Una giornata al grande tempio
(Gli
orrori che si nascondono nei suoi meandri)
Era
un giorno
come tanti altri, forse solo più afoso del solito, e per
questo tutti i Gold
Saint se ne stavano buttati come pattumiere nelle loro case a far
chissà cosa.
Quando
la mia
noia giunse a livelli galattici, capii due cose: o trovavo il modo di
ammazzare
il tempo o sarebbe stato lui ad ammazzare me. Non potendone
più di contare gli
scalini che componevano quella specie di casa del grande fratello,
decisi di
avventurarmi a dar fastidio ai Gold Saint; male che andava avrei
passato il
resto della giornata in ospedale.
Partendo
dal
Grande Tempio, la prima casa che si pose davanti al mio
strisciar-cammino fu
quella di Aphrodite. Entrai con la mia solita educazione, ovvero senza
essere
stato invitato. Lo spettacolo che mi si pose davanti fu atroce: rose
che
ricoprivano ogni centimetro del pavimento, che tappezzavano ogni
colonna e
galleggiavano in una pozza che doveva essere una fontana, nei bei tempi
andati.
Per concludere, un aroma di fiori così insopportabile da
farmi venire la nausea
in maniera immediata; preferivo il tanfo delle fogne a tanto profumo.
Uno
spettacolo squallido, insomma, se si considera che la casa appartiene a
un
Saint. Una volta forse, ora ci viveva una specie di Drag Queen.
La
suddetta
persona comparve con addosso una vestaglia rosa confetto e per poco non
scoppiai in lacrime per la mostruosità che avevo davanti.
«
Kiki, cosa ci
fai qui? Chi ti ha dato il permesso di mettere i tuoi sudici piedi qui
dentro?
Non lo sai che si bussa prima di entrare nella camera di qualcuno?
» Se avessi
saputo cosa mi sarei trovato davanti non c’avrei mai messo il
mio fetido
piedino. D’ora in poi busserò prima di mettere
piede in Fish Island, se mai ci
tornerò è chiaro.
«
Scusa Aphro, la
prossima volta busso. E’ che mi sto annoiando a morte e non
so che fare. Hai
qualche impegno? Magari ti aiuto. » In seguito mi sarei
spaccato i denti da
solo per averglielo chiesto.
Lo
vidi
sorridermi in modo equivoco e malizioso, ma che a me parve una smorfia
dovuta
al cattivo lifting che si era fatto.
«
Effettivamente
ho un po’ da fare ma non so se sarai
all’altezza… » si mise un dito sul mento
come a voler riflettere ed aveva quel mignolo
all’insù che faceva senso. L’avrei
volentieri spezzato.
«
Beh, dimmi. » gli
chiesi con una certa titubanza, non era più sicuro della mia
idea.
«
Doccia e shampoo,
passare il fon, mettere i bigodini, fare la ceretta. Poi devo
truccarmi: fard,
cipria, ombretto, matita, mascara, rossetto e lucidalabbra. Per
concludere devo
stendere due veli di smalto sulle unghie delle mani e dei piedi. Si,
direi che
è tutto. » La mia faccia era un programma peggiore
del suo.
«
Scusa Aphrodite,
mi sono ricordato di aver lasciato la ceretta in caldo, è il
caso che vada. »
La scusa più squallida che abbia mai inventato, ma era il
solo modo possibile
per uscire da lì. Infatti, lo vidi sbattere le finte
– sicuramente – ciglia e
annuire comprensivo.
«
Certo, va pure.
La cura personale prima di tutto. Ah… »
batté il pugno destro sulla mano
sinistra aperta. « Se hai bisogno di una mano per la
depilazione sono sempre
disponibile. » Non volli sentire altro.
«
Ti ringrazio,
ciao. » Scappai come un matto in preda a folli deliri; in
realtà, stavo
scappando dai suoi.
Mi
fiondai nella
casa dell’acquario e, ricordando la passata esperienza,
bussai.
«
Ehm… Camus?
Camus? » Visto che non mi rispondeva nessuno entrai
camminando adagio. Era
tutto buio come se avesse tirato le tende, forse almeno lui stava
riposando.
