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Autore: Scarlett Sakura    09/06/2010    5 recensioni
Kiki, annoiato come suo solito, deciderà di andare a trovare i Gold Saint; lì, verrà messo di fronte ad una dura realtà...
Genere: Comico, Parodia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Una giornata al grande tempio

(Gli orrori che si nascondono nei suoi meandri)

 

 

 

 

Era un giorno come tanti altri, forse solo più afoso del solito, e per questo tutti i Gold Saint se ne stavano buttati come pattumiere nelle loro case a far chissà cosa.

Quando la mia noia giunse a livelli galattici, capii due cose: o trovavo il modo di ammazzare il tempo o sarebbe stato lui ad ammazzare me. Non potendone più di contare gli scalini che componevano quella specie di casa del grande fratello, decisi di avventurarmi a dar fastidio ai Gold Saint; male che andava avrei passato il resto della giornata in ospedale.

Partendo dal Grande Tempio, la prima casa che si pose davanti al mio strisciar-cammino fu quella di Aphrodite. Entrai con la mia solita educazione, ovvero senza essere stato invitato. Lo spettacolo che mi si pose davanti fu atroce: rose che ricoprivano ogni centimetro del pavimento, che tappezzavano ogni colonna e galleggiavano in una pozza che doveva essere una fontana, nei bei tempi andati. Per concludere, un aroma di fiori così insopportabile da farmi venire la nausea in maniera immediata; preferivo il tanfo delle fogne a tanto profumo. Uno spettacolo squallido, insomma, se si considera che la casa appartiene a un Saint. Una volta forse, ora ci viveva una specie di Drag Queen.

La suddetta persona comparve con addosso una vestaglia rosa confetto e per poco non scoppiai in lacrime per la mostruosità che avevo davanti.

« Kiki, cosa ci fai qui? Chi ti ha dato il permesso di mettere i tuoi sudici piedi qui dentro? Non lo sai che si bussa prima di entrare nella camera di qualcuno? » Se avessi saputo cosa mi sarei trovato davanti non c’avrei mai messo il mio fetido piedino. D’ora in poi busserò prima di mettere piede in Fish Island, se mai ci tornerò è chiaro.

« Scusa Aphro, la prossima volta busso. E’ che mi sto annoiando a morte e non so che fare. Hai qualche impegno? Magari ti aiuto. » In seguito mi sarei spaccato i denti da solo per averglielo chiesto.

Lo vidi sorridermi in modo equivoco e malizioso, ma che a me parve una smorfia dovuta al cattivo lifting che si era fatto.

« Effettivamente ho un po’ da fare ma non so se sarai all’altezza… » si mise un dito sul mento come a voler riflettere ed aveva quel mignolo all’insù che faceva senso. L’avrei volentieri spezzato.

« Beh, dimmi. » gli chiesi con una certa titubanza, non era più sicuro della mia idea.

« Doccia e shampoo, passare il fon, mettere i bigodini, fare la ceretta. Poi devo truccarmi: fard, cipria, ombretto, matita, mascara, rossetto e lucidalabbra. Per concludere devo stendere due veli di smalto sulle unghie delle mani e dei piedi. Si, direi che è tutto. » La mia faccia era un programma peggiore del suo. 

« Scusa Aphrodite, mi sono ricordato di aver lasciato la ceretta in caldo, è il caso che vada. » La scusa più squallida che abbia mai inventato, ma era il solo modo possibile per uscire da lì. Infatti, lo vidi sbattere le finte – sicuramente – ciglia e annuire comprensivo.

« Certo, va pure. La cura personale prima di tutto. Ah… » batté il pugno destro sulla mano sinistra aperta. « Se hai bisogno di una mano per la depilazione sono sempre disponibile. » Non volli sentire altro.

« Ti ringrazio, ciao. » Scappai come un matto in preda a folli deliri; in realtà, stavo scappando dai suoi.

Mi fiondai nella casa dell’acquario e, ricordando la passata esperienza, bussai.

