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Autore: Erik Winterking    03/06/2010    1 recensioni
Ecco qua il magnifico frutto di un'ora di sclero del mio povero cervellino. :3 (ho scoperto di amare le faccine) L'introduzione è sempre un problema, perché scrivendo racconti autoconclusivi, come fai a dire qualcosa della trama senza anticiparla troppo? Comunque ecco un estratto dal racconto ^^
"Vuole il cuore di una macchina, progettato solo per compiere il suo scopo. Vuole muoversi come un automa, insensibile a tutto ciò che accade intorno a lui. Senza curarsi dei sentimenti, quel fardello inutile. E potersi finalmente muovere libero e spietato. C'è ancora una piccola resistenza dentro di lui. Una sottile voce polemica che si domanda a cosa mai possa servire la libertà, senza sentimenti ed emozioni per assaporarla. Ma non la ascolta. Sentimenti ed emozioni portano solo dolore, e lui non vuole soffrire. Non più."
Genere: Romantico, Malinconico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cuore di Macchina



Ed eccolo lì, ancora una volta solo, sotto la pioggia. Non sente quello che succede intorno a lui. È tutto fermo a quell'istante, dentro di sé; alza un attimo lo sguardo al cielo, grigio e gonfio. Sente le gocce scorrergli sul viso, le assapora, come se fossero le sue lacrime. Cerca di ricordarsi che sapore abbiano le lacrime – è tanto, tanto tempo che non piange. E mai come oggi vorrebbe farlo, eppure non escono.
La pioggia è insapore. Non riesce a dar sfogo alle emozioni dentro di sé, e alla fine tutto quello che ottiene è sentirsi infastidito dall'acqua che gli cade addosso. Si scrolla e comincia a camminare a passo di marcia verso casa.

Il giorno dopo è ancora tutto lì, quell'incredibile e indescrivibile emozione. Non riesce a paragonarla ad altro che ad un immenso artiglio conficcato nel suo petto che gli stringe il cuore. Gli viene quasi da urlare “E allora strappalo, cosa aspetti?”, ma solleverebbe non pochi sguardi perplessi attorno a sé. E poi dovrebbe spiegare – e di tutte le cose, spiegare è l'ultima che vuole fare.
Certo, le cose non vanno mai come previsto. Uno dei suoi compagni gli si avvicina allegramente.
«Ciao! Allora, come va?»
«Mmm... crepa.» Ecco fatto. Le parole sono uscite prima che riuscisse a fermarle. Ok, fa niente. Se si offende affari suoi.
«Wow, che grinta! Ma... allora ieri non è andata bene?»
«Sia lodata Santa Intuizione per averti concesso tale illuminazione.» Ribatte sarcastico. «Voglio dire, davvero la mia faccia nasconde le emozioni così tanto?»
«Boh, non saprei... in effetti non hai una bella cera... ma... vuoi parlarne?»
Eccola, la domanda fatidica. Non aspettava altro. Davvero, era proprio quello che aspettava. Qual è la soluzione per tutti i problemi? Sempre la stessa: parlarne. Certo, come no.
«Senti, senza offesa... ma no. Non voglio parlarne, e se volessi, non ne parlerei con te.»
«Nessun problema. Perché non con me?»
«Perché voi uomini siete terribilmente prevedibili nelle vostre risposte. Non che con le ragazze vada meglio, ma di solito sono un po' più creative. E davvero, c'è il rischio che il primo che mi dica che ci saranno sempre altre occasioni rischi di prendersi una testata o un qualunque altro sfogo violento.»
«È davvero molto sbagliato ricordarti che ce ne saranno altre come lei?»
Sospira. Ma allora, vuole davvero la cattiveria?
«No, non è sbagliato ricordarmelo, è sbagliato il concetto di fondo. E poi, punto primo: è una persona, in quanto tale unica, e quindi non ce ne sono altre come lei. Punto secondo: così come lei è unica, allo stesso modo io l'amavo – l'amo – in modo unico. Il mio amore era modellato su di lei – non mi sembra neanche troppo sbagliato, anzi secondo me è naturale. Quello che amavo di lei, non è detto che in altre mi risvegli lo stesso interesse. Amo quella persona, che è unica, e quindi il mio amore per lei è unico. Sì, mi passerà, e amerò qualcun'altra forse, prima o poi. Ma sarà un amore diverso – né migliore né peggiore, solo diverso. Comprendi?*»
Il ragazzo lo fissa con occhi vacui, stordito dal fiume di parole che l'ha travolto. Sospira.
«D'accordo, non mi hai seguito troppo. Fa niente. Alla prossima.»
E senza dire un'altra parola, si chiude in sé stesso fino alla fine della lezione.

Che cosa buffa il dolore. Appiattisce ogni cosa ad un livello di mera sopportazione, come se niente riuscisse a riscuotere l'interesse, come se i centri dell'emozione fossero sotto sedativi. Una specie di cura alla morfina.
Beh, non è esattamente la cosa più salutare del mondo. Anche perché dalla sopportazione si scivola in fretta verso il fastidio, il disprezzo, l'odio... insomma, uno strano mix di sensazioni negative che pongono un filtro grigio davanti agli occhi. È così che vede ora. Tutto grigio, come il cielo ieri. Tutto schifosamente piatto, con spettri che si trascinano pateticamente da una parte all'altra della scena senza uno scopo, senza una meta. Spettri senz'anima.
E la sua anima? Con quello che ne ha ottenuto, vorrebbe darla via. Neanche venderla, proprio regalarla. Vuole il cuore di una macchina, progettato solo per compiere il suo scopo. Vuole muoversi come un automa, insensibile a tutto ciò che accade intorno a lui. Senza curarsi dei sentimenti, quel fardello inutile. E potersi finalmente muovere libero e spietato.
C'è ancora una piccola resistenza dentro di lui. Una sottile voce polemica che si domanda a cosa mai possa servire la libertà, senza sentimenti ed emozioni per assaporarla. Ma non la ascolta. Sentimenti ed emozioni portano solo dolore, e lui non vuole soffrire. Non più.

