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Autore: Sidereal Space Seed    01/06/2010    4 recensioni
[Star Trek - The Next Generation] I romulani sono senza alcun dubbio la specie più simile a quella umana: di conseguenza, ogni azione rappresentata equivale molto spesso ad un'icona di ciò per cui combattiamo. Tributo ad Alidar Jarok, dall'episodio "The Defector".
Genere: Malinconico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'The Romulans' Chapters'
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Salve a tutti! =)

Io ho un problema, un problema con le orecchie a punta: si chiama “romulani”.

Li amo, li adoro in ogni modo; inoltre sono troppo umani.

Questa fanfiction non “prende in esame” personaggi della TOS come sono abituata nella mia LongFiction, ma si concentra in particolare su un episodio di The Next Generation: “The Defector” (o “Il Traditore”, in italiano).

Mi sono perdutamente innamorata del personaggio di Alidar Jarok, ed ero troppo invogliata a creare un piccolo tributo.

Non è niente di speciale, ma sono certa che questo personaggio si meriti tale considerazione.

Inoltre, sono così nerd dei romulani che credo un giorno ci farò un’altra LongFic sopra.

Ad ogni modo, se conoscete questo PG, spero potrete apprezzare, ma se non lo conoscete e non avete ancora visto l’episodio, be’, spero di stuzzicare la vostra curiosità.

Buona lettura =)

 

 

~ ~ ~

 

 

“ Bilire, Saith.

Sono queste le parole per la quale coloro che temono il cambiamento mi hanno condannato.

Probabilmente, queste sono le uniche tracce che vi resteranno di me, mie Amate.

Comunico questi miei ultimi speranzosi pensieri, a voi, in questa lingua, affinché possiate comprendere il motivo che ha spinto il nostro grande Impero ad etichettarmi col titolo di vang’radam.

Llaiir, compagna mia: ho creduto, ho sperato, sino all’ultimo momento, di poter regalare un futuro al nostro popolo. Ti avranno detto di me, che sono stato un codardo, uno lluadh. Che ho tradito Romulus, il suo onore e la sua magnificenza. Non sanno quanto si sbagliavano.

Ho sognato di vederti leggere queste righe con gli occhi della donna forte quale sei, che non cade nei tranelli dei burocrati, che ora sa, che non sono fuggito, perché solo aldilà della cecità del nostro Impero potevo trovare la pace; una pace che non auguravo per me, una pace che volevo incorniciasse le nostre albe, le tempeste tumultuose e le controversie della nostra terra, combattiva e fiera, ma meritevole di vedere qualcosa che non fossero solo scialbe bugie politiche e ostili guerre senza fondamenta, astiose e vuote.

Ti parlo con questa lingua a noi un tempo avversa perché tutti possano conoscere ciò che è avvenuto oltre il confine della Zona Neutrale.

Hai sempre creduto in me, e anche ora so che mi riconoscerai per quello che sono, il guerriero stanco di mani sporche di sangue innocente, il sangue dei nostri figli, di tutti i figli di Romulus, ingiuste vittime di un conflitto insensato…[…] ”

 

«Perdonami, ma ho come l’impressione che tu sia contento di avvelenarti l’anima.» incalzò la donna.

I suoi gesti, erano la grazia in persona.

Le sue dita lunghe e affusolate corsero alla fronte, gareggiando col vento marittimo ribelle, mentre si impegnava a far riprendere posto alla ciocca mogano che aveva solleticato la guancia di un uniforme e intenso colore, un bronzeo e dorato beige.

Poi, le unghie curate e carminio scuro si posarono sulla ringhiera, mentre gli occhi del verde delle profondità della terra viaggiavano lungo la sabbia chiara, ambasciatrice della spuma, e del caleidoscopico scintillio delle onde lievi.

Anche i suoi capelli rosso scuro erano onde lievi, voluttuose e lunghe –differentemente da molte altre donne romulane—, adagiate sulla schiena dritta e fiera, solo apparentemente esile.

Ella voltò il viso asciutto alla propria sinistra.

