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Autore: Fiamma Drakon    11/06/2010    5 recensioni
[RoyAi Day 2010]
Quando l’aveva sposata aveva pensato che, un giorno, avrebbe dovuto metterla a parte del suo piccolo, “insignificante” problemino con tutto ciò che vedeva lui e l’acqua a stretto contatto, ma non avrebbe mai pensato che il momento potesse arrivare tanto in fretta, cioè durante la loro luna di miele.
Erano insieme da pochissimo e già doveva fronteggiare la più grande paura del suo essere.
Genere: Generale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Idrofobia Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii...
- Roy la sveglia... -.
Dal groviglio di coperte emerse una mano, che andò ad abbattersi stancamente sulla sveglia, mettendola finalmente a tacere.
Due corpi al di sotto delle lenzuola iniziarono a muoversi e il primo che ne uscì fu quello di una donna, bionda e bellissima, che si sedette sul bordo del materasso sbattendo le palpebre, spostando dietro un orecchio parte dei capelli che le erano finiti sul viso durante il sonno.
Si alzò e si stiracchiò, quindi si volse a fronteggiare il letto, dove la sua metà ancora dormiva, raggomitolata sotto il lenzuolo.
- Avanti, alzati pigrone! - esclamò, afferrandone un lembo e tirando, scoprendo l’uomo dai capelli corvini che aveva zittito la sveglia.
Questo si coprì la testa con il cuscino, raccogliendosi le gambe al petto nudo.
- È ancora presto... e ho sonno... tira le tende! - brontolò lui.
- Forza, alzati! Non abbiamo tempo da perdere! - lo riprese la donna, avviandosi verso l’armadio.
Iniziò a frugarvi dentro, estraendone una canotta nera e un paio di pantaloncini beige, che lanciò al compagno, il quale si mise finalmente seduto.
I capelli erano tutti spettinati e vari ciuffi, praticamente quasi tutti, erano sparati in aria, probabilmente perché non riusciva a stare fermo durante il sonno; in parte gli ricadevano sulla fronte, coprendo le sopracciglia e gli occhi, ancora gonfi di sonno, che si stropicciò, sbadigliando.
- Riza, siamo in vacanza... non possiamo dormire un po’ di più? - domandò, con voce quasi infantile.
- No, perché oggi finalmente faremo qualcosa che piace a me: andremo a nuotare - annunciò, perentoria - E non voglio sentire discussioni - soggiunse, allo sguardo a dir poco stravolto che Roy le rivolse.
- Ma, ma... Riza! Perché non andiamo un po’ in centro? Ci sono ancora un sacco di posti che n... -
- Non m’importa: oggi è l’ultimo giorno e voglio fare qualcosa che piace a me. Voglio andare a nuotare -.
Era decisa, troppo decisa e ciò non era un bene, soprattutto se la sua decisione riguardava un argomento per lui così delicato come il nuoto.
Quando l’aveva sposata aveva pensato che, un giorno, avrebbe dovuto metterla a parte del suo piccolo, “insignificante” problemino con tutto ciò che vedeva lui e l’acqua a stretto contatto, ma non avrebbe mai pensato che il momento potesse arrivare tanto in fretta, cioè durante la loro luna di miele.
Erano insieme da pochissimo e già doveva fronteggiare la più grande paura del suo essere.
Si riscosse dalla sua trance di terrore appena in tempo per vedere Riza mettere mano al costume da bagno.
Schizzò in piedi e la raggiunse, prendendole le mani e bloccandola.
- Aspetta! Non è presto per andare? Possiamo andare a fare un giro stamani e oggi pomeriggio andare a... - s’interruppe e, con uno sforzo per lui immenso, terminò - ... nuotare -.
La bionda si liberò dalla presa e lo guardò dritto negli occhi: c’era qualcosa di nascosto e inusuale nel suo sguardo, come un segreto scomodo che non le riuscì di capire.
- ... okay... - rispose.
Era decisa a concedergli quel piccolo ritardo, ma solo perché voleva sapere cosa gli stesse frullando per la testa.
- G-grazie! - replicò il moro, cercando di mascherare l’immenso sollievo.
