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Autore: eos75    03/06/2010    3 recensioni
Perché un bimbo, da sempre bravo e buono, comincia d'improvviso a far dispetti? Scritto per il BefanaChallenghe di FW
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tanto per smuovere un po' i miei neuroni letargici...
Caramelle, Camino, Carbone, Calza per il BefanaChallenge! Ringrazio sentitamente Fanworld che s'inventa questi challange pucciosi che mi scrollano un po' dalla mia pigrizia felina^^


Luigino era sempre stato un bimbo bravo e giudizioso, educato ed ubbidiente. Da quando poi, circa un anno prima, il padre era partito per l'America a cercar fortuna, lui era diventato l'ometto di casa.
Aveva dovuto smetter d'andare a scuola, ma la seconda elementare era più che sufficiente per un figlio di contadini ai quali servivan più due braccia robuste per lavorare la terra che non un genio della matematica.
Così, il piccolo uomo quando non spigolava nei campi, mungeva la mucca, dava il becchime alle quattro galline che razzolavano rumorose nell'aia o sbrigava piccole commissioni in paese.
Quell'anno aveva fatto freddo e la neve era caduta abbondante.
Il ragazzino l'osservava attraverso la finestra, pensieroso, sbuffando di continuo, il fiato che formava dense nuvolette nell'aria gelida anche all'interno della casa.
Sul fuoco spento del camino cigolava appena il paiolo vuoto nel quale s'era cotta la polenta il di' di Natale e appesa alla mensola penzolava una calza grande, grigia, malamente rattoppata.
“Quest'anno sei stato tanto bravo, Luigino! Per la Befana metterò una calza del papà, che è più grande delle tue, perché ti meriti tante e tante caramelle!” gli aveva detto la mamma, sorridendo mentre l'abbracciava carezzandogli la testolina bionda.
Luigino guardava la calza che aveva una toppa scura e sdrucita sulla punta, e sospirava.
Due giorni e sarebbe stata l'Epifania...
Saltò giù dalla sedia, prese sciarpa e cappello, il cappotto vecchio di suo padre che la mamma gli aveva riadattato in qualche modo, ma che gli andava comunque di due taglie troppo grande, ed uscì correndo sulla neve.
Nel farlo, passò dalla stalla dov'eran ricoverate le galline e le spaventò; svegliò il cane dandogli un calcetto, evitando d'esser morso solo perché quello era legato alla catena.
Chiuse la porta, facendola sbattere forte e la mucca muggì, disapprovando quel baccano.
Il ragazzino corse a perdifiato, arrivando in breve sulla piazza del paese.
Passò davanti alla casa del mugnaio e tirò la coda al gatto; corse tra i panni stesi dalla lavandaia e rovesciò le ceste del carbone per far l'acqua calda in terra.
Legò tra loro le code dei cavalli dell'omnibus fermo alla posta; suonò tutti i campanelli della via principale, facendo i dispetti a tutti i cani di guardia alle case, tanto che il rintocco delle campane venne coperto dall'abbaiare incessante.
Il macellaio cercò d'acciuffarlo, ma gli rimase in mano solo il cappello. Il maniscalco l'aspettò al varco davanti al suo cortile, l'acchiappò per la sciarpa, ma il ragazzino se la srotolò dal collo e schizzò via. Girò l'angolo della Cascina Vecchia ad occhi chiusi e col fiato corto, labbra e guance arrossate dalla corsa e dal gelo. Non si accorse del lastrone di ghiaccio che copriva quel tratto di strada perennemente in ombra e capitombolò, scivolando e ruzzolando.
“Ahi!” Udì gemere quando andò a sbattere contro qualcosa di morbido che gli rovinò poi pesantemente addosso.
“Ragazzino, fai attenzione quando corri! Guarda cos'hai combinato!”
