Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: MrEvilside    11/06/2010    6 recensioni
Eppure non posso negare che mi piacesti davvero, forse per la prima volta dacché ci eravamo incontrati, mentre ti uccidevo.
Lo chiameresti amore, questo?
Se è così, forse ti amai davvero, nell’obbedire a quell’ordine.

Un intreccio tra diari, tra una vita non del tutto mortale ed una immortale, tra anime innocenti ed altre sporche: un gioco di morte e lussuria fra un mietitore capriccioso ed un demone annoiato.
E voi? Lo chiamereste amore?
[Otherverse: XXI secolo; lime; what if...? sulla saga di Jack the Ripper]
[Sebastian/Grell]
Genere: Dark, Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Grell Sutcliff, Sebastian Michaelis
Note: What if?, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Don’t You Recognize Me, Mister?

« Potrebbe darmi anche un po’ di quelle? » La bambina indicò il contenitore di vetro nel quale erano conservate delle caramelle gommose dalla forma di carnose labbra scarlatte.
Il commesso obbedì, ne raccolse alcune con un cucchiaio e le lasciò cadere all’interno del sacchetto che teneva con la mano gemella. « Va bene così? » chiese, volgendo il capo indietro, in direzione della giovane cliente, ed al tempo stesso mostrandole la quantità di caramelle che la busta di carta era arrivata a contenere.
« Sì, grazie » ella confermò, citando la formula di cortesia che i genitori le avevano insegnato, ed estrasse dalla tasca dei pantaloni un piccolo portafogli.
Il giovane depositò il sacchetto sulla bilancia, ne enunciò il prezzo e lo chiuse con un fiocco bianco a righe rosse che si adattava agli abiti ed ai capelli della bambina. « Ecco, tieni » le disse, increspando gli angoli della bocca in un affabile sorriso, mentre si portava su un ginocchio per essere alla sua stessa altezza e le tendeva la busta.
« Grazie, signore! » Non ebbe più il sapore della “brava bambina”, quel ringraziamento, quando la piccola ebbe tra le mani il sacchetto ed ammirò il nastro che lo adornava come se non le fosse mai stato fatto regalo più bello. « Lei è un signore bellissimo e gentilissimo » lo lodò, gettandogli le esili braccia al collo e sollevandosi sulle punte dei piedi per poggiare le labbra sulle sue.
Poi, avvertendo le guance accalorarsi sino ad eguagliare la tinta che tanto le piaceva, si ritrasse e corse via, al riparo del vano della porta, dove si voltò un’ultima volta per salutarlo: « Ciao, signore: la ringrazio tanto! »
Infine lasciò il negozio e fece ritorno dai genitori, che l’aspettavano a poca distanza dall’edificio.
« Mamma, papà, guardate che bello! » esclamò, mostrando loro il fiocco che il commesso le aveva dato. « Posso sposare quel bellissimo signore gentile, quando sono grande? » chiese, speranzosa, incespicando goffamente sui tempi verbali.
« No, tesoro » ridacchiò sua madre, divertita. « Non puoi sposarlo ».
Ella, tuttavia, non vi trovava assolutamente nulla di divertente. « E perché no? » volle sapere, gonfiando le guance – adesso imporporate d’irritazione – in un’espressione imbronciata.
« Perché siete due uomini, Grell » spiegò suo padre, scompigliandogli la frangia cremisi con una delle sue mani grandi. « I maschi devono sposarsi con le femmine, non con altri maschi ».
« Allora non voglio più essere un maschio, voglio diventare una femmina! » sentenziò il bambino, incrociando le braccia al petto.
« Non puoi scegliere se essere o meno un maschietto, ma vedrai, un giorno conoscerai una bambina bellissima che ti piacerà tantissimo e che vorrai sposare più di chiunque altro » lo rassicurò sua mamma con fare conciliante.
« Io voglio sposare quel signore! » ribatté Grell, ostinato. « Essere maschi fa schifo, se non posso nemmeno sposare la persona che mi piace » sbuffò tra sé, abbassando lo sguardo sui suoi piedi e stringendo al petto la busta ornata del nastro di stoffa.

