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Autore: Sarty    04/06/2010    3 recensioni
"Io tengo a te Damon, ma amo Stefan sopra ogni altra cosa... Ok, vuoi Stefan? Prenditelo... Tu ti prendi il mio stupido fratello, io mi prendo la tua sciocca amica streghetta!" dalla one-shot a una nuova fanfiction... Spero vi piaccia!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il vento fischiava forte sulla cima dell’albero sul quale ero appollaiato, ma non mi impediva di sentire le parole pronunciate dalla piccola rossa a quell’insignificante umano, i cui pensieri erano anche più fastidiosi della sua stessa esistenza.

Stavano passeggiando uno vicino all’altra, sulla strada alberata che porta fuori dal paese, in una piccola radura dove le coppie sono solite passare i pomeriggi autunnali: le foglie cadenti dai diversi colori creavano un “letto” naturale a detta loro molto romantico… patetico!

E l’idea del letto a quel Mutt scatenava dei pensieri e delle fantasie che avrebbero fatto impallidire la ragazzina che gli stava in fianco, se come me avesse potuto sentirli.

Mi spostai su un altro albero, dove riuscivo ad osservarli meglio.

Dovevo assicurarmi che quello stupido umano non toccasse la streghetta: mi avrebbe contaminato la cena ed era troppo tempo ormai che aspettavo questo giorno.

Dovevo rifarmi su di lei, era l’unico legame tangibile con Elena: lei mi aveva rifiutato, aveva scelto quel bamboccio di mio fratello, e in qualche modo doveva pagarmela.

E quella piccola umana dai capelli rossi come il fuoco era la persona più legata ad Elena in quella stupida cittadina.

Altri metri, altre parole, altri pensieri e nel frattempo arrivarono nei pressi della radura.

Il sole iniziava a tramontare e quel patetico umano era convinto di riuscire a concludere qualcosa con la mia preda.

Sorrisi all’idea di cosa gli avrei fatto se solo avesse allungato una mano.

Non avevo mai sopportato quello stupido ragazzino, morivo dalla voglia di risucchiargli la vita, definitivamente… quel pensiero mi scatenò un nero piacere.

E in quello stesso momento la ragazza si bloccò.

Vidi il suo petto aumentare la frequenza con cui si alzava e si abbassava, il respiro accelerato, le guance sbiancate di colpo… era immobile, ma la sua rigidità mi disse tutto ancora prima che le sondassi la mente.

Mi aveva sentito.

Aveva percepito il mio odio, la mia malvagità, la mia voglia di vendetta e di sangue.

Il suo.

Quella situazione durò pochi secondi, poi quel Mutt si avvicinò imprudentemente a lei.

Avendo percepito la mia aura, forse aveva capito le mie intenzioni: si scostò velocemente da quell’umano, gli disse che aveva dimenticato un impegno e che doveva correre a casa.

Si voltò velocemente e se ne andò.

Quel Mutt restò deluso… Stupido, non si rendeva conto che con quel rifiuto aveva di poco allungato la sua vita. Di quanto, beh sarebbe dipeso dal mio umore.

Di certo, ora avevo di meglio da fare.

Volai tra gli alberi, finchè non la vidi. Scesi in planata e mi ritrasformai di fronte a lei.

La sorpresa la bloccò.

Di nuovo, il suo voltò impallidì e il suo cuore iniziò a battere ancora più velocemente, nonostante io stesso faticavo a crederci… quanto avrebbe retto a quel ritmo?

La stavo fissando negli occhi e lei ricambiava il mio sguardo. Era impaurita, terrorizzata, eppure non toglieva i suoi occhi dai miei.

“Sei una strana creatura…” le dissi mentre mi avvicinavo lentamente a lei “Hai già capito quali sono le mie intenzioni… perché non scappi?” le mie labbra assunsero un sorriso sadico.

“Ser… Servirebbe a qualcosa?” la sua voce era talmente bassa che se non fossi stato la creatura che ero non l’avrei sentita.

“Vero… In mezzo a un bosco, lontano da casa, nessuno intorno… Ma qualsiasi altra persona nella tua situazione – soprattutto sapendo con quello che sai – almeno proverebbe a fuggire”.

Mentre le parlavo le accarezzavo delicatamente la guancia, quella pelle morbida e rovente nonostante l’aria fredda…

Le sembravo un serial killer e in effetti non era molto lontana dalla verità.

“Non… Io non…” abbassò lo sguardo a terra e notai che le sue labbra tremavano leggermente, così passai il mio indice sul labbro inferiore.

E li successe qualcosa.

Di scatto mi schiaffeggiò via la mano, alzò quei suoi grandi occhi da cerbiatto nei miei, fissandomi con aria di sfida.

“Se vuoi uccidermi non posso impedirtelo, ma non ti lacerò giocare con me come fai con tutte le altre! Io non sono un giocattolo!”

Le sue guance si erano accese nuovamente, il suo cuore batteva sempre all’impazzata, in crescendo.

Come la mia rabbia.

Mi stava rifiutando, mi stava sfidando.

“Sciocca ragazzina! Credi di potermi tenere testa?” Le stavo ringhiando a un centimetro dal viso.

Ma lei non si mosse.

Rimase li, immobile, sicuramente per la paura, ma sempre con quella scintilla di sfida negli occhi.

Sentivo i miei canini pulsare, dalla rabbia, dal desiderio, eppure… qualcosa mi impediva di azzannarle il collo.

Mi voltai di scatto, trasformandomi in corvo e spiccando il volo.

Sparii dalla sua vista, ma io la stavo ancora fissando.

La vidi accasciarsi a terra: voleva sembrare forte, ma non lo era.

Tornai da lei e ripresi le mie sembianze umane.

Lentamente, la voltai a pancia in su, osservai il suo volto: piccola ragazzina, cosa credevi di poter fare contro di me?

Un odore lieve mi stuzzicò il naso: cadendo si era fatta un piccolo graffio sul dorso della mano.

La presi e me la avvicinai al naso: dolce, quello era decisamente il profumo più dolce che avessi mai sentito.

Poggia le mie labbra sul taglio e assaporai il suo sangue.

Era solo una goccia, ma fu sufficiente a trasmettermi tutta la purezza, l’onestà e la semplicità d’animo, la determinazione, la dolcezza di quella piccola e fragile umana.

Non potevo ucciderla.

Succhiai altre gocce di sangue dal taglio sulla sua mano e mi sentii percorrere da un brivido.

Non avrei mai potuto eliminare una fonte di vita come la sua.

Almeno non prima di averne assaporato appieno quel dolce nettare.

La presi tra le braccia e la riportai a casa, nella sua stanza, nel suo letto.

Le avrei dato il tempo di riprendersi, prima di tornare a farle visita.

E il prossimo incontro sarebbe stato molto diverso, per entrambi.

Osservai ancora qualche istante il suo viso, prima di depositare un lieve bacio sulle sue labbra e tornare a confondermi con la notte. 

  
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