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Autore: kannuki    14/06/2010    3 recensioni
"Se avessi collaborato, invece di darmi dello psicopatico e fare ostruzionismo, non...”
“Stai dicendo che ti ho costretto?!” sibilò con un lampo negli occhi. Claire si irrigidì e strinse le labbra. “Dovevo morderti!”
Gabriel annuì e saettò lo sguardo su di lei. Era quasi furiosa. "Stai dando troppa importanza ad una cosa di poco conto.”
"Sì, forse hai ragione. Non parliamone più” disse girando il viso da un lato. Si sentiva incredibilmente stupida.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Claire Bennet, Peter Petrelli, Sylar
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Brave New World'
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“Sono Claire Bennet e questo è il tentativo numero... non me lo ricordo più.” Claire sorrise amara alla telecamera che aveva appena inquadrato la sua caduta della ruota panoramica e la rigenerazione sotto gli occhi di tutti.

“Deve essere impazzita” sibilò Noah a bassissima voce mentre la sua partner spostava lo sguardo dall'uomo alla ragazzina subissata di domande dai giornalisti.

“Dobbiamo portarla via.”

Il padre la fissò per un istante, poi volte le spalle al mondo “ha voluto fare di testa sua, ne pagherà le conseguenze” disse chiudendo il discorso.

Lauren lo guardò a malapena, concentrata sulla folla che stava accerchiando Claire in evidente difficoltà. “Devi aiutare tua figlia” gli disse fermandolo per il braccio. Noah si divincolò con uno strattone e sorpassò Peter e Gabriel. Inchiodò lo sguardo su Sylar e notò un cambiamento mai visto prima. Si fissarono per un istante, poi il vociare dei giornalisti distrasse Gabriel dal suo acerrimo nemico “forse dovresti fare qualcosa” disse a bassa voce indicando con la testa la ragazza che cercava di calmarli.

“Ti interessa, Gray? Vuoi darle una mano?”

Gabriel non rispose a quella domanda dura e atteggiò le labbra in una smorfia. Sorrise all'improvviso, il pensiero che vorticava in testa era parecchio divertente. “Mi sento in vena, stasera!” disse distaccandosi dal fianco di Peter che lo osservò marciare svogliatamente verso Claire.

“Non peggioriamo le cose” disse il paramedico al nulla “Hiro?”

Il giapponese annuì e il tempo si gelò. Claire restò con le mani alzate e una strana espressione sul volto e Sylar con un passo nel vuoto, i pugni infilati nelle tasche del giubbotto.

Peter pensò che il dramma era stato scongiurato. Aveva ancora il potere dell'Haitiano e Ando fungeva da amplificatore. Poteva cancellare le menti di chiunque fosse presente all'evento, I nastri bastava farli sparire, non trasmettevano in diretta.

***

Claire si svegliò nella sua stanza del college e si guardò attorno. Gretchen era volata via. Ricordava solo quello e che doveva dare un esame a breve. Scese dal letto e afferrò i vestiti dall'armadio. Aveva l'impressione che tutto sarebbe andato meravigliosamente bene.

***

Gabriel si mosse nel letto, battendo le palpebre piano. Quella non era casa sua. Lui non aveva più un'identità.

“Ben svegliato. C'è del caffè pronto e qualcosa in dispensa. Devo cominciare il mio turno” borbottò Peter velocemente trovandolo seduto sul letto a guardarsi intorno con aria mesta.

“Grazie” mormorò meccanicamente “sono il tuo nuovo compagno di stanza?”

“Finchè non trovi un alloggio, puoi stare da me.”

Mh, pensò stropicciando i capelli dietro la nuca “ mi tieni d'occhio, nel caso cambi idea?”

Peter sentì una scintilla del 'vecchio Sylar' dietro quelle parole. Sorrise appena “hai intenzione di cambiare idea?”

“No” ammise tranquillo. “Grazie...”

Il paramedico drizzò la schiena posando la sacca col cambio abiti sulle spalle “devo abituarmi al nuovo Gabriel.”

L'uomo non disse niente, si limitò ad un cenno della testa “ti farò trovare la cena pronta, tesoro.”

