Anime & Manga > Bleach
Ricorda la storia  |      
Autore: Claa    20/06/2010    5 recensioni
Erano le sette e mezza di sera di una tipica giornata primaverile, lì, a Karakura, e se si poneva solo un po’ più attenzione del dovuto, nell’aria si poteva percepire il piacevole ma pungente odore di novità.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

Drop of rain

 

 

Farfalla di sogno, assomigli alla mia anima

e assomigli alla parola

Malinconia.

 

Erano le sette e mezza di sera di una tipica giornata primaverile, lì, a Karakura, e se si poneva solo un po’ più attenzione del dovuto, nell’aria si poteva percepire il piacevole ma pungente odore di novità.

Grandi cambiamenti erano alle porte; Kurosaki Ichigo ne era certo mentre, con il volto alzato verso l'alto, scrutava quell'immenso dipinto che era il cielo. Il vento trasportava gli aromi della terra e, con loro, i rosei petali di ciliegio, spettatori del paesaggio mozzafiato. Le nuvole incorniciavano quell'assortimento improbabile di luci e colori, tra cui i raggi del sole si facevano largo prepotentemente, creando squarci lucenti in cerca di una via di fuga.

Anche lui avrebbe voluto scappare lontano, a volte, dopo quel blu sconfinato e dopo la terra che l’aveva privato del bene più prezioso, ed ancora oltre.

Sì, perché spesso si trattava di questo: di aver perso qualcosa… o qualcuno.

La brezza lo investì all’improvviso, carezzandogli i capelli.

Inspirò a fondo, tenendo gli occhi chiusi, figurandosi l’acqua del canale che, in fondo a quel ponte, continuava a scontrarsi contro la riva che gli impediva il passaggio.

Dopotutto sembrava che ogni cosa avesse i propri limiti, che fosse costretta a soffrire per una data condizione.

Aveva scoperto quel posto quando era piccolo, qualche anno dopo la morte della madre. Non volendo far preoccupare i suoi familiari, però, vi sostava solamente appena uscito da scuola e per un breve lasso di tempo.

Ora che invece poteva rimanerci tranquillamente, sentiva quasi la necessità di scappare da quel luogo che anni addietro era stato il suo rifugio.

L’infrangersi delle onde, il battito delle ali degli uccelli, il fruscio delle foglie degli alberi circostanti… tutto lo spingeva a pensare. E pensare era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare da qualche mese a quella parte, anche se ne avvertiva un bisogno sempre crescente. 

Fece un passo indietro e, con le mani nelle tasche dei pantaloni, mosse in direzione della vita reale che, quella sera, appariva anche meno sciatta del solito. A pochi metri di distanza, infatti, si stava svolgendo il festival che annualmente celebrava la fioritura dei ciliegi, meglio conosciuto come l’Hanami. Era un grande evento ed era atteso con ansia dalla maggior parte dei concittadini della famiglia Kurosaki.

Ichigo si era incontrato poco prima con Orihime, Chad ed Ishida per parteciparvi assieme. Inoue era molto eccitata e non faceva nulla per nasconderlo. Fin da subito aveva iniziato a sgambettare su e giù, stregata dall’atmosfera festiva.

Ichigo scorse i tre fra la folla senza dover cercare a lungo: l’altezza di Chad e i capelli della ragazza non passavano di certo inosservati.

Li raggiunse accelerando il passo e facendosi strada tra un mucchietto di bambini sorridenti.

Orihime lo intravide sgattaiolare al suo fianco e l’accolse con un ampio sorriso. Per un attimo, ad Ichigo parve di trovarsi davanti ad uno di quei ragazzini.

“Kurosaki-kun!”, esclamò lei, visibilmente rasserenata e contenta di rivederlo. “Dove sei stato? Ti cercavamo”, aggiunse, assumendo un tono velatamente preoccupato.

“Davvero? Mi sono guardato un po’ intorno”. Se c’era qualcuno che era stato in pensiero per lui, quella era Inoue. Ne sorrise, rammaricato. “Scusami”.

La ragazza ricambiò arrossendo appena. “N…No, non importa, Kurosaki-kun”.

Ichigo alzò lo sguardo e continuò a camminare più rilassato, grazie alla presenza dei suoi amici. Li sentiva vicini, ed era già molto.

Ishida, nel frattempo, aveva preso a squadrarlo ma il ragazzo dai capelli bizzarri non se ne era reso conto. Così si schiarì la voce ed esordì con un “Invece di dartela a gambe potevi guardarti intorno con noi, visto che è esattamente ciò che stiamo facendo”.

Ichigo, infastidito, gli lanciò un’occhiataccia. “Che diavolo vorresti dire?”.

“Proprio quello che ho detto. Avresti dovuto inventarti una scusa migliore”, sentenziò, saccente, chiudendo gli occhi e sollevando gli occhiali che gli erano scesi sul naso.

“Brutto…!”, ringhiò tra i denti, pronto a rifilargli un bel pugno in piena faccia, tanto da romperglieli, quegli occhiali. Ma Inoue intervenne e glielo impedì, ponendosi tra i due.

