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Autore: gemels    15/06/2010    5 recensioni
«Non posso» pensò a voce alta «non posso innamorarmi di lei… È malsano, scorretto, autodistruttivo! Non posso innamorarmi di lei. È la mia prof. di matematica…» È la mia prima fanfiction.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1.

Era una giornata di sole e, nonostante fosse già febbraio, la temperatura non era delle peggiori. Chiara, sul pullman che ogni mattina la portava a liceo scientifico che aveva scelto di frequentare, pensava, guardando l’alba attraverso il vetro del finestrino, che spesso non ci si accorge della bellezza di ciò che si ha sotto gli occhi quotidianamente, come quel splendido solo che faceva capolino dal Mar Ligure, era lo stesso ogni giorno, ma solo poche volte si era soffermata ad ammirarlo.
Giunta alla sua fermata scese e, dopo essersi tolta le cuffiette dell’iPod dalle orecchie, entrò a scuola; era lunedì e le prime due ore avrebbero dovuto avere matematica, anche se era una settimana che non vedeva un insegnante di quella materia nella sua classe. La loro professoressa era in maternità da maggio dell’anno scolastico precedente e sarebbe dovuta rientrare proprio in quei giorni, infatti la supplente era andata via la settimana precedente; in 3^F, però, non era ancora arrivato nessuno a rimpiazzarla.
Entrò in classe salutando i suoi compagni e sbatté malamente la cartella sul suo banco, in prima file, poi andò alla macchinetta del caffè, non prima di aver salutato Laura, la sua migliore amica o, come diceva lei, sorella per scelta. Chissà se torna la Rossi pensò. Erica Rossi era un’insegnante di matematica e fisica, di circa trentacinque anni, con i capelli castani e una magrezza impressionante, questo ricordava Chiara; l’avevano già avuto come professoressa, in prima, e le aveva fatto un’ottima impressione, ci sapeva fare.
Tornò in classe al suono della campanella, giusto per controllare che non fosse arrivato nessun professore in classe, poi uscì di nuovo e si appoggiò contro il muro fuori dalla porta. Erano le otto e cinque. Si mise a osservare distrattamente il corridoio; passarono alcuni ragazzi, evidentemente in ritardo, e un professore, diretto in quarte, la classe dopo la loro, accanto alla 5^B; queste tre erano le ultime classi dell’istituto, occupavano quasi un posto a sé strante, affacciate a un pianerottolo, come le case di un condominio. Di fronte alla 3^F c’era una porta che dava sulla scala antincendio, scendendo la quale si arrivava al cortile della scuola dove, specialmente nei giorni più caldi, i ragazzi facevano lezione di educazione fisica.
Dopo qualche minuto di attesa, quando la ragazza si era convinta che, anche quel giorno, non avrebbero fatto lezione di matematica – la sua materia preferita – un’esile figura comparve dal fondo del corridoio. Chiara non la riconobbe, – era miope, ma non portava mai gli occhiali – la studiò per qualche secondo, mentre quella si avvicinava; le sembrava quasi un’alunna, ma poi capì. «Prof.» sussurrò appena, poi sorrise. Erica Rossi era tornata a scuola.
  
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