“Tornerò molto tardi, non prenderti il disturbo” disse ad alta voce allontanandosi “e se suonano alla porta, non presentarti come il mio coinquilino gay, per favore”

“Non c'è pericolo” disse a bassa voce fissando la parete di fronte a se. Assurdo. Si era ridotto a vivere con il tipo che gli aveva ficcato chiodi nei palmi delle mani solo qualche settimana prima. Che doveva aspettarsi, ora? Le visite di mamma Petrelli?

***

Claire era a disagio. Sembrava che tutti sapessero qualcosa di lei. Si guardò attorno pensando di essere osservata. Paranoia, pensò scrutando i volti dei suoi compagni intenti a studiare, giocare a pallone, ascoltare la musica. Chiuse il libro, ormai aveva imparato a memoria la lezione, ed uscì per un breve giro. La normalità per lei era una bella novità. Era quasi... noioso, pensò quando i passi la portano spedita verso l'appartamento di Peter. Poteva essere a lavoro. Alle 16 del pomeriggio di un giovedì lavorativo era possibile. Bussò alla porta con discrezione. Nessuna risposta. Poteva sempre suonare il campanello. Suo padre diceva che l'avevano inventato apposta.

“Sì?”

Non era Peter, pensò per un istante. Aveva un coinquilino? Non riconosceva la voce. “Sono Claire, sto cercando...”

La porta si aprì e Claire lo fissò a bocca aperta.

“Sono il suo coinquilino gay” mormorò restando a parecchia distanza da lei “Peter è a lavoro. Vuoi entrare?”

Claire chiuse la bocca e restò a guardarlo. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Cosa ci faceva lui, nell'appartamento di suo zio - nonché migliore amico - e per di più come osava tenere quell'espressione placida sul volto da 'sono un bravo ragazzo, fidati di me'?

Fece un passo indietro, traballando sulle gambe. Gabriel si spostò per lasciarla entrare ma la ragazza restò immobile. “Non mordo.” provò a sorridere mentre lo diceva ma non ci riuscì.

“Il passato dice una cosa diversa...” sussurrò suo malgrado.

“Ti ho mai morso?”

“Mi hai baciato” continuò a mezza bocca “ripasso... quando te ne sarai andato...”

“Claire.”

Le vennero i brividi. Voltò su se stessa e lo osservò da sopra la spalla.

“Scusami.”

“Di cosa?” domandò immobile.

“Degli ultimi tre anni.”

“Di avermi aperto la testa...”

“Quelle robe lì, sì.”

Claire lo fissò incredula. Il suo sgomento era palese.

“Tu sei di casa ed io non trovo neppure la carta igienica” mormorò placido “potresti darmi una mano?”

No, le disse una vocetta in testa “va bene” rispose meccanicamente.

“Una volta mi avresti detto di crepare” disse quando la ragazza lo sorpassò, sempre tenendolo d'occhio.

“Sono sempre in tempo” sussurrò lasciando cadere lo zainetto con i libri appena comprati e la giacca sul divano. “Non ho idea di dove Peter tenga la carta igienica.”

Gabriel la guardò distratto. Non gli serviva sapere una cosa del genere. Ma si sentiva solo e aveva bisogno di parlare con qualcuno. O che qualcuno gli raccontasse qualcosa per distrarlo. “Come va con Gretchen?”

Gretchen? Perché le chiedeva di lei? “E' andata via” rispose a mezza bocca, ferma in mezzo al salotto mentre lui le sedeva di fronte. “Ti sei sbagliato, non siamo mai state... una coppia in quel senso.”

“Tu le vuoi bene.”

Claire annuì “ma io non sono...” mosse la mano imbarazzata. “Perchè ne sto parlando con te?”

Gabriel alzò le spalle “andrebbe bene una persona qualunque” le fece notare con lo sguardo sereno “Non intendevo baciarti. Mi serviva...”

“Sì sì, lo so!” esclamò alzando un po' la voce “la mia coinquilina scappa perché sono un fenomeno da baraccone e non riesce a sopportarlo e persino tu...” disse con lo sguardo cupo e le mani che tremavano mentre afferrava le sue cose. Aveva la bocca secca.

Gabriel la fissò e non mosse un muscolo “persino io... che cosa?”