“Kurosaki-kun, no!”, lo supplicò, tentando di calmarlo. Poi si rivolse ad Ishida, facendo volteggiare i capelli lisci. “Siamo qui per divertirci… Per favore, Ishida-kun…”, disse con voce così triste che entrambi si rassegnarono e gettarono le asce di guerra con estrema facilità.

Ichigo tenne il muso per qualche minuto, a differenza dell’altro che sembrava già aver dimenticato l’accaduto.

 

Erano passati otto mesi ormai dalla battaglia finale, quella decisiva, tuttavia i ricordi erano ancora lì, vividi nella sua mente e dolorosi al solo tocco.

Aizen, l'uomo che aveva rapito Inoue e che si era preso gioco di tutti fin dall'inizio, era caduto per non alzarsi più.

Da allora ogni cosa sembrava essere tornata al proprio posto. I Vizard avevano deciso di fermarsi nella città per recuperare le forze. I capitani del Gotei 13, ormai stremati ma in un certo senso ristorati dalla vittoria, erano ritornati nella Soul Society e Rukia con loro. Nessuno sapeva se e quando li avrebbero rivisti di nuovo.

Ichigo ancora riusciva a captare l'odore di morte e sangue di cui era satura l’aria, e l’immagine di quegli occhi blu tanto stanchi quanto determinati non aveva intenzione di abbandonare la sua mente. Capitava che si interrogasse su quanto avesse dovuto sopportare quella donna dai capelli corvini che lui considerava a stento come sua coetanea.  

Nella conclusione si erano ritrovati senza sapere da dove ricominciare. Lei era impaurita, scossa, questo lo ricordava davvero bene. Avrebbe voluto dirle qualcosa, fare qualcosa, qualsiasi cosa, per alleviare il dolore che trapelava da ogni singolo poro della sua pelle, ma tutto ciò che era riuscito ad ottenere era… nulla.

L’aveva lasciata andare e lei l’aveva fatto. Niente domande, niente risposte, giustamente. E si malediva, in continuazione.

 

Loro quattro, infine, avevano semplicemente ripreso le loro vite.

Nulla era cambiato: la vita aveva continuato a scorrere come di norma. Nulla mancava.

Difatti, tutto era al proprio posto, ma non per Ichigo.

Aveva la testa fra le nuvole e fu un attimo, che però gli bastò per percepire il suo reiatsu.

Si bloccò in mezzo al percorso che si snodava tra i grandi alberi di ciliegio ed osservò i tre che lo superarono per capire se se ne fossero accorti.

Orihime si girò. “Kurosaki-kun, c’è qualcosa che non va?”, chiese, congiungendo le mani al petto in un gesto di sentito interesse.

Chad e Ishida si fermarono e si voltarono di riflesso, aspettando una risposta.

Evidentemente no. Ichigo la guardò, sospirò e sollevò lo sguardo al cielo scuro ma limpido. Rifletté, fino a che decise di non angosciarla oltre e quindi disse “No, nulla, Inoue. Torno subito. Voi continuate, io vi raggiungo. Ok?”.

La ragazza annuì ed espirò, un po’ afflitta.

Ichigo non ignorò lo sconforto dell’amica: le posò una mano sulla testa e le sorrise. “Tranquilla. Tornerò in un batter d’occhio”.

Aspettò un cenno affermativo, dopodiché si dileguò sotto l’occhio severo ed attento di Ishida che lo seguì finché non lo perse di vista.

Kurosaki si affrettò, sbattendo contro qualche spalla di tanto in tanto e, tra un’ammonizione ed un’altra, giunse nel piccolo paradiso da cui, fino a poche ore prima, avrebbe voluto fuggire.

Non si era mai spiegato l’intenso sentimento di solitudine che da quel lontano giorno gli tormentava i sogni e lo sfiniva, oppure la voragine che il senso di vuoto allargava mano mano che il tempo passava e che la sua speranza di rivederla svaniva.

Fissò le sue esili spalle conscio del fatto che lei lo sapeva dietro di sé. Strinse i pugni per cercare di ricacciare indietro quella rabbia che aveva provato a sopprimere più e più volte, inutilmente.

Rabbia verso se stesso, verso di lei. Verso entrambi.

Rukia si alzò, il vento delicato le smosse il lungo abito nero da Shinigami ed i corti capelli del medesimo colore a cui la luna, alta sopra di loro, donava riflessi bluastri.

Era una dea della morte, di famiglia nobile, oltretutto, eppure in quel momento non era più niente di tutto quello, se non la bassa, scorbutica ed irritante Rukia che, fin dal primo giorno, fin dal loro primo incontro, aveva avuto la sfrontatezza di trafiggergli il cuore, sfiorargli l’anima ed infondergli un’energia mai provata fino ad allora.

In quel momento, era solo la Rukia che se n’era andata, abbandonandolo, per sempre.

Lei si voltò ed i loro occhi si rincontrarono dopo otto lunghi mesi.

