Lancio un'occhiata allo specchietto retrovisore, e come ogni
giorno il Dipartimento si fa più piccolo, mentre me ne allontano. Riporto gli
occhi sulla strada, e ripenso agli avvenimenti di oggi: nessun omicidio, nessun
suicidio sospetto; un nuovo pivello da addestrare, il che solleva McGee
dall'incarico di pivello ufficiale dell'NCIS; nessuno scappellotto punitivo a
McGee. D'altra parte, non potevo punirlo per aver detto la verità: è vero che
ho due occhiaie che mi arrivano alle ginocchia, che stamattina non mi sono
fatto la barba e che sembra che io non dorma decentemente da tre o quattro
settimane. Nonostante tutto, comunque, i miei programmi per stasera non
cambiano.
Il mercoledì è il turno del Boogie Dreams Pub. Occupo il mio solito
posto al bancone, mentre Ted, il barista, fa scivolare verso di me un doppio
Jack Daniel's. Mi sono dato una ripulita, non sembro più la carcassa che ero
stamattina in ufficio. Scambio qualche parola con Ted: sua moglie partorirà il loro
primo figlio tra un mese e lui è convinto di non saper fare il padre. Cerco di
sollevargli il morale, come sempre, anche se non ho esperienza in materia.
Ridiamo per qualche sciocchezza che ho detto, e poi la vedo avvicinarsi.
Ha i capelli neri e lisci sciolti sulle spalle abbronzate; indossa una canotta
bianca che crea un meraviglioso stacco cromatico con la pelle scura. Finge di
non avermi visto, ma so che è per provarci con me che ha raggiunto questa
estremità del bancone. Non per essere arrogante, ma le donne mi adorano.
Fingo anche io di non averla notata.
"Noi due non ci siamo già visti?"
Dio mio, ti facevo più originale.
"Non credo. Mi ricorderei una faccia carina come la tua."
Dio mio, quanto suona squallida. Beh, mi ci hai costretto. Che avrei dovuto
risponderti?
Ridi. Ok, sei una donna completamente priva di dignità. Potrei calpestarti
indossando degli scarpini da calcio, e mi faresti i complimenti. Bene. Vuol
dire che sei anche più facile da fregare.
"Posso sedermi qui?"
"Siamo in un Paese libero. Ted, pago io la birra della signora."
"Signorina" mi correggi subito. Single in cerca. Mi piace. E non hai
nemmeno contestato il fatto che volessi pagarti da bere.
"La signorina ha un nome?"
Ted si allontana. So che, tra sé e sé, sta ridendo. Ha visto la stessa scena
parecchie volte. Sa come andrà a finire.
"Hannah. E tu sei?"
"Anthony."
"Posso chiamarti Tony?" mi chiedi sorridendo.
Hai un bel sorriso. Peccato tu sia completamente priva di cervello. "Se ti
va."
"Allora, Tony, che ci fa un bell'uomo come te tutto solo al bancone
di un bar?"
"Credo le stesse cose che fa una bella donna come te tutta sola al bancone
di un bar."
Ridi ancora. "A dire il vero sono con degli amici. Ma non credo sentiranno
la mia mancanza." Bevi un sorso di birra, senza staccarmi gli occhi di
dosso. Occhi azzurri, occhi freddi che non mi dicono nulla. E dire che fino a
un po' di tempo fa andavo matto per quelle come te.
"Beh, io invece mi stavo concedendo un drink dopo un'intensa giornata di
lavoro."
"Di che cosa ti occupi?"
"Diciamo che sono una specie di poliziotto."
"Wow... dev'essere un lavoro eccitante, il tuo." Non mi è sfuggito il
modo in cui hai detto 'eccitante': lentamente, scandendo bene ogni sillaba,
sperando di catturare la mia attenzione.
"E' un lavoro. Tu invece che fai?"
"Diciamo che sono una specie di modella."
"Anche il tuo dev'essere un mestiere eccitante" ribatto, pronunciando
l'ultima parola nello stesso modo in cui l'hai pronunciata tu.
Ti osservo mentre ti mordicchi un labbro, illudendoti forse di essere sexy.