Il negozio di caramelle sembrava diventare ogni giorno più vecchio.
I muri esterni, costruiti in mattoni rossicci che gli conferivano l’aspetto d’una struttura molto antica, adesso lo facevano rassomigliare ad un uomo anziano rannicchiato stancamente su se stesso; l’insegna, una volta fissata sopra la porta d’ingresso da catene alle due estremità, ora pendeva da un lato, tanto che la catena di ferro arrugginito scendeva quasi a livello del battente, e la scritta che vi era incisa sopra, vergata con eleganti lettere dorate, era quasi totalmente sbiadita; il nome della bottega, dunque, era ricordato soltanto sul vetro che rappresentava la parte superiore della porta, dove ancora si poteva leggere Piume di Zucchero, ed il suo splendore solo nel pomello d’oro lucido.
Aveva creduto che fosse stato chiuso anni addietro o che fosse stato demolito, mentre, al contrario, nulla – se non il trascorrere del tempo – aveva inciso il suo passaggio su di esso.
Anche il campanello aveva conservato il medesimo modo di squillare, annunciando l’arrivo di nuovi clienti, quando il battente veniva dischiuso. All’interno vi erano ancora gli scaffali, posti lungo le quattro pareti – ora la vernice era scrostata e scolorita e, laddove due muri s’incrociavano, erano intrecciate le ragnatele – ed occupati dai contenitori in vetro delle caramelle, e l’antico bancone di legno chiaro, intarsiato di motivi astratti, in un angolo della stanza, altrimenti stipata d’innumerevoli altri tavoli dove venivano esposti i dolci che il negozio aveva a disposizione.
L’attenzione dell’avventore, tuttavia, era stata attratta sin dal primo momento dal commesso, dal suo fisico alto e snello, dalla pelle candida esposta dalle maniche della camicia arrotolate sino al gomito, dai capelli neri che ricadevano ai lati del suo viso giovanile, sul quale spiccavano le iridi e le labbra carnose del colore del sangue più puro.
« Buongiorno » egli l’accolse, nell’incontrare il suo sguardo con i propri occhi taglienti, con il fare assente, seppur cortese, di chi ha fatto l’abitudine a ripetere il saluto.
« Oh, sei davvero tu! » Grell incurvò gli angoli della bocca in un sorriso, godendo d’ogni minimo anfratto del giovane uomo al quale il suo sguardo curioso era in grado d’arrivare. « Non sembri nemmeno un po’ invecchiato, signore! » commentò in tono di palese apprezzamento, muovendo qualche passo nella sua direzione.
« Mi scusi? » Il ragazzo inarcò un sopracciglio in un gesto perplesso che intaccò appena l’indecifrabilità della sua espressione.
« Come? Non ti ricordi di me, signore? » Piroettò su se stesso, il giovane, affinché il commesso potesse ritrovare nelle sue lunghe gambe, sensualmente costrette nei neri pantaloni aderenti, nella vita sottile e nei fianchi, generosamente enfatizzati dallo stretto maglione rosso dal colletto alto, il ricordo di una bambina di sei anni che inaspettatamente aveva deciso di pretendere da lui il suo primo bacio sulle labbra. Poi introdusse un dito tra il proprio collo ed il nastro legato attorno ad esso per mostrarglielo. « Eppure questo me l’hai regalato tu ».
Il ragazzo l’osservò intensamente per un lungo momento ed infine affermò, monocorde: « Credevo fossi una bambina ».
« Oh, io sono ancora una bambina ». Il cliente appoggiò vezzosamente l’indice sulla bocca. « Una bambina un po’ cresciuta, » concesse, accostandosi al bancone « ma non si dimenticano le belle bambine come me, non lo sai, signore? » Agitò il medesimo dito innanzi il suo volto e condusse il braccio opposto sul fianco con fare di scherzoso rimprovero.
« Non avevo dimenticato la bambina » lo corresse il commesso. « Semplicemente non immaginavo che sarebbe cresciuta così male » precisò, accompagnandosi ad un cordiale sorriso sardonico.
Grell si sporse oltre il ripiano di legno che si frapponeva fra loro e lasciò che una mano vi vagasse distrattamente sopra, sino a sfiorare una delle sue con la casualità d’un attore consumato. « Non ti piacciono le ragazze trasgressive? » lo provocò, inclinando il capo da un lato, di modo che alcune ciocche scarlatte scendessero lascivamente sugli occhi verdi, interponendosi fra essi e le lenti degli occhiali dalla montatura cremisi.
« La ribellione è solitamente sintomo di immaturità e debolezza: dunque, no » replicò il ragazzo nel distorcere le labbra nell’ombra d’un sogghigno velenosamente canzonatorio, pur senza sfuggire alle dita che toccavano le proprie.
« Oh, capisco, » mormorò il giovane in tono insinuante, disegnando con calcolata lentezza dei cerchi immaginari sulle sue nocche « devi essere uno di quegli uomini tanto affascinanti che si sprecano ad andare dietro alle ragazze banali e senza personalità. Questo non va affatto bene, signore ».
« Ciò significa che non rientro fra le tue sfortunate prede? » Il suo interlocutore inarcò un sopracciglio, unico segno della speranza che nutriva.
« È che sei troppo bello per lasciarti andare con la prima, insulsa sciacquetta acqua e sapone che arrossisca innanzi il tuo splendore: sarebbe crudele da parte mia » sospirò il cliente, portando una mano al cuore nell’atto di concludere con la melodrammatica battuta che gli avrebbe garantito gli applausi del pubblico. « In particolare perché ho la possibilità di farti cambiare idea ».
« Non credo ». Nuovamente, il commesso lo deliziò d’uno dei suoi più affascinanti, quanto meschini, sorrisi. « Mi dispiace, ma devo chiudere: le suggerisco di venire domani » proseguì, con un repentino ritorno alle formalità pregno di sottile divertimento e gli fece un cenno con la testa in direzione della porta.
Oh, sembra che il signore voglia giocare.
Grell arcuò gli angoli della bocca in un ghigno. « Come vuoi, signore: verrò a farti visita di nuovo domani, quando avrai un po’ più di tempo per me » promise. « Non ti dimenticare di nuovo di questa bella ragazza, altrimenti mi offenderò! » scherzò, soffiandogli un ultimo bacio prima di uscire dalla bottega.
Il ragazzo si limitò a scostarsi, sottraendosi all’effusione a distanza che gli era stata offerta.
« Sei rimasto lo sciocco presuntuoso d’allora, Grell Sutcliffe » puntualizzò tra sé, socchiudendo gli occhi rossi. « In realtà sei stato tu a dimenticarti di me ».

« Hm, » mi leccai le labbra, con quel comportamento compiaciuto che tanto ti nauseava « questo mi è piaciuto molto. Perché non lo fai di nuovo, Sebastianuccio caro? »
« Hai ottenuto quel che desideravi, non è così? » Tu mi ignorasti totalmente e parlasti con quella tua voce così sensuale, eppure tanto fredda da congelarmi il cuore che non avevo. « Adesso ti chiedo di andartene: mi hai tediato a sufficienza con le tue sciocche persecuzioni, Grell Sutcliffe ».
« Ma mi hai baciato! » protestai, piccato. « Il bacio è il simbolo dell’amore: è assolutamente vergognoso che un gentiluomo baci una damigella alla quale non è interessato! »
Non avevo bisogno di guardare il tuo bel viso per sapere che mi avevi assecondato soltanto perché non intralciassi lo svolgimento dei tuoi doveri di “perfetto maggiordomo”, tuttavia illudermi mi piaceva: adoravo il tremito che mi attraversava la schiena quando mi scoccavi una delle tue occhiate disgustate, l’eccitazione che si insinuava fra le mie gambe ogniqualvolta potevo udire le tue ingiurie beffarde nei miei confronti.
Ero morbosamente attratto da te, così tanto che non necessitavo del tuo amore in cambio per sentirmi appagato: ne provavo a sufficienza per entrambi.
« Se davvero è così indispensabile per te, torna questa notte, quando il mio signorino si sarà coricato ed io avrò terminato di adempiere ai compiti che mi spettano » mi suggeristi con il consueto fare superbo, come se – che io venissi o meno – non ti sfiorasse minimamente.
Ma presto cominciò a piacere anche a te, o mi sbaglio, Sebastian?

