1.
Iniziò così…
C’è
stato un tempo remoto dove antichi cavalieri e forze magiche si scontravano
continuamente. Anche le razze che popolavano quel mondo erano in perenne
conflitto tra loro. Dopo un lungo periodo di conflitti, sulla Terra di Mezzo vi
erano rimaste poche razze: i nani, che si nascondevano nelle grotte per
riuscire a sfuggire alla morsa della distruzione; i maghi, rinchiusi nelle
protezioni create dai loro incantesimi. Gli uomini, continuamente spronati alla
battaglia dai loro sovrani; gli elfi, nascosti nei boschi ma pronti alla
battaglia se si rivelava necessario. Orchi, Hobbit e altre creature parevano
scomparse per sempre.
Tuttavia
c’era un’altra stirpe che aveva provato l’estinzione sulla propria pelle: erano
le creature solitarie, le cui poche rimaste si erano imbarcate alla ricerca di
terre lontane e sicure, dove avrebbero condotto la loro vita in piena
tranquillità, senza partecipare mai ai conflitti. Ricerca inutile! Le creature
solitarie avevano sempre vissuto in pace, senza conoscere gli orrori della
battaglia, nascoste nella Terra Piangente, terra che nessuno ha mai trovato
dopo la loro partenza.
Ma
tra quelle creature, una era rimasta!
Cresciuta
dagli uomini, con un perenne rancore verso le altre razze, convinta d’essere
come tutti gli altri uomini, era divenuta una cacciatrice esperta alla giovane
età di 15 anni. Compiuti i 19 avrebbe dovuto, per volere della madre, sposarsi
e badare alle faccende domestiche, questioni che a lei non interessavano.
Quella
era una bella mattina d’autunno e le era appena giunta l’ennesima convocazione
a palazzo.
Il
sovrano era lì, seduto sul trono, ad impartire ordini. Lei odiava anche lui!
-sei
stata molto brava ragazza, ma questa sarà la tua ultima missione, le donne non
dovrebbero brandire armi! La tua missione consiste nel raggiungere il palazzo
di sire Aragorn e riferirmi i suoi piani d’attacco. Dopo di che ti scioglierò
dall’incarico di cacciatrice! Le donne in battaglia…figuriamoci!- disse il
sovrano con aria di superiorità, quasi ridendo della ragazza che aveva
d’innanzi.
-perdonate
la mia contraddizione sire, ma io sono una cacciatrice, non certo una spia! Se
avete nani, elfi o maghi dovete rivolgervi a me, anche se dubito che ci siano
ancora certe creature in libertà!- rispose. Il sovrano, non ricordandosi il
nome della ragazza che riteneva di gran lunga inferiore a lui, chiamò uno dei
suoi consiglieri affinché gli rivelasse il suo nome.
-Alicia,
questa tua insubordinazione potrebbe costarti caro, e poi ho già deciso! Questa
sarà il tuo ultimo incarico, vedi di non deludermi!- concluse poi facendole
segno di allontanarsi.
Così
fece.
Ma
quando fu abbastanza lontana, una delle guardie si avvicinò al re e
quest’ultimo gli impartì l’ordine:
-fuori
dai confini, non fatevi riconoscere!- e la guardia andò.
La
sua cavalcatura era pronta: un magnifico bretone nero, dal manto lucido e gli
occhi glaciali. Con se la ragazza prese un’antica spada dalla lama leggermente
rovinata e l’impugnatura in ferro con lo stemma di un drago e altre figure
scolpite. Nascose sotto i lembi della tunica e negli stivali dei pugnali, armò
l’arco e preparò le frecce. Montò in fine il cavallo mentre due persone anziane
le venivano incontro.
-fai
attenzione Alicia, si dice di sire Aragorn abbia alleanze con le altre
creature!-
-madre,
padre, sono abituata a rischiare, senza un po’ di pericolo non mi diverto! E
poi Nafer non ha eguali in velocità!-disse la ragazza accarezzando il collo del
cavallo.
Partì
così, lasciandosi alle spalle la città, attraversando le terre con una velocità
sorprendente.
Adorava
sentire il vento che le scompigliava i biondi capelli, il profumo del bosco che
le inebriava i polmoni…adorava correre incontrastata con quel cavallo che
sembrava sapesse volare sull’acqua.
Qualcosa
la distrasse dai suoi pensieri: un altro suono si unì a quello della sua
cavalcata, un suono pesante contornato dal tintinnio del ferro. Accanto a lei
comparvero presto delle figure incappucciate che le sbarrarono la strada,
costringendola ad un’inversione. Tagliò per il fitto del bosco, evitando
tronchi e frecce che le venivano scagliate addosso da quegli uomini.
Ma
loro erano troppi!
A
stento riuscì a raggiungere una cascata, ma poi avvertì un dolore cieco al
fianco e lasciò andare le briglie per poi gettarsi nella cascata: era la sua
unica possibilità dato che aveva già oltrepassato i confini e, continuando, si
sarebbe ritrovata nelle terre dei pochi Ent rimasti. Chiuse gli occhi color
oceano e lasciò che l’acqua e il vento la trasportassero via.
Un
giovane si ritrovò a passare accanto al fiume, per controllare i confini e
ricercare la certezza di essere al sicuro, certezza che molti popoli andavano
ricercando invano. Aveva iniziato a piovere da poco e una sorta di
preoccupazione lo attanagliava: era in quei momenti che colpivano i cacciatori.
Ma il suo era un compito troppo importante!
Chiuse
gli occhi concentrandosi sui suoni coperti dalla pioggia e lì, travolto dalle
acque del fiume, percepì un suono bizzarro, intruso alla solita calma.
A
largo della riva scorse una figura piuttosto insolita e le si avvicinò con
passo leggero. Accanto ad un albero sradicato c’era una figura aggraziata, dai
lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta, i vestiti color terra, sporchi
e stracciati. Rivoli di pioggia contornavano quella figura così bella, con
quelle orecchie leggermente a punta. Sul fianco quei rivoli di pioggia
assumevano un colore rossastro e fu proprio in quel punto che il giovane notò
la freccia conficcata nella carne. La ragazza scosse con movimento leggero la
nuca, socchiudendo quei suoi occhi incantatori, color dell’oceano, per poi
chiudergli subito dopo. Il giovane la sollevò tra le braccia, portandola via,
mentre dei cavalieri mascherati perlustravano le rive del fiume alla sua
ricerca.
To
be continued…
Si lo so, questo primo capitolo è un po’ penoso, ma mi riprometto di migliorare nel corso della storia, intanto…che ve ne pare? Aspetto commenti!
Jilly