« Ehm… Camus? Camus? » Visto che non mi rispondeva nessuno entrai camminando adagio. Era tutto buio come se avesse tirato le tende, forse almeno lui stava riposando. Poco importava, sarei andato a disturbare qualcun altro. Questa era davvero la mia intenzione, ma mi fermai di botto quando udii strane voci.

« Ah… ah… non possiamo farlo. » Era sicuramente il padrone di casa.

<«< Su, lasciati andare. » Quella voce mi era tremendamente familiare ma non ricordavo a chi appartenesse. Sentii altri gemiti e mi avvicinai di più per sentire e, magari, vedere meglio. « Mi appartieni, Camus. » Riconobbi subito l’altra persona.

« Milo! » per poco non svenni quando li vidi stesi, uno sopra l’altro, che stavano… insomma avete capito, no? Sapevo che erano amici, ma non così tanto!

« Aspetta… io… non so se… » Camus, lo vedevo chiaramente, era con le lacrime agli occhi e imbarazzato. Scorpion, al contrario, sembrava posseduto dal demonio.

« Tranquillo, amore. Ho preso due pasticche di viagra, ho un trapano in mezzo alle gambe! Ahahahah! » Rideva come un esaltato. Siamo sicuri che non abbia presto dell’extacy?

« Solo un attimo, hai preso le precauzioni? » Si guardarono seri negli occhi, ma fu solo per un momento. Prima che l’altro desse la sua boiata risposta.

<< Il gas l’ho spento, le tende le ho chiuse e ho controllato l’acqua, tutto a posto! >> Non potetti far altro se non schiantarmi contro il pavimento in stile mortadella sul panino. Lo shock mi paralizzò momentaneamente e Camus si accorse di me.

« No! Ci hanno visti tutti? Sei contento? » Mi guardai a destra e a sinistra prima di rispondere.

« Tutti? Ma se ci sono solo io? » Si dibatteva per alzarsi mentre un torrente in piena scendeva dai suoi bulbi oculari. « Chiudi la fontana che qui ci allaghi! L’ultima volta abbiamo fatto notte per raccogliere tutta l’acqua dalla casa! » Milo si rivolse a me mentre cercava di tenere buona l’anguilla che cercava di sgusciare via.

<< Se magari te ne vai posso fare qualcosa. >> Afferrai subito il messaggio e, dato che non avevo alcuna voglia di dormire all’agghiaccio, mi dileguai il prima possibile. Intanto, le loro voci risuonavano in tutto il tempio.

« No… no… si! » Camus strillava come un aquila, alla faccia della timidezza.

Mi fermai di fronte alla casa di Capricorn e ripresi fiato. Lì, non c’era rischio che vedessi smalti brillanti o roba zuccherosa. Per mia fortuna, Shura, come gli altri Saint, aveva sempre aborrito certe cose. Inoltre non mi risultava avesse una relazione con qualcuno. Convinto di andare sul sicuro non bussai nemmeno visto che al massimo poteva star dormendo.

« Shura? Disturbo? » Lo vidi in piedi, con gli occhi chiusi e in meditazione. Alzò il braccio dove era custodita la sua Excalibur e sferrò un fendete al vento. Lo guardai ammirato, non smetteva di allenarsi nemmeno durante le ferie.

« Sta attento. » Me lo disse con tono calmo ma pensai subito che vi fosse comunque un pericolo.

« Cosa succede? Un attacco al Grande Tempio? » Finalmente avrei partecipato attivamente a un combattimento.

« Le tue corna possono tozzare contro il soffitto. » Rimasi così sorpreso che gli risposi subito a tono.