Svuoto il bicchiere d'un fiato e lo appoggio sul ripiano di legno lucido.
"Beh, io ora dovrei andare. Domani mattina attacco presto."
Getti un'occhiata al tuo microscopico orologio da polso e ti fingi sorpresa.
"Accidenti, anche per me si sta facendo tardi. Dovrò costringere qualcuno
dei miei amici a riaccompagnarmi a casa."
So dove vuoi arrivare. Beh, non mi offrirò di riportarti a casa. Sarai tu a
chiedermelo entro cinque secondi al massimo.
"Mi daresti un passaggio? Abito qui vicino." Mi guardi spalancando i
tuoi occhioni azzurri.
Sorrido. "In qualità di pubblico ufficiale, è mio dovere proteggere i
cittadini." Questa sera sto raschiando il fondo del barile, in quanto a
frasi ad effetto. Ma tu non te ne accorgi, impegnata come sei a cercare di
sedurmi.
"Saluto i miei amici e prendo il giubbotto."
"Ti aspetto."
Ti allontani e Ted si riavvicina. "Ah, Tony... non sei ancora
stanco?"
"Di che cosa, Ted?"
"Di questa farsa, di una donna diversa ogni notte, di tutte queste ragazze
che illudi."
"Io non ho illuso proprio nessuno. E' lei che ci sta provando con
me." Se potessi avere un dollaro per ogni volta che ho usato questa
sciocca scusa, non avrei più alcun bisogno di lavorare.
Ti vedo tornare. Saluto Ted e usciamo.
L'aria fresca della notte mi fa rabbrividire, ma è solo un attimo. Sei
incredibilmente minuta: al bar non lo avevo notato. Mi spieghi come raggiungere
il tuo quartiere e metto in moto.
Il viaggio è tutto un chiacchierare e ridere insieme, e sento un peso allo
stomaco intuendo che non hai capito che faccio finta. E' tutta una finta. Ma tu
ridi, e i tuoi capelli neri danzano attorno al tuo viso, e tu non ti accorgi
che sto mentendo.
Parcheggio sotto casa tua. "Bel quartiere" commento. E' la prima
verità che dico da mezz'ora a questa parte.
"Ho avuto molta fortuna, ho trovato un appartamento molto carino ed
economico."
Continuo a guardarmi intorno, contando fino a cinque prima che tu...
"Vuoi salire?"
Donne. Avrete anche ottenuto emancipazione ed indipendenza, ma alcune di voi
restano veramente delle idiote senza cervello.
"Perché no? Sono curioso di vedere questo appartamento carino ed
economico."
Ridi.
L'appartamento è davvero carino, e sono sinceramente stupito quanto mi dici
quanto paghi d'affitto. Sto girovagando per il soggiorno, quando mi chiedi se
voglio da bere. Accetto la birra che mi offri e ti osservo mentre ne stappi
due.
Mi sono sfilato il giubbotto e l'ho lasciato cadere sopra il tuo, sul tavolino
del soggiorno. Mi avvicino al bancone della cucina, dove mi stai aspettando.
Brindiamo 'ad un appartamento carino ed economico'. Ti appoggi alla superficie
liscia e lucida, mettendo in mostra un decolleté piuttosto generoso. Ok, la
cosa inizia a farsi interessante.
Ridiamo ancora un po'.
Ok, la cosa inizia ad andare per le lunghe. Non prenderai mai l'iniziativa,
vero Heather? No, non ti chiami Heather… Hilda? No, Hannah.
Parli, parli, parli. Sei nervosa. Non dirmi che sei una di
quelle che si imbarazzano… dopotutto sei stata tu a venirmi a cercare.
Continui a parlare. Non ti ascolto nemmeno. Di tanto in
tanto muovo la testa, per darti l’illusione che sì, ti sto ascoltando, ma in
realtà non mi importa affatto quello che stai dicendo.
Trattengo a stento uno sbadiglio.
Conto fino a cinque.
Ti bacio.
Non te lo aspettavi, eh? Lo capisco dal modo in cui ti
stacchi, quasi subito, per riprendere fiato.
