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Autore: LarcheeX    12/06/2010    5 recensioni
Aveva rotolato per una scalinata lunga. Se ne era accorto ora che si era fermato, tutto ammaccato, ai piedi di una scala. Era disteso per terra, incapace di alzarsi per il dolore che gli era stato provocato da quella caduta. Non voleva aprire gli occhi. Aveva paura. O forse l’avrebbe avuta se avesse posseduto un cuore. Non sapeva con esattezza cosa fosse successo. Provò a ricordare cosa fosse accaduto prima di essersi ritrovato lì. Il buio. Non ricordava o non voleva ricordare?
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Organizzazione XIII, Saix
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente ci sono riuscita!

Capitolo 1: Capitombolo

 

Aveva rotolato per una scalinata lunga. Se ne era accorto ora che si era fermato, tutto ammaccato, ai piedi di una scala. Era disteso per terra, incapace di alzarsi per il dolore che gli era stato provocato da quella caduta.

Non voleva aprire gli occhi. Aveva paura. O forse l’avrebbe avuta se avesse posseduto un cuore. Non sapeva con esattezza cosa fosse successo.

Provò a ricordare cosa fosse accaduto prima di essersi ritrovato lì. Il buio. Non ricordava o non voleva ricordare?

Dov’è il mio cuore? Gli ritornò alla mente la sua mano tesa verso quella pallida luna a forma di cuore. La sua mano guantata di nero che cercava spiegazioni. Perché aveva perso? Perso contro chi? Sora.

Finalmente si ricordò dei colpi del Keyblade che il ragazzo aveva inferto al suo corpo, dello stridio del Keyblade contro la sua amata claymore, le sue energie farsi sempre più deboli, più deboli…

Aveva perso e non aveva scusanti. Xemnas lo avrebbe punito per questo.

Dove sono? Pensò.

Era morto. Ora se lo ricordava. La sua mano tesa che cercava di riprendersi ciò che gli era stato rubato. Le sue energie che si facevano sempre più deboli… era svanito come gli altri incompetenti dell’Organizzazione. Era morto? E allora perché pensava?

Coraggio… dovrò aprire gli occhi prima o poi! Si disse, maledicendosi per quel timore che aveva acquistato da quando era finito in quel posto. Avrebbe pianto se fosse stato un ragazzo. Ma ora era un Nessuno. Lo era stato. Sora lo aveva ucciso. E lui aveva sentito il suo corpo svanire nel nulla, frammentandosi in mille strisce di Oscurità. Dove era finito allora?

Aprì gli occhi all’improvviso, levandosi quel peso nel petto come un cerotto da levare al più presto. Si mise a sedere. Era ancora vestito con il cappotto dell’Organizzazione, lo poteva vedere dai due lembi stropicciati che si piegavano vicino alle sue gambe. E dagli stivali.

Si alzò in piedi e si sistemò. Aveva conservato il suo magnifico aspetto anche da morto. Era ancora un Nessuno alto e magro, con i capelli turchini lunghi fin sotto le spalle, gli occhi dorati, le orecchie a punta e una cicatrice a forma di X sul naso. Gliel’aveva procurata un gattaccio di strada quando era ancora un umano. Era uno dei ricordi più forti che aveva conservato. Era stato molto doloroso.

Saïx. Questo era lui. O almeno lo era stato, dato che per il resto del mondo era morto.

Dove sono? Si chiese ancora una volta. Era in un luogo completamente bianco da cima a fondo, non come il Castello dell'Oblio, ma ancora più splendente. Tutto era talmente bianco che neanche la sua vista acuta riusciva a stabilire quale fosse il pavimento sul quale stava in piedi, immobile, e i muri. Tutto sembrava il cielo o tutto sembrava il pavimento. Era strano trovarsi in un luogo che la sua fredda logica non riusciva a percepire. Aveva sempre analizzato tutto e capito tutto quello da capire, e ora la sua testa non riusciva a trovare né capo né coda di quel posto. Provò anche a sfilarsi i guanti per provare a tastare il pavimento, ma anch’esso era così indefinito che avrebbe potuto essere plastica, legno, marmo o metallo o qualsiasi altra cosa.

Provò anche a muovere qualche passo incerto su quella superficie, ma non ci riuscì e cadde a terra con un bel botto, che avrebbe potuto risuonare nel luogo in cui si trovava e potrebbe non averlo fatto. O forse era risuonato e non era risuonato. Si rialzò in piedi, cercando di non dare voce al bollore frustrante che aveva cominciato a rodergli il cervello. Chissà perché non riusciva a camminare per bene. O era colpa della superficie su cui appoggiava o quel bastardo di Sora lo aveva colpito più di quello che aveva sentito. Non era colpa sua… quando era in bersek non riusciva a controllarsi più di tanto.

Mosse ancora un passo e finalmente riuscì a reggersi in piedi. E comunque dove poteva andare in un luogo tutto uguale? Non poteva nemmeno orientarsi.

Chissà se il resto dell’Organizzazione si trova qui come me… pensò. Ora l’Organizzazione contava undici membri morti, uno fuso col Nemico, e uno vivo che lottava disperatamente per il suo cuore. Il suo Sir. Almeno sperava che lui riuscisse a riconquistare il maltolto. Anche lui voleva indietro il suo cuore, ma evidentemente non era degno, e ora c’era il suo Sir tutto solo. Xemnas era la persona a cui era legato di più. Quando era stato appena trasformato in un Nessuno era quello che lo aveva trovato ed era quello che lo aveva accolto. Avrebbe potuto amarlo se avesse avuto un cuore. Avrebbe potuto amarlo…

Ora era tutto perduto. Il suo cuore, il suo Sir, la sua seppur misera vita, Kingdom Hearts… e non era giusto.

Si voltò per verificare che fosse davvero tutto così bianco, e riuscì a distinguere, tra il candore, una scala in tinta con il resto della quale riusciva a scorgere solo le prime decine di gradini, mentre gli altri sembravano svanire verso l’alto. Cominciò a salire sulla scalinata, e poi si ritrovò a correre, disperato, sempre più su, sempre più su…

Dopo quelle che parvero ore si ritrovò sull’ultimo gradino e davanti a lui si ergeva un’ enorme porta: era tutta d’oro, alta almeno due volte lui, con le maniglie dorate e lucide. Aveva le ante lisce, tanto che avrebbe potuto specchiarcisi, solo, all’altezza degli occhi, era incisa una frase:

NESSUNO che varchi questa soglia sappi che non puoi tornare indietro. Abbi CUORE per uscire.

Era una frase molto stupida e senza senso.

Abbassò la maniglia, ma non appena la porta scattò in avanti per aprirsi, si richiuse con un boato e fu scaraventato giù dalle scale, come poco tempo prima. Evidentemente quando era morto era passato per quella porta.

Ripiombò sulla fredda superficie più ammaccato di prima. Non riusciva nemmeno a reggersi in piedi, e evocò la sua claymore per usarla come supporto mentre camminava.

Non sapeva dove sarebbe andato, ma ora che era morto avrebbe spinto la sua disperazione fino ai confini di quel vuoto così bianco.

  
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