«Come sei ingiusta.» la canzonò l’uomo che aveva accanto, un ghigno ironico sul volto solo un poco invecchiato dal tempo. Egli restituì lei lo sguardo, lasciando cadere solo per un istante gli occhi sulle belle labbra sottili e bordeaux.

«Ti sbagli, –fu la replica, indurita solo dalla preoccupazione– se fossi furbo, avresti tenuto la bocca più chiusa.»

Chinò il capo il romulano, e il suo ghigno amaro da ironico divenne sarcastico: «C’è chi ama tacere per stanchezza; io non sono in grado di farlo.»

«Già –sottolineò lei– tu e la protesta siete un tutt’uno.»

Era suo stavolta il turno di canzonare, ma era amaro. O meglio, era una difensiva per guardare con altri occhi una situazione che a nessuno dei due piaceva.

Lui le rivolse stavolta un sorriso sincero, e allungò una mano che andò ad adagiarsi sulle spalle della donna: «Non dovresti essere così amareggiata.»

«Non sono amareggiata per la tua testardaggine. Al contrario. E lo sai. –sottolineò accennando appena un sorriso— Sono amareggiata perché te ne vai.»

Ci fu un brevissimo istante di silenzio, in cui il sorriso un po’ sfacciato del romulano fece di nuovo capolino. Si voltò del tutto verso la donna, cercando le sue mani, che cedettero volentieri alla ricerca lasciandosi catturare. La guardò negli occhi stanchi: «Io non me ne sto andando –la rassicurò— Passo intere settimane nello spazio, questa volta non sarà diverso.» e strinse appena la presa.

«Vogliono allontanarti, Alidar. Non far finta di non saperlo, e tantomeno non cercare di prendermi in giro.» accusò lei, lasciando le mani dell’altro e voltandosi di nuovo verso il mare, fingendo soltanto di osservarlo.

L’Ammiraglio si permise una piccola smorfia ironica, abbassando lo sguardo, successivamente intercettò ancora una volta Llaiir, costringendola con un gentile tocco a guardarlo di nuovo; stavolta non si fermò a sfiorarla, ma estese le sue braccia per imprigionarla in un dolce e lieve abbraccio: lei, che probabilmente ne aveva bisogno, ci si tuffò con discrezione, appoggiando la testa sulla sua spalla, il naso dritto che premeva contro il collo di lui.

Sebbene fosse una donna matura, che come chiunque altra accusava i segni dell’età, questi con lei erano stati parsimoniosi, cosicché i capelli fossero ancora soffici, la pelle giovane e candida e il viso intatto nella sua austera bellezza.

«Cosa importa se scelgono di tenermi lontano da qui –diceva, accarezzandole la schiena– tornerò come sempre.» Una promessa.

«Devi –controbattè Llaiir, riacquistando un po’ di autorità macchiata di malizia femminile— o non ti piaceranno le conseguenze.» canzonò, distanziandosi a sufficienza da guardarlo negli occhi furbi e orgogliosi.

«E come pensi di farmela pagare, visto che non ritornerei?» le domandò con una punta di ironia.

Ora, la donna forte si smascherò per la creatura ferrea che era, e col semplice gesto di un sorriso pieno ma ricco di testardaggine, si sporse appena per regalargli l’anelato tocco di un puro bacio, che costrinse quell’uomo dispotico e spesso sin troppo impettito a chiudere gli occhi.

Quando l’incanto finì, Alidar si sentiva più forte come ogni volta che accadeva. Lei questo lo sapeva benissimo, e guardandolo con un sorrisetto sfacciato, disse: «Non sopporteresti mai il mio odio.» Una bugia.

«Hai ragione.» convenne lui, ristabilendo il contatto con le mani di lei.

Llaiir annuì lentamente e lievemente, guardandolo con occhi ora consapevoli: «Io ti conosco, Alidar Jarok. E so che non manderai giù molto presto la risposta dell’Impero alla tua proposta di… “pace”. Non lasciare che ti allontanino abbastanza da non poterci rivedere più. Ricorda che tua figlia non ha bisogno solo della pace, ma anche di un padre. E Romulus di un fiero Ammiraglio.»