Gli ci volle tutto l’autocontrollo di cui disponeva per evitare alle sue ginocchia di cedere per la gioia: se ritardava di qualche ora la cosa, forse sarebbe riuscito a trovare un modo per tirarsene fuori.
Sarebbe stato impossibile farle cambiare idea, ma almeno trovare una scusa per non dover nuotare pure lui sarebbe riuscito a trovarla.
Il borbottio del suo stomaco vuoto riempì il silenzio che si era venuto a creare tra loro.
Riza gli sorrise dolcemente.
- Andiamo a mangiare -.
Lo precedette fuori della stanza ancora in canotta e mutande, conducendolo nella cucina, dove era sistemato anche un piccolo tavolo per quattro persone.
Lui si sedette, mentre lei si metteva al lavoro ai fornelli.
Roy sospirò, guardando fuori della finestra: avevano fatto bene a prendere in affitto una casa per la luna di miele. Se fossero andati in albergo, non avrebbero potuto avere molta intimità e poi l’idea di dover vivere per due settimane in una piccola camera non l’allettava granché.
L’unica pecca, almeno per lui, era che la casa dove stavano era vicina al mare, anche troppo: nelle sere che avevano passato sul balcone che si affacciava sulla spiaggia gli erano arrivati degli schizzi d’acqua salmastra dalla battigia.
In una parola, orribile.
Si riscosse quando la sua dolce mogliettina gli mise davanti un piatto con uova strapazzate e un toast.
“Alla questione nuoto penserò più tardi...” si disse, iniziando a mangiare di buona lena.
Durante tutto il pasto, Riza osservò il marito: c’era qualcosa di strano nel suo modo di porsi, nel suo atteggiamento, come un nervosismo represso o messo temporaneamente a tacere, che le dava l’idea che Roy le stesse ostinatamente tenendo nascosto qualcosa.
No, non era una semplice idea: era una sorta di sicurezza.
Una delle sue abilità innate era l’acuto spirito d’osservazione, lo stesso che adesso le stava dicendo che suo marito aveva qualcosa da nascondere.
“Chissà che sarà...” pensò.
Roy fu il primo a terminare di mangiare, benché fosse stato quello ad aver mangiato di più. Mentre la bionda sistemava i piatti, lui tornò in camera e si vestì, così da lasciar libera la stanza per far vestire la compagna. Indossò la canotta nera e il paio di pantaloncini beige al ginocchio che gli aveva preso lei; calzò un paio di infradito e uscì sul balcone con un bel paio di occhiali da sole sulla testa.
Contemplò la distesa azzurra d’acqua salata dinanzi a lui come fosse il suo peggior nemico, ed in effetti era proprio così, finché la voce di Riza non lo richiamò: - Vuoi rimanere qui a contemplare il mare fino a stasera? -.
- Eh? No, vengo! - si affrettò a rispondere, rientrando - Dove si va? - chiese poi, mentre varcavano la porta di casa.
Riza si volse verso di lui, sorridendogli in modo talmente dolce e caloroso da farlo arrossire.
- A fare shopping -.
Tutto il rossore delle guance sbiancò in un attimo, mentre il ricordo dell’ultimo giro di shopping gli ritornava, vivido, alla mente.

- Abbiamo finito? Quanti altri negozi devi ancora girare? -.
- Non dirmi che il grande Alchimista di Fuoco è già stanco? - esclamò Riza, ironica, voltandosi verso il marito.
- Eh? Ma no, che dici! Solo che non voglio che tu ti stanchi troppo! - mentì Roy, cercando di assumere una postura e un atteggiamento che non denotassero il minimo affaticamento fisico.
Erano passate ben tre ore da quando erano usciti di casa e le sue braccia, completamente sparite sotto la quantità a dir poco esagerata di buste, pacchetti e quant’altro, invocavano un po’ di misericordia, così come la sua povera spina dorsale, piegata sotto il peso degli acquisti.
La canotta gli si era appiccicata addosso grazie alla quantità a dir poco industriale di sudore che gli ricopriva la pelle e gli imperlava la fronte, dove i capelli si erano attaccati.