« Pensa alle tue! » In quel momento mi resi conto di cosa aveva detto e non capii il senso della frase. « Shura, cosa c’entrano le corna? »

« Ieri io e Shaka abbiamo diviso un dolce, ma lui a tradimento si è preso la parte più grande. Non posso credere che mi abbia fatto questo. » Cademmo entrambi in ginocchio. Lui per quell’assurda faccenda della torta, io per l’incapacità di riuscire a reggere tanta coglionaggine. Si rialzò all’istante con un nuovo furore negli occhi. « Non permetterò che si ripeta ancora. Per questo, d’ora in avanti, per una perfetta divisione userò l’Excalibur! » Un tuono piombò feroce sulla casa illuminando entrambi. Me ne andai sconvolto, sia per ciò che avevo appena udito, sia perché non mi spiegavo da dove fosse uscito un tuono in una giornata spacca-pietre come questa.

Mentre scendevo un’altra rampa di scale mi imbattei in Shaka.

« Che ci fai qui? La tua casa non è più in basso? » domandai indicando un punto ben preciso.

« Infatti. » rispose pacato come al solito. Avrei tanto voluto prenderlo seriamente, ma dopo ciò che mi aveva raccontato quel caprone non osavo chiedergli nulla. « Ieri sono stato cattivo con Shura per questo gli ho portato un regalino, sperando che gli faccia piacere. » Mi mostrò un pacchetto da cui proveniva un tanfo insopportabile.

« Ma… che cosa c’è qui dentro? Un cadavere in decomposizione? » Mi tappai il naso scendendo lentamente gli altri scalini mentre lui si faceva più vicino, non capendo la mia ritrosia.

« Oh no, è il tesoro dei tesori. Una vera leccornia. »

« Dall’odore ne dubito. » Tolse il panno che lo copriva per mostrarmi la sua “leccornia”.

« Ecco qua, » il misterioso involucro s’illuminò di luce propria, manco fosse attaccato alla corrente. « sterco di mucca! >>

« C… co… COSA?! » urlai in preda alla pazzia e i conati di vomito. Volevo farlo ragionare, ma ogni mia protesta venne bloccata dalla frase seguente.

« Ne vuoi un po’? » Non ci pensai neanche un decimo di secondo.

« No, grazie. Dallo tutto a lui, sono sicuro che lo apprezzerà. » “Mi dispiace, amico.” Le lacrime quasi mi rigavano il viso per quell’infamia, ma un conto è morire in battaglia, un altro per ulcera.

Con calma giunsi alla casa del sagittario che passai senza neanche fermarmi, tanto era vuota da una vita. Tuttavia, non potei fare a meno di notare l’enorme strato di polvere che ricopriva tutto come una cortina. Avevo sentito delle voci secondo la quale Aiolos si dava alla droga per arrotondare, lo stipendio qui non è questa gran cosa. Dopotutto posso capirlo, una miseria per proteggere chi? Una specie di bonsai che arrivava al mezzo metro solo con i tacchi, quando buttava il vento i capelli si annodavano in stile sciarpa, portava un vestito che nemmeno la peggior mignotta di Atene ha mai messo e con quel cavolo di bastone dava ordine a destra e a manca. So io dove glielo avrei ficcato a quella disgrazia divina…

Oltrepassai anche la casa di Scorpion, non prima di aver visto vari strumenti sadomaso appesi alla parete. A quanto pare sta cercando di fare concorrenza a Death Mask.

Superai anche la casa della bilancia dove trovai un intero armadio, riempito fino allo stremo, di confezioni di viagra. Capii finalmente CHI riforniva le scorte dei “C’è-l’ho-sempre-pronto Saint” e dove saltassero fuori dato che era contro natura trovare certa roba in un tugurio come questo.

Altra tappa che ho brillantemente superato era la casa della vergine, stando sempre bene attento a dove mettevo i piedi, non si poteva mai sapere. Ora capisco perché emanava sempre una certa puzza. E io che pensavo fosse qualche vecchio asceta che stava facendo i vermi da qualche parte.