« Sei tornato presto ». Parlò senza sollevare la testa, il commesso, nell’udire lo scampanellio proveniente dalla porta d’ingresso.
« Ammettilo: hai sentito la mia mancanza, Sebastianuccio! » sentenziò Grell, trionfante.
Il ragazzo incrociò i suoi occhi verde chiaro, aggrottando la fronte. « Come sai il mio nome? »
Il cliente portò una mano alla bocca, preda d’un ricordo che intorbidì d’inquietudine le sue iridi; poi, tuttavia, improvvisamente come si era perduto nella propria irrequietezza, nuovamente assunse il fare malizioso che gli era proprio e rispose: « Intuito femminile, mio caro. Un uomo come te non avrebbe potuto avere che un nome altrettanto seducente, come Sebastian ».
« Non è molto educato per una signorina, sai, » egli fece notare « conoscere il nome di una persona e non presentarsi a propria volta ».
« Grell Sutcliffe, » declamò prontamente il giovane, regalandogli un sorriso provocante « ma tu puoi chiamarmi come preferisci, tesoro ».
« Che ne dici di “molesto”? » sogghignò il commesso.
« Che cattivo sei! » protestò Grell, arricciando la bocca in un broncio.
« Tu sei irritante, inoltre ostacoli il mio lavoro » gli rinfacciò il ragazzo in tono piatto. « Dunque, se non hai intenzione di comprare nulla nemmeno questa volta, vorrei che te ne andassi ».
« Davvero credi che sia tornato qui soltanto perché ci sei tu? » mentì spudoratamente il cliente, per quanto fosse palese il contrario. « Be’, t’informo che non è affatto così: volevo acquistare le migliori caramelle dell’intero paese » precisò, stizzito.
« Molto bene ». Sebastian indossò un paio di guanti di gomma usa e getta, stirandone con cura l’orlo lungo il polso. « Che cosa desideri? »
Il giovane picchiettò la punta dell’indice sul mento per qualche istante, assorto. « Voglio i serpenti gommosi, le labbra e i frizzy rolls alla fragola » elencò infine, indicando i contenitori l’uno dopo l’altro.
Il commesso obbedì, attenendosi alle quantità che Grell specificava meticolosamente ogniqualvolta si avvicinava ad uno dei recipienti di vetro, poi pesò la busta per determinarne il prezzo e depose in cassa i soldi che egli gli offrì.
« Arrivederci » concluse, tendendogli il sacchetto di carta.
« Come, vuoi già cacciarmi via? » finse d’offendersi il cliente, insinuando una mano nella busta per estrarne un lungo frizzy roll rosso. « Non è molto educato che un gentiluomo esorti con tanta sfacciataggine una signorina ad andarsene, sai » aggiunse, riprendendo con sarcasmo l’appunto che il ragazzo aveva puntualizzato in precedenza.
Portò la caramella all’altezza della bocca, ne mordicchiò lascivamente un’estremità e la cullò fra le labbra senza fretta, dolcemente, socchiudendo le palpebre quando la sostanza frizzante della quale era cosparsa si depositò sulla sua pelle – quasi bianca contro la carne tumida – e sulla lingua.
« Mangi in modo osceno » osservò Sebastian, aggrottando la fronte.
« Sei tu che pensi a tutt’altro » ribatté il giovane, torcendo gli angoli della bocca in un ghigno che, d’innocenza, ne aveva ben poca. « Non avrai strane fantasie su di me, Sebastianuccio? »
« Oh, ti assicuro che non hai di che preoccuparti » sorrise di rimando il commesso. « A breve, tuttavia, arriveranno altre persone » proseguì, accompagnandosi ad un sospiro drammatico quanto grondante sarcasmo « e sarebbe alquanto spiacevole per me non poterti concedere le dovute attenzioni. Posso proporti, per la prossima volta, un orario un po’ più avanzato? » Si dilettò nell’interrompersi per un lungo momento per poter godere di come l’espressione di Grell mutava in una di compiacimento e poi di frustrazione, poiché il ragazzo prolungava insopportabilmente il silenzio. « Ti consiglio di passare di sera, poco prima che il negozio chiuda ».
« Ah, ma allora è vero che non ti dispiace quando siamo io e te da soli… » Il cliente lasciò la frase in sospeso, scoccandogli un’eloquente occhiata soddisfatta nell’inghiottire con gusto l’ultimo pezzo della caramella.
« Sto semplicemente dicendo che, se è strettamente necessario rivederti, preferisco che sia quando non c’è nessuno, affinché la tua presenza scomoda non sia d’intralcio al mio lavoro » lo freddò Sebastian con rinnovata indifferenza.
« Sai, non dovresti essere sempre tanto indisponente nei confronti d’una bella signorina interessata a te: è un vero peccato, considerato il tuo sorriso sensuale » commentò il giovane, sfiorandogli leziosamente il naso con la punta dell’indice. « Ci vediamo più tardi, tesoro: ti prometto che non mancherò al nostro appuntamento romantico! »
Il commesso inarcò le sopracciglia in direzione della porta che si chiudeva silenziosamente.
… appuntamento romantico, dici?
Come giurato nel nome del suo romanticismo distorto, Grell era tornato poco prima dell’orario di chiusura. La stessa sera, la seguente e quelle dopo ancora.
Cinguettava le sue patetiche odi all’amore di una fanciulla dal cuore puro per il suo amato, bellissimo principe – come i personaggi delle fiabe che tanto affascinavano il suo animo infantile –, sebbene poi i suoi reali, ben più maliziosi intenti trasparissero palesemente dagli sguardi lascivi che accompagnava alla sua voce dall’esacerbata, appassionata acutezza nel cantilenare le sue nenie.
Così preso da quell’attrazione che sfrontatamente apostrofava come amore, non si avvedeva degli occhi scarlatti di Sebastian che l’osservavano quasi per scavargli nel cuore, discreti come zucchero che si scioglieva nei sogni dello stravagante cliente.

