I.
Fratello
Shmi ne aveva
parlato così tanto,
di questo suo figlio, che Owen s’era convinto che il momento
in cui quel
fratello si sarebbe fatto vedere sotto i soli gemelli lo avrebbe
riconosciuto
come se fossero stati allevati insieme.
Anakin
Skywalker è l’altro figlio
di Shmi. È il figlio eccezionale: è un Jedi, e
vive tra le stelle e i pianeti e
porta la giustizia e la pace. Se n’è andato da
Tatooine quando aveva nove anni,
su una nave straniera assieme a due Jedi e una regina; e Shmi giurava
che lo
aveva sempre saputo, che se l’era sentito nelle ossa il
momento che lo aveva
guardato per la prima volta negli occhi, che un giorno quel bambino
glielo
avrebbero portato via. Il suo destino, diceva Shmi, era troppo luminoso
per essere confinato su quell'arido masso di Tatooine.
E di
quest’altro figlio Owen sa tante
cose, così tante che crede di conoscerlo: sa che ha riparato
la prima macchina
a solo cinque anni senza aver mai saputo nulla di meccanica, che
è l’unico
umano capace di volare con gli sgusci (e di vincere), che da piccolo
aveva
avuto solo spiccioli ed eppure era sempre stato generoso col poco che
aveva, che
fin da piccolo faceva a botte con i gradassi e difendeva i deboli, che
la prima volta che una
bambina gli aveva dato un bacio s’era lavato la bocca per un
quarto d’ora. Sa
che da quando aveva saputo dell’esistenza dei Jedi era stato
convinto che un
giorno lo sarebbe diventato, ma che qualche volta aveva detto che forse
gli
sarebbe piaciuto di più fare il pilota, e altre volte aveva
detto che avrebbe
allevato bantha lì su Tatooine, per stare sempre vicino a
Shmi.
Comunque la
metta, Owen Lars esce
sempre sconfitto dai paragoni con Anakin Skywalker. Nel cuore di Shmi,
quel bambino avrà sempre un posto speciale, e Owen
sarà sempre il secondo: e, in qualche modo, va bene
così.
Lo aspetta:
sa – crede –
che se è davvero un Jedi prima o
poi sentirà quello che è successo, e
verrà a chiedere spiegazioni: verrà a
domandare cosa è successo a sua madre, e perché
non sono riusciti a salvarla da
quel destino tremendo.
E quando
Anakin Skywalker arriva
non è il bimbo biondo e sorridente dei racconti di Shmi.
È un giovane uomo,
alto, scuro, con un contegno serio, una spada laser alla cintura e una
treccina
da Jedi in addestramento. Quell’uomo non ha molto del
ragazzino normale di cui
ha parlato Shmi, né del Jedi calmo e rassicurante del sapere
comune. Davanti ai
suoi occhi Anakin Skywalker è un giovane irrequieto, con
un’ombra di pericolo
negli occhi e una voce cupa.
Owen si deve
quasi ricredere sul
conto dei Jedi, quando lo vede: è il primo Jedi che abbia
mai visto, probabilmente
l’ultimo, e forse, solo forse, sono vere le storie che
raccontano di questi
Jedi, questi superuomini capaci di fare l’impossibile; e
Anakin Skywalker
sembra davvero capace dell’impossibile quando si alza dal
tavolo a testa bassa
e va alla ricerca di sua madre.
Quando torna,
dopo essere riuscito
dove trenta uomini non erano riusciti, il Jedi sembra una bomba pronta
ad
esplodere e nessuno ha il coraggio di avvicinarlo. Non dà
spiegazioni, non dorme, non mangia. Si chiude nel garage con la sua
ragazza, e ne esce solo più tardi, con le braccia attorno alle sue spalle, e gli occhi che bruciano.
Al funerale
è silenzioso, e quando
parla lo fa a voce così bassa che non si capisce quello che
dice. Forse è meglio così.
Poi parte senza salutare, e Owen sa che non lo rivedrà più. Chinandosi sulla tomba della sua seconda, dolcissima madre, Owen si chiede se è imperdonabile il fatto che, a dispetto di tutto quello che dovrebbe provare, l'unica cosa che sente quando vede la nave sfrecciare via è un terribile senso di sollievo. Forse è vero che i soli rendono aridi anche i cuori; forse Anakin Skywalker non è più la persona che Shmi aveva conosciuto. Owen Lars, ancora una volta, non ha risposte.