Arrivato alla casa di Leo mi preparai a passare oltre visto che mi avevano detto che oggi sarebbe stato assente. Camminai a passo spedito come un treno prima di pietrificarmi letteralmente sul posto. Mi voltai lentamente, come un vecchio robot arrugginito, mentre cercavo di prendere coscienza di ciò che avevo davanti. Potevo accettare un Saint che invece di brandire un’arma impugnava il portacipria, uno che usava la sua spada per delle fesserie, anche dei cavalieri gay, ma non uno che faceva la lana! Aiolia, totalmente incurante del sottoscritto, sferruzzava felice come una pasqua, circondato da metri e metri di tessuto morbido e colorato. Il sorriso raggiante, le guance arrossate e gli occhi sognanti… era uno spettacolo indegno non solo per un cavaliere ma per qualunque essere umano.

Dopo qualche secondo sembrò finalmente notare la mia presenza e ci guardammo in faccia. Lui che diventava sempre più bordeaux e io che mi sgelavo cercando di darmi un contegno.

« Aiolia, ma tu non eri assente oggi? » fu l’unica cosa che riuscii a domandargli.

« Oh, no. » Mi guardò al colmo della vergogna, sembrava volesse scavarsi la buca con le sue stesse mani. E ci credo, chiunque sarebbe morto dall’imbarazzo per essere stato colto con le mani nel sacco, anche se in quel caso nella lana. « Non devi vedere… »

« E’ tardi. » Gli feci presente.

« Si guarda solo a lavoro ultimato, nessuno deve ammirare la mia opera incompiuta. » Lo osservai serio mentre in corpo mi stava per venire la diarrea. Le cose orano due: o correvo in bagno o fuggivo lontano da lì.

« Fammi capire, Leo, tu sei in imbarazzo perché io HO VISTO quella roba prima che sia finita e NON perché ti ho beccato a sferruzzare? »

« Proprio così, mi ero dato assente perché volevo finire questo maglione prima del compleanno di Death Mask. » Arrossì come una ragazzina e io mi aggrappai con tutte le mie forze alla prima colonna disponibile che trovai.

« Una maglia di lana? Il mese di agosto? Saranno uscite le tarme da quei gomitoli. Lo userà come straccio per calzari, ne sono sicuro. » mi resi conti di un minuscolo particolare. « Scusa, ma ti… ti piace quel coso? » osai chiedergli perplesso e inorridito da tanto coraggio.

« Non parlare così di Detty. »

« DETTY?! » Com’era possibile concepire l’idea di dare un sopranome a Death Mask? « Lui che ti uccide anche per avergli detto grazie?! I miei peli, dalla paura, quando lo vedono si abbracciano da soli. »

« E’ fatto a modo suo ma è adorabile, soprattutto quando frusta qualche sventurato oppure stacca la testa a un povero passante. Che uomo affascinante! » Si prese le guance tra le mani come una liceale imbarazzata. Ma che dico? Nemmeno una sedicenne si comporta così.

« Che spettacolo rivoltante! » E’ l’unica cosa che buttati fuori mentre il mio sangue ballava la “break dance dello schifo”. Mi allontanai sempre più sconcertato mentre lo scemunito cercava di fermarmi.

« Dove vai? »

« A trovare Detty. » fu tutto quello che riuscii ad esclamare.

« Mi raccomando, non dirgli del regalo! »

« Non ci penso proprio. » Camminai sempre più preoccupato perché la mia perplessità si era tramutata in inquietudine.

Chi, ripeto, CHI non proverebbe una punta di terrore davanti alla casa di Cancer? Di fronte all’entrata feci un profondo respiro. « Se Detty è di malumore sono fottuto. » Con calma e circospezione entrai… non l’avessi mai fatto. Sembrava la casa del putrido e ricoveri: un alone sinistro e fetente aleggiava nell’aria, una macabra risata si percepiva distintamente e, per chiudere in bellezza, delle teste appese facevano bella mostra di sé sulle pareti. Ciò che però mi stupì oltre ogni dire era il fatto che, le suddette teste, oltre che a essere vive e vegete, stavano amabilmente chiacchierando col padrone di casa di cose alquanto discutibili.