Devo confessarlo, ti trovavo una piacevole distrazione dalla monotonia.
Come tu mi offrivi ogni singolo centimetro del tuo corpo, come ti prestavi a soddisfare ogni mio desiderio, anche quello più osceno o quello che più ti avrebbe arrecato umiliazione, come obbedientemente tornavi da me ogni sera, per quanto fossi consapevole che ciò che avresti ricevuto in cambio dei tuoi sforzi di compiacermi sarebbe stato il mero, avvilente essere sgarbatamente sospinto contro la parete della mia camera da letto affinché potessi far uso di te come avrei potuto con una qualsiasi prostituta, nessuno l’aveva mai fatto.
Mi vedo costretto a concedertelo, ti trovavo interessante.
Mi divertiva che, malgrado le innumerevoli notti trascorse insieme, tu ancora ti ostinassi a pronunciare quei ti amo così inappropriati ad una relazione che non era realmente degna di chiamarsi in questo modo.
« Oh, Sebastianuccio, » mi sussurrasti quella volta « fare l’amore con te è meraviglioso! »
Tu definivi “fare l’amore” quel che io a stento riconoscevo come connubio dei nostri corpi.
Forse davvero, almeno in parte, mi amavi parimenti quanto declamavi.
Perché tu accettassi una circostanza tanto infamante, altrimenti, davvero non ero in grado di comprenderlo.
« Fare l’amore? » ripetei con una punta di ironico disprezzo. « Noi non facciamo l’amore, Grell Sutcliffe: non mascherare un rapporto puramente carnale quale il nostro con l’amore che lega due compagni di vita ».
Quel che non capisco mi infastidisce, come una chiazza di sporcizia sulla superficie lucida d’una scarpa nuova. Che cosa sia questa avversione, se presunzione o semplice preferir non vedere ciò che non sono in grado di spogliare d’ogni segreto, sino ad avere in mano le sue debolezze e poterlo distruggere con semplicità, non saprei affermarlo con certezza.
So che mi dilettava infrangere ogni tua illusione di un qualcosa che non comprendevo.

« Perché mai tanto silenzio? » volle sapere Sebastian, squarciando l’assenza di suoni che condividevano dacché Grell aveva varcato la soglia del negozio.
Il cliente si era limitato ad accostarsi al bancone, tamburellandovi una mano sopra, e ad osservarlo; in principio il commesso l’aveva trovato ben più tollerabile del solito ed aveva seguitato ad occuparsi dei preparativi per la chiusura notturna, sino a che l’insistenza dello sguardo confuso del giovane sulla sua schiena non aveva cessato di divertirlo.
« Riflettevo » egli rispose, all’apparenza come riprendendosi d’improvviso da un incubo, nell’avvolgere giocosamente una ciocca cremisi attorno ad un dito. « Sei un così bell’uomo, eppure non so nulla di te, se non il tuo nome. Non conosco il tuo cognome od il tuo passato, non so nemmeno dove abiti… o che cosa tu possa pensare di me » proseguì, insinuante, seppur senza incrociare i suoi occhi.
Il ragazzo scrollò le spalle, terminando quanto stava facendo per concedergli l’intera sua attenzione. « Nemmeno io so poi molto di te » obiettò in tono piatto.
« Io sono una bambina prudente » affermò Grell con finto candore. « Non racconto di me ad uno sconosciuto, per quanto affascinante, che potrebbe essere un ragazzo cattivo » sogghignò in seguito.
« Credevo tu fossi una “ragazza trasgressiva” » gli ricordò Sebastian, enfatizzando sarcasticamente l’appellativo che il cliente si era autonomamente conferito.
« Eppure tu mi avevi detto che le ragazze trasgressive sono le più deboli » egli fece notare di rimando, portando un dito a sfiorarsi ingenuamente le labbra appena dischiuse ed accostando il proprio volto a quello del commesso. « Forse, in fondo, sono una bambina timida ed insicura ».
« Non affermavi – soltanto poco tempo fa – che queste caratteristiche sono insulsi sintomi d’una totale assenza di personalità? » gli rinfacciò nuovamente questi, incurvando gli angoli della bocca in un sorriso sardonico, pur senza scostarsi.
« Probabilmente è a causa del mio amore per te che sono tanto cambiato » suggerì il giovane. « Tu mi fai battere forte forte il cuore, Sebastianuccio » mormorò a fior di labbra, fingendo il tono impacciato d’una ragazzina preda della sua prima infatuazione.
Il ragazzo studiò in silenzio la sua bocca che si schiudeva nel muto desiderio di potersi congiungere con la propria – era una così brava attrice, Grell Sutcliffe, eppure le sue più intime ambizioni, quelle che più d’ogni altro aspetto del suo carattere avrebbe dovuto nascondere perché la sua interpretazione fosse perfetta, si palesavano con chiarezza agli acuti occhi scarlatti di Sebastian.
« Non dovresti lasciarti attrarre dai presunti “ragazzi cattivi”: potrebbe essere molto pericoloso per una signorina – per quanto presunta a sua volta » commentò con fare beffardo.
« Oh, lo so, » ammise il suo cliente, avvedendosi soltanto per metà del proseguire della loro conversazione, oramai totalmente rapito dal movimento delle sue labbra, innaturalmente cremisi contro la carnagione tanto pallida « ma come potrei sfuggire al tuo fascino? »
« Sa, signorina, lei è una continua contraddizione » sogghignò il ragazzo, infine adeguatamente soddisfatto dell’umiliante mortificazione che costringeva il giovane a subire nel seguitare a rifiutarsi di assecondare le sue mute suppliche tinte di lussuria.
Poi affondò una mano fra i suoi capelli, sino ad arrivare alla loro radice, sulla nuca, dove ne fece uso, afferrandoli imperiosamente, per imporgli d’avvicinare il volto al proprio e poter affermare il proprio dominio su quella bocca che tanto agognava la propria: le labbra baciarono la carne delle gemelle, i denti ne saggiarono la tenera consistenza e la lingua scivolò sinuosa a coinvolgere la compagna in un’umida unione di muscoli e saliva – incuranti del respiro di Grell che si spezzava nel tentativo di sostenere quel ritmo soffocante.
Infine Sebastian si ritrasse, sorridendo ai verdi occhi indignati che incrociarono i suoi.
« Avresti potuto essere più gentile con una bambina inesperta che si è così garbatamente prestata ad accogliere i tuoi desideri! » gli fece notare il cliente in tono accusatorio.
« Mi stai ascoltando, Sebastianuccio? » aggiunse, stizzito, quando il commesso, senza degnarlo che d’un’occhiata distratta, quasi fosse parte del mobilio – ed il ragazzo era ben consapevole di quanto egli si irritasse se non gli veniva concessa la dovuta considerazione –, si accostò alla porta d’ingresso, vi introdusse la chiave e fece scattare la serratura.
« Sì » rispose poi, volgendosi nuovamente a guardarlo, ad imprigionarlo laddove si trovava con quelle sue conturbanti iridi rosse. « Ti lamentavi del mio poco garbo, » precisò, impercettibilmente piccato, nel muovere alcuni passi nella sua direzione « eppure non ne vedo la ragione, considerata la mia cortesia nell’ospitarti in casa, per questa notte ». Ed ammiccò ad un secondo battente in un angolo della stanza, stringendo le dita attorno ad uno dei suoi polsi sottili ed attirandolo contro di sé.
Il giovane fremette e socchiuse le palpebre mentre la mano gemella di Sebastian scendeva lungo il suo corpo, sino alla coscia, e vi imprimeva il proprio calore attraverso la sottile stoffa dei pantaloni. « Sii buono con me: te l’ho detto, sono ancora una ragazzina inesperta ».
« Una contraddizione continua » ribadì il commesso, derisorio, allontanandosi nuovamente – senza tuttavia lasciar andare il suo braccio – per scortarlo in direzione della porta anticipatamente indicata.
E Grell si affrettò dietro di lui parimenti Alice con il Coniglio Bianco.
Precipitando nella tana del Nero Corvo.

