Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: ___runaway    12/06/2010    4 recensioni
Momenti di vita vissuta.
Che fanno male. Pungono sulla pelle.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tradita, delusa, illusa.
Penso che si sentisse così. No, ne sono sicuro.

Quella sera la vidi, bella più che mai. Pensavo di non incontrarla proprio lì. Appena entrai in quel locale, mi bloccai; parlava con le sue amiche, quelle amiche che aveva tanto trascurato quando stavamo insieme.

Rideva, scherzava.

Vederla felice mi sollevò il morale. Ma, allo stesso tempo, mi riempì di malinconia. Quanto l’avevo vista piangere, quanto ha pianto per me!
Cercai di evitarla per gran parte della serata, ma era inutile: anche se non lo volevo, i miei occhi la cercavano in continuazione. Speravo però di non dover mai incrociare i suoi. La paura di risvegliare le sue sofferenze era troppa.

Non si meritava questo. Né da me, né da nessun’altro.

Ero appoggiato al bancone del bar, facevo finta di ascoltare i miei fratelli che discutevano su cosa prendere da bere. Le sue amiche si sedettero poco più in là, guardandomi in cagnesco. Lei non c’era. Speravo che fosse seduta in un posto dove non potevo vederla. Ma, involontariamente, mi sporsi. Ne ero sicuro, lei non c’era. Iniziai a cercarla per tutto il locale. Era andata via? L’avevano lasciata sola? Non era un bel luogo per rimanere sola.

Con uno scatto, feci qualche passo avanti. Mio fratello mi afferrò per un braccio. Bastò uno sguardo per fargli capire tutto. Camminavo tra la folla; nessuno faceva più tanto caso a me, tutti pensavano di essere miei amici, mi salutavano, provavano ad attaccare bottone. Gli evitai con indifferenza. Tutte quelle persone che avevo sempre creduto amiche e che non ci sono mai state quando ne avevo realmente bisogno.

E l’unica, l’unica di cui avevo bisogno, l’unica di cui richiedevo la presenza non mi considerava più. Io, io e solo io l’avevo scartata, messa da parte.

Eliminata dalla mia vita senza il suo permesso.

Abbassai il capo, sentivo che stava girando tutto, la stanza, le voci mischiate, la musica assordante. D’improvviso, la mia attenzione fu catturata da un paio di tacchi neri e lucidi. Li avrei riconosciuti tra mille. Erano quelli che si metteva quando voleva essere alta almeno quanto me. Sorrisi al pensiero di tutte le volte che provava a superarmi in altezza senza riuscirci. Alzai veloce lo sguardo.
Capelli legati, occhi truccati e spenti, labbra rosse. Un sorriso vuoto le copriva il volto, privo di sentimento. Stavo per chiamarla, per dirle qualcosa, quando al suo fianco comparve un ragazzo. Subito, lei riprese vigore.

Come se fosse rinata. Non per me.

In quei pochi istanti, il mondo cadde sulle mie spalle. Un peso opprimente, soffocante. Ma migliore del dolore che quell’immagine mi aveva provocato. La presi per un braccio, la tirai verso di me.
“Cosa stai facendo?” gridai. Perché ero arrabbiato? Non avevo motivo di esserlo.
“Cosa diavolo fai tu!”. Cercò di liberarsi dalla mia presa, ma io stringevo, forse le stavo facendo male.
“Tu e quello” non riuscii a dire niente di più sensato. Il solo pensiero di vederla con un altro mi contorceva il cuore. Gelosia forse?
“Sì, io e lui. Non credo che te ne interessi qualcosa”.
“Me ne interessa e come”.
“Certo. Sono il tuo giocattolino, hai ragione. Io devo essere sempre libera per te. Per te che sei confuso, che non sai cosa provi per me, che non sai se mi ami ancora o se stai con me per abitudine” disse quell’ultima parola con disprezzo, quasi la sputò. La verità delle sue parole mi colpì in pieno petto. Lasciai la presa, consapevole di quello che stava accadendo.

Lei non c’era, non più.

Ed io? Io mio ero comportato da cretino. L’avevo fatta soffrire.
Spesso, quando siamo tormentati da un problema, tendiamo a non parlarne con nessuno. Ma questo può portare a due conclusioni: la sofferenza personale o quella della persona che ti sta accanto, che vive per te.

Il suo errore è stato uno solo: amare me molto più di se stessa.
Ed il mio? Non averlo capito.

  
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