« Il miglior metodo di tortura? Strappar unghie e denti molto lentamente. » Mask ringhiò come un cane e si girò verso di me; fu solo allora che mi accorsi del suo vestiario. Pantaloni militari, canottiera nera aderente – aveva un fisico da Dio, bisogna dirlo – stivali neri con centinaia di lacci, fascia rossa sulla fronte e, dulcis in fundo, un coltello tra i denti. Sembrava la bella copia di Rambo.

« Death, ma come ti sei conciato? » non riuscii a non chiedere. Deglutii a vuoto pensando che questa domanda mi sarebbe potuta costare la vita, ma per mia fortuna non fu così.

« Ti piace? » Con un mano indicò le pareti ed annuiva soddisfatto di quello scempio. « L’ho arredata apposta per Aiolia. Il vestito è stata un’idea delle teste, dicono che così farò effetto su di lui. »

« Dipende dall’effetto, ma credo che gli piacerà. » Se voleva farlo scappare con tutta la lana ci sarebbe riuscito.

« Sei affascinante capo. » disse una prima testa che sembrava quella di una donna dopo dieci sedute dal chirurgo.

« E’ vero, molto cool. » ribadì una seconda protuberanza della parete dall’aria equivoca, non capivo se era un lui o una lei, o tutti e due. Chissà se lo pensavano davvero o se lo dicevano per evitare che strappasse loro anche gli occhi. Vagando con lo sguardo per la stanza delle torture notai un pacchetto su un tavolino, sempre arredato di roba sporgente.

« Un regalo? E’ per Aiolia? »

« Proprio così, un kit per il sadomaso! » Stavo per prenderlo, ma quando udii le sue parole, ritrassi la mano come se avessi avuto di fronte una cesoia. Gettandogli un’ultima, miserevole, occhiata notai che vi era ancora un cartellino attaccato vicino.

« Hai lasciato il cartellino del prezzo, devi toglierlo. » non l’avessi mai detto. All’improvviso mi afferrò per il bavero della maglia e mi sollevò sino ad essere a pochi centimetri dal suo volto. Era proprio bono, Leo aveva buon gusto.

« Che mi si possano impennare tutti i denti se stacco quel coso. Quel kit è il migliore sulla piazza e mi è costato quasi tutto il mio stipendio, DEVE sapere il prezzo. »

« Va bene… d’accordo… » Mi rimise a terra mentre tirava fuori dalla tasca un pacchetto di Malboro. « Tu fumi? »

« Certo moccioso, non c’è niente di meglio di una bella fumata dopo una faticosa giornata di torture. E’ meraviglioso aspirare il fumo mentre stai strappando i peli nel nostro punto proibito, e quante urla… che ne fai della ceretta? Ahahahahah! » Diede il via ad una delle sue solite risate da perfetto psicopatico. Prese una bella boccata di nicotina prima di rivolgersi nuovamente a me. « Sai che ho dovuto uccidere il tabaccaio? »

« E perché mai? Ti ha dato la marca di sigarette sbagliata? »

« No, perché non mi ha lasciato fumare le sigarette che IO ho comprato da LUI. » Ero così sconvolto che parlai senza pensare.

« Ma che ragionamento è? Allora se ti compri un pacco di preservativi ti fai Aiolia sul bancone della farmacia? » Gettò la sigaretta a terra e la calpestò con una violenza inaudita, mi ritirai il più lontano possibile pensando che volesse farmi una depilata, invece scoppiò a ridere.

« Ottima idea, grazie Kiki, ora so come festeggerò il mio compleanno. »

« Ma Aiolia… »

» Aiolia farà quello che dico io. » Si avviò di gran carriera verso l’uscita e in tanto continuava imperterrito a blaterare. « Vedrai che spasso. Amore sto arrivando! Ahahahahah! »

« Forse era meglio se mi facevo gli affari miei… » Sempre più abbattuto guardai la scalinata che portava verso la casa di Gemini. Ormai che ero arrivato sin qui tanto valeva scendere. E poi non sarei tornato indietro per tutto l’oro del mondo.