Claire non gli rispose e si mosse verso la porta. Un attimo dopo trasalì, quando una mano la richiuse. Quel gesto le strappò un singhiozzo. Cazzo, aveva paura. Lo guardò sgranando gli occhi. Sentiva le lacrime salire lente.

Gabriel la guardo e fece un passo indietro, scostandosi da lei. L'aveva spaventata. Un vecchio riflesso “'persino io' che cosa?”

Non l'avrebbe lasciata uscire di lì senza una risposta. “Persino tu rifiuti la mia vicinanza” disse a bassissima voce arrossendo “posso andare ora?”

Gli chiedeva il permesso? In quale mondo? Le aprì la porta lui stesso e ci si appoggiò contro. “Non volevo spaventarti...”

La ragazza annuì in fretta, voleva solo fuggire.

“Claire...”

Che diavolo voleva ancora da lei?, si chiese arrestando il passo. Lo guardò ancora con quell'espressione di terrore che lo fece scostare di un buon passo “io non ti ho mai rifiutato. So cosa vuol dire non poter parlare con nessuno di quello che provi. Se vorrai sfogarti, mi troverai qui.”

La mente di Claire esplose di punti interrogativi, ma non potè dare a nessuno una risposta perché la chiuse fuori dell'appartamento, senza dire un'ulteriore parola.

***

“Cosa vuol dire che l'hanno rilasciato?!”

La voce di Peter si alzò di un tono. Noah lo fissò senza alcun interesse nel rispondere. “Come fai a provare che un uomo ha provocato un terremoto?” disse tornando alla lettura del giornale che aveva di fronte.

Il ragazzo battè le palpebre una sola volta e si calmò di colpo. Mosse il collo come se avesse dolore alla cervicale e sbuffò dentro di se. L'espressione di disappunto sul viso era eloquente. Lauren spostò lo sguardo da uno all'altro e si intromise per la prima volta nella discussione. “Samuel, da solo, non può fare nulla.” Spense il fuoco sotto lo stufato e gli fece cenno di accomodarsi.

Noah aveva una nuova famiglia, Gabriel un nuovo scopo nella vita, Claire la memoria cancellata - l'avevano messa a tacere per evitare problemi! – e gli altri avevano ripreso le loro vite regolari. Solo lui era preoccupato di quel pazzo del giostraio? Fece un cenno di diniego “devo riprendere il mio turno.” Il tono era secco e il corpo rigido. Se Noah se ne stava lavando le mani di Samuel e addirittura di Claire!, ci avrebbe pensato lui. Ma con la ragazza, pensò uscendo dall'appartamento, che doveva fare? Altre bugie, altri inganni? Non si sarebbe mai più fidata di nessuno. Le restava solo lui.

***

Chi le restava in fondo?, si domandò passeggiando lentamente per la strada. Claire tirò un sospiro e si diresse al parco. Avrebbe ingannato l'attesa della nuova lezione spiando le vite degli altri. Si accomodò su una panchina e tirò a se le gambe.

Se avrai bisogno di sfogarti, mi troverai qui.

Tzè! Come se lei avesse potuto fidarsi dell'uomo che le aveva ucciso il padre.

Occhieggiò un vecchietto che portava a spasso il cane, un gruppo di bambini correre dietro un pallone e una coppietta baciarsi. Provò un moto di invidia e distolse lo sguardo. Tormentò per un momento i lacci delle scarpe e li spiò di nuovo. Lei era felice e rideva. Lui sembrava... sembrava Zach, il suo vecchio amico! Per un istante sentì i muscoli tremare. Mise giù un piede con l'intento di raggiungerlo, ma non fece nulla. Riportò il ginocchio al petto e strinse le braccia contro lo zainetto.

Quella era la sua vecchia vita passata. Quella nuova, un punto interrogativo.

La bambina che le passò accanto si fermò a guardarla. Claire non la notò. L'immagine che rimandava era talmente triste che la bimba la tirò per la manica. Quando Claire spostò gli occhi azzurri su di lei, trasse di bocca il lecca lecca che stava succhiando e glielo porse. La ragazza la guardò allibita. Allungò meccanicamente la mano e le fece un cenno con la testa. La bambina sorrise un po' sdentata e corse via lasciandola senza parole.

