui, alzando la voce e stropicciandosi le mani, come cercasse di tenerle lontano da me.
-Sono abbastanza grande da sapere cosa rischio e da saper scegliere.- dissi, decisa.
Lui mi guardò, con il dolore negli occhi. Come se fosse attanagliato dai sensi di colpa, dalla paura, dalla tristezza. Ma come se allo stesso tempo un grande desiderio e una grande emozione lo pervadessero.
-Quanta vita c’è in un ora d’amore? Non riesco più ad immaginarlo, perché è così tanto che non lo provo, non parlo dell’amore nel senso fisico, non solo  almeno, ma anche dell’amore romantico, o per un figlio...-
-Più di ogni altra cosa, ed è per questo che vorrei vivere ogni mia ora con te, che sia un ora d’amore, un ora di sguardi, che sia un ora di parole.- commentai, più romantica di quanto fossi mai stata.
-Perché?-
-Io ti amo Patrick, non ho paura del poi, del come e del perché. Al cuore non si comanda, di questo ne sono certa! Tu non hai idea di quante volte mi sono ripetuta che era sbagliato, che era egoista, che era pretendere troppo. Che la gente avrebbe pensato male, che le regole non me lo permettevano. Ho provato tutte le vie per farmi passare questo sentimento. Ma l’amore non si cura di questo, non gli interessa di essere perfetto e etereo: E’ amore, amore e basta!-
-Già… così mi ami…- sospirò, scuotendo la testa e ritornando a fissarsi le scarpe.
-Sì, e non me ne vergogno, ma so che nel tuo cuore ci sono ancora tua moglie e tua figlia, e la tua mente è occupata da Red John…-
-Ti sbagli Teresa, non hai idea di quanto, nel mio cuore ci sono ancora mia moglie e mia figlia, ma io ho scoperto che posso amare ancora, come prima o follemente di più … sono maledettamente corroso dal desiderio di proteggere qualcuno e di illuminare di nuovo il mio cuore! E ho scoperto che colei che mi  scatena tutti questi sentimenti è una sola, e sei tu! Non puoi immaginare quanto io ti ami!- confessò.
-Lo dici seriamente?- domandai, sorpresa.
-Con tutta la convinzione che un uomo può avere... in questo momento non sento più le gambe, mi sento un ragazzino alla mia prima cotta… mi sento così leggero e felice, tu mi rendi felice, la tua sola vicinanza mi rende migliore.- esclamò, guardandomi dritto negli occhi.
-Credevo che non avrei mai sentito parole simili pronunciate da un uomo, tanto meno che quell’uomo saresti stato tu!-
In uno slancio di coraggio posai una mano sul suo viso, accarezzai la sua guancia. Chiusi gli occhi, espirando a fondo, assaporando ogni piccola sensazione che quel contatto mi trasmetteva. E poi la sua mano andò sulla mia e ci avvicinammo, quel tanto che poteva bastare per sentire il suo respiro sulle  labbra.
-Sei sicura?- chiese, e sentii che anche lui stava respirando profondamente e teneva gli occhi chiusi, qasi volesse imprimere le sensazioni, le emozioni, più che le immagini.
-Non sono mai stata più sicura in vita mia.-
Finii a mala pena quella frase che sentii le sue labbra sfiorare morbide le mie, posarsi leggere e timide.
Un bacio a fior di labbra, candido e zuccheroso.
Ma io ero avida di un suo bacio vero, lo desideravo con tutta me stessa. Le mie dita corsero ai suoi capelli e le sue mani si insinuarono sotto la mia maglia, mi avvicinai fino a sentire il suo cuore battere contro il mio petto, forte, potente. Strinsi la presa sui suoi capelli e approfondii il bacio, imprimendo nella mia mente ogni centimetro di pelle della sua bocca che piano piano scoprivo. Appagante, passionale, amorevole.
 

♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥

 
Quando mi svegliai ero in camera mia. Subito la paura di aver sognato tutto, di aver immaginato ogni cosa, mi pervase e mi sporsi per tastare il letto vicino a me. Sicuramente, registrai, non avevo più addosso la maglia di Lisbona…
Non trovando nessuno, aprii gli occhi e cercai invano la sveglia, dov’era finita?
Guardai meglio sul comodino e capii che era nascosta da una camicia, riversa sopra.
Sorrisi euforica, non avevo sognato, lui era stato con me, lui era con me.
Mi alzai, leggermente in imbarazzo e indossai la sua camicia, abbottonandola e scesi verso la cucina, sentendo canticchiare qualcuno ai fornelli.
Risi e mi morsi un labbro, al settimo cielo.
-Buongiorno, amore.- mi salutò, senza voltarsi
Mi avvicinai e lo abbracciai da dietro.
-Buongiorno- sussurrai.
Lui si girò e mi stampò un bacio leggero sulle labbra. Lo guardai: Indossava i boxer neri e nient’altro.
-Ti amo.- sospirai, tornando a fissare i suoi occhi
-Lo so, me lo hai ripetuto un po’ di volte…-
Arrossii
-Ma non mi dispiace mai sentirtelo dire.- disse, e poi mi scrutò -Lo sai che dicono che le donne siano nella loro forma più sexy quando indossano la camicia del loro uomo?-
Sorrisi, scossi la testa e lo abbracciai.
Lui era mio, io ero sua.
Questo contava, e sarebbe rimasto così per sempre!




Dice l'autrice:
E anche questa è riveduta e corretta. Sarà pure stata da Oscar, come hanno dette nelle recensioni quelle mie dolcissime amiche, però così forse è meglio. Sì sì, molto meglio. Bah, come scrivevo male... grazie EFP, e grazie a te, che mi hai aiutato a migliorare, ogni giorno, tutti i giorni. 
Benissimo, spero che vi sia piaciuta la mia storiella!! :)
Un caloroso saluto,

Sasy
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Mentalist / Vai alla pagina dell'autore: Sasita