Per un attimo potrei pensare che hai cambiato idea, poi ti
guardo bene. No, quando ti sei avvicinata a me, sapevi ciò che volevi. E ciò che volevi – e che vuoi ancora – è fare
del buon sesso con un bell’uomo. Conto fino a cinque. Con voi donne, la regola
è sempre la stessa: contare fino a
cinque.
Sapevo che non ti aveva fatto troppo schifo essere baciata
da me. Lo capisco dal modo in cui ti avventi su di me, incurante di quello che
potrei pensare. Qualunque uomo ti bollerebbe come un’assatanata, una
sgualdrina, una ninfomane. Ma io non sono qualunque uomo. Io sono uno che
capisce il tuo bisogno di sentirti meno sola. Sono uno che soffre, e cerca
sollievo nel sesso. Il che è decisamente più salutare della droga, dell’alcol o
del fumo.
Le tue mani sono sulle mie spalle, sono tra i miei capelli,
mentre scendo a baciarti il collo, senza sentimento, senza amore. E’ soltanto
sesso. Puro, semplice sesso.
Ci muoviamo verso la tua camera da letto, senza staccarci
nemmeno per un istante. Le tue dita trafficano con i bottoni della camicia,
aprendoli ad uno ad uno, desiderando di fare più in fretta, mentre la mia mano
è già sotto la tua canotta, a contatto con il tuo seno.
Ti lasci cadere all’indietro sul letto, trascinandomi con
te. Ti libero della canotta in fretta, baciando la tua pelle dorata mentre stai
ancora trafficando con i miei vestiti. Finalmente riesci a togliermi questa
maledetta camicia. Mi abbasso su di te, lasciando una scia di baci sulla tua
pelle: mi piace il contatto con il tuo seno, mentre slaccio i tuoi jeans.
Mi ci vuole poco per capire di essere pronto. Spero tu non
sia una di quelle che pretendono dolcezza e sentimento, perché non avrai nulla
di simile da me.
Quasi ci strappiamo di dosso il resto dei vestiti, nella
fretta di arrivare al dunque.
Guardo per un attimo la donna che è stesa sotto di me, prima
di iniziare a darmi da fare: sei bella, sei attraente, sei fantastica… ma non
sei la donna che amo.
Entro in te strappandoti un gemito più intenso, e a occhi
chiusi inizio a muovermi nel tuo corpo, preso dalle mie fantasie, quasi
incurante di quello che a te potrebbe piacere. Sono sincero: non mi importa di
te. E’ esattamente come andare con una prostituta, per me… solo che tu mi sei
costata soltanto una birra. Sì, sono uno stronzo. Domani mattina aprirai gli
occhi, soddisfatta e appagata, e mi cercherai; scoprendo che non sono accanto a
te, e che non ti ho nemmeno lasciato un recapito, mi odierai e avrai voglia di
prendere a calci il mondo.
Ma non è affar mio.
Il tuo corpo asseconda il mio desiderio, ti muovi in
perfetta sincronia con me. Di tanto in tanto ti sento sospirare, mentre invochi
il mio nome. Con il passare dei minuti, nemmeno il tuo soffocato “Oh, Tony” mi
scalfisce più. Continuo per la mia strada, pensando al corpo che vorrei davvero avere per le mani in questo
momento.
Penso ai suoi capelli ondulati sparsi su questo cuscino, al
posto dei tuoi.
Penso ai suoi occhi neri. E’ in quegli occhi che vorrei
vedere il brillio che, ora che ho riaperto i miei, mi indica che ti stai
abbandonando a me, che vorresti essere lei,
anche se non la conosci. Vorresti essere Ziva.
Ma non lo sei.
Rieccomi al Dipartimento, come ogni mattina. Seduto alla mia
scrivania, tracanno caffè. Devo smetterla di fare questa vita,
Ted-il-barista-futuro-padre ha ragione. Fa presto, lui, a parlare: lui ha una
donna che lo ama, e stanno per avere un bambino. Io sono innamorato di una
donna che mi considera soltanto un collega.
“DiNozzo, hai di nuovo fatto tardi ieri sera?”
Lo dici con quel sorriso ironico che ti caratterizza. Quel
sorriso che mi ha reso schiavo di te.
“Già” mi limito a rispondere. Ed è tutta colpa tua.