Poco importava, sarei andato a disturbare qualcun altro. Questa era
davvero la
mia intenzione, ma mi fermai di botto quando udii strane voci.
«
Ah… ah… non
possiamo farlo. » Era sicuramente il padrone di casa.
<«<
Su,
lasciati andare. » Quella voce mi era tremendamente familiare
ma non ricordavo
a chi appartenesse. Sentii altri gemiti e mi avvicinai di
più per sentire e,
magari, vedere meglio. « Mi appartieni, Camus. »
Riconobbi subito l’altra
persona.
«
Milo! » per
poco non svenni quando li vidi stesi, uno sopra l’altro, che
stavano… insomma
avete capito, no? Sapevo che erano amici, ma non così tanto!
«
Aspetta… io…
non so se… » Camus, lo vedevo chiaramente, era con
le lacrime agli occhi e
imbarazzato. Scorpion, al contrario, sembrava posseduto dal demonio.
«
Tranquillo,
amore. Ho preso due pasticche di viagra, ho un trapano in mezzo alle
gambe!
Ahahahah! » Rideva come un esaltato. Siamo sicuri che non
abbia presto
dell’extacy?
«
Solo un attimo,
hai preso le precauzioni? » Si guardarono seri negli occhi,
ma fu solo per un
momento. Prima che l’altro desse la sua boiata risposta.
<<
Il gas
l’ho spento, le tende le ho chiuse e ho controllato
l’acqua, tutto a posto!
>> Non potetti far altro se non schiantarmi contro il
pavimento in stile
mortadella sul panino. Lo shock mi paralizzò momentaneamente
e Camus si accorse
di me.
«
No! Ci hanno
visti tutti? Sei contento? » Mi guardai a destra e a sinistra
prima di
rispondere.
«
Tutti? Ma se ci
sono solo io? » Si dibatteva per alzarsi mentre un torrente
in piena scendeva
dai suoi bulbi oculari. « Chiudi la fontana che qui ci
allaghi! L’ultima volta
abbiamo fatto notte per raccogliere tutta l’acqua dalla casa!
» Milo si rivolse
a me mentre cercava di tenere buona l’anguilla che cercava di
sgusciare via.
<<
Se
magari te ne vai posso fare qualcosa. >> Afferrai subito
il messaggio e,
dato che non avevo alcuna voglia di dormire all’agghiaccio,
mi dileguai il
prima possibile. Intanto, le loro voci risuonavano in tutto il tempio.
«
No… no… si! »
Camus strillava come un aquila, alla faccia della timidezza.
Mi
fermai di
fronte alla casa di Capricorn e ripresi fiato. Lì, non
c’era rischio che
vedessi smalti brillanti o roba zuccherosa. Per mia fortuna, Shura,
come gli
altri Saint, aveva sempre aborrito certe cose. Inoltre non mi risultava
avesse
una relazione con qualcuno. Convinto di andare sul sicuro non bussai
nemmeno
visto che al massimo poteva star dormendo.
«
Shura?
Disturbo? » Lo vidi in piedi, con gli occhi chiusi e in
meditazione. Alzò il
braccio dove era custodita la sua Excalibur e sferrò un
fendete al vento. Lo
guardai ammirato, non smetteva di allenarsi nemmeno durante le ferie.
«
Sta attento. »
Me lo disse con tono calmo ma pensai subito che vi fosse comunque un
pericolo.
«
Cosa succede?
Un attacco al Grande Tempio? » Finalmente avrei partecipato
attivamente a un
combattimento.
«
Le tue corna
possono tozzare contro il soffitto. » Rimasi così
sorpreso che gli risposi
subito a tono.
«
Pensa alle tue!
» In quel momento mi resi conto di cosa aveva detto e non
capii il senso della
frase. « Shura, cosa c’entrano le corna? »
«
Ieri io e Shaka
abbiamo diviso un dolce, ma lui a tradimento si è preso la
parte più grande.
Non posso credere che mi abbia fatto questo. » Cademmo
entrambi in ginocchio.
Lui per quell’assurda faccenda della torta, io per
l’incapacità di riuscire a
reggere tanta coglionaggine. Si rialzò all’istante
con un nuovo furore negli
occhi. « Non permetterò che si ripeta ancora. Per
questo, d’ora in avanti, per
una perfetta divisione userò l’Excalibur!