Come fosse arrivato in quella camera da letto, il giovane lo rammentava a stento.
Ricordava vagamente d’aver attraversato, avvolto dai fumi mefitici d’un sogno, una rampa di scale immersa nell’oscurità, un ingresso ed un corridoio spogli del minimo ornamento – non un quadro, un mobile, una tinta sulle pareti che fosse diversa dal biancore sporcato da anni di mancato rinnovo della vernice – ; e poi Sebastian l’aveva disteso sul materasso e v’erano stati soltanto la sua bocca affamata sulla pelle, le sue mani che si impossessavano d’ogni singolo centimetro del suo corpo, i suoi occhi scarlatti che, immobili ed indecifrabili, lo avevano guardato.
Quegli occhi, che più dei baci l’avevano privato del fiato, quelle pupille statiche – che non avesse mai nemmeno battuto le palpebre? Non avrebbe saputo dirlo –, che più delle carezze l’avevano fatto tremare, quelle iridi cremisi ottenebrate da un’emozione più profonda e torbida del semplice piacere, che più del seme del ragazzo dentro di sé l’avevano trascinato oltre il precipizio che conduceva all’orgasmo. Quello sguardo tanto familiare nel quale si scioglieva lo zucchero che componeva i suoi sogni.
« Non sei affatto una bambina inesperta » commentò distrattamente Sebastian, adagiato sopra di lui ed all’apparenza concentrato soltanto sulla ciocca scarlatta che stava avvolgendo attorno all’indice.
« Be’, forse non del tutto » concesse Grell, accompagnandosi ad un vago sogghigno. « E adesso che tu hai appreso qualcosa di me, è il tuo turno di raccontarmi di te » aggiunse, scaltro.
« Mi sembra di averti mostrato dove vivo » fece notare il ragazzo con eloquenza.
« Oh, ma la tua casa è così vuota ed impersonale! Non mi dice nulla di te! » protestò capricciosamente il giovane, gonfiando le guance in un’infantile espressione infastidita.
« Non che sapere che non sei inesperto mi chiarisca qualcosa su di te » obiettò Sebastian, asciutto.
« Un gentiluomo non dovrebbe tentare di carpire i segreti di una signorina con espedienti tanto meschini, in particolare se quest’innocente fanciulla non sa nemmeno chi lui sia » lo rimbeccò Grell in un borbottio a mezza voce.
« Non ti piacerebbe saperlo » l’avvertì il ragazzo, distendendo le labbra in un sorriso tetro quanto enigmatico. « Una signorina non dovrebbe conoscere gli aspetti più pericolosi di un gentiluomo ».
Le palpebre del giovane si socchiusero sugli occhi verdi, d’improvviso scintillanti di morbosa curiosità. « Oh, lo sai che sono una bambina tanto curiosa » pigolò, artificiosamente affettato. « Non puoi nascondermi qualcosa di così interessante! Suvvia, credi che lo rivelerei a qualcun altro? »
Sebastian inclinò la testa da un lato, di modo d’essere all’altezza del suo orecchio, e vi soffiò all’interno, con il palese intento d’impedire successive domande: « Le svelerò che la osservo da più tempo di quanto lei possa immaginare, signorina ».
Grell ignorò il lugubre istinto che gli aveva riportato alla mente quella medesima voce, quello sguardo divertito e quella bocca contro la conchiglia di tenera carne del lobo, che gli sussurrava parole che non era in grado di ricordare in un sogno sfilacciato e sentenziò, ostentando un tono beffardo ed un sorriso, malgrado il reale turbamento e la smorfia inquieta che gli si dipingevano nei gesti forzati: « Sapevo che eri profondamente attratto da me, ma non credevo tanto da seguire ossessivamente la mia crescita! Quella tua mente perversa non avrà goduto del bacio casto di quella bella bambina, Sebastianuccio? »
Il ragazzo rise al suo orecchio. D’una risata senza gioia e senza crudeltà, intrisa della più pura indifferenza, tanto priva d’emozioni da apparire inumana. « Sei davvero fantasioso » lo smentì con semplicità.
« Probabilmente nel subconscio avevo avvertito la tua presenza che mi perseguitava ed ora invadi i miei sogni ogni notte! Hai traviato il mio cuoricino candido, Sebastianuccio! » l’accusò, apparentemente senza dargli ascolto, forse nella speranza di trovare conforto lontano da quelle sue risa tetre.
Sebastian sorrise nel percepire l’irrequieta incertezza nella sua voce e nei suoi movimenti.
Che il timore consumasse pure il suo cuore: lui era interessato a qualcosa di ben più intimo e prezioso.