Rimasero immobili a scrutare l’uno dentro l’altra, in un modo così intenso ed irrispettoso che avrebbe suscitato fastidio in chiunque, ma non in loro.

“Che stai facendo qui?”, domandò Ichigo, con un filo di voce, interrompendo bruscamente quel tagliente contatto visivo.

“Guardavo il fiume”.

Ichigo tacque ma, chiaramente scontento della risposta, ripeté con più fervore “Che diavolo stai facendo qui?”, fino quasi ad urlare.

Lei continuò a guardarlo, seria. Rukia era sempre stata un libro aperto per lui, e lo stesso valeva per Ichigo. Si girò nuovamente verso il corso d’acqua. Le labbra di lei si incurvarono in una smorfia mesta. “Inoue mi aveva invitata a questo festival”, scandì. “Mi sembra ieri”, sussurrò, e le sue parole vennero portate via dalla brezza insistente.

“E allora ti chiedo di nuovo: cosa diavolo stai facendo qui?”.

Fu allora che Rukia tornò a guardarlo, sorpresa, ed aspettò.

Ichigo sollevò gli occhi vivi su di lei e tornò a fissarla senza un briciolo d’esitazione.

Rukia sorrise, sollevata del veder brillare quegli occhi ardenti dell’Ichigo che era pronto a dare la vita per la famiglia, gli amici… per lei.

“Questo non è il mio mondo, Ichigo. Non dovrei essere qui. La mia presenza non è indispensabile. Loro mi stanno dimenticando. Stanno bene”. Nelle sue parole una nota di malinconia. Serrò le labbra. “Va bene così”.

“No! Non ‘va bene così’”, sbottò il ragazzo. “Risparmiami questa merda, idiota!”. Si tolse una scarpa e gliela tirò con tutte le forze che aveva.

Rukia la evitò appena in tempo, incredula e con i capelli leggermente in disordine. “Ma cosa stai…?”.

“Smettila di fare discorsi del genere, o ti tiro anche l’altra”.

“Ma che…? Sei impazzito?!”, replicò lei, sbigottita.

“Non sei indispensabile, dici, eh? E chi cavolo te l’ha detto? Per caso hai parlato con Inoue, Ishida, Chad? Sono stati loro a dirti una cosa simile?”.

“No, ma…”.

“Hai parlato con me?”.

A Rukia mancò il fiato e rimase attonita nello scoprire un Ichigo furioso come mai l’aveva visto. Riusciva indubbiamente a contenere la rabbia, ma lei la sentiva ugualmente tutta su di sé. Questa non era una delle loro tante discussioni.

No, questa volta era diverso.

“No, non l’hai fatto. Tu fai sempre di testa tua, infatti”.

“Ehi, adesso finiscila!”, esclamò la shinigami, adirata.

Ichigo non l’ascoltò. “Adesso sono qui”. Allargò le braccia. “Parlami. Chiedimi se sei indispensabile per me. Avanti!”, la spronò aspramente e anche con una certa fretta.

La ragazza l’osservò, imbronciata, da una parte offesa e dall’altra infastidita. Avrebbe tanto voluto ritirargliela indietro, quella scarpa, ma si limitò ad obbedire con un certo imbarazzo. “S… Sono indispensabile… per te?”.

Un’altra scarpa entrò nel suo campo visivo e per schivarla per poco non cadde di sotto.

“Brutto…!”.

“Certo che lo sei, cretina!”. Le rivolse un’occhiataccia tale da far passare la sua espressione da piacevolmente stupita a intimidita, e quello fu una discreto ma sufficiente riscatto per Kurosaki Ichigo. Sotto un manto di stelle lucenti lambito dall’aria fredda proveniente da ovest, sentì la solitudine attenuarsi e l’abisso nel suo torace restringersi.

“Ichigo…”.

“Io non posso parlare anche per Ishida, Inoue o Chad, ma posso farlo per me: io ti voglio qui, Rukia, e non ti voglio qui una volta ogni otto mesi, ma sempre. Quindi cerca di venirmi a fare visita più spesso, lasciando i drammi esistenziali nella Soul Society, perché tu sei indispensabile per me, Shinigami”.

Un’emozione travolgente si sprigionò nel petto di Rukia come in quello di Ichigo.

Sorrise. “Non chiamarmi ‘Shinigami’”.

L’ampio fiume alle loro spalle aveva assunto la stessa tonalità buia della volta celeste. La linea d’orizzonte era scomparsa.

Quella sera, due universi completamente opposti si erano incontrati e si erano legati, dando vita ad una dimensione priva di spazio e tempo. Non era servita una goccia di pioggia per unire cielo e terra, divisi in eterno.

Non sarebbe servita una goccia di pioggia per unire due anime allo stesso modo poiché, queste ultime, erano rimaste unite nei secoli, mai divise, solo allontanate l’una dall’altra ma destinate a ritrovarsi. Sempre.

“Sono Kuchiki Rukia”.

 

 

Allora una parola

un sorriso bastano

E sono felice, felice che non sia vero.

 

(Mi piace quando taci – Pablo Neruda)

 

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bleach / Vai alla pagina dell'autore: Claa