» Un tuono piombò feroce sulla casa
illuminando entrambi. Me ne andai sconvolto, sia per ciò che
avevo appena udito,
sia perché non mi spiegavo da dove fosse uscito un tuono in
una giornata
spacca-pietre come questa.
Mentre
scendevo
un’altra rampa di scale mi imbattei in Shaka.
«
Che ci fai qui?
La tua casa non è più in basso? »
domandai indicando un punto ben preciso.
«
Infatti. »
rispose pacato come al solito. Avrei tanto voluto prenderlo seriamente,
ma dopo
ciò che mi aveva raccontato quel caprone non osavo
chiedergli nulla. « Ieri
sono stato cattivo con Shura per questo gli ho portato un regalino,
sperando
che gli faccia piacere. » Mi mostrò un pacchetto
da cui proveniva un tanfo
insopportabile.
«
Ma… che cosa
c’è qui dentro? Un cadavere in decomposizione?
» Mi tappai il naso scendendo
lentamente gli altri scalini mentre lui si faceva più
vicino, non capendo la
mia ritrosia.
«
Oh no, è il
tesoro dei tesori. Una vera leccornia. »
«
Dall’odore ne
dubito. » Tolse il panno che lo copriva per mostrarmi la sua
“leccornia”.
«
Ecco qua, » il
misterioso involucro s’illuminò di luce propria,
manco fosse attaccato alla
corrente. « sterco di mucca! >>
«
C… co… COSA?! »
urlai in preda alla pazzia e i conati di vomito. Volevo farlo
ragionare, ma
ogni mia protesta venne bloccata dalla frase seguente.
«
Ne vuoi un po’?
» Non ci pensai neanche un decimo di secondo.
«
No, grazie.
Dallo tutto a lui, sono sicuro che lo apprezzerà.
» “Mi dispiace, amico.” Le
lacrime quasi mi rigavano il viso per quell’infamia, ma un
conto è morire in
battaglia, un altro per ulcera.
Con
calma giunsi
alla casa del sagittario che passai senza neanche fermarmi, tanto era
vuota da
una vita. Tuttavia, non potei fare a meno di notare l’enorme
strato di polvere
che ricopriva tutto come una cortina. Avevo sentito delle voci secondo
la quale
Aiolos si dava alla droga per arrotondare, lo stipendio qui non
è questa gran
cosa. Dopotutto posso capirlo, una miseria per proteggere chi? Una
specie di
bonsai che arrivava al mezzo metro solo con i tacchi, quando buttava il
vento i
capelli si annodavano in stile sciarpa, portava un vestito che nemmeno
la
peggior mignotta di Atene ha mai messo e con quel cavolo di bastone
dava ordine
a destra e a manca. So io dove glielo avrei ficcato a quella disgrazia
divina…
Oltrepassai
anche
la casa di Scorpion, non prima di aver visto vari strumenti sadomaso
appesi
alla parete. A quanto pare sta cercando di fare concorrenza a Death
Mask.
Superai
anche la
casa della bilancia dove trovai un intero armadio, riempito fino allo
stremo,
di confezioni di viagra. Capii finalmente CHI riforniva le scorte dei
“C’è-l’ho-sempre-pronto
Saint” e dove saltassero fuori dato che era contro natura
trovare certa roba in
un tugurio come questo.
Altra
tappa che
ho brillantemente superato era la casa della vergine, stando sempre
bene
attento a dove mettevo i piedi, non si poteva mai sapere. Ora capisco
perché
emanava sempre una certa puzza. E io che pensavo fosse qualche vecchio
asceta
che stava facendo i vermi da qualche parte.