Invidiavo il potere che quel moccioso esercitava su di te.
Era sufficiente che pronunciasse il tuo nome con quel suo tono spocchioso e tu accorrevi prontamente a soddisfare ogni suo capriccio.
“Sebastian questo”, “Sebastian quello”, e per te non esisteva più nient’altro.
Non i tuoi pensieri, non la tua vita, non il tuo orgoglio di demone… non io.
Mi chiedevo che cosa avesse che a me mancava, tanto da supporre che potessi avere una qualche deformazione oscena nei confronti dei ragazzini. E tuttavia al tempo stesso ne ero perfettamente consapevole: lui aveva quell’occhio colorato che legava la sua autorità al dorso della tua mano, laddove era inciso il pentacolo del vostro Contratto.
Non avevo mai odiato nessuno come odiai Ciel Phantomhive: avrei voluto ucciderlo, bere il suo sangue, offrirti la sua anima, che tu tanto bramavi, e farti mio per l’eternità.
Sarebbe stato così semplice introdursi nella sua camera da letto, così appagante ammirare il suo sguardo assonnato e smarrito quando la dolce voce della mia motosega l’avesse destato, così profondamente eccitante affondare le lame della mia adorata Falce nel suo cuore sussultante ed ascoltarlo fermarsi.
Eppure vennero prima quel tuo mormorio, il mio sgomento e poi il terrore.
« Yes, my Lord » avevi sussurrato.

« Di’ la verità: sei innamorato di me » tentò di convincerlo a confessare, accomodato sul bancone, dondolando distrattamente le gambe parimenti un bimbo sull’altalena.
Sebastian indirizzò un’occhiata di penetrante fastidio alle sue scarpe che cozzavano ritmicamente contro il legno levigato. « Oh, credimi, » replicò con decisione « non è affatto così ».
« Nemmeno un pochino? » sorrise Grell.
« Non esiste neanche la vaga possibilità che io provi qualcosa per te » ribadì il commesso in tono piatto. « Ti accolgo in casa e nel negozio per un unico motivo – e non è amore, te lo assicuro ».
« Potrei sempre lavorarci un po’ su » commentò il cliente, fiducioso. « Per il momento, il mio amore sarà abbastanza per entrambi ». Si tese nella sua direzione, allungando le braccia nella palese richiesta d’un abbraccio, tuttavia il ragazzo si scostò.
« Il tuo non è amore, Grell Sutcliffe » lo corresse freddamente. « Tu torni da me per la mia stessa ragione… e perché non hai altro posto dove andare ».
Il giovane s’irrigidì ed inaspettatamente il suo tono si acquietò, maggiormente cauto. « Non capisco di che cosa tu stia parlando » mentì, ostentando il consueto sorriso arrogante.
« Ah, no? » Sebastian condusse l’indice a sfiorarsi il mento con fare pensoso. « Davvero strano. Eppure ti somigliava molto, quella signorina dai capelli rossi e le mani sporche di sangue che ho visto qualche sera fa… »
« Sporca di sangue? » Grell scoppiò a ridere. « Per quanto il rosso possa affascinarmi, io non ho ucciso nessuno: non hai di che preoccuparti, Sebastianuccio! »
« Hai ucciso quella povera ragazza venuta qui alcuni giorni fa » lo contraddisse il commesso, afferrando il suo mento affinché fosse costretto a sostenere il suo sguardo. « Tu sei pazzo, Grell Sutcliffe: quanti altri ne hai uccisi prima di lei? È per questa ragione che non torni a casa? »
Improvvisamente com’era cominciata, la risata del cliente si spense. « Se l’è meritato! » affermò, distendendo i lineamenti in una smorfia intrisa d’odio. « Non hai visto come ti guardava?! Quella… ma chi diavolo pensava di essere? Credeva di poter avere la precedenza con te soltanto perché ha la possibilità di avere figli che a me, al contrario, è preclusa? »
Poi gli angoli della bocca si tesero ad un’angolazione innaturale, gli occhi si sgranarono, tanto grandi che l’iride verde sembrò invadere lo spazio della cornea e della pupilla ridotta ad una sottile linea nera, e la lingua scivolò ad accarezzare le labbra increspate in un ghigno di profondo, morboso piacere. « Avresti dovuto ammirare il suo corpo squartato immerso in una pozzanghera cremisi! Soltanto allora, glielo devo concedere, era davvero bellissima! Oh, e non puoi sapere quanto fosse dolce il suo sangue! »
Il ragazzo non si scompose dinanzi la crudele eccitazione che scorgeva in ogni suo gesto per l’atto spietato che aveva compiuto. « Quanti altri? » ribadì la domanda, monocorde.
Il giovane rise d’una risata ben più acuta della precedente, assurdamente esacerbata dalla soddisfazione e dall’entusiasmo dei quali era intrisa. « Qualche altra banale sgualdrinella che voleva paragonarsi a me » rispose, vago, scrollando le spalle. « Forse negli ultimi tempi sono stato un po’ troppo imprudente ed è meglio che non rimanga a casa mia troppo a lungo, sai… Non vorrei mai farmi sorprendere da una visita inaspettata dei signori poliziotti ». Infine, in seguito ad un istante di silenzio, concluse: « Sei contento, Sebastianuccio? Hai conosciuto il mio lato più rosso ed ora io voglio conoscere il tuo! »
Sebastian sorrise. « Avevi ragione: sei proprio una bambina curiosa » commentò, cingendogli le cosce con le dita; lo attirò contro il proprio petto, permettendogli di avvolgere le gambe attorno alla propria vita, ed accostò il volto al suo. « Sebastian Michaelis » sussurrò, nella prima autentica presentazione di se stesso della quale l’avesse mai degnato, e si impossessò della sua bocca: vi introdusse la lingua, ne morse e succhiò la carne, sempre più dentro di lui, oltre ogni confine che potesse esistere.
Al di là della pelle, delle ossa, dei muscoli, degli organi, sino alla sua anima.