Stava ancora decidendo cosa fare con quella caramella imbrattata di saliva quando la panchina si mosse pesantemente. Claire trasalì e il lecca lecca cadde a terra.

Era seccato, furioso, pensò osservando Samuel alla sua sinistra. “Come stai, piccola?”

Claire non rispose subito. Non avrebbe saputo definire il suo stato d'animo. “Non eri in prigione?”

L'occhiata che le rivolse era ironica. “Come fai a provare che un uomo ha scatenato un terremoto?” domandò e senza aspettare risposta si sporse verso di lei “la tua scenetta davanti alle telecamere è stata magistrale”

Quali telecamere?, si chiese allargando gli occhi. “Davvero?”

Samuel annuì “pensavo avessi smosso le acque invece... “ sussurrò traendo una sassolino a terra “invece tutto è come prima. Il mondo non sa di noi... ed io ho perso tutto. Mio fratello, Lydia, il circo...”

“Hai ucciso tuo fratello...”

“Anche Lydia se è per questo. Tutti sacrificabili” disse a mezza bocca. “Potremmo fare grandi cose tu ed io. Ricominciare da capo.”

La fissò negli occhi e Claire gli rimandò uno sguardo confuso. “Pensaci” disse carezzevole “e porta sempre la bussola con te. Quando avrai preso una decisione, 'chiamami'.”

***

La bussola. Doveva averla da qualche parte, pensò frugando nella stanza. Che jeans aveva quando era stata al circo? Claire sedette sul letto cercando di ricordare ogni singola parola della chiacchierata. La sua scenetta davanti alle telecamere. Non ricordava nulla. Dovevano averle cancellato la memoria. Attese che fosse sera e sgusciò via dal college. Forse la bussola era a casa di suo padre. Ma lei non aveva intenzione di vederlo. Poteva chiedere a Peter. Ma lui l'avrebbe subissata di domande e lei non sapeva dare una risposta a nessuna di esse. Claire si fermò in mezzo alla strada. Era al crocevia. Poteva continuare la sua 'cerca' per giorni. O poteva... fidarsi. Non aveva niente da perdere. Bussò all'appartamento dello zio con il nervosismo che traboccava dai pori della pelle. Nessuna risposta. Sospirò, poi premette il campanello. Di nuovo, nessuna risposta.

Peter non c'era e anche Ga... Sylar era andato, pensò mesta. Voltò su se stessa, scese in strada e lo vide sopraggiungere in lontananza, un sacchetto della spesa in mano e l'aria assente. Claire traccheggiò tormentandosi le dita finché non giunse a pochi passi da lei. Alzò lo sguardo su Gabriel che la fissò a sua volta. Poi fece una cosa che la stupì. Frugò nel sacchetto e le porse un lecca lecca. Incartato.

Claire lo fissò e allungò la mano. “Grazie...”

“E' alla fragola.”

“Mi piace la fragola...”

Senza parlare lo seguì all'interno dell'appartamento. L'uomo si disfò della spesa e la guardò facendole cenno di sedersi. Le gambe si piegarono all'improvviso e Claire perse il suo mutismo. Cominciò a parlare, inondandolo di domande finchè non ebbe la gola secca. “Le telecamere..”

“Ti sei buttata dalla ruota panoramica per svelare al mondo che… esistiamo” disse grattandosi il collo con un dito “un pò avventata.”

“Mi hanno cancellato la memoria...”

Gabriel annuì. “Mi sa che hai bisogno di bere” borbottò tornando indietro “quanti anni hai?”

“Diciannove” sussurrò tormentando il lecca lecca ancora incartato.

“Allora niente da fare.”

“L'alcool non ha effetto su di me” disse a mezza bocca “Gabe, ho paura.”

Quella frase sussurrata attirò il suo sguardo. Era buffo il modo in cui l'aveva chiamato e ancora di più la confessione che le stava facendo “di cosa?”

“Del futuro... e mi sento sola”

“Non sei sola.”

“Mi sento sola” ripetè meccanicamente “e sto qui a parlare con te... quindi sono impazzita del tutto...”

“E' così brutto parlare con me?” domandò con leggerezza. Un muscolo del viso fremette.