Arrivato
alla
casa di Leo mi preparai a passare oltre visto che mi avevano detto che
oggi
sarebbe stato assente. Camminai a passo spedito come un treno prima di
pietrificarmi letteralmente sul posto. Mi voltai lentamente, come un
vecchio
robot arrugginito, mentre cercavo di prendere coscienza di
ciò che avevo
davanti. Potevo accettare un Saint che invece di brandire
un’arma impugnava il
portacipria, uno che usava la sua spada per delle fesserie, anche dei
cavalieri
gay, ma non uno che faceva la lana! Aiolia, totalmente incurante del
sottoscritto, sferruzzava felice come una pasqua, circondato da metri e
metri
di tessuto morbido e colorato. Il sorriso raggiante, le guance
arrossate e gli
occhi sognanti… era uno spettacolo indegno non solo per un
cavaliere ma per
qualunque essere umano.
Dopo
qualche
secondo sembrò finalmente notare la mia presenza e ci
guardammo in faccia. Lui
che diventava sempre più bordeaux e io che mi sgelavo
cercando di darmi un
contegno.
«
Aiolia, ma tu
non eri assente oggi? » fu l’unica cosa che riuscii
a domandargli.
«
Oh, no. » Mi
guardò al colmo della vergogna, sembrava volesse scavarsi la
buca con le sue
stesse mani. E ci credo, chiunque sarebbe morto
dall’imbarazzo per essere stato
colto con le mani nel sacco, anche se in quel caso nella lana.
« Non devi
vedere… »
«
E’ tardi. » Gli
feci presente.
«
Si guarda solo
a lavoro ultimato, nessuno deve ammirare la mia opera incompiuta.
» Lo osservai
serio mentre in corpo mi stava per venire la diarrea. Le cose orano
due: o
correvo in bagno o fuggivo lontano da lì.
«
Fammi capire,
Leo, tu sei in imbarazzo perché io HO VISTO quella roba
prima che sia finita e
NON perché ti ho beccato a sferruzzare? »
«
Proprio così,
mi ero dato assente perché volevo finire questo maglione
prima del compleanno
di Death Mask. » Arrossì come una ragazzina e io
mi aggrappai con tutte le mie
forze alla prima colonna disponibile che trovai.
«
Una maglia di
lana? Il mese di agosto? Saranno uscite le tarme da quei gomitoli. Lo
userà
come straccio per calzari, ne sono sicuro. » mi resi conti di
un minuscolo particolare.
« Scusa, ma ti…
ti piace quel coso? » osai chiedergli perplesso e inorridito
da tanto coraggio.
«
Non parlare
così di Detty. »
«
DETTY?! »
Com’era possibile concepire l’idea di dare un
sopranome a Death Mask? « Lui che
ti uccide anche per avergli detto grazie?! I miei peli, dalla paura,
quando lo
vedono si abbracciano da soli. »
«
E’ fatto a modo
suo ma è adorabile, soprattutto quando frusta qualche
sventurato oppure stacca
la testa a un povero passante. Che uomo affascinante! » Si
prese le guance tra
le mani come una liceale imbarazzata. Ma che dico? Nemmeno una
sedicenne si
comporta così.
«
Che spettacolo
rivoltante! » E’ l’unica cosa che buttati
fuori mentre il mio sangue ballava la
“break dance dello schifo”. Mi allontanai sempre
più sconcertato mentre lo
scemunito cercava di fermarmi.
«
Dove vai? »
«
A trovare
Detty. » fu tutto quello che riuscii ad esclamare.
«
Mi raccomando,
non dirgli del regalo! »
«
Non ci penso
proprio. » Camminai sempre più preoccupato
perché la mia perplessità si era
tramutata in inquietudine.
Chi,
ripeto, CHI
non proverebbe una punta di terrore davanti alla casa di Cancer? Di
fronte
all’entrata feci un profondo respiro. « Se Detty
è di malumore sono fottuto. »
Con calma e circospezione entrai… non l’avessi mai
fatto. Sembrava la casa del
putrido e ricoveri: un alone sinistro e fetente aleggiava
nell’aria, una
macabra risata si percepiva distintamente e, per chiudere in bellezza,
delle
teste appese facevano bella mostra di sé sulle pareti.
Ciò che però mi stupì
oltre ogni dire era il fatto che, le suddette teste, oltre che a essere
vive e
vegete, stavano amabilmente chiacchierando col padrone di casa di cose
alquanto
discutibili.
«
Il miglior
metodo di tortura? Strappar unghie e denti molto lentamente.
