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Autore: Princess Kurenai    14/06/2010    5 recensioni
Sarebbe stato interessante iniziare questa storia con un: " Le leggende narravano di un pugnale dai misteriosi poteri, da sempre nelle mani di una nobile famiglia dell'attuale Regno Unito. Un pugnale maledetto, la cui fama non era stata mai sopita dal passare delle primavere. Una storia destinata a non essere sepolta dal tempo."
[Prima Classificata al contest "Passato, Presente e Futuro" indetto da Vogue91 e partecipante al contest “Pieces of a Journey” indetto da Pagliaccio di Dio]
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:Il Pugnale ~ Una storia da seppellire
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Fem!Inghilterra (Victoria Kirkland), Principato di Sealand (Peter Kirkland), Inghilterra (Arthur Kirkland), Francia (Francis Bonnefoy), Fem!Principato di Sealand (Petra Kirkland)
Genere: Introspettivo, Drammatico, Fantasy
Rating: Giallo
Avvertimenti:  Alternative Universe (AU), OneShot, Shonen-ai, Genderbend
Conteggio Parole: 2500 (FiumiDiParole)
Note 1. Questa fanfiction si è classificata Prima al contest “Passato, Presente e Futuro” indetto da Vogue91 con prompt “Pugnale” ed ha partecipato al contest “Pieces of a Journey” indetto da Pagliaccio di Dio. con citazione “Questa è una storia ormai sepolta”.
2. Ho voluto usare i Genderbend per creare una famiglia. I nomi, Victoria Kirkland e Petra Kirkland, mi appartengono. Il primo è stato scelto per via della nota Regina nota per la sua forza e, Fem!Inghilterra mi ispira la stessa forza. Il secondo è semplicemente il femminile di Peter, ma trovo che ci sia bene.
3. Nella fic viene nominata Avalon e anche i Fuochi di Beltane. La prima è la leggendaria isola dove si dice dorma Re Artù, ma era anche l’isola dove vivevano i Sacerdoti (Druidi) e le Sacerdotesse che donavano la loro vita alla venerazione della Dea. I Fuochi di Beltane rappresentano il Rito Sacro, il matrimonio tra la Dea e il Dio, era una festività pagana che si festeggiava il 1° Maggio.
4. Partecipa a FiumiDiParole.

{ Il Pugnale ~ Una storia da seppellire ~



Londra, 25 Marzo 1901


Sarebbe stato interessante iniziare questa storia con un: " Le leggende narravano di un pugnale dai misteriosi poteri, da sempre nelle mani di una nobile famiglia dell'attuale Regno Unito. Un pugnale maledetto, la cui fama non era stata mai sopita dal passare delle primavere. Una storia destinata a non essere sepolta dal tempo."
Sfortunatamente non si tratta di una leggenda, e questa che sto per raccontarvi non è una semplice storiella drammatica: è la pura e crudele realtà.
Non esistono racconti ufficiali su quest'oscuro cimelio che, sin dai tempi più antichi, aveva condotto i suoi possessori solo a nefasti epiloghi. La famiglia Kirkland, di cui faccio parte, è sempre stata la padrona di questo pugnale e i diretti detentori dell'oggetto hanno avuto modo di conoscere il passato ed il loro futuro, indifferentemente dalla loro situazione o posizione sociale.
Un futuro di dolore, follia e morte.
Proprio per timore di perdere il senno io, Victoria Kirkland, scrivo queste memorie.
Voglio raccontare a chi verrà dopo di me i poteri di questo pugnale che, nonostante i tentativi di tutti i miei avi di venderlo e di distruggerlo, non ha mai lasciato la famiglia.
Ciò che doveva rimanere nel passato, essere sepolto dalle sabbie del tempo, è ancora qui a mietere le sue vittime.
Le visioni donate dal cimelio si presentano attraverso i sogni. Notte dopo notte le storie del passato dei miei avi infestano la mia mente, vivide e reali, così tanto da lasciare un senso di pungente dolore fisico sul mio corpo, esattamente nel luogo della ferita mortale inferta al protagonista di quelle visioni.
La morte sopraggiungeva sempre per via del pugnale, in maniera sia diretta che indiretta. Nei sogni furti, errori, tradimenti e suicidi erano quasi di un’ordinaria normalità, ed io li ho visti tutti. Mi sono svegliata, ogni mattina, con un pesante senso di oppressione e paura che neanche del buon tea o un po’ di ricamo potevano placare.
Con l’andare del tempo però, quella strana soggezione era divenuta quasi follia quando, al posto del passato, ho avuto modo di vedere il mio futuro, che si intreccia indissolubilmente a quello del mio fratellino minore, Peter: piccolo, vivace e pieno di sogni per l’avvenire. Al solo pensiero, al solo scriverlo sulla carta, sento un acuto dolore al petto.
Vorrei non pensarci, ignorarlo e convincermi che questo pugnale, dalla brillante e lucida lama che sembra quasi non essere stata intaccata dai secoli, sia solo uno dei classici cimeli di famiglia che si tramandano di generazione in generazione. Ma è la realtà e a me è spettata la sfortuna di essere l’erede di questo fardello, anche se, non sarei mai così codarda da volerlo cedere ai miei cugini del Galles o della Scozia.
Mai.
La famiglia non si tradisce e il mio unico rimpianto è legato al piccolo Peter, la cui esistenza verrà rovinata dal centro del suo mondo.
Farò di tutto pur di impedire che quel nefasto futuro si realizzi, e spero solo di poter rimandare il più possibile quel momento.
So che arriverà e spero di riuscire dove i miei antenati hanno fallito: distruggere il pugnale.
Voglio che queste mie memorie diventino solo una storia, una testimonianza, ormai sepolta dal tempo per coloro che verranno.
Voglio che chi legga queste mie parole venga a conoscenza del perché di tanti gesti folli, malati e inspiegabili compiuti dalla mia famiglia, ma più di tutto vorrei rendere onore ad un mio avo vissuto nell’Antica Britannia del IV Secolo, morto per difendere sé stesso e l’assurdo amore che lo legava ad un uomo della Gallia che aveva attraversato Dubris, l’attuale Dover.
Vorrei onorare tutti i miei avi, uno ad uno, ma più di tutti ho sofferto per questi due uomini, amanti, che avevano tradito ogni loro credo: Arthur, Druido della leggendaria Isola di Avalon, e Francis, un cavaliere della Gallia originario dell’Antica Roma.
Penso siano questi i loro nomi, almeno quelli più moderni, ed anche i loro ruoli di Druido e Cavaliere che erano avvolti nel mistero e nella labile organizzazione sociale del periodo.
Questa triste storia è stata sepolta e dimenticata dai secoli, nascosta da un senso di vergogna che aveva accompagnato la vicenda e i misteri di quel tempo, perché parla di un amore che avrebbe fatto commuovere chiunque e storcere ancora il naso a molti membri della società.