Claire scosse la testa. Era imbarazzata. “Non volevo dire questo...” si mosse a disagio lisciando i pantaloni sulle cosce. Poi nascose le mani sotto le gambe e chinò la testa. “Non ti disturberò più, io avevo solo bisogno...” la voce si interruppe quando le sollevò il mento di qualche centimetro. Claire restò a guardarlo allibita. Non aveva più quell'espressione feroce di un tempo. Non aveva cattive intenzioni.

“Non mi hai disturbato affatto” soffiò a pochi centimetri da lei. “Quando ho avuto un problema sono venuto da te.”

“Ed io ti ho ficcato una matita nell'occhio...”

Gabriel inclinò la testa e spostò la mano. Claire lo guardò senza muovere un muscolo. “Scusami per...” indicò l'occhio e restò a fissarlo: aveva assunto un'aria remota, come se fosse perso in qualche ricordo. “Mi avevi fatto arrabbiare.”

“Avevi paura di me.”

“Bella scoperta, ho sempre paura di te.”

Lo sguardo tornò vivo e interessato. “Anche adesso?”

Sì. No. Forse un po', pensò studiando la sua posa. Si era accovacciato davanti e lei, ma manteneva la sua altezza. Aveva l'aria del ragazzo perbene e non c'era traccia di sarcasmo negli occhi. “Quella volta... più delle altre...”

“Perchè?”

Claire lo guardò di sfuggita.

“Non avevo cattive intenzioni, era venuto per parlare con te... per capire cosa mi stava succedendo.”

“Mi hai ... scagliato sul divano” sbottò con voce tremula “non è stato il massimo...”

In effetti, pensò alzando le sopracciglia “se avessi collaborato, invece di darmi dello psicopatico e fare ostruzionismo, non...”

“Stai dicendo che ti ho costretto?!” sibilò con un lampo negli occhi. Claire si irrigidì e strinse le labbra.

Gabriel annuì e saettò lo sguardo su di lei. Era quasi furiosa.

“Dovevo morderti!” esclamò sporgendosi verso di lui. Il risolino che sentì la mandò in bestia.

“Stai dando troppa importanza ad una cosa di poco conto.”

Claire si sentì stupida e infantile, ma doveva concentrarsi su un problema alla volta per non andare fuori di testa. Era confusa, senza futuro. Le mancava il terreno sotto i piedi. A qualcosa doveva aggrapparsi. Annuì di malavoglia “sì, forse hai ragione. Non parliamone più” disse girando il viso da un lato. “Migliora la vita sociale, quel potere...”

“L'ho usato una volta sola...”

Claire fissò il vuoto in silenzio.

“... non posso dire che l'abbia migliorata. Sei furiosa con me.”

Si vedeva così tanto?, si domandò cercando di rilassare il viso.

“Se vuoi restare, finchè non torna Peter, sei libera di farlo. C'è una tabella con i suoi orari, in cucina. Ti consiglio di studiarla.”

L'aveva presa in parola, pensò mentre si rimetteva in piedi e la scrutava dall'alto. Perché? Lei aveva bisogno di sviscerarlo, quel problema. Claire sollevò lo sguardo su di lui e balbettò il suo nome a bassa voce. Di nuovo, tornò a piegarsi sulle gambe per ascoltare quello che aveva da dire.

“Non userai più i tuoi poteri?” domandò a mezza bocca tormentando un labbro.

Gabriel scosse la testa e gli occhi gli caddero su quello che stava facendo. I denti bianchi risucchiavano il labbro inferiore e poi lo rilasciavano, rendendo la mucosa lucida e rossa. Era ipnotizzato. Meccanicamente alzò una mano e la avvicinò al viso di Claire, sfiorandole la guancia con un dito. Spaventata dal gesto, trasalì e gli afferrò il dorso della mano. Fece la stessa cosa con l'altra quando le sfiorò i capelli e inghiottì a vuoto, quando si avvicinò quel tanto che bastava per sentirlo respirare. Claire trattenne il respiro. Non riusciva a ragionare, tanto era la sorpresa e la paura. Rattrappì le spalle e spostò il busto all'indietro. Bastava solo un centimetro. Sentiva il calore dei palmi delle mani sul viso. D'istinto chiuse gli occhi abbassando le testa. “Ti mordo...” sussurrò senza quasi muovere le labbra.


  
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