» Mask ringhiò
come un cane e si girò verso di me; fu solo allora che mi
accorsi del suo vestiario.
Pantaloni militari, canottiera nera aderente – aveva un
fisico da Dio, bisogna
dirlo – stivali neri con centinaia di lacci, fascia rossa
sulla fronte e,
dulcis in fundo, un coltello tra i denti. Sembrava la bella copia di
Rambo.
«
Death, ma come
ti sei conciato? » non riuscii a non chiedere. Deglutii a
vuoto pensando che
questa domanda mi sarebbe potuta costare la vita, ma per mia fortuna
non fu
così.
«
Ti piace? » Con
un mano indicò le pareti ed annuiva soddisfatto di quello
scempio. « L’ho
arredata apposta per Aiolia. Il vestito è stata
un’idea delle teste, dicono che
così farò effetto su di lui. »
«
Dipende
dall’effetto, ma credo che gli piacerà.
» Se voleva farlo scappare con tutta la
lana ci sarebbe riuscito.
«
Sei
affascinante capo. » disse una prima testa che sembrava
quella di una donna
dopo dieci sedute dal chirurgo.
«
E’ vero, molto
cool. » ribadì una seconda protuberanza della
parete dall’aria equivoca, non
capivo se era un lui o una lei, o tutti e due. Chissà se lo
pensavano davvero o
se lo dicevano per evitare che strappasse loro anche gli occhi. Vagando
con lo
sguardo per la stanza delle torture notai un pacchetto su un tavolino,
sempre
arredato di roba sporgente.
«
Un regalo? E’
per Aiolia? »
«
Proprio così,
un kit per il sadomaso! » Stavo per prenderlo, ma quando udii
le sue parole,
ritrassi la mano come se avessi avuto di fronte una cesoia. Gettandogli
un’ultima,
miserevole, occhiata notai che vi era ancora un cartellino attaccato
vicino.
«
Hai lasciato il
cartellino del prezzo, devi toglierlo. » non
l’avessi mai detto. All’improvviso
mi afferrò per il bavero della maglia e mi
sollevò sino ad essere a pochi
centimetri dal suo volto. Era proprio bono, Leo aveva buon gusto.
«
Che mi si
possano impennare tutti i denti se stacco quel coso. Quel kit
è il migliore
sulla piazza e mi è costato quasi tutto il mio stipendio,
DEVE sapere il
prezzo. »
«
Va bene…
d’accordo… » Mi rimise a terra mentre
tirava fuori dalla tasca un pacchetto di
Malboro. « Tu fumi? »
«
Certo moccioso,
non c’è niente di meglio di una bella fumata dopo
una faticosa giornata di
torture. E’ meraviglioso aspirare il fumo mentre stai
strappando i peli nel
nostro punto proibito, e quante urla… che ne fai della
ceretta? Ahahahahah! »
Diede il via ad una delle sue solite risate da perfetto psicopatico.
Prese una
bella boccata di nicotina prima di rivolgersi nuovamente a me.
« Sai che ho
dovuto uccidere il tabaccaio? »
«
E perché mai?
Ti ha dato la marca di sigarette sbagliata? »
«
No, perché non
mi ha lasciato fumare le sigarette che IO ho comprato da LUI.
» Ero così
sconvolto che parlai senza pensare.
«
Ma che ragionamento
è? Allora se ti compri un pacco di preservativi ti fai
Aiolia sul bancone della
farmacia? » Gettò la sigaretta a terra e la
calpestò con una violenza inaudita,
mi ritirai il più lontano possibile pensando che volesse
farmi una depilata,
invece scoppiò a ridere.
«
Ottima idea,
grazie Kiki, ora so come festeggerò il mio compleanno.
»
«
Ma Aiolia… »
»
Aiolia farà
quello che dico io. » Si avviò di gran carriera
verso l’uscita e in tanto
continuava imperterrito a blaterare. « Vedrai che spasso.
Amore sto arrivando!
Ahahahahah! »
«
Forse era
meglio se mi facevo gli affari miei… » Sempre
più abbattuto guardai la
scalinata che portava verso la casa di Gemini. Ormai che ero arrivato
sin qui
tanto valeva scendere. E poi non sarei tornato indietro per tutto
l’oro del
mondo.