Luigino si levò a sedere, un po' rintronato dalla caduta e dall'impatto, ed osservò con aria stralunata la vecchina che lo stava rimproverando. Anziana e curva, teneva i capelli d'argento raccolti in una composta crocchia seminascosta da un fazzoletto scuro legato sotto il mento. Sul naso troppo lungo e troppo aguzzo, poggiavano un paio di occhialini tondi che con la caduta s'eran messi di traverso.
La vecchina si rimise in piedi, stendendo il grembiale che s'era stropicciato e raddrizzando gli occhiali, quindi si guardò intorno con aria sconsolata.
Anche il ragazzino si guardò in giro e sul visetto smunto si disegnò sorpresa pura: in terra, sul ghiaccio, appese su un cespuglio lì accanto, erano sparse decine di calze colorate, di tutte le fogge e dimensioni. Si accorse di averne perfino una sulla testa; la vecchietta glie la tolse con uno sguardo di disapprovazione e la ripose nella sacca che portava al braccio, dalla quale ne spuntavano moltissime altre.
“Quante calze...” mormorò il ragazzetto, ancora un po' stordito da quell'incontro strano.
“Sono per i miei nipotini!” rispose la donna dolcemente, raccogliendo le calze, scrollandole dalla neve che vi s'era appiccicata sopra.
“Ne ha davvero tanti!” constatò Luigino, porgendole automaticamente una di quelle che gli eran finite accanto.
“Grazie, ragazzo. Mi aiuteresti a raccogliere anche le altre?”
Luigino accennò per un istante a tentennare il capo affermativamente, poi però strinse i pugni e le labbra, girò sui tacchi e corse via.
“Luigino!” Lo richiamò lei “La Befana non ti porterà le caramelle, quest'anno!”
Il ragazzino si voltò, correndo all'indietro, il broncio sul visetto arrossato e un luccichio di lacrime negli occhi chiari “E chi se ne importa!” E corse via.
A casa la mamma lo rimproverò aspramente. La sciarpa e il cappello erano sul tavolo ed il resoconto di tutte le sue marachelle era arrivato prima di lui.
“Ma si può sapere che cosa ti ha preso?! Sei sempre stato un bimbo buono e oggi ne hai combinate di tutti i colori! Altro che caramelle, carbone, quest'anno!” Lo sculacciò, per la prima volta nella sua vita, e Dio solo sa quanto le fece male farlo. Lo mandò a letto senza cena, restando poi inginocchiata accanto al letto a pregare il Signore che il suo bimbo non fosse diventato improvvisamente matto.
Il di' seguente, Luigino non poté uscire di casa, ma la solfa non cambiò, fece i capricci per ogni cosa: per lavarsi, vestirsi, pettinarsi. Per munger la mucca e raccoglier le uova, per dar da mangiare alle galline e preparare la tavola.
Di nuovo, finì a letto senza cena.
La mamma era disperata, pregò di nuovo e quando venne mezzanotte, si alzò dal letto, prese le tre statuine dei Re Magi che il marito aveva intagliato qualche anno prima e le mise nel piccolo presepe sulla mensola del camino spento. Carezzò la lana ruvida della calza vecchia e rattoppata, pensando al suo uomo lontano ormai da tempo, e cavò di tasca quei pochi dolci che era riuscita a comprare coi suoi risparmi “Chissà che un po' di zucchero non gli riporti il sale in zucca.”
La notte passò e venne l'alba.
Luigino si svegliò senza disturbare la madre, si vestì al buio e sgattaiolò nella cucina senza far rumore, socchiuse le imposte e si voltò verso il camino. La sua risata allegra svegliò la madre, che s'alzò spaventata sentendo quel trambusto. Avvolta in una coperta sopra la camicia da notte, aprì la porta della cucina e subito un caldo tepore l'avvolse. Luigino rideva, il viso sporco di fuliggine e gli occhi scintillanti di felicità.
La calza sulla mensola era colma di carbone e così altre colorate, appese accanto ad essa.
La donna lo guardò, sgomenta, accettando il dolce che il ragazzino le porgeva sorridendo “Ma... Luigino, la Befana ti ha portato solo carbone! Perché mai sei così felice?”
“Perché con le caramelle non s'accende il camino, mammina mia!”


   
 
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