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Autore: R e d_V a m p i r e     08/06/2010    1 recensioni
In principio c'erano solo loro, Kaoru e Hikaru.
Tutto il resto era fuori.
Ma poi era arrivata lei. E il duo si era riscoperto essere un trio.
[Dedicato alla Collega, anche se non è questo il tuo vero regalo]
[Hikaru/Haruhi/Kaoru; Accenni Hikaru/Kaoru]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haruhi Fujioka, Hikaru Hitachiin, Kaoru Hitachiin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non pensavo fosse possibile, invece è successo.
Nel nostro piccolo mondo si è formata una crepa.
Non ci siamo più io e te, solo noi due, come in passato.
Avrei dovuto chiamarla terzo incomodo, ma come potrei? Non sarebbe giusto, non sarebbe corretto.
Perché è entrata in silenzio, sfruttando quella spaccatura che lei stessa ha creato.
Si è insinuata tra noi, fratello, la colpa è nostra che lo abbiamo permesso.
Ci siamo ritrovati dall’essere un duo a passare a un trio.
Fra quei due bambini seduti su quella panchina, sotto la neve, si è aggiunta una nuova figura che li separa, tenendoli però uniti attraverso le mani intrecciate.
E’ una figura minuta, sorridente e delicata, che a primo impatto potrebbe passare per maschile.
Ma quei grandi occhi colmi di silenzioso affetto la smascherano per la ragazza che è, e che ha volutamente dimenticato di essere.
Le abbiamo permesso di entrare a far parte del nostro mondo, solo perché lei e lei soltanto si è scoperta in grado di guardarci dentro, scavare nel profondo e dividere un anima che eravamo convinti fosse unita, rivelandoci la diversità della nostra uguaglianza.
E ora non ne possiamo più fare a meno, vero?
Lo capisco dai tuoi occhi, fratello. Quel posto in mezzo a noi, anche se vuoto, continua a separarci.
Divisi, e l’unico modo per tornare ad essere interi è avere lei tra noi, a fare da collante.
Non potremmo lasciarla andare nemmeno se lo volessimo.
Ci ritroviamo inconsapevolmente a gravitare attorno a lei, come due pianeti gemelli attratti dal loro unico sole.
Mi duole ammetterlo, Kaoru, ma non mi basti più.
So che è la stessa cosa per te.
Cosa ci ha fatto, amato fratello? Quale stregoneria è stata capace di ordire, per dividerci così irreparabilmente?
Ti guardo e vedo lei riflessa nei tuoi occhi, non più io.
So che non lo ammetterai mai. So che non sarai mai capace di dichiarare di amarla apertamente, come ho fatto io.
Hai paura di un suo rifiuto?
Anche il mio cuore freme al timore di poter sanguinare e non riuscire più a smettere.
Ma perché non tentare? Lei è nostra. Oramai è chiaro.
Non il nostro giocattolino, non più almeno. E’ qualcosa di più assoluto.
Oh mio caro fratello, tu non sai quanta sofferenza sto provando ad ammetterlo.
Ma per lei, per Haruhi, per averla solo per me sarei disposto a dire addio anche a te. A frantumare l’ultimo legame che ci tiene uniti.
Si, è ignobile pensarlo.
Ma per essere amato solo io, da lei sola, cancellerei i fratelli Hitachiin.
E inizierei ad essere solo Hikaru.