« Sebastian, uccidi Grell Sutcliffe » aveva ordinato il mio signorino.
Ti avevo avvertito di non presentarti, quella notte: non nego che mi avrebbe irritato dovermi privare del mio unico svago.
E, tuttavia, tu eri così infantilmente geloso di quel ragazzino.
Credevi forse che non ti amassi a causa sua?
Io non ho mai amato, Grell Sutcliffe: non fa parte della mia natura. Il mio era semplice desiderio di scacciare la noia e godere del piacere fisico che potevo trarre dall’unione dei nostri corpi.
E nemmeno tu, in fondo, avevi mai amato me: continuavi a mentire agli altri e a te stesso definendo “amore” la perversa passione che nutrivi nei miei confronti.
Eppure non posso negare che mi piacesti davvero, forse per la prima volta dacché ci eravamo incontrati, mentre ti uccidevo: quel giorno condivisi il tuo parere a proposito della bellezza che un mortale – od un mezzo Dio – acquista nella morte.
La tua espressione incredula, il tuo corpo che cedeva e si accasciava contro di me, il tuo sangue…
Se avessi avuto un’anima, devo ammettere che l’avrei desiderata profondamente.
Lo chiameresti amore, questo?
Se è così, forse ti amai davvero, nell’obbedire a quell’ordine.

Inaspettatamente Sebastian arretrò, urtando contro una lama fredda ed affilata che gli sfregiò la nuca. Sentì il sangue caldo e vischioso sulla schiena.
« Non ti piace baciarmi, Sebastianuccio? » lo schernì Grell, stringendo le gambe attorno al suo bacino per impedirgli di sfuggire alla motosega che aveva deposto sulla sua spalla, di modo che le lame gli sfiorassero sinistramente il collo.
« Non sei un essere umano » osservò il ragazzo. « Eppure avresti dovuto essere morto ».
« In realtà, non è esattamente così » rettificò lo Shinigami. « Mi avevi quasi ucciso, sì; quasi ». Sogghignò, esibendo i denti aguzzi in un’espressione divertita. « Povero, caro Sebastianuccio: avevi intenzione di nutrirti della mia anima, non è vero? Credevi che fossi rinato come mortale, mentre io non sono mai nemmeno morto. Ti ho fatto una bella sorpresa, non trovi? Solo e soltanto per te, per poterti fare a pezzi con la mia bella motosega! »
Il demone accennò un affabile sorriso canzonatorio. « Sì, mi vedo costretto a concederti che non me l’aspettavo. Come hai fatto? » Valutò attentamente come porre le sue domande affinché provocassero l’ego del Dio della Morte come desiderava. « Dopotutto, tredici anni fa avevi l’aspetto di un bambino di sei anni e i mietitori, per quel che ne so, non crescono come gli esseri umani ».
« Acuto come di consueto, Sebastianuccio! » si complimentò beffardamente il mezzo Dio. « Non è stato semplice: ho dovuto convincere Will a permettermi di far uso dello spirito di un bambino, del quale ho adeguatamente modificato i geni affinché il suo carattere somigliasse al mio quanto bastava: questo, com’è ovvio, non l’ho detto al caro William – sai, è proibito fare questo genere di cose alle anime, dal momento che sono ancora in fase di sperimentazione e potrebbero avere degli… effetti collaterali ». Simulò una pausa carica di trepidazione – incapace, come Sebastian aveva previsto, di trattenere il proprio orgoglio – e riprese: « Ho inserito il nuovo spirito nel corpo di un bambino e ho creato i suoi genitori nel medesimo modo. Volevo che tu ti illudessi di avermi ritrovato nella mia seconda vita e che fossi attratto da questa stravagante coincidenza tanto da decidere di appropriarti della mia anima quando fossi “cresciuto”. Ho dovuto aspettare diciannove anni perché tu venissi a sapere della mia “rinascita” e ti stabilissi poco lontano da casa mia, in questo negozio, di modo d’incontrarmi inevitabilmente, e per arrivare, infine, ad oggi, ma ne è valsa la pena. Astuto, che cosa ne dici? »
« Modifiche ai geni delle anime? » ripeté il ragazzo, all’apparenza nient’affatto impressionato. « Lo trovo ripugnante: per ottenere la tua vendetta hai sacrificato senza indugio quei tre spiriti agli effetti collaterali di simili sperimentazioni? »
« A chi vuoi che importi del destino di qualche anima insignificante, quando c’è la possibilità di eliminare un divoratore di spiriti? Hai idea di quante anime in più gli Shinigami riescano a mietere per ogni demone che viene ucciso? » ribatté Grell, agitando con noncuranza la mano libera. « Inoltre, affinché potessi portare a termine questo mio progetto, Will mi ha anche restituito la mia adorata Falce! » aggiunse, premendone la lama d’acciaio contro la pelle del demone.
« Anche se temo che in questo modo non sarò più il benvenuto nel tuo letto… » commentò, improvvisamente pensoso. « Che peccato » ghignò infine, lugubre.
« Bye bye chu, tesoro! »
E la motosega manifestò brontolando la propria sete di sangue.

Quell’unico istante d’amore che mi concedesti fu sufficiente per i successivi centoventi anni, durante i quali il mio si perpetuò incessantemente.
Oramai, tuttavia, non mi soddisfaceva più.

« Guarda, guarda! » Parimenti un bambino che mostra alla sua mamma uno scarabocchio del quale va molto fiero, Grell allungò ad Undertaker il sacchetto di carta rigonfio.
Il becchino lo prese, travolto dall’entusiasmo dello Shinigami, e ne sbirciò il contenuto.
Non fu in grado di trattenere una risata tetra. « Credevo che dovessero esservi riposte le caramelle che tanto piacciono agli umani, » fece notare, ammiccando in direzione della busta « non le teste dei demoni che ammazzi ».
« Ma sì, » scrollò le spalle il Dio della Morte, addentando voracemente un frizzy roll sottratto al negozio « non ho trovato niente di meglio da usare: si sporcherà di zucchero, niente di più ».
« Com’è stato? » volle sapere il Leggendario Mietitore.
« Oh, è stato così dannatamente eccitante! È stato… »
« No, » l’interruppe sorridendo Undertaker « non com’è stato ucciderlo. Com’è stato farlo pur sapendo che, in passato, lui ti aveva risparmiato. Sei perfettamente cosciente del fatto che, quel giorno, tu rimanesti in vita perché fu il signor demone a volerlo e che, se non avesse assecondato i tuoi capricci, non avresti mai potuto ammazzarlo, non è così? »
« Non mi uccise soltanto perché voleva continuare a divertirsi! » obiettò Grell, irritato. « Avresti dovuto vedere la sua espressione contrariata, quando sono fuggito! Si meritava mille, no, diecimila volte la fine che ha fatto! »
Undertaker si limitò a ridacchiare. Probabilmente perché, sebbene lo Shinigami tentasse di nasconderlo dietro una maschera di rancore, conosceva bene la sorta di gioco perverso che si stava svolgendo da secoli fra lui e Sebastian e che tanto divertiva il folle Dio della Morte.
Inoltre, per quanto il mietitore potesse impegnarsi, non avrebbe mai potuto ingannarlo con un cadavere falso.

« Eppure gliel’avevo detto, che avrebbe dovuto prestare attenzione a non sporcare » commentò fra sé Sebastian, studiando gli abiti stracciati e lerci di sangue indossati dal suo riflesso nello specchio. « Dovrebbe essermi più riconoscente ». Si passò le dita fra i capelli scuri unti di linfa vitale rappresa nel vano tentativo di ravviarli e sospirò, infastidito.
In ogni caso, sapeva che non avrebbe rinunciato a quella recita che aveva lui e Grell nel ruolo di protagonisti: quel rincorrersi attraverso i secoli, godendo l’uno dell’altro ed uccidendosi – quasi – a vicenda come lo Shinigami aveva espresso il desiderio di fare nel lontano 1889, era un’appagante distrazione dalla piattezza del mondo umano.
Inoltre – e, tuttavia, questa era una ragione che astutamente nascondeva forse persino a se stesso – non aveva ancora capito che cosa fosse il sentimento che legava Grell alla sua persona.

Se ora sei arrivato a quest’ultima pagina, caro Will, starai pensando che, in fondo, ti sbagliavi: ho svolto con successo il compito di uccidere Sebastian, come ti avevo promesso.
Non preoccuparti, accetto le scuse che non pronunzierai mai innanzi a me.
Adesso ti suggerisco di leggere le poche righe contenute nello scomparto segreto del diario del mio caro Sebastian: credo le troverai interessanti. Mi piacerebbe vedere il tuo viso una volta che avrai compreso, ma purtroppo temo che non ci vedremo mai più.
Un bacio,
Grell Sutcliffe

Salve, Mr. Spears.
Convengo con voi che questa mia intrusione è vergognosamente scortese, tuttavia non avevo altro modo di presentarmi a voi pacificamente e ricevere un’accoglienza egualmente pacifica.
Ad ogni modo, suppongo che ora vogliate conoscere il motivo di quest’ultima annotazione, datata il giorno successivo alla mia presunta morte.
Dunque, vi assicuro che non avete sbagliato opinione nei riguardi di Grell Sutcliffe.
Pur di soddisfare il suo capriccio di “seguitare ad amarci ed ucciderci in eterno”, mi ha offerto le anime che avrebbe dovuto mietere: presumo voi l’abbiate capito, oramai, poiché se vi siete interessato ai nostri diari – posso immaginare quanto vi abbia nauseato dover sottoporre alla vostra attenzione il diario di un verme qual sono io, Mr. Spears, dal momento che è reciproco – significa che avete scoperto qualcosa di sospetto nella lista degli spiriti dei quali conservate i Cinematic Records.
Ebbene, dobbiamo confessarci entrambi colpevoli di questo disagio, nonché dell’avervi ingannato affinché credeste che fossi davvero morto, quel giorno.
Adesso che ho dissipato i vostri ultimi dubbi, mi vedo costretto a dirvi addio.
Perdonatemi una seconda volta la scortesia di dover esprimermi attraverso un foglio di carta.
Con i miei migliori auguri per il futuro,
Sebastian Michaelis

Post Scriptum: credo d’aver ragione nel sospettare che Undertaker fosse a conoscenza di tutto.
Vi prego di porgergli i miei più sentiti omaggi.



Indubbiamente è una delle fanfictions più strane alla quale abbia mai lavorato. Una delle più macabre e perverse, ma anche una con il sottofondo più romantico, in un certo senso, sempre che voi abbiate il romanticismo distorto che evidentemente ho io; poiché, altrimenti, non riuscirete a vedere questo "sentimento", quasi, che lega Sebastian e Grell.
Se non fosse chiaro, sin dall'inizio, la fanfiction è stata tutta una recita: è quasi nonsense, proprio perché volevo mantenere quest'aura di mistero e lasciare un po' la comprensione al lettore e non tanto spiegando tutto per filo e per segno; e, nell'introduzione, "what if...? della saga di Jack the Ripper" indicava il fatto che dalla frase di Grell - "Vorrei che l'alba non sorgesse mai [...]", cioè quella dell'amarsi ed uccidersi insomma - è partito il gioco che si perpetua durante la storia, mentre quel "vita non del tutto mortale" si riferisce al fatto che inizialmente sembra che Grell sia mortale - ed anche bambina, in realtà XD -, mentre poi si rivela tutt'altro.
Quanto all'apparizione di Undertaker, be': io adoro Undertaker. Mi fa sempre morire dal ridere, qualsiasi cosa faccia: rido di lui persino nelle mie stesse fanfictions. Eppure è un personaggio straordinariamente acuto e mi sembrava perfetto per la parte del silenzioso testimone. William... oh, be', credo che a questo punto William abbia il nome al primo posto nella lista delle anime da mietere, ma che ci posso fare io?
Vi sarò grato se vorrete lasciare un commento, signori.
... oh, quasi me ne dimenticavo: tanti auguri a me stesso, anche se la data sarebbe 14 giugno - ma vabbé.
Chu.
  
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