Alidar abbassò di un poco lo sguardo, sorridendo amaramente, e due occhi tentarono di agganciarlo chinando il capo, seguendo il suo movimento.

Non sopporteresti mai il mio odio.

Una bugia.

Occhi ancora legati.

Non potrei odiarti mai.

 

“ […]Non starò a narrarti le vicende che mi hanno accompagnato in queste ultime ore di vita: non avrebbe senso. Troppo assomigliano alle corse alla salvezza che hanno caratterizzato le vite di tutti noi da quando questo conflitto vive; voglio solo che tu possa ricordare. Che tu conosca la verità.

Sono stato oggetto di un programma di disinformazione accuratamente studiato per testare la mia fedeltà all’Impero: se c’è una cosa su cui hanno visto giusto, erano i miei dubbi.

Mi hanno braccato, inseguito e minacciato di distruzione. Una nave federale mi è venuta incontro. E quando ho fatto l’inimmaginabile per evitare quello che poteva risultare in futuro l’inizio di una nuova devastante guerra, l’Impero si è dichiarato a me per ciò che era: bugia.

L’odio ha accecato i loro occhi Llaiir. Non amo ne stimo la Federazione, forse non sarei mai riuscito a comprendere la natura così scioccamente debole della razza umana, ma dovevo contare proprio sulla loro debolezza per evitare il peggio.

Non è stato così, e ora tu sai.

Ma se stai leggendo queste righe, è molto possibile che Romulus non sia più cieco.

Tutto ciò che mi restava fare, era lasciare una traccia autentica di me, far sì che tu, e Ael, foste in grado di conoscere la realtà direttamente da me.

L’ho fatto per voi. Per te, per Ael, per le nostre giovani generazioni.[…] ”

 

Le sue mani erano piccole e sporche di terra. Con quelle dita fragili, scavava nella piccola conca di forma cilindrica, dove le radici avrebbero facilmente trovato vitto e alloggio.

Aveva un visino rotondo, caratteristica di molti bambini, capelli nerissimi e a caschetto, perfettamente tagliati, che incorniciavano il volto e le graziose orecchie a punta.

Aveva una vita intera davanti a sé, e sembrava già aver tracciato parte degli interessi che l’avrebbero caratterizzata; sebbene fosse troppo piccola per ammettere di amare qualcosa, era con amore che spostava una piccola pianta di robusti steli verde scuro e fiori ancora chiusi, di un profondo lillà, in un vaso più grande, idoneo alla sua crescita.

Una volta che l’ebbe saldamente sistemata, premette con i piccoli palmi la terra in superficie, in modo da incastonare a modo la pianta in evoluzione, poi con sguardo ingenuamente critico si sedette sui propri talloni guardando la sua genuina opera con una dolce smorfietta furba.

Qualcuno rise, leggermente e di cuore. Una risata di soddisfazione.

La piccola Ael alzò il visino dalla creazione naturale che sentiva sua, incontrando lo sguardo divertito del padre.

«Ho sbagliato qualcosa?» chiese con la sua voce di bambina, troppo inesperta per comprendere l’umorismo di un adulto.

«No, al contrario! –la rassicurò Alidar, lasciando la grande vetrata della finestra che dava sul mare, avvicinandosi con le mani allacciate dietro la schiena e un abituale sguardo tronfio— Non ridevo di te, ma con te.»

«Io non sto ridendo!» protestò bonariamente la bimba.

Questo provocò un’ulteriore sincera risata nell’uomo: «Eri troppo concentrata per accorgertene.» spiegò, addolcendo i lineamenti in un sorriso.

La bambina sembrò non comprendere, ma questo non la preoccupò, e la sua attenzione corse altrove, come accadeva a tutti i bambini. Si spolverò le mani e poi afferrò il vaso per posizionarlo accanto agli altri, già ricchi e rigogliosi, vibranti alla brezza marina.