Solo Noi



Doveva ammettere che quel giorno gli scocciava entrare nell’aula numero 3 di musica.
Non sapeva dire cosa fosse di preciso quella sensazione che si era arrampicata lungo le pareti del suo cuore, come un edera maligna che lo teneva segregato fra i suoi rovi, stringendolo, soffocandolo.
Facendolo s a n g u i n a r e.
Sapeva solo che non voleva entrare in quella maledetta stanza e rivedere i loro volti.
Rivedere lei.
Provava fastidio a vederla, anche se inconsapevolmente, al fianco di Tamaki.
Tamaki.
Guardate come era ridotto! Non riusciva nemmeno a chiamarlo Lord nei suoi pensieri, come avrebbe potuto dimostrarsi lo stesso di tutti i giorni davanti a loro? Che poi, lo stesso non lo era più da un po’ di tempo.
Non sapeva se almeno Kaoru se ne fosse accorto. Ultimamente sembrava evitarlo, spesso lo beccava a guardarlo con quell’aria s c h i f o s a m e n t e preoccupata, e poi, si voltava a guardare Haruhi e tornava a sorridere come davanti a un sole dopo una tempesta.
E allora ardeva di rabbia.
Perché gli e l’aveva portato via, perché l’aveva allontanato da lui, aveva diviso l’essere unico che erano sempre stati.
Sospirò, frustrato, passando una mano fra i fulvi capelli scomposti.
Dio, l’avrebbe odiata se non l’avesse amata così tanto!
Avrebbe voluto vederla sparire, e avrebbe voluto averla sempre vicino a se e fare in modo che non l’abbandonasse mai.
Avrebbe voluto poterla uccidere con le sue stesse mani, e con esse accarezzarla come se fosse il più delicato fra i fiori.
Perché sentimenti tanto contrastanti? Non era meglio, prima, quando la sua anima era solo del suo caro fratello?
Ma era incompleto. Prima di quella ragazzina Hikaru era solo una faccia della stessa medaglia di Kaoru.
Senza di lui non avrebbe saputo come sopravvivere.
Oh lo aveva amato, come lo aveva amato! Era stato il suo stesso cuore, il suo stesso respiro, il suo stesso v i s o.
Era stato tutto il suo mondo, e viceversa. Avevano escluso tutto il resto, e alla fine erano stati puniti per questo loro egocentrismo.
Si erano ritrovati divisi per la prima volta in sedici anni.
E tutto per colpa di quella ragazzina che si vestiva da maschio, e che era entrata nella loro vita rocambolescamente, senza volerlo, senza esserne stata invitata.
Il più avventato dei gemelli Hitachiin batté un pugno contro il muro, al lato del portone che s’apriva sul mondo colorato dell’Host Club.
Inspirò, furiosamente, costringendosi a calmarsi. Continuando così non avrebbe concluso nulla.
Quasi senza pensarci si voltò alla sua destra, sentendo una stretta al cuore a non trovarvi la famigliare presenza del fratello.
Ma certo, Kaoru era a casa, divorato dalla febbre.
Per questo esitava così tanto a fare quel lavoro che avevano da sempre condiviso. Dopotutto nessuna delle principesse dell’Host Club avrebbe accettato ben volentieri solo metà dei loro beniamini.
Prese una boccata d’aria, aprendo la porta e palesandosi al suo interno.
Rimase immobile, a osservare la quotidianità brulicante di quel posto.
Kyoya stava come sempre in disparte, seduto a gambe incrociate, il portatile sopra queste e l’attenzione celata dagli occhiali che ne oscuravano lo sguardo.
Voltò appena il viso, per vedere Honey-senpai porgere con un sorrisone una fetta di torta ad un silenzioso Mori-senpai, che accettò con l’accenno di un sorriso, guardandolo divorare gli altri dolciumi di cui era pieno il tavolino.
E poi la vide.
Stava di fianco a Tamaki, che come al solito sproloquiava con aria seria, guardandolo come se avesse a che fare con un idiota e con l’aria di chi avrebbe voluto essere in tutt’altro posto.
Si costrinse a non pensare quanto fosse bella, anche con la divisa maschile dell’Ouran Accademy.
Avanzò verso di lei, a passi risoluti, incurante dell’occhiata sbilenca che gli aveva donato il Re nell’Ombra per il semplice fatto che non indossasse la sua divisa, ma dei normali abiti.
Haruhi sospirò, portandosi una mano al viso, prima di girarsi verso di lui ed accennare a un breve sorriso allegro, quasi fosse felice di vederlo.
<< Hikar- ! >>
<< Non abbiamo tempo per i convenevoli, sta zitta e seguimi, Fujioka-chan >>
Sbottò lui, afferrandola per un polso, il viso oscurato dalla frangia dei capelli, strattonandola per farla camminare.
Tamaki sembrò accorgersene, ripresosi dal soliloquio, e lo guardò con aria teatralmente offesa, fiondandosi su di lui con tutta l’intenzione di picchiarlo.
<< Ehi! Non si trattano così le ragazze, Hikaru-kun! Mi deludi proprio… oh dolce Haruhi, non ti preoccupare di questo bruto! C’è qui il tuo papino ch- >>
<< Chiudi il becco, Lord. Non ho tempo neppure per te >>
Lo freddò l’Hitachiin, senza degnarsi di guardarlo, continuando a trascinarsi dietro la confusa ragazza.
Ignorò l’ “Hika-chan!” allarmato del piccolo Honey, e lo sbuffo indignato di Kyoya che di sicuro stava valutando quanto gli sarebbe venuto a costare quell’imprevisto, lasciando persino il povero Suoh a deprimersi nel suo angolino per non essere stato ascoltato, ancora una volta.
Si chiuse il portone alle spalle, con un botto sordo, mentre Haruhi si liberava dalla sua presa, guardandolo con aria confusa, massaggiandosi il polso indolenzito.
Il ragazzo la guardò per un lungo istante, con gli occhi dorati, da sotto la frangia.
Sapeva che avrebbe dovuto scusarsi, ma l’urgenza e il conflitto d’emozioni che sbatacchiavano nel suo animo inquieto non gli e lo permettevano.
La ragazza si limitò a schiudere appena le labbra, perplessa.
<< Hikaru, cosa… ? >>
Il giovane piegò le labbra in una sorta di sorriso disperato, passando la mancina sopra il viso.
<< Devi venire con me, Haruhi. Kaoru sta male… e io non so come… >>
Non riuscì a finire, le parole gli morirono in gola. Era difficile esprimere ciò che provava. Inquietudine, paura e un misto di irritazione.
Perché lo stava facendo?
Per Kaoru, si disse scioccamente. Almeno tentò di crederlo.
La verità era che lo stava facendo anche per lui.
Non sentendo una risposta avanzò, il viso basso, alzando tremante le braccia.
La ragazza sgranò appena gli occhi scuri, mentre veniva avvolta dal suo abbraccio esitante, il viso di lui nascosto nei suoi capelli corti.
<< Ti prego, Haruhi… >>
Sussurrò. La giovane non ci pensò che un secondo. Ricambiò timidamente l’abbraccio, scostandolo da se e sorridendo, convinta.
<< Certo Hikaru, verrò con te >>