Il triste destino di un marito in luna di miele era quello di fare da facchino per gli acquisti della moglie. Era una regola alla quale nessuno, ahimé, si poteva sottrarre.
Riza, dal canto suo, si stava divertendo un mondo, non tanto per lo shopping in sé, che tra l’altro non le piaceva nemmeno tanto, ma per il semplice fatto che stava mettendo Roy un po’ sotto pressione, con tutti quei carichi da portare.
Sì, si poteva dire che il suo “fare shopping” fosse solo una piccola vendetta contro il moro e il suo oscuro segreto che lei ancora non riusciva a comprendere.
- Allora, vediamo un po’... - mormorò, assorta, pensando a dove poter andare.
Mustang sbuffò leggermente, fermandosi dietro alla bionda: un altro negozio e sarebbe impazzito. A tutto c’era un limite.
- Be’, direi che basta, per stamani! - esclamò lei, voltandosi verso di lui.
- Allora perché non torniamo a casa...? - chiese il moro.
- Mmmh... okay, andiamo -.
E s’incamminarono.
Giunsero a destinazione dopo una lunga e sana camminata che lasciò Roy più morto che vivo. Fortunatamente, Riza si prodigò immediatamente a preparare il pranzo, dopodiché...
- Vai a cambiarti, Roy: andiamo a nuotare -.
Il poveraccio, che si stava godendo una tazza di caffè, poco mancò che soffocasse alla notizia. Iniziò a tossire, cercando di prendere fiato.
Infine, quando ebbe ripreso la capacità di parola, esclamò: - C-come? Di già? Abbiamo appena mangiato! -.
- Veramente è passata un’ora e mezza... - puntualizzò la donna.
- Sì, ma è ancora pericoloso. Mica vorrai prenderti una congestione, vero? - obiettò lui.
- Adesso basta. Noi andiamo a nuotare, chiaro?! - decise Riza, severa, andando in camera.
Tornò dopo dieci minuti vestita come prima, con l’unica differenza dei laccini del costume da bagno ben visibili sulle spalle lasciate scoperte dalla maglietta.
- Va’ a metterti un costume e vieni. Non voglio storie -.
Roy conosceva benissimo l’espressione dipintasi in viso alla sua amata e sapeva altrettanto bene che quando c’erano quegli occhi a brillargli in viso, non bisognava contraddirla per nessuna ragione al mondo. Perciò, a malincuore, dovette ubbidire.
Ritornò poco più tardi, fisicamente pronto a morire, ma non psicologicamente.
- Andiamo - esortò la Hawkeye, prendendolo per mano e portandolo fuori, verso la spiaggia.
Giunto qui, l’uomo si fermò a circa due metri dalla battigia, guardando in cagnesco l’acqua che s’increspava sulla riva.
- Qualche problema? Mica avrai paura dell’acqua? -.
La domanda della moglie lo colse impreparato e lo colpì come uno schiaffo.
- No, certo che no! - rispose lui, cercando di mantenere il controllo: era l’Alchimista di Fuoco, per la miseria! Non poteva avere paura di... tanti, piccoli atomi di idrogeno e ossigeno legati in minuscole molecole di... H2O.
“Ma il fuoco e l’acqua non vanno affatto d’accordo...” pensò, afflitto, osservando Riza togliersi rapidamente la maglia e i pantaloni, per poi entrare in mare.
Era così dannatamente bella in costume da fare invidia a Venere. Semplicemente perfetta in tutta la sua umana imperfezione.
Adesso, però, i discorsi filosofici non gli servivano a granché.
- Vieni, Roy! - lo chiamò.
Ecco, ciò che aveva sino a quel momento temuto: doverle dimostrare che razza di imbranato fosse quando si trattava di nuotare.
Semplicemente, lui non sapeva farlo.
- L’acqua è troppo fredda! - esclamò.
“Scusa idiota” pensò l’attimo dopo.
- Coraggio, vieni! Non è fredda! - lo smentì subito Riza, immergendosi fino alle spalle.
Per lei era facile: lei non sapeva carbonizzare le persone e comandare le fiamme. Dopo tutto il tempo che aveva passato esercitando la sua Alchimia del fuoco, l’acqua era diventata il suo nemico numero uno, di conseguenza non ci si era mai avvicinato se non per gli usi quotidiani. Figurarsi quindi se aveva voglia o sapeva nuotare...