Scala più e scala meno, ero di fronte all’imponente costruzione che sapeva tanto di pazzia come il suo proprietario. Camminai per un po’ ma non notai nulla di strano. Pensando che fosse assente, continuai senza badare a nulla quando la voce di Saga mi fermò di botto.

« HO RAGIONE IO! » Seguii con l’orecchio la sua candida voce e giunsi sino a lui. Quello che vidi bastò a farmi capire la gravità della sua salute mentale. Gemini stava parlottando, o meglio, stava urlando da solo contro non so chi.

« Saga? Tutto bene? » Che domanda idiota avevo posto! La risposta era ovvia, come il fatto che i Gold Sant fanno cagare, ma gli ho voluto dare il beneficio del dubbio. Si guardò a destra e a sinistra come un decerebrato prima di capire che ero io.

« No, va tutto male. » Ma guarda, non me n’ero accorto. « Io dico che è bel tempo e LUI dice che è cattivo tempo. » Compresi che con “lui” si riferiva al suo alter-ego.

« Beh, effettivamente non si capisce più nulla, ieri ho visto due castori coi guanti che spalavano la neve, stamattina invece vi erano due lucertole con le coca cole in mano. »

« Sei tu che sei in errore. » Disse rivolto a sinistra.

« No, zotico, tu non capisci nulla. Invertebrato! » Si girò verso destra.

« Taci! Non sei neppure degno di essere una cacchetta di mosca! » Ritornò all’altro lato.

« Saga, ce l’hai così moscio che nemmeno un’intera scatola di viagra è sufficiente. Ci vuole l’incantatore di serpenti! »

« Senti chi parla! Tu che spendi metà del tuo stipendio in quella roba e l’unica cosa che alzi è la tenda a prima mattina! »

« Ma si rendono conto che parlano a se stessi? » Il massimo fu quando, per far del male all’altro, iniziarono a sfracellarsi contro tutte le colonne del tempio. Afferrarono un pilastro e gli diedero una capata con tutta la forza che avevano. Non so per quanto siano andati avanti, a un certo punto me ne sono andato onde evitare di essere preso a capate anch’io.

Restava soltanto il toro e, arrivato a questo punto, mi aspettavo di tutto, per quel che valeva. Magari l’avrei beccato che faceva sesso col Grande Mu, in stile pecora, per uno come lui era l’ideale. Il toro e la pecora, che coppia! Forse sarei riuscito a sbendare quella mummia incartapecorita del mio maestro che probabilmente era gettato da qualche parte a mescolare strane polveri. A metà scalinata fui attirato da un buonissimo odore, nulla a che vedere con il fetore che proveniva dagli altri manicomi. Mi lasciai guidare dal naso e giunsi alla cucina di Aldebaran.

« Che buon profumino, che stai preparando? » Il gigante buono era in piedi, davanti ai fornelli, sul quale vi erano una decine di pentole. Indossava un buffo grembiule bianco con le pecore arancioni e viola.

« Oh, ciao Kiki. Guarda chi c’è, Mu. » Non mi ero accorto della presenza del mio maestro e, quando mi volsi per salutarlo, lo vidi come mai l’avevo vista nella mia breve vita. Era bendato proprio come una mummia, imbavagliato, e si dibatteva sulla sedia come in preda ad una crisi epilettica. Sembrava una di quelle braciole che Al mi faceva mangiare di tanto in tanto.

« Che caspita gli è successo? »  Il toro scoppiò a ridere.

« Ha visto un topo nella sua casa ed è corso qui terrorizzato. »

« Ha paura dei topi? » Non credevo alle mie orecchie, il grande e impassibile Mu, che non si smuove nemmeno se gli dai un calcio nel sedere, ha paura di un ratto? Scoppiai a ridere anch’io ma con più moderazione, in fondo era pur sempre il mio maestro. « Beh è normale che ci siano animaletti in giro. »

« Già, gliel’ho detto anch’io. Con tutta quella spazzatura cosa si aspettava? Che uscisse un camoscio? »

« Improbabile. Che stai cucinando? » chiesi tutto allegro, finalmente un posto dove potevo stare in pace senza annoiarmi. E senza che sia tentato di suicidarmi.

« Pesce. » mi rispose semplicemente. Prese una cucchiaiata di non so cosa e annusandola continuò a parlare. « Che dici, li mettiamo due calamari vicino a quella cozza di divinità? »

« Perché no? » Riprendemmo a ridere totalmente incuranti delle proteste di Aries che si dibatteva sulla sedia come un pazzo. « Per chi sono tutte queste cose? » Vedevo piatti piuttosto strani che non conoscevo, ma dal profumino delizioso.

« Per tutti. Questa è una crema di latte e cetrioli per Fish, la indossa quando mette lo smalto. Questo è una zuppa di vongole e crostini, a Camus e Milo piace e poi è nutriente, servirà per rimetterli in sesto dopo tanta attività fisica. » mi fece l’occhiolino e prosegui. « Quest’altra è una torta per Shura e Shaka, li ho sentiti lamentarsi l’altro giorno. Spezzatino di carne per Aiolia e Death Mask, verdure fresche per Mu e pasta al sugo per i due gemelli. Più queste. » aprì il palmo e mostrò quattro pillole rosse.

« Cosa sono? »

« Sonniferi per cavallo, due per Death e due per Saga e compagno. Stenderebbero un pachiderma, credo che staremo tranquilli per un po’. » mi diede una pacca sulla spalla e ritornò accanto al fuoco, sempre sorridendo.

« E per Milo? »

« Tranquillo, impazzisce solo prima del sesso, una volta finito torna in letargo e in attesa di essere risvegliato dalla primavera. » Lo guardai al colmo della meraviglia.

« Al, sei davvero fantastico! Pensi sempre a tutto. Se non ci fossi tu a quest’ora ci sarebbe una scritta a luci rosse che citerebbe “Benvenuti al Grande Bordello”. »

« Divertente, comunque faccio solo il mio dovere e poi mi diverto sia a cucinare che ad osservare le loro più assurde follie. »

« Beato te. » appoggiai la schiena al muro e misi le mani dietro la testa. « Mi domando come farò a ritornare sopra dopo tutto quello che ho visto. » guardai i piedi sempre più pensieroso finché il mio amico mi risolse il profondo e tragico dilemma.

« Nessun problema, devo portare da mangiare agli altri, ti porto io sopra. » lo fissai strabiliato e incredulo.

« Sul serio? Grazie. » Festeggiai tutto contento quando un pensiero mi colpì all’improvviso. « E della mumm… cioè del Grande Mu, che facciamo? » lo osservammo entrambi attentamente: aveva smesso di dibattersi e ora lacrimava sperando d’impietosirci. Tutto inutile.

« Lascialo così, verrò a slegarlo dopo e mangeremo assieme. » ci dirigemmo ridendo all’uscita che ci avrebbe condotto verso gli squilibrati inquilini di quel bizzarro tempio. La prossima volta che mi annoio verrò direttamente da Aldebaran, magari ci facciamo un giro insieme.

Non posso credere che questi siano i cavalieri a cui è affidata la salvezza del mondo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo ricovero autrice:

 

 

Ciao a tutti!

Lo so, mi rendo conto che è uno scempio intollerabile, ma ci tenevo così tanto a postarla. **

Chi l’avrebbe mai detto che sotto quelle severi vesti si nascondesse tanta pazzia e tanto ardore? Io no. XD

Mi auguro di non aver esagerato con gli insulti e le parodie… mh… no!

Chiedo scusa per i miei consueti strafalcioni e spero vogliate lasciarmi un piccolo commento. ^^

Un saluto da Koishan la folle.

   
 
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