Certo, un cuore di macchina è difficile da ottenere. Ma osserva ciò che succede intorno a sé, e si stupisce di una cosa: non reagisce più.
Non ha più un tuffo al cuore quando la vede. Dopo solo sei mesi? Ma è anche vero che stavolta sapeva già come reagire. Era già successo, ed è più facile seguire una strada se l'hai già percorsa una volta. Anche se magari ti sei accorto che forse non è la strada migliore.
Tuttavia, questo è solo il cambiamento più evidente. Potrebbe pur sempre pensare anche a mille altre piccole cose... il modo in cui evita la gente. Il modo in cui resta indifferente e distante quando esce con i suoi “amici”. Il modo in cui gli avvenimenti, in generale, sembrano scivolargli addosso come se fosse impermeabile.
Non sente niente.
Ne è felice, non lo nasconde. È più rilassato e sicuro di sé. Del resto, se hai un cuore di macchina, chi ti può fermare? Cosa ti può ferire? Niente, e quindi lui continua ad andare avanti. Senza mai conoscere un'importante parte di cosa vuol dire essere umano, e per un certo verso gli dispiace. Perché è curioso, e vuole conoscere. Eppure, rifugge anche l'idea di essere umano, accomunato a quella razza che ormai tanto disprezza. No, non vuole essere come loro. Sta meglio da solo.

Si può fuggire finché si vuole, o finché si regge; ma la vita finirà sempre con il metterti spalle al muro e di fronte ciò che non volevi accettare. E così succede anche a lui. Curiosamente, al momento si trova anche fisicamente con le spalle al muro, ascoltando le parole di una ragazza che conosce ben poco.
Si rivede in lei. Non tanto per ciò che ha detto – o meglio, anche per quello, ma non solo – quanto per l'intera situazione. Lui ha già vissuto l'intera scena, anche se dal punto di vista opposto. Ma cosa dovrebbe fare adesso? Cambiare la comoda maschera del cuore di macchina per una nuova maschera, capace se non di amore, almeno di affetto? Oppure perpetuare di nuovo il suo dolore, in un ciclo di sofferenza che andrà avanti e avanti senza fine?
E se anche scegliesse l'affetto? È sempre stato freddo, non sarebbe mai come gli esuberanti innamorati che guarda per strada. E cosa si aspetta, la ragazza di fronte a lui? Parole dolci, nomi teneri e lunghe passeggiate mano nella mano, baci appassionati ovunque ci si trovi? Perché allora sa che la deluderebbe, con la sua lunaticità, con le sue stramberie e la sua freddezza. Il suo essere austero, come legato ad un mondo ormai svanito, o addirittura che non è mai esistito.
E certo, una volta delusa, se ne andrebbe. E di nuovo si ritroverebbe a soffrire, e non vuole che questo accada. Perché, in ultimo, un altro modo di porre la questione è questo: far soffrire lei ora, sapendo che le passerà, oppure invischiarsi in una situazione imprevedibile in cui potrei soffrire io? E dopo aver posto questa domanda, ci mette poco a rispondere.
Una volta avrebbe riflettuto più a lungo. Una volta si sarebbe mostrato sorpreso, avrebbe chiesto tempo. Una volta avrebbe pensato prima a lei. Ma un cuore di macchina non prova empatia, e pensa solo per sé stesso. E, alla fine, è riuscito ad ottenerlo, un cuore di macchina. Ed è quel cuore che ora parla.
«Dimenticami, è meglio per te. Scegli qualcun altro, migliore di me. Qualcuno che ti sia accanto, capace di provare le tue stesse emozioni. Qualcuno che abbia un fuoco che ti scaldi, e non me, che sono freddo e distante. Non vorrei farti soffrire, ma ti passerà; e troverai qualcuno più adatto, e non lunatico e strambo come sono io. Qualcuno che ti abbracci con trasporto, come io non so fare. Qualcun altro, ma non me. Non sai come mi chiamano? Un cuore di macchina non può amare.»
Pronunciate queste parole, resta ancora un attimo a fissare la ragazza negli occhi, quegli occhi che ora si stanno riempiendo di lacrime. È un codardo, lo sa. Ma cosa può fare? Ognuno è solo con il suo dolore, così come lo era stato lui. Istintivamente, la bacia sulla fronte.
«Addio, e buona fortuna.»
Detto questo si gira, gli stivali che ticchettano ritmicamente sul terreno mentre le varie catene sui suoi pantaloni tintinnano e il suo cappotto lungo gli svolazza dietro. La ragazza resta ferma, il capo chinato, gli occhi umidi ma nessuna lacrima che scenda.
«Se solo sapessi, stupido,» Sussurra con la voce spezzata. «che sono proprio questi i motivi per cui ti amo.»


*Da pronunciare in stile Jack Sparrow XD
   
 
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