Scala
più e scala
meno, ero di fronte all’imponente costruzione che sapeva
tanto di pazzia come
il suo proprietario. Camminai per un po’ ma non notai nulla
di strano. Pensando
che fosse assente, continuai senza badare a nulla quando la voce di
Saga mi
fermò di botto.
«
HO RAGIONE IO! »
Seguii con l’orecchio la sua candida voce e giunsi sino a
lui. Quello che vidi
bastò a farmi capire la gravità della sua salute
mentale. Gemini stava
parlottando, o meglio, stava urlando da solo contro non so chi.
«
Saga? Tutto
bene? » Che domanda idiota avevo posto! La risposta era
ovvia, come il fatto
che i Gold Sant fanno cagare, ma gli ho voluto dare il beneficio del
dubbio. Si
guardò a destra e a sinistra come un decerebrato prima di
capire che ero io.
«
No, va tutto
male. » Ma guarda, non me n’ero accorto.
« Io dico che è bel tempo e LUI dice
che è cattivo tempo. » Compresi che con
“lui” si riferiva al suo alter-ego.
«
Beh,
effettivamente non si capisce più nulla, ieri ho visto due
castori coi guanti
che spalavano la neve, stamattina invece vi erano due lucertole con le
coca
cole in mano. »
«
Sei tu che sei
in errore. » Disse rivolto a sinistra.
«
No, zotico, tu
non capisci nulla. Invertebrato! » Si girò verso
destra.
«
Taci! Non sei
neppure degno di essere una cacchetta di mosca! »
Ritornò all’altro lato.
«
Saga, ce l’hai
così moscio che nemmeno un’intera scatola di
viagra è sufficiente. Ci vuole
l’incantatore di serpenti! »
«
Senti chi
parla! Tu che spendi metà del tuo stipendio in quella roba e
l’unica cosa che
alzi è la tenda a prima mattina! »
«
Ma si rendono
conto che parlano a se stessi? » Il massimo fu quando, per
far del male
all’altro, iniziarono a sfracellarsi contro tutte le colonne
del tempio.
Afferrarono un pilastro e gli diedero una capata con tutta la forza che
avevano. Non so per quanto siano andati avanti, a un certo punto me ne
sono
andato onde evitare di essere preso a capate anch’io.
Restava
soltanto
il toro e, arrivato a questo punto, mi aspettavo di tutto, per quel che
valeva.
Magari l’avrei beccato che faceva sesso col Grande Mu, in
stile pecora, per uno
come lui era l’ideale. Il toro e la pecora, che coppia! Forse
sarei riuscito a
sbendare quella mummia incartapecorita del mio maestro che
probabilmente era
gettato da qualche parte a mescolare strane polveri. A metà
scalinata fui
attirato da un buonissimo odore, nulla a che vedere con il fetore che
proveniva
dagli altri manicomi. Mi lasciai guidare dal naso e giunsi alla cucina
di
Aldebaran.
«
Che buon
profumino, che stai preparando? » Il gigante buono era in
piedi, davanti ai
fornelli, sul quale vi erano una decine di pentole. Indossava un buffo
grembiule bianco con le pecore arancioni e viola.
«
Oh, ciao Kiki.
Guarda chi c’è, Mu. » Non mi ero accorto
della presenza del mio maestro e, quando
mi volsi per salutarlo, lo vidi come mai l’avevo vista nella
mia breve vita.
Era bendato proprio come una mummia, imbavagliato, e si dibatteva sulla
sedia
come in preda ad una crisi epilettica. Sembrava una di quelle braciole
che Al
mi faceva mangiare di tanto in tanto.
«
Che caspita gli
è successo? » Il toro scoppiò
a ridere.
«
Ha visto un
topo nella sua casa ed è corso qui terrorizzato. »
«
Ha paura dei
topi? » Non credevo alle mie orecchie, il grande e
impassibile Mu, che non si
smuove nemmeno se gli dai un calcio nel sedere, ha paura di un ratto?