Non ci avrebbe creduto nessuno se qualcuno non avesse avuto le prove lì davanti a sé, che quei vasi erano tutti opera di una creatura così giovane.

Alidar osservò con sguardo curioso la processione di vasi sul bel davanzale della casa: fiori arancio, fiori rossi, ma soprattutto, fiori viola.

Chinò il capo incuriosito, notando solo in quel momento la predilezione di Ael per l’intenso colore. Si chinò per osservarli meglio: «Ti piace questo colore?» chiese, indicando i fiori ancora chiusi e appena piantati, così serrati nei giovani petali da far pensare si nascondessero.

La bambina annuì con vigore: «La nonna mi ha detto che è il colore dell’intelligenza e della saggezza, però lei preferisce il rosso.» spiegò orgogliosa.

Alidar sorrise, guardandola: «Ha anche altre caratteristiche, sai?»

«Davvero? Quali?» domandò Ael con giovanile curiosità e fervore.

Alidar avvicinò un polpastrello ad un fiore chiuso, sfiorandone appena i petali serrati: «Il rosso è solo un componente di questo magnifico colore. Rosso e blu insieme compongono il viola. Conosci i loro significati?» domandò, spronandola.

La bambina esitò solo un poco, con lo sguardo distratto, poi annuì convinta.

«Bene –le rispose lui— Il viola è energia pura. Distingue al contempo animi forti e esigenti. E’ una via di mezzo fra la praticità e la creatività, ed è simbolo di crescita ed evoluzione.» potevano sembrare parole complesse per la mente di un bambino, Ma Ael era abbastanza intuitiva da comprendere perfettamente ciò che voleva dire: il viola era il colore di ogni bambino con volontà di esprimersi, di comunicare, simbolo di una ancora immatura saggezza.

«Se è così bello, perché la nonna preferisce il rosso?» domandò ingenuamente.

Alidar socchiuse gli occhi, sorridendo di cuore: «Piccola mia, ogni romulano ha dei propri sentimenti e propri ideali. Molti di noi preferiscono essere testardi, arroganti, passionali quasi all’eccesso. Credo che questa sia la descrizione perfetta per tua nonna… –le spiegò, ridendo solo lievemente e scuotendo il capo— Lei è una donna forte e pratica, come lo è tua madre. Non sopporta la mancanza di determinazione e i codardi.» aggiunse, lasciandosi comprendere dal tono tranquillo e pacato.

La bambina chinò un poco il capo sulla sinistra, senza staccare gli occhi nocciola da quelli scuri del padre: «Nonna dice sempre che gli esseri umani sono codardi, è per questo che li odia?» domandò, riconoscendo nelle parole del padre le vecchie cantilene bigotte dell’anziana donna.

Alidar sospirò, cercando dentro di sé parole importanti da tradurre ad una mente ancora così innocente e priva d’odio: «Ael, le idee di tua nonna non sono legge. Come ti ho detto, molti di noi sanno essere aggressivi, ma è anche questo che la rende la brava donna che è. E’ tipico delle persone amanti del rosso… posso spiegartelo con queste parole: si potrebbero definire gli esseri umani creature amanti del blu; il blu è un colore tranquillo, pacifico. E un’amante del rosso non può che essere in contrasto con una simile visione della vita, non trovi?» le domandò, incoraggiante.

La bambina sembrò comprendere, ed annuì convinta: «E’ per questo che mi piace il viola! Così sarò decisa come la nonna e anche responsabile!»

Alidar rimase senza parole: quella piccola creatura –così innocente, così giovane— comprendeva già quale fosse il valore dell’unione di due differenti ideali, che nella vita erano necessarie più sfumature per essere capaci.

Nel riempirsi di un sospiro quasi sofferente, il suo petto si colmò di orgoglio, e al contempo di tristezza, alla luce del suo inesorabile destino, di ciò che lui ora era per la sua patria, vedendo le sue uniche speranze riflesse in quei dolci occhi di bambina.

