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Autore: Shadowolf    20/06/2010    5 recensioni
Okay, questa è venuta fuori per caso, facendo una cosa che NON dovrei fare, perlomeno non ad una certa ora: ri-guardare le interviste del tour promozionale di Holmes -.- L'idea è nata perchè Rob non si sta stare fermo con le mani, al solito. E se sei in cerca di spunti, be', lui (o il suo boyfriend, dipende dalle volte) te li fornisce su un piatto d'argento. So, that's why. Ovviamente questa non fa parte della storyline che sto seguendo, è ambientata a Dicembre dell'anno scorso ed è una specie di alternative take a come è cominciato il rapporto d'amore tra Rob e Jude.
Enjoy!
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Title: Human Touch
Genre: Sentimental, Romantic
Pairing: Rob + Jude
Rating: PG
Notes: Questo è quel che succede a guardare CERTE interviste late at night. L'idea è nata perchè Rob non si sta stare fermo con le mani, al solito. E se sei in cerca di spunti, be', lui (o il suo boyfriend, dipende dalle volte) te li fornisce su un piatto d'argento. So, that's why. Anyway, l'avrei sicuramente catalogata come un altro, ennesimo, prodotto della mia mente deragliata e non l'avrei mai scritta se non fosse stato perchè QUALCUNO (non faccio nomi, ) mi ha detto di procedere, ed io l'ho fatto, quindi è un po'  molto dedicata a lei.
E' stata scritta di getto, quindi prendetela per quella che è, e se volete cestinatela senza pensarci su. See you somewhere in dreams.


La cosa è cominciata per gioco. Ovvio. Tutte le cose cominciano così. Uno fa il primo passo e l’altro reagisce. Bene o male, ma reagisce. Per forza. L’uomo è un essere vivente, è un animale. È fatto per reagire agli impulsi, agli stimoli. Non è un oggetto, un corpo senza vita. Fortunatamente.

La prima volta pensava fosse uno sbaglio. Anzi. La prima volta pensava di esserselo sognato. Quel tocco leggero dietro la spalla. Un brivido gli era risalito veloce su per tutto il corpo. Non l’aveva saputo identificare. Ci aveva pensato un po’ su. Ma alla fine se n’era dimenticato.
La seconda volta l’aveva colto di sorpresa. L’aveva avvertito e lì per lì aveva deciso di continuare come se nulla fosse. Anche se dentro fremeva per capirne di più. Ma dopotutto poteva sempre trattarsi di una sua immaginazione. Non sarebbe stata la prima volta. Dopo dieci minuti si era convinto che le cose stessero così.
La terza volta lo aspettava. E quando puntualmente arrivò, si girò verso di lui e lo guardò. Un’espressione indecifrabile sul suo volto. L’altro resse il confronto e non tolse la mano. Stava parlando ad un’altra persona ma continuava a guardare lui. In quel momento capì che c’era qualcos’altro sotto.

Così quando ebbero finito aspettò fuori dal camerino che l'altro raccogliesse le proprie cose. Rimase appoggiato al muro per un quarto d’ora. Nel frattempo tutto il resto della crew andò via. Rimasero solo loro due nei dintorni. Lui fuori a congelare e l’altro dentro al caldo. Era dicembre. Stava per arrivare Natale.
Uscì e non sembrò sorpreso di vederlo. Gli rivolse un gran sorriso. Chiese perché non fosse entrato nel suo camerino se voleva parlargli. Perché fosse rimasto al freddo pungente della sera. Lui non gli diede una risposta, continuò a fissare il marciapiede. Non sapeva come formulare la domanda.
L’altro cercava il contatto visivo. Lui non voleva darglielo. Sapeva che se avesse ceduto non avrebbe più saputo come tirare fuori l’argomento. Allora lui lo chiamò per nome. Tre volte prima che si decidesse a rispondergli con un monosillabo. Gli chiese cosa dovesse dirgli. Se avesse qualcosa da dirgli.
A malapena riuscì a rispondergli di sì. L’altro rimase in attesa. Lui non si decideva a parlare. Allora incalzò, disse che poteva sfogarsi liberamente. A quel punto lui alzò lo sguardo da terra e lo fissò nel suo. Gli si seccò la lingua. All’improvviso non sapeva neanche più cosa volesse dirgli.

Fu allora che l’altro gli appoggiò una mano sulla spalla. Chiamò di nuovo il suo nome. Le lettere se le mangiò il vento gelido. Aveva i brividi in tutto il corpo fuorché sotto la zona su cui erano poggiate le sue dita. Lì era come se ci fosse un caminetto acceso. E pian piano il calore si irradiò anche altrove.
Finalmente riuscì a pronunciare le tre lettere del suo diminutivo. L’altro gli sorrise in segno di incoraggiamento. O di complicità. Ma questo gli sarebbe venuto in mente più tardi. Lentamente riuscì ad articolare la domanda. Aveva la bocca secca. Temeva la sua risposta. Non sapeva neanche il perché.
L’altro spostò le proprie dita dalla sua spalla. Le intrecciò alle sue. Gli sorrise ancora di più e gli chiese se gli desse fastidio che lo facesse. Lui rimase per un attimo spiazzato. Il cuore cominciava a correre la propria personale corsa ad ostacoli. Non sapeva cosa gli stesse succedendo. Si sorprese a rispondergli di no.
L’altro si fece più vicino e con la mano ancora libera prese ad accarezzargli il viso. Dolcemente. Come se fosse l’unica cosa che gli importasse in tutto il mondo intero. Neanche per un attimo staccò i propri occhi dai suoi. Lui non si sentiva a disagio. Si sentiva come se stesse a casa. Si sentiva libero.
Si trovò le sue labbra a pochi centimetri nel giro di qualche secondo. Continuava a guardarlo. Anche se aveva paura, in qualche modo sapeva che l’avrebbe superata. Perché aveva lui vicino a sé. Il respiro cominciò a venirgli meno. La distanza tra loro continuava a diminuire. In ogni senso.
La prima cosa che avvertì fu il suo sapore dolce. Sapeva di caramella al mou. Ne mangiava in continuazione in quei giorni. Chiuse gli occhi e si abbandonò al bacio. Non pensò più a niente. Non c’era niente che valeva la pena di essere pensato in quel momento. Tranne che si sentiva incredibilmente felice.

Il giorno dopo sentì subito la sua mano raggiungergli la spalla, nascosta alle telecamere. Si girò verso di lui e gli sorrise. Lui ricambiò. Questa volta le sue dita presero a muoversi su e giù lungo la sua spina dorsale, ancora invisibili ad occhi estranei. Solo loro sapevano la verità. Anche se era già evidente a tutti.

   
 
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