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Autore: xCaRolx    01/06/2010    1 recensioni
Stava sempre a lavorare, si diceva Feliciano, guardandolo mentre scriveva su dei fogli con quella sua preziosa penna stilografica dal bell'inchiostro blu oltremare. Lavorava, compilava, scriveva, riempiva, archiviava. Lavoro, lavoro, lavoro. In quel periodo specialmente, con la guerra che infuriava in tutto il mondo, era indaffarato più del solito. E Feliciano lo guardava, guardava senza saper che dire di quella divisa nera che indossava praticamente sempre, perfino quando tornava a casa; guardava anche quella fascia rossa che portava sul braccio, con quel simbolo in nero sopra.
Genere: Triste, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Titolo: Il vento porta la paura di una tragedia che accadrà;
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggio/Coppia: Ludiwg Beilschmidt (Germania), Feliciano "Veneziano" Vargas (Nord Italia);
Rating: Giallo
Avvertimenti: OOC, angst(?), storic-fic;
Note:
• La storia avviene in un preciso periodo storico;
• I personaggi appartengono a Himaruya-sensei e le nazioni, tradizioni comprese a loro stesse.
• Il titolo mi è venuto in mente ascoltando la canzone di Sally di Nightmare Before Christmas e di una bellissima fanart che ho trovato su DeviantArt;
Altre note per varie spiegazioni a fondo pagina, buona lettura♥