Vide Riza riemergere e avvicinarsi alla riva, probabilmente con l’intenzione di venire a prenderlo.
Si tolse in fretta e furia i vestiti, quindi si accostò all’acqua.
La donna lo raggiunse e lo prese per un polso.
- Vieni, non fare il fifone - lo ammonì dolcemente la bionda, trascinandolo verso il limitare della riva.
“Oddio, speriamo bene...” mormorò tra sé, augurandosi di non affogare.
Il primo contatto con l’acqua lo lasciò senza fiato, forse perché era semplicemente troppo fredda per i suoi gusti.
Lei lo portò sempre più in là, finché non arrivò dove l’acqua era più profonda e non si riusciva a toccare il fondo.
Annaspò cercando di rimanere in superficie, mentre Riza lo fissava, stupita.
Sentiva il cuore pompare a mille, il sangue schizzare letteralmente attraverso le vene, il respiro farsi più veloce e difficoltoso.
Che gli stava accadendo?
Poi, tutto iniziò a sfumare lentamente dinanzi a lui.
- Ah, Roy! -.

- Roy? Roy...? -.
La voce di Riza gli martellava nelle orecchie a volume decisamente troppo alto.
Socchiuse gli occhi, aprendoli poi pian piano, ritrovandosi a fissare quelli dell’amata, china su di lui.
Questa tirò un sospiro di sollievo.
- Mi hai fatta preoccupare, razza di stupido! - esclamò.
- C-cosa è successo? - chiese lui, confuso.
- Hai collassato quando ci siamo immersi... - spiegò semplicemente la bionda, ritraendosi.
- Oh... - si limitò a rispondere il moro: aveva previsto che non ce l’avrebbe fatta, ma non di fallire in modo tanto clamoroso.
- Se non sai nuotare bastava dirlo! - inveì Riza, arrabbiata.
Roy distolse lo sguardo, a disagio.
- Che c’è, ti vergognavi? -
- Già... - confessò lui.
- Che stupidaggini - commentò lei, scuotendo la testa.
- Sono l’Alchimista di Fuoco! Come faccio a non odiare l’acqua?! -
- Tutto qui il problema? Non riesco a capirti... -.
Si scambiarono un lungo sguardo, che contribuì a far sentire ancor di più Mustang un verme, quindi la donna si chinò su di lui, il quale audacemente si azzardò a posarle un bacio sulle labbra.
- Ti insegno io a nuotare, se vuoi. Non c’è bisogno di prendersela così... -.
Lui arrossì ancora di più, immaginandosi la scena, ma in fondo non era un’idea così malvagia.
- O-okay... - rispose, alzandosi.
Uscirono e tornarono alla spiaggia.
Vincendo in modo a dir poco eroico il tuo timore quasi cronico dell’acqua, Mustang si lasciò trasportare in mare da Riza, che si volse verso di lui non appena furono in un punto dove l’acqua era un po’ più profonda.
- Okay, cominciamo... -.
 
- ATCÌ! Ahn... accidenti! -.
Mustang si soffiò il naso e si rimpiattò ben bene sotto il lenzuolo.
Riza gli arrivò accanto e si sedette sul materasso, guardandolo, carezzandogli una guancia arrossata.
- Ci mancava solo che prendessi il raffreddore... - sospirò, sconsolata.
- Non l’ho fatto di proposito!  -
- Non ho detto il contrario... -.
Lui tacque, quindi si girò su un fianco.
- Ehi, Riza... - chiamò con un fil di voce.
- Sì, che c’è? - domandò lei.
Esitò.
- Niente... - rispose poi il moro, ma la moglie aveva intuito già a cosa alludesse, per cui si infilò sotto le coperte e spense la luce, avvicinandosi timidamente a lui e cingendogli altrettanto timidamente il torace.
- Dormi: domani pomeriggio dovremmo ripartire, lo sai... -
- Sì, lo so... -
- ‘Notte Roy... -
- ‘Notte... Riza... -.
   
 
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