Fanfic su attori > Ben Barnes
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Autore: InstantDayDream    19/06/2010    1 recensioni
Se la persona che considerate come un fratello vi chiedesse di cercargli una ragazza, riuscireste a farlo sapendo che questo cambierà tutto tra di voi?
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1-Prologo

Erano ormai venti minuti buoni che lo stavo osservando fare su è giù sul tavolo. Sul mio tavolo per la precisione, senza che nessuno gli avesse dato il permesso di farlo. Era inevitabile che a casa mia si comportasse come se fosse sua, ci aveva passato così tanto tempo che, credo, non riuscisse nemmeno a ricordare che dopotutto quel piccolo cottage nei pressi di Greenwich non era sua proprietà. Era una giornata splendida per essere dicembre, strana, nella nostra grigia Londra. Il cielo era di un limpido blu, costellato appena da radi lembi di nuvole bianche, ed il sole splendeva. Sembrava quasi irreale: i suoi raggi non riuscivano a penetrare la coltre di freddo che ci avvolgeva, come dimostravano gli esili fili d’erba ancora avvolti dalla brina, e come dimostravo io, rannicchiata nel mio pesante cappotto di velluto rosso, col volto soffocato in una sofficissima sciarpa di lana nera, per poter stare in giardino. Mi chiedevo come potesse esserne immune lui, in maniche di camicia, incurante del fatto che eravamo ormai prossimi a Natale.
«Speravo nella neve» osservai, alzando gli occhi al cielo terso. Speravo di ottenere almeno un cenno di vita da lui, ma mi ignorò completamente.
Sbuffai, in modo teatrale, come a ricordargli della mia presenza, ma ignorò anche quello. Ero sull’orlo di una crisi di nervi. In parte perché il mio egocentrismo mi impediva di essere messa da parte per così tanto tempo, in parte perché poteva evitare di piombarmi in casa all’improvviso se tutto ciò di cui aveva bisogno era camminare su un tavolo: ero perfettamente certa che anche a casa sua ce ne fossero, anche se effettivamente mancava il giardino. Alzai lo sguardo su di lui, i riflessi del sole che mi impedivano di scorgerne i lineamenti, rendendo impossibile capire se fosse turbato o meno persino a me. Per quanto agli altri la sua espressione sembrava impenetrabile, io lo conoscevo talmente bene che riuscivo a capire sempre cosa si nascondeva dietro quegli occhi scuri. Lui ignorò anche il mio movimento, continuando a fare su e in giù, con l’unica differenza che stavolta i passi erano più rapidi. Stava diventando troppo, non avevo intenzione di restare un minuto di più seduta lì a fissarlo. Il freddo era troppo, l’essere ignorata anche. Mi alzai di scatto, dirigendomi verso la portafinestra che conduceva in salotto, non mi voltai indietro a degnarlo di un’ultima occhiata, se mi voleva sapeva perfettamente dove trovarmi.
«Dove vai?» domandò all’improvviso, un attimo prima che facessi l’ultimo passo, che mi avrebbe condotto dentro casa.
«Dentro. Fa freddo e ti ho già osservato per venti minuti, sei pronto per le prossima sfilata tranquillo» lasciai trapelare parte della mia irritazione intenzionalmente, non poteva trattarmi in quel modo, anche se era la persona che conoscevo da più tempo di tutte.
«Ma io ho bisogno di te!» esclamò, scendendo con un salto dal tavolo e dirigendosi verso di me con lunghe falcate. Osservai gli steli d’erba piegarsi sotto i suoi passi, mentre mi trattenevo dal dare libero sfogo alla mia rabbia. Lui avrebbe riso, lo faceva sempre quando mi irritavo con lui.
«Ma se da quando sei entrato non mi hai nemmeno salutato…ti sei limitato a fare su e in giù su quel tavolo come se fossi da solo! Se non mi dici di cosa hai bisogno non posso aiutarti»
Lui mi fissò, inclinando leggermente il capo da una parte, piombando nuovamente nel silenzio. Lo odiavo, profondamente, con tutta me stessa. No, non era vero, in fondo, molto in fondo, gli volevo un minimo di bene, altrimenti non si sarebbe spiegato come mai non lo avessi ancora buttato fuori casa a calci, come avrebbe fatto una persona normale.
«Mi serve una ragazza, sorellina» disse alla fine, in un tono di voce talmente basso che fu possibile udirlo a malapena.
Lo fissai con gli occhi sgranati, con in volto dipinta un’espressione che, me lo sentivo, mi doveva dare un’aria particolarmente stupida. Ero abituata alle sue stranezze, lo conoscevo dal momento in cui ero nata e da allora ne avevo viste tante, ma, parola mia, quella era la cosa più ridicola che sarebbe mai potuta uscire dalle sue labbra.
«E dovrebbe essere un problema?» domandai, inarcando un sopracciglio. Lui annuì in risposta.
«Per l’amor del cielo! Sei Ben Barnes, se ti serve una ragazza va, apri la porta, e sceglila! Difficilmente troverai qualcuna disposta a rifiutare!» Lui sorrise, e io non capii perché, poi mi resi conto di quanto avevo alzato la voce, lasciando trapelare tutta la mia esasperazione, ed arrossii. Beh, in ogni caso la faccenda non cambiava: avevo ragione, su tutta la linea.
«Non è così semplice…»
«Sì Ben, lo è. Probabilmente ci sono all’incirca diciassettemila ragazzine con un tuo poster in camera solo in Inghilterra»
Lui sorrise di nuovo e mi scompigliò i capelli, scuotendo lentamente la testa. Lo osservai incuriosita, cosa aveva che non andava quel ragazzo? Forse l’incidente della bici, avvenuto tanti anni prima, aveva recato seriamente dei danni al suo povero cervellino; oppure aveva deciso di entrare a far parte della categoria di attori che rispettava il trinomio attore=bello=stupido. Nell’ultimo caso avrei dovuto salvarlo. Non avrei permesso ad uno stuolo di gente vestita da Armani di portarmi via il mio più caro e vecchio amico.
«Ho bisogno di una ragazza che veda il vero Ben, che si innamori di chi sono e non di quello che sono» ammise alla fine.
Adesso suonava più sensato. Lo guardai, con un leggero sorriso stampato in volto.
«Non nascondi nessun quadro che invecchia al posto tuo in soffitta vero?» domandai, prendendolo in giro sul suo ultimo film. Lui rise e scosse la testa.
«Perfetto! Allora non può essere così difficile! Non si può non amarti» mi sollevai sulle punte dei piedi e gli buttai le braccia al collo. Lui mi strinse a sé ridacchiando, mentre mi ricordava gentilmente come fossi sempre una bambina ai suoi occhi. Lo odiavo, adesso non avevo dubbi.
«Ho quasi vent’anni!» protestai, pestando con un piede per terra, in un modo del tutto infantile, che lo fece solo ridere di più.
«Oh si, lo vedo» rispose, tra una risata e l’altra.
Incrociai le braccia sotto al petto, guardandolo torva, in attesa che lui smettesse, peccato che non sembrava avere fretta. Stavo giusto pensando di rigirarmi un’altra volta e di tornare dentro, quando, finalmente, si degnò di smetterla di deridermi.
«Ok scusa…in ogni caso, devi aiutarmi a cercarne una. Sai che sono…»
«…un completo disastro? La più grande tragedia dopo la crisi del 29? La vergogna di tutto il genere maschile? Si, lo so perfettamente» completai la frase al posto suo, con un sorriso a trentadue denti. Povero Ben, per quanto fosse la persona più stupenda del mondo, a scegliersi le ragazze era sempre stato un disastro totale.
«Si» ammise candidamente, sorridendo a sua volta « ecco perché mi servi tu! Stasera mi accompagnerai alla festa che ha organizzato il mio agente…»
«Non se ne parla nemmeno!»
Odiavo quelle feste. Mi sentivo un pesce fuor d’acqua, anzi, peggio, ero un pesce fuor d’acqua. Circondata da attori, registi, produttori, non si poteva certo dire che mi trovassi a mio agio. La maggior parte della gente mi considerava più insignificante di un granello di polvere e quelli che mi trovavano interessante erano dei paparazzi curiosi di sapere come mai ero con Ben. Certo, oramai la nostra storia la conoscevano tutti: la sorellina di Ben Barnes, con cui non aveva nessun legame di sangue, ma semplicemente figlia della migliore amica di sua madre, di cui si era occupato lui stesso quando la poveretta, all’età di dieci anni, era rimasta orfana di padre per colpa di un tragico incidente. Eravamo stati sulle prime pagine delle riviste per una settimana buona: ottima mossa pubblicitaria per aumentare la fama di quel bravo ragazzo di Ben, anche se noi eravamo all’oscuro di quella pubblicazione. Al solo pensiero di quel periodo, l’unico in cui avevo rischiato di litigare con lui, scossi il capo ancora più violentemente. A quella festa non ci sarei andata, mai.
«Potresti fare un favore al tuo povero fratellone che non vedi da tanto tempo…» tentò di convincermi, affiancando al suo tono supplichevole i suoi migliori occhi da cerbiatto. Maledetto, lo sapeva che mi faceva tenerezza quando si comportava così, anche se stava fingendo.
«No» risposi nuovamente, anche se il tono era leggermente più tentennante «e poi Dorian Gray è stato girato qui a Londra. Ti vedevo tutti i giorni» replicai, facendogli notare quel piccolo particolare come se fosse di vitale importanza.
«Sei sempre la solita pignola…dai se mi accompagni ti porto con me sul set di Narnia»
«Non mi compri così facilmente signor Barnes» lo presi in giro, mentre lo infamavo mentalmente: era il mio sogno seguirlo sui set, adoravo vederlo recitare dal vivo, riuscivo a percepire la sua immensa bravura così, ma non capitava più molto spesso, oramai.
«Ma non puoi dirmi di no» un sorriso che non prometteva niente di buono increspò le sue labbra.
«Perché?»
«Perché ti ho già comprato quel vestito di Chanel che abbiamo visto insieme e ti piaceva tanto…» il tono era perfettamente casuale, ma sapeva di aver fatto centro.
«Bastardo!» dissi a mezza voce: il fatto che sapesse perfettamente come convincermi non lo autorizzava a farmi andare contro i miei principi morali.
«Lo prendo per un sì»
«No! Mi mancano scarpe e borsa» tentati di improvvisare, in realtà il mio armadio aveva tante scarpe e borse che avrei potuto aprire io stessa un negozio.
«Prese anche quelle…ed ho provveduto anche al soprabito»
Avrei voluto dirgli quanto lo odiavo, ma, probabilmente, lo scintillio nei miei occhi mi avrebbe reso poco credibile, assieme al fatto che gli ero praticamente saltata in braccio non appena aveva finito la frase. Dopotutto ci sarei andata a quella festa.
  
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