Le sue braccia lo stringevano forte in un abbraccio mentre le labbra lasciavano piccoli e leggeri baci sul collo. Avevano sempre avuto un effetto rilassante su di lui - che era solito lamentarsi per ogni piccola cosa - ma, in quella calma notte, niente pareva consolare il Druido.
Si sentiva inquieto e neanche la compagnia dell’amato placava quella paura che si era impadronita di lui.
“ Rilassati...”, aveva mormorato l’altro con tono sommesso, pizzicandogli il collo con la sua rada barba.
“ Devi tornare in Gallia.”, decretò per l’ennesima volta in quella serata. “ È un mio ordine.
“ No. Devo restare con te, e sai benissimo che non ubbidirò mai ai tuoi ordini.”, ribatté con una flebile risata, interrotta dalle nefaste parole che lasciarono le labbra del britannico.
Moriremo. L’ho visto...”
La Vista spesso mente ed è confusa. Sono parole tue.”
“ Non è la Vista... è il Pugnale.”, precisò, cercando di sciogliere l’abbraccio per guardare l’altro in viso. “ Ai Fuochi di Beltane ci troveranno e ci uccideranno...”
“ Come sei... macabro.”, provò a carezzargli il viso, corrucciato in un broncio preoccupato. Odiava vederlo con quell’espressione; la mano venne schiaffeggiata e le iridi verdi del Druido si fecero quasi fiammanti, inconsolabili.
“ Smettila. Devi andare via. Non restare qui per il Rito. Non farmi dire tutte le cose che penso di te!”
“ Dimmi tutto.”, sussurrò malizioso in risposta il Cavaliere.
“ Ti odio. Sei un ostinato, osceno, stupido essere gallo.
Che però tu ami.”, lo afferrò ancora per abbracciarlo con forza, ignorando l'inutile resistenza dell'altro. “ I tuoi Dei credono nel destino, nelle vite legate da un indissolubile filo... non ci ho mai creduto ma da quando ti ho conosciuto ho pensato di conoscerti da sempre. In un'altra vita ci amavano, ne sono certo, perché il nostro amore è ancora qui. Ora. Ci ritroveremo sempre...
“ Non l’ho visto questo, sei testardo e ignorante! La Vista-” “ La Vista è confusa, l’hai già detto. Io questo lo so e basta. Non ti libererai mai di me. Quindi noi ci sposeremo durante il vostro Sacro Rito e, anche se ci uccideranno, staremo insieme per sempre. Le nostre vite saranno legate.”
Il Druido lo guardò negli occhi, senza cancellare l’espressione contrariata dal suo viso. Il suo amante era serio come non mai, solo una volta l’aveva visto con quello sguardo e sapeva che credeva realmente in quello che stava dicendo.
Anche lui sentiva di conoscere da sempre quell’indisponente Cavaliere, quello stupido romantico essere gallo, che non comprendeva la gravità della situazione. Anche lui però voleva crederci, voleva pensare che quel pugnale mentisse e che il giorno di Beltane loro si sarebbero uniti insieme alla Dea e al Dio.
Uniti per sempre, nel corpo e nell’anima.
Sospirò e, senza aggiungere altro, si limitò a tirare con forza i capelli biondi dell’altro, fino a farlo lamentare per il dolore.
Violento! Violento!”, esclamò il Cavaliere, cercando di liberarsi dalla presa del Druido che, ghignando divertito ed un po’ sollevato, si impegnò a fargli più male del solito.
In fondo l’amore era anche soffrire e la loro relazione era fatta di tanto dolore; forse era proprio per quello che si amavano tanto da essere contro ogni etica, da essere in grado di superare qualsiasi era.

