Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: Linktroll    21/06/2010    4 recensioni
Alfred e le sue manie di protagonismo causano non pochi guai ai suoi conoscenti... il risultato è assolutamente comico! [Dedicata ad Hina, tanti auguri!]
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Giudizio dell’autore: Premetto che America non mi sta molto simpatico per via di un motivo: FRUK. Io sono una fangirl (fanboy più che altro xD) incallita di quella coppia e qualcuno potrebbe pensare che io abbia scritto questa fiction per gettare merda su Alfred, ma non è così! Questa fiction è un regalo, per cui, Alfred è trattato come tratto qualsiasi altro personaggio di Himaruya, forse anche meglio! Ho solo messo in evidenza la comicità delle sue manie di protagonismo. Buona lettura!

 
Era una chiara giornata di estate. Le nuvole passeggiavano e i venti facevano amicizia con loro. Le chiedevano come stavano, se avessero intenzione di far piovere, come facevano a non soffrire di vertigini e quant’altro.
Un uomo dai capelli biondi, impettito, con uno sportivo giaccone di pelle marrone, nonostante l’eccessivo caldo, andava per le strade del ridente centro balneare presso cui aveva deciso di passare l’estate.
“Yummi! Quest’aria salubre stimola l’appetito! Un hamburger non ci starebbe per niente male!”
Alfred aveva perso il conto di quanti culi avesse visto in giro in quello stabilimento balneare. Ma ognuno di essi gli ricordava un hamburger, e il bisogno di nutrirsi lo stava lacerando.
Il lido in cui soggiornava era più che fornito di sedie a sdraio. Il piano era quello di sdraiarsi, per poi ordinare qualche porcheria da sgranocchiare o sorseggiare.
L’ombra era fantastica. La frescura era divina. Niente lo avrebbe scomodato da lì… se non il bisogno di un suo intervento tempestivo.
Alfred aveva qualcosa in testa come un radar cerca pericoli: ogni qual volta la gente aveva bisogno di un eroe, qualcosa in lui si accendