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Autore: Banryu    11/06/2010    7 recensioni
Il primo capitolo è una semplice fic sulla morte di Kagura vista dal suo punto di vista: triste ma bella. Nel secondo invece è preso in considerazione il punto di vista di Sesshomaru.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagura, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Doveva saperlo che sarebbe andata a finire così. Era da così tanto tempo che voleva tradire Naraku. Come aveva anche solo potuto sperare di poter continuare a vivere, ora che l’aveva fatto?

La mano destra ora era poggiata su una delle tre ferite che la trapassavano da parte a parte, provava invano a fermare il sangue che continuava copioso a fuoriuscire da esse. L’altra invece si stringeva alla piuma sulla quale si stava spostando, sempre più in basso, verso terra.
Dove era diretta? Adesso era finalmente libera, poteva andare dove voleva. Eppure quelle ferite la facevano sentire così pesante. ‘Dannazione!’ Fu l’unico pensiero che riuscì a formulare prima di atterrare. Si trovava in una radura completamente ricoperta da piccoli e graziosi fiori bianchi e gialli.
‘Il mio cuore… pulsa.’ Pensò portandosi la mano sinistra al petto. Era la prima volta che lo sentiva da quando era stata generata. Pulsava davvero, non era un sogno. Nel suo petto, adesso, c’era un cuore che batteva! E’ vero, stava rallentando, ma batteva, lei riusciva a sentirlo.
‘Posso guarire da questa ferita.’ Pensò avanzando di qualche passo verso il centro della radura.
‘So che posso… Se non fosse per questo maledetto miasma...’ Chiuse un attimo gli occhi. La mano destra era ancora premuta sulla ferita centrale. ‘Si è assicurato di conciarmi proprio bene, quel maledetto!’ Strinse i denti. Lei era il vento, e come tale avrebbe continuato a soffiare. Di certo non si sarebbe fatta fermare da un po’ di veleno. No, doveva resistere. Anche perché adesso aveva così tanti posti dove andare, così tante terre da visitare. Non poteva semplicemente morire.
‘E poi…’ La sua vista si offuscò per un attimo, il cielo e le nuvole in esso sfocarono, giusto il tempo di un battito di ciglia. ‘…Devo rivederti, almeno per una volta.’
Sospirò, e davanti a sé comparve l’immagine del demone: lo sguardo perso in chissà quale pensiero, la coda adagiata sulla spalla, i lunghi capelli argentati mossi dalla brezza, come i lembi dell’elegante kimono.
La vista le si offuscò di nuovo. ‘Accidenti!’ Stava stringendo i pugni per non cadere a terra. Si guardò intorno. Non c’era nessuno. Per una terza volta lo sguardo le si velò per un secondo. Qualche altro passo ed era a terra.
‘Quindi è questa... la mia libertà?’ Era in ginocchio, le mani che adesso si stringevano ai petali dei fiori che le sfioravano il kimono. Presto una macchia di sangue cominciò ad allargarsi intorno a lei. Davvero ne stava perdendo così tanto? A quanto pare non le restava molto. Non si stava arrendendo, sentiva semplicemente che era la verità.
‘E così è qui… Beh, non è male.’ Tornò a guardare la radura, i fiori, il bosco tutto intorno, il cielo e le nuvole che di tanto in tanto lo attraversavano. ‘Che silenzio… Non c’è nessuno.’ Abbassò lo sguardo sul proprio kimono sempre più insanguinato, poi sui fiori intorno a lei, che piano piano stavano diventando rossi.
‘Finirò da sola…’ Sentiva il cuore sempre più lento.
Ma poi, quell’odore. Con le poche forze che le restavano in corpo alzò lo sguardo, sorpresa nell’incontrare quegli occhi che tanto aveva desiderato rivedere. Era lì! Lui era lì! Non era un’illusione questa volta, lui si trovava veramente di fronte a lei, e la stava guardando.
“Ses…sho…ma…ru?!” Riuscì solo a dire, un po’ per la sorpresa un po’ perché le forze la stavano ormai abbandonando. Non poteva ancora crederci. Perché era lì?
La risposta non si face aspettare: aveva seguito l’odore dell’aura velenosa di Naraku. Ovvio, lei stessa aveva in parte l’odore di Naraku su di se. Aveva sicuramente pensato di trovare lui. Abbassò lo sguardo. Era delusione quel sentimento che le si stava insinuando nel cuore?
‘Allora… sarai deluso… di non aver trovato lui.’ Disse, cercando di sembrare il più indifferente possibile.
E fu a quel punto che lui la sorprese, nuovamente. “Sapevo che eri tu.” Disse solamente. ‘Sapevo che eri tu.’ Quattro semplici parole che adesso le stavano facendo scoppiare il cuore. Lo sapeva. Era venuto lì da lei sapendo che era lei. Quindi aveva riconosciuto l’odore del suo sangue, ed era comunque accorso. Questo bastava. Ora si sentiva tranquilla, in pace. Sorrise lievemente.
Il veleno ormai si era allargato in tutto il suo corpo. Lo sentiva immobilizzarle gli arti, mozzarle il respiro. Mancava poco. Sentì il fruscio delle vesti del demone: aveva portato la mano alla spada. Tenseiga. Voleva forse provare a guarirla? Bastava un’occhiata per vedere che comunque non ce l’avrebbe fatta. Evidentemente se ne rese conto anche lui, perché lasciò subito ricadere il braccio lungo il fianco. ‘Basta il pensiero.’ Si ritrovò a pensare. Ed era così.
Se ne andava? “Sì… ma mi basta.” Rispose alla domanda che il demone le aveva appena posto.
Eh già, era giunto l’inevitabile momento. Come avrebbe voluto fermare il tempo in quell’istante di autentica perfezione. Ma era tardi ormai, la sua anima se ne stava già andando.
‘Anche se ormai sono alla fine… Ti ho potuto rivedere, un’ultima volta…’ Quanto avrebbe voluto dirla, quell’ultima frase, ma le era rimasta in gola. Non c’era riuscita. Ma non era importante che lui la sentisse, era importante per lei. E poi, il sorriso che aveva sulle labbra in quell’ultimo istante lasciava capire molte cose.
Sì, per la prima volta era finalmente felice.
Poi più nulla. Il dolore del veleno che aveva in corpo. La sofferenza nel tenere gli occhi aperti. Gli arti pesanti. Nulla. Adesso c’era solo una cosa: la libertà. Pensava che sarebbe stata diversa, se l’era immaginata diversa, la fine. Ma così era molto meglio. Lei… era veramente il vento. Ed era un vento libero.
Si espanse per tutta la radura. Tra i fiori, tra gli alberi, ma soprattutto intorno a lui: gli sollevò i capelli, gli mosse la stoffa del kimono, gli passò in mezzo al soffice pelo della coda. Tutto come nella sua visione di poco prima, ma questa volta era reale, ed era lei la brezza che lo accarezzava. Era libera, ed era con lui. Mai avrebbe immaginato che sarebbe potuto essere così. Mai avrebbe immaginato di poter avere entrambe le cose: la libertà e la sua vicinanza. Perché adesso, pur potendo andare ovunque volesse, poteva sempre tornare qui, dove si trovava lui.
Essere libera e felice, questo era stato il suo desiderio fin dall’inizio. Ed ora era realtà.

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Ed eccone qua un’altra! In questo ultimo periodo m’è presa a scrivere! =) Spero vi piaccia quanto quell’altra. ^^
Comunque volevo scrivere qui le risposte alle recensioni di “Una cosa da proteggere”:

Wolfmother: Grazie grazie grazie! Non so cosa avrei fatto senza questa tua prima recensione! ^^ Comunque sono d’accordo con te: si è fatto così raro trovare un Sesshomaru o una Rin come si deve. E proprio per questo ho cercato di renderli nel miglior modo possibile, non mi piace stravolgere i caratteri dei personaggi. =) Grazie ancora per il supporto!
rosencrantz: Stesso discorso. Non volevo fare una storia che non c’entrasse nulla con i personaggi dell’anime. Loro sono fantastici già così. Grazie anche a te! =)
KiraKira90: Premetto che non ci sono riuscita! Mi dispiace ma proprio non riesco ad ingrandire i caratteri! Help! (Tra l’altro avevo provato anche in quell’altra ad ingrandirli perché anche secondo me sono piccoli u.u) Detto questo ringrazio anche te! Anche io adoro quel trio (quartetto se contiamo anche Ah-Un! xD), quindi come potevo non cercare di renderlo al meglio! Jaken poi è fantastico! Fa morire! =)
chocola92: Anche io ho provato molte volte a chiedermi come e quando Sesshomaru avrebbe potuto trovare una risposta alla domanda di suo padre. Ed ora, eccomi qua! =) Grazie anche a te! Lo so che sono ripetitiva, ma quando l’ho scritta non pensavo che sarebbe piaciuta così tanto. ^^

Beh, spero che questa vi sia piaciuta quanto quell’altra! ^^
  
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