Era arrivata velocemente la notte dei Fuochi di Beltane e tutti i timori del Druido erano cresciuti fino ad annullarsi in un oblio di passione e follia, accompagnato dai fumi delle erbe aromatiche che bruciavano, mentre loro si univano accanto agli ardenti fuochi del Rito Sacro.
Aveva smesso di pensare e di preoccuparsi. Tutti i suoi sensi erano rivolti al Cavaliere che, anche dopo l’amplesso, continuava a stringerlo a sé e a sfiorare il suo corpo che veniva baciato dalla fioca luce emanata dalle fiamme.
Era tutto troppo perfetto e troppo familiare. Aveva già visto quella scena e sapeva che cosa sarebbe accaduto.
Scappa...”, mormorò con voce roca, provando debolmente ad allontanarlo.
“ Sarebbe poco cavalleresco lasciarti dopo esserci uniti nel nome del nostro amore.”
“ Moriremo. Vattene, stupido!
“ Sai come la penso.”, lo strinse a sé, nonostante le lamentele e gli insulti, fatti per celare la reale preoccupazione. “ Io ti amo e niente ci separerà.”
Il Cavaliere credeva a quanto diceva l’amante e sentiva anche lui che la fine sarebbe arrivata... l’avrebbe voluto salvare ma il loro era un peccato troppo grande. Nessuno dei due era così codardo da abbandonare l’altro e il loro amore li avrebbe tenuti per sempre vicini. Vita dopo vita.
Forse era proprio per questo che, quando giunsero dei Cavalieri - che credevano nell’Unico Dio Cristiano - incaricati di sterminare quei pagani, neanche provarono a scappare. Certo, si ribellarono, ma il loro destino era già stato scritto... e niente avrebbe potuto cambiare quello che stava accadendo.
Vennero derisi e guardati con disprezzo, da quei Cavalieri che odiavano i pagani e i Druidi, ma anche quelli come loro che giacevano con qualcuno dello stesso sesso.
L’unico rimpianto del Cavaliere che veniva da oltre Dubris fu il vederlo morire nel luogo dove si erano amati e sposati, davanti ai suoi occhi, senza poterlo aiutare.
Tutto accadde esattamente come aveva previsto il possessore del pugnale...