«E-ehi Ludwig~!»
«Was
«Oh, n-niente! Era per salutare~»
Il tedesco sbuffò, come infastidito.
Stava sempre a lavorare, si diceva Feliciano, guardandolo mentre scriveva su dei fogli con quella sua preziosa penna stilografica dal bell'inchiostro blu oltremare. Lavorava, compilava, scriveva, riempiva, archiviava. Lavoro, lavoro, lavoro. In quel periodo specialmente, con la guerra che infuriava in tutto il mondo, era indaffarato più del solito.
E Feliciano lo guardava, guardava senza saper che dire di quella divisa nera che indossava praticamente sempre, perfino quando tornava a casa; guardava anche quella fascia rossa che portava sul braccio, con quel simbolo in nero sopra.
Di nuovo, guardando quella fascia lasciata a sè sulla scrivania, si trovò inspiegabilmente a deglutire. Perchè si ricordava benissimo di cosa fosse stato capace Germania e non voleva scatenare le sue ire su di sè.
«Oggi è l'otto settembre, vero?» domandò ingenuamente Feliciano, appoggiandosi alla sinistra di Ludwig su quella scrivania di mogano pregiato. Il tedesco si limitò solamente ad annuire col capo, seguitando a riempire campi di un foglio che dettava "Liste der Feinde des Reich" -che fece deglutire Feliciano un'altra volta.
Italia rimase lì a guardare il vuoto, posando a volte lo sguardo sul foglio e le varie risme che occupavano la scrivania, sulla fascia rossa, sul profilo di Ludwig, sulla sua mano che stringeva la penna.
Alchè, sbuffando, Germania domandò, come affranto «Che cosa c'è, Italia.» -domandò per modo di dire, perchè sembrava proprio un ordine: per farsi dire cosa teneva nascosto.
«Pft, ehi, davvero, niente, Ludwig~» cinguettò in risposta Feliciano, cercando di non tradirsi. E Ludwig non ne fu per niente convinto, perchè era stato istruito a captare le menzogne nella voce della gente, specialmente di quella che andava a perquisire quando doveva sbrigare dei lavoretti.
«Cosa hai fatto oggi? Hai distrutto qualcosa?» ripetè il tedesco, con tono severo, appoggiando la penna nel calamaio per voltarsi verso l'italiano e concedergli tutta l'attenzione che si meritava.
«No, niente, altrimenti l'avresti saputo~ Tu sai sempre tutto, Ludwig~» e qui Feliciano si spostò verso la radio appoggiata su un comò accanto alla porta dello studio. Si stava agitando, questo sì. E per mascherare questa sua agitazione, girò la manopolina di destra dell'apparecchio elettronico davanti a lui per accenderlo, e, infastidito dal fruscio della mancanza di segnale, spostò quella di sinistra per cercarne.
E, in quella carrellata di stazioni radio, ci fu anche un intermezzo di "And now, news from Italy..." e quello costrinse Ludwig a sibilare un "Torna indietro.", dato che Feliciano era avanzato alla stazione successiva, per non farlo ascoltare.
Così, seguendo l'ordine del tedesco, Italia spostò la manopolina di sinistra indietro, per ritrovare quella stazione che parlava nella lingua del nemico - e per fortuna, Ludwig conosceva anche quella, no~?- La voce del presentatore continuò a parlare in quella lingua che sembrava un insieme di suoni senza senso, ma si intuì chiaramente un " ...the armistice was firmed on the 3rd of Sept-" e qui il segnale si interruppe, perchè Feliciano spense rapidamente e terrorizzato la radio. Non si voltò per guardare l'espressione che si sarebbe formata sul viso di Germania, non ne aveva il coraggio -ne aveva mai avuto?-
Sentì la sedia su cui era seduto il tedesco cigolare sotto il suo peso e muoversi, probabilmente per lasciarlo alzare. Sentì anche i passi, lenti, dannatamente lenti e spaventosi degli stivali del tedesco sul parquet. E sentì chiaramente la presenza di Ludwig farsi sempre più vicina, tremendamente vicina. Ma rimase perfettamente dov'era, pur conoscendo la situazione.
«Cos'è che ha detto, Italy?» sibilò il tedesco, pronunciando il suo nome stranamente in inglese con un accento davvero schifoso -ma non era realmente importante in quel momento;- facendo deglutire Feliciano, mentre la mano guantata del biondo andava a posarglisi sulla spalla, stringendo la stoffa della camicia tra le dita con forza.
«Oh, tu l'hai capito?» povero Feliciano, provava a far buon viso a cattivo gioco, come si suol dire. Ed in tutta risposta, Ludwig strinse le dita sulla sua camicia, costringendolo poi con uno strattone a voltarsi, facendo così incontrare i suoi occhi spauriti con quelli color del ghiaccio del tedesco.
«Non sei il più indicato per prendermi per i fondelli, Italia.» asserì con tono acido e minaccioso il tedesco, spingendo il corpicino gracile dell'italiano verso il mobile su cui era poggiata la radio. «Pensi forse che io sia stupido come te?»
Feliciano deglutì, non sapendo cosa fare. Poteva difendere il suo orgoglio, poteva opporsi e urlare "Ma chi cazzo ti credi di essere?!", ma non sarebbe stato un comportamento da Feliciano; avrebbe potuto semplicemente stare in silenzio e addossare la colpa a qualcun'altro, sostenere che l'idea non era stata sua ma l'avevano costretto ed altre stronzate simili. Per il momento scelse di rimanere solamente in silenzio e di tremare, tremare come le foglie degli alberi in autunno.
«Non so se prenderti a pugni fino a farti tornare coscienza di te oppure lasciarti andare e massacrarti poi. Tu che mi consigli, begleiter?» sibilò il tedesco con tono acido e irato, facendo scrocchiare tetramente le dita delle mani guantate. Feliciano deglutì nuovamente, cercando con lo sguardo qualcosa da poter usare per sua difesa. Oh, se ci fosse stato Romano in quel momento! Di sicuro lui l'avrebbe aiutato!
«Vuoi qualche altro secondo per riflettere?» la voce del tedesco ora era per lui irriconoscibile: non era più la voce rassegnata di un uomo che voleva rimetterlo in strada, che voleva guidarlo; era quella di uno che era stato tradito e non pensava altro che a vendicarsi. E il piccolo Italia non sapeva come reagire, poverino, sembrava proprio un pesce fuor d'acqua. Sentiva una vocina dentro di sè gridare "Ehi, ehi, ma che stai facendo, sciocco?" facendo pressione per uscire: sembrava che ci fosse un altro individuo al suo interno che batteva sulla pelle per uscire e mostrarsi al mondo. Ma lui non voleva farlo uscire -in realtà sì, perchè voleva liberarsene- non voleva mostrare al mondo quella parte orrenda di lui -come aveva fatto fino a quel momento. Però aveva firmato quell'armistizio appositamente per far finire la guerra, perchè non aveva senso farla continuare.
Purtroppo per l'italiano, Ludwig non aspettava i suoi comodi per picchiarlo. No, non lo fece, perchè un pugno ben assestato arrivò dritto dritto sullo zigomo del castano, facendolo sbilanciare di lato, quasi facendolo cadere. Gli occhi color ambra di Feliciano scattarono impauriti verso quelli gelidi del tedesco, che sembravano sorridere maligni. «Era da un bel po' di tempo che volevo farlo.» cinguettò, dando un calcio sulla caviglia dell'italiano, facendolo cadere definitivamente con le spalle contro la porta. «Nessun rancore?» domandò con lo stesso tono falsamente innocente di poco prima, facendo un passo avanti - e Feliciano tremò, com'era ovvio.
«O-or-mai è così, Germania, l-lasciami in pace...!» provò a dire Feliciano, con una sicurezza che chissà da dove era uscita. Inutile dire che Ludwig quasi scoppiò a ridere a quelle parole, ma si contenne, cercando di essere più ligio possibile ai suoi doveri di soldato.
«Entschuldigung, non lo farò per un bel po'♥» ribattè il tedesco, sogghignando. Uno strano alone sembrò oscurargli il viso, proprio come se ci fosse una luce proiettata dall'esterno per far ottenere proprio quell'effetto. Feliciano tremò. Si trattenne dall'urlare, perchè sapeva che non sarebbe servito a nulla: nessuno l'avrebbe udito.
Ed effettivamente, quel tedesco lì non lo lasciò in pace per un bel po'.
E quella vocina, quella vocina che Feliciano sentiva gridare non era altri che un piccolo bambino, dai capelli chiari e gli occhi celesti, che sembrava andare particolarmente d'accordo con quel suo amico. Salò fino al 1945, Salò a ricordare lo scempio.



Note di fine:
• "L'armistizio di Cassibile o armistizio corto, siglato segretamente il 3 settembre del 1943, è l'atto con il quale il Regno d'Italia cessò le ostilità contro le forze alleate nell'ambito della seconda guerra mondiale. In realtà non si trattava affatto di un armistizio ma di una vera e propria resa senza condizioni." Venne poi reso pubblico l'8 settembre dello stesso anno. 
• La stessa data dell'armistizio fu creata la RSI, la Repubblica Sociale Italiana, che prendeva nome di Salò, esistita fino al 1945 con la morte di Mussolini.
• Le "Foglie degli alberi in autunno" fanno riferimento alla poesia "Soldati" di Giuseppe Ungaretti;
• Altra cosuccia °çç° Non sono fascista o ammiratrice di Hitler o Mussolini. Ho cercato di scrivere in modo oggettivo, spero non sia venuto fuori uno schifo.
  
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