[…]

Haruhi era già stata altre volte a Villa Hitachiin, ma il senso di disagio che portava ogni sua visita non s’era mai affievolito.
Succedeva così tutte le volte che andava a trovare un altro host in casa.
Si trovava in qualcosa di molto simile all’imbarazzo, maledicendo quei ricconi che l’avevano costretta ad andare con loro.
Questa volta non ebbe tempo di provare tutto ciò, perché venne trascinata su per le scale da Hikaru, che sembrava frettoloso di adempiere al compito che si era prefissato.
Durante il viaggio in limousine dall’Accademia a casa sua non aveva parlato, era rimasto a guardare fuori dal finestrino, ansioso, avvolto da una sottile patina di irrequietezza.
Ma ora aveva ripreso tutto il suo vigore, spalancando la porta della camera da letto che condivideva col gemello, ansimate, fiondandosi nel letto bianco, inginocchiandosi accanto al fratello supino, rosso in volto e sudato, chiaramente segno della febbre che non era scesa.
La ragazza rimase immobile a guardare i due, sentendo una morsa allo stomaco.
Le dispiaceva vederli così. Le dispiaceva così tanto…
Kaoru aprì forzatamente gli occhi lucidi, guardando il fratello sorpreso, sforzandosi di sorridere.
<< H-hikaru… perché… perché l’hai portata? >>
Il fratello cercò di sorridere a sua volta, senza però riuscirci. Accarezzò il viso imperlato di sudore dell’altro, facendo segno ad Haruhi di avvicinarsi a loro.
<< Perché… perché ho pensato che averci qui ti avrebbe aiutato >>
Sussurrò lui, esitante. Che avesse sbagliato?
Si morse le labbra, osservando le condizioni del fratello. Come avrebbe voluto poter soffrire per lui!
Sentì la mano della ragazza posarsi sulla sua spalla, e alzò il volto nella sua direzione.
Haruhi sorrideva dolcemente.
<< Potremmo dormire tutti e tre assieme >>
Propose, coscia che i due avrebbero capito.
Gli e l’avevano proposto quell’estate, quando le avevano rivelato quanto fosse importante per loro.
Kaoru la guardò, esitante. Non voleva che anche lei stesse male, così come non voleva lo stesso per il fratello. Ma senza che potesse ribattere, i due si stesero al suo fianco, voltati nella sua direzione, intrecciando le mani con le sue.
Bastava solo quello.
Sarebbe bastato a sentirsi meglio, lo sapevano.
Il ragazzo che stava nel mezzo chiuse gli occhi, sorridendo, stringendo appena più forte la presa, sicuro che non se ne sarebbero andati.
Infondo bastavano loro tre.
Era quello l’importante.
<< Hikaru-kun… Haruhi-chan… arigatou >>
   
 
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