Scoppiai
a ridere anch’io ma con più moderazione, in fondo
era pur sempre il mio
maestro. « Beh è normale che ci siano animaletti
in giro. »
«
Già, gliel’ho
detto anch’io. Con tutta quella spazzatura cosa si aspettava?
Che uscisse un
camoscio? »
«
Improbabile.
Che stai cucinando? » chiesi tutto allegro, finalmente un
posto dove potevo
stare in pace senza annoiarmi. E senza che sia tentato di suicidarmi.
«
Pesce. » mi
rispose semplicemente. Prese una cucchiaiata di non so cosa e
annusandola
continuò a parlare. « Che dici, li mettiamo due
calamari vicino a quella cozza
di divinità? »
«
Perché no? » Riprendemmo
a ridere totalmente incuranti delle proteste di Aries che si dibatteva
sulla
sedia come un pazzo. « Per chi sono tutte queste cose?
» Vedevo piatti
piuttosto strani che non conoscevo, ma dal profumino delizioso.
«
Per tutti.
Questa è una crema di latte e cetrioli per Fish, la indossa
quando mette lo
smalto. Questo è una zuppa di vongole e crostini, a Camus e
Milo piace e poi è
nutriente, servirà per rimetterli in sesto dopo tanta
attività fisica. » mi fece
l’occhiolino e prosegui. « Quest’altra
è una torta per Shura e Shaka, li ho
sentiti lamentarsi l’altro giorno. Spezzatino di carne per
Aiolia e Death Mask,
verdure fresche per Mu e pasta al sugo per i due gemelli.
Più queste. » aprì il
palmo e mostrò quattro pillole rosse.
«
Cosa sono? »
«
Sonniferi per
cavallo, due per Death e due per Saga e compagno. Stenderebbero un
pachiderma,
credo che staremo tranquilli per un po’. » mi diede
una pacca sulla spalla e
ritornò accanto al fuoco, sempre sorridendo.
«
E per Milo? »
«
Tranquillo,
impazzisce solo prima del sesso, una volta finito torna in letargo e in
attesa
di essere risvegliato dalla primavera. » Lo guardai al colmo
della meraviglia.
«
Al, sei davvero
fantastico! Pensi sempre a tutto. Se non ci fossi tu a
quest’ora ci sarebbe una
scritta a luci rosse che citerebbe “Benvenuti al Grande
Bordello”. »
«
Divertente,
comunque faccio solo il mio dovere e poi mi diverto sia a cucinare che
ad
osservare le loro più assurde follie. »
«
Beato te. » appoggiai
la schiena al muro e misi le mani dietro la testa. « Mi
domando come farò a
ritornare sopra dopo tutto quello che ho visto. » guardai i
piedi sempre più
pensieroso finché il mio amico mi risolse il profondo e
tragico dilemma.
«
Nessun
problema, devo portare da mangiare agli altri, ti porto io sopra.
» lo fissai
strabiliato e incredulo.
«
Sul serio?
Grazie. » Festeggiai tutto contento quando un pensiero mi
colpì all’improvviso.
« E della mumm… cioè del Grande Mu, che
facciamo? » lo osservammo entrambi
attentamente: aveva smesso di dibattersi e ora lacrimava sperando
d’impietosirci. Tutto inutile.
«
Lascialo così,
verrò a slegarlo dopo e mangeremo assieme. » ci
dirigemmo ridendo all’uscita
che ci avrebbe condotto verso gli squilibrati inquilini di quel
bizzarro
tempio. La prossima volta che mi annoio verrò direttamente
da Aldebaran, magari
ci facciamo un giro insieme.
Non
posso credere
che questi siano i cavalieri a cui è affidata la salvezza
del mondo!
Angolo ricovero autrice:
Ciao a tutti!
Lo so, mi rendo conto che è
uno scempio
intollerabile, ma ci tenevo così tanto a postarla. **
Chi l’avrebbe mai detto che
sotto
quelle severi vesti si nascondesse tanta pazzia e tanto ardore? Io no.
XD
Mi auguro di non aver esagerato con
gli
insulti e le parodie… mh… no!
Chiedo scusa per i miei consueti
strafalcioni e spero vogliate lasciarmi un piccolo commento. ^^
Un saluto da Koishan la folle.