Come poteva restare a guardare? Come poteva continuare a tollerare l’ignoranza e la cecità? Non aveva armi per sopportare ancora quel che sarebbe potuto accadere, e un orologio dentro di lui ormai ticchettava da tempo, avvertendolo che prima o poi sarebbe potuto diventare tardi. Che doveva fare qualcosa, e doveva farlo per quella creatura che piantava graziosi fiori viola.

«Tu quale preferisci papà?» venne distratto dalla voce della figlia, ignara di quel che stava accadendo nell’animo tormentato dell’uomo.

E lui si lasciò distrarre, snocciolando il più dolce dei sorrisi, tutto ciò che di sé possedeva di reale, e da donare solo a lei: «Il viola, piccola mia.»

E nel sentire quella confessione alle orecchie gradita, Ael si privò di ogni malizia sbarazzina dei bambini precoci, e regalò lui un sorriso ampio, un sorriso piccolo di bambina, ma grandioso come la volontà e la speranza.

 

“ […]Bambina mia… chissà cosa sei diventata. Chissà se coltivi ancora le tue passioni, se la tua saggezza si è acuita… Vorrei tanto poterti vedere, guardare il tuo sorriso e rendermi conto che ora sei una donna, sicuramente bellissima, come lo era tua madre. Vorrei tanto poterti dire quanto sono orgoglioso di te, faccia a faccia, quanto mi hai sempre riempito di speranze. Ma tutto ciò che posso fare, è dirtelo con queste parole… Tutto quel che ho fatto, l’ho fatto per te. Perché potessi continuare, evolvere la tua così già spiccata intuizione e intelligenza… ti ho sognata spesso mentre ero qui. Immaginando ciò che saresti potuta diventare. Ma io non ho rimpianti, non devo averne… e so, che tutto questo non è stato invano, che anche un solo piccolo passo avanti dimostrerà che è ora di cambiare… no, non ho rimpianti, ne incertezze; io lo so, tu mi capirai. E diventerai la creatura saggia che volevi essere quando eri solo una piccola bambina che si prendeva cura di fiori viola…[…] ”

 

La registrazione, sia vocale che verbale, si esaurì, e lo schermo si spense.

Con esso andarono perdute piccole sensazioni di gioia malinconiche, createsi nella visione, costruzioni di vecchi ricordi, e di altri irreali, di episodi che mai avevano avuto luogo, su cui lei aveva però fantasticato.

Mentre allungava le braccia e le lunghe maniche a campana del dolce vestito viola cadevano inesorabili verso il basso come piangenti, Ael afferrava l’unica foto del padre che aveva sempre portato con sé, e l’aprì.

Tenuta sempre piegata e praticamente mai osservata, ora l’immagine cartacea, dai gusti sin troppo antichi ma decisamente tascabili, vedeva brillare le luci della stanza, e occhi color nocciola.

Avvicinò le labbra di donna a quel pezzo di carta, toccandolo candidamente mentre anche due lacrime lo inumidivano al contempo, poi si ritrasse, guardando il volto fiero dell’uomo in alta uniforme: «Riposa in pace papà… ora so tutto

 

 

 

Arriva un momento, nella vita di un uomo, che lei non può conoscere. Ebbene, questo momento arriva quando guardando il primo sorriso della tua bambina ti rendi conto che… ti rendi conto che devi cambiare il mondo per lei; che devi farlo per tutti i bambini! Se sono qui, è per la mia bambina. Non per distruggere l’Impero Romulano ma solo per poterlo salvare. Per mesi… ho cercato disperatamente di persuadere l’Alto Comando, che un’altra guerra avrebbe solo distrutto l’Impero! Si sono stancati delle mie critiche! E alla fine hanno deciso di allontanarmi assegnandomi il comando di un settore distante, purtroppo questa era la mia unica risorsa. Io… Io non rivedrò mai più il sorriso della mia bambina. Lei crescerà, con la convinzione che suo padre è un traditore… ma l’importante è che crescerà.

 

 

 

 

 

Significato delle parole romulane:

Bilire, Saith: pace;

Vang’radam: traditore;

Lluadh: individuo infimo;

Llaiir: fiamma;

Ael: essenza dell’aria.

 

  
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