Arthur aveva previsto la sua morte e quella di Francis.
Aveva visto la lama di una spada penetrare dentro le sue carni in una ferita mortale, gemella a quella inferta al Cavaliere che amava.
Aveva visto l’altro morire lentamente, senza smettere di guardarlo.
Mai.
Neanche per un istante avevano smesso di guardarsi negli occhi.
Arthur l’aveva anche insultato, debolmente, cercando di mostrarsi sempre forte ed orgoglioso mentre, in risposta, Francis, aveva sorriso - cercando di ignorare il sangue che gli impastava la bocca -, e gli aveva ripetuto di amarlo a sua volta - gli insulti del Druido per lui, sicuramente, erano delle esternazioni del suo affetto - e che, nella sua cieca convinzione, si sarebbero ritrovati in un’altra vita.
Non so chi sia morto per primo ma... il loro amore mi ha commossa. È raro per una come me provare simili sentimenti. Sono sempre stata una ragazza fredda, seria e sarcastica, poco incline alle amicizie e allergica al romanticismo delle tragedie d'amore di Shakespeare - che ammiro ma non condivido -, ma per qualche istante ho invidiato il mio avo, Arthur, per l’amore incondizionato che aveva ricevuto e che donava al suo Cavaliere, Francis.
La mia invidia deriva dal fatto che so già che non avrò mai una simile persona accanto e, a causa mia, neanche Peter - che tanto somiglia al Druido del passato - troverà mai l’amore.
Tutto per colpa mia.
Ignoro cosa mi porterà a compiere quel gesto in un futuro non molto lontano ma so per certo di aver visto in me una cieca follia che quasi sembrava non appartenermi. Spero solo che, scrivendo queste memorie, la mia mente resti sveglia e sana e non si lasci condizionare da quello che ho visto.
Anche se i sensi di colpa già attanagliano la mia anima perché io, Victoria Kirkland, ucciderò mio fratello, Peter Kirkland, con lo stesso pugnale che mi ha predetto questo infausto avvenimento.
La mia visione non è confusa, è chiara e vivida - così tanto che temo si realizzerà sul serio -, di sconnesso ci sono solo i miei atteggiamenti. Strani, pazzi, privi della mia naturale freddezza e del mio solito cinismo.
Parlavo, dicendo cose senza senso, mentre Peter piangeva. Era spaventato e mi chiedeva - mi pregava! - di smetterla di scherzare.
Per lui era come se fosse tutto uno scherzo e anche le mie azioni, nella loro assurdità, gli sembravano una burla orchestrata per terrorizzarlo.
D'altronde era troppo piccolo nei suoi dodici anni per comprendere la gravità della situazione e, sempre in quel raptus di follia, l’ho afferrato per i capelli, stringendo il pugnale nell'altra.
Non è difficile comprendere l’amenità che quella pazzia mi ha spinta a commettere e, quasi a voler cancellare tutto, nella mia visione, ho dato fuoco a me e al pugnale.
Ma è stato solo un vano tentativo di distruzione: tanti prima di me hanno tentato di fondere il cimelio ma esso si è sempre rivelato indistruttibile.
So quello che accadrà e cercherò di evitarlo sperando che la maledizione, che da secoli stermina la mia famiglia, termini con me che getto il pugnale nelle profonde acque del Tamigi. Azione che compirò quando accompagnerò Peter alla stazione.
Per salvarlo lo manderò in Scozia dagli zii, e pregherò affinché l’anima di entrambi venga salvata nel caso in cui la mia visione si avveri.
Ora, l’unica mia consolazione la trovo nella droga, nel dolce fumo dell’oppio.
Mi aiuta a dimenticare, a non pensare, e spero che questa sensazione di pace che questa droga mi regala mi accompagni fino a quel giorno che mai vorrei arrivasse.
Chiunque stia leggendo queste mie parole spero comprenda me e la mia famiglia.
Spero inoltre che in quel lontano - o vicino - futuro la maledizione del pugnale sia scomparsa e che i lettori possano perdonarmi in caso di fallimento.
Non sono un’assassina. Io non voglio uccidere mio fratello, lo amo troppo per pensare di ferirlo.
Vi chiedo solo di perdonarmi se il mio nome, Victoria Kirkland, resterà legato a quello di un’assassina, infangando il nome della famiglia...



Piegò il foglio, esterrefatta, e guardò il pugnale che brillava sulla sua scrivania.
L’aveva trovato per caso nella cantina della sua casa insieme a quello strano diario che si era totalmente mangiata, leggendolo come se fosse un libro di Harry Potter.
Conosceva per fama Victoria Kirkland.
Era una sua antenata che aveva ucciso il fratello e che si era data fuoco. Era nota, lì a Londra, ed il suo nome era riportato negli archivi dei delitti mai risolti che in quel secolo, nel 2010, erano molto di moda.
Si vociferava avesse ucciso il piccolo Peter in un raptus d’astinenza dalla droga da cui era diventata strettamente dipendente, ma nessuno seppe quali furono le vere cause di quel drammatico avvenimento.
Petra Kirkland, dodici anni, prese deglutendo una penna ed un foglio, pronta ad aggiungere delle pagine al diario della sua antenata.
Aveva visto il suo passato non solo leggendolo in quelle profonde righe, ma anche in alcune sue visioni, e anche lei, come Victoria, avrebbe fatto in modo di lasciare una testimonianza, una prova della sua stessa esistenza e delle cause che probabilmente la condurranno alla morte.




Mi chiamo Petra Kirkland, ho dodici anni e vivo a Londra.
Sono io l’attuale padrona del pugnale e la maledizione non è scomparsa perché io ho visto il passato della mia famiglia ed il mio futuro.
Non ho mai creduto in queste cose, le ho sempre considerate delle cavolate presenti solo nei libri fantasy. Appassionanti ma decisamente poco reali.
Ora che ho compreso la verità mi torna in mente una frase riportata in uno dei capitoli di Saiyuki Reload: “ Questa è una storia ormai sepolta.
Mi sento in grado di utilizzarla per rispondere con un: “ Lo potranno essere quelle dei miei antenati, storie ormai morte e sepolte, ma la mia no: la mia è ancora da scrivere.
Io, Petra Kirkland, dodici anni, di Londra, scriverò la mia storia e manderò al diavolo questo stupido pugnale porta sfiga!



   
 
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