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Autore: Mitsutsuki    12/06/2010    0 recensioni
Se c’era una cosa che odiava più del blocco dello scrittore, era la pigrizia del suo uomo-musa.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Serie: Original
Partecipante a: Tricolore Challenge - Challenge@FW.it
Prompt: Verde
Capitolo: 1/1
Contatore: Pages - 1.006 Parole
Note: Odio dover creare nuovi OC.
Disclaimers:
Eric Cooney e Eli Attaway sono sotto mio annoiato ©
La suddivisione dei paragrafi è ripresa dall’ovetto n° 5 della Caccia alla Uova.
Per tutte le informazioni sulle varie tonalità di verde, rimando all’articolo su Wiki-chan.


Vederlo disteso sul divano in quel modo indecente, una gamba in arrampicata sullo schienale e l’altra lungo la seduta, con quella tristissima giacca a quadri che Emily sembrava avergli cucito addosso il giorno in cui l’aveva lasciato, uccideva ogni suo buon proposito di mettersi a lavorare.
E certo il calendario non lo aiutava: la fatidica data di scadenza cerchiata col pennarello gongolava felice della sua inettitudine, facendosi sempre più vicina e pressante.
Si schiarì appena la voce, cercando di attirare la sua attenzione. Cosa che ottenne nell’esatto istante in cui l’aveva visto alzare una bottiglia vuota di birra a mo’ di saluto e di “me ne porti un’altra?

Eli incrociò le braccia al petto, come a significare che non si sarebbe mosso di un sol centimetro.
— Il quadro, Eric, mi avevi giurato di finirlo. —
Eric sbuffò, portando un braccio a coprire gli occhi. Il vetro della bottiglia tintinnava con ritmica regolarità sul marmo del pavimento.
— Mi manca il verde. — Si lamentò, pensando che, se mai si fosse reincarnato, avrebbe dovuto ricordarsi di non divenire mai la musa di uno scrittore.
Soprattutto se incapace di comprendere le esigenze di un artista, per quanto scarso egli sia.
— Hai tonnellate di verde nel tuo studio. — Osservò con disappunto, un sopracciglio inarcato.
Sbuffò — Mi riferivo al celadon e al trifoglio. Sono tonalità completamente diverse dal verde che vedi in studio. — Specificò, prima di notare che il sopracciglio di Eli non sembrava dare segni di volersi abbassare, fatto che lo portò a desistere con un sospiro.
— Lascia perdere. Non ho il verde giusto, d’accordo? Per cui niente verde, niente quadro. —

Rivide Eli sulla soglia del salotto una manciata di minuti più tardi, dopo che ebbe rovistato nel suo armadio ed estratto un giaccone.
Lo guardò male. Molto, molto male. La bottiglia ancora vuota stretta in mano.
— Quello è mio. — Osservò.
— Lo so. Infatti stiamo uscendo. Io e te. —
Il suo volto si fece, se possibile, ancora più scuro.
— Non ne ho voglia. —
Scrollò le spalle — Te la farai venire. Il verde che vuoi non comparirà magicamente dal nulla, pronto a colorare il grande deserto bianco sulla tela. —
Se c’era una cosa che Eli odiava più del blocco dello scrittore, era la pigrizia del suo uomo-musa.
Mentre si avvicinava tendendo allusivo il giaccone davanti a sé, Eric cercò di sotterrarsi tra i cuscini del divano. Davanti al suo insuccesso, optò per issarsi sullo schienale e rotolare dietro ad esso, nascondendosi alla sua vista.
— Ho bisogno d’ispirazione. — Aggiunse allora Eli, guardando un posto ormai vuoto, supplice e seccato al tempo stesso, ma cercando di modulare un tono più gentile che altro.
Fu allora che l’altro cominciò a dare segni di cedimento, mugugnando qualcosa di poco chiaro.
Probabilmente insulti.
— Uscirei io, se non fosse che non ho capito perché non puoi sfruttare il verde che hai già. —
Sbuffò sonoramente, alzandosi in piedi — Va bene, ho capito! Mi arrendo, signor scrittore! — Esclamò, afferrando il giaccone e portando le mani in alto in segno di resa.

Doveva riconoscere che Eric avesse ragione, quando, lungo tutto il tragitto verso il negozio, vagheggiava di diverse tonalità del medesimo colore e di come sbagliare di un solo grado pregiudicasse la riuscita dell’intero quadro.
Soprattutto perché a ribadirlo ci pensava il proprietario, un tale sul metro e novanta, con spalle da ex muratore ampie quanto l’armadio a due ante dietro la cassa.
Lo spirito di sopravvivenza che risiedeva in lui gli suggeriva di non contraddire mai una tale stazza.
— Vede? E’ ovvio che dal lime al mirto vi siano una serie di verdi completamente diversi l’uno dall’altro! —
Parlava a voce fin troppo alta per la misera distanza che li separava: il minimo indispensabile perché non lo annaffiasse di saliva.
Annuì incerto. Per lui il verde era solo verde.
— Persino il lime e la polpa di lime sono completamente diversi! — Rincarò, mostrandogli una tavola ricca di tasselli verdi e indicandone due in alto a sinistra.
Forse era daltonico. Questo avrebbe spiegato la sua totale ed assoluta incapacità di scorgere l’enorme differenza che l’uomo andava sottolineando, appoggiato da Eric, persosi nel retro bottega alla ricerca di non ricordava quale marca di colore.
Perché, ovviamente, persino il trifoglio della tal casa produttrice era diverso dal trifoglio della tal altra.
Cominciava a sentire la mancanza del nero puro e semplice del suo elaboratore di testi e delle sue penne stilo.
Sospirò, appoggiandosi contro il muro del negozio.
— Capisco. — Mentì — Ma sa, come scrittore, gli unici colori ad interessarmi sono il bianco ed il nero. —
— Che cosa triste. — Commentò l’uomo, spostando la cassa in modo tale da poter portare avanti il peso sul bancone.
Eli ebbe un sussulto indispettito e lo corresse — Direi essenziale. —
Dopo qualche istante, in cui i due si erano lanciati poco amichevoli occhiate, Eric riemerse vittorioso dalle sue ricerche, così che Eli ebbe modo di prenderlo per una manica e trascinarlo letteralmente fuori dal negozio, prima che il proprietario avesse modo di augurare “arrivederci” ed evitare, appunto, una simile disgrazia.

Eric finì il quadro verso il tardo pomeriggio del giorno dopo.
Glielo presentò con una sonora esclamazione di vittoria, la camicia a quadri imbrattata di verde e gli occhi scintillanti.
Stringeva ancora tra le mani i pennelli, mentre il suo coinquilino sedeva elegantemente su di uno sgabello con aria critica.
Il quadro raffigurava niente di meno che delle colline (dipinte rigorosamente in trifoglio e celadon) su uno sfondo azzurro raffigurante il cielo in una giornata appena nuvolosa.
L’entusiasmo del pittore svanì proporzionalmente al dilungarsi del silenzio dello scrittore.
— Beh? —
Eli, taccuino alla mano, tamburellò la penna sul mento con aria assorta.
Inspirò a fondo, scarabocchiò qualcosa su un foglio e infine annunciò — Credo ambienterò il racconto nella bassa New York. —
Le braccia di Eric si afflosciarono definitivamente lungo il busto.
Guardò il quadro, poi Eli.
Di nuovo il quadro.
— Scusa, dove vedi New York tra queste colline? —
Scrollò le spalle — I paesaggi verdi sono démodé. —
Eric lasciò cadere i pennelli a terra, mentre sgranava gli occhi allucinato.
Mai, gli ripeté il suo cervello, mai diventare l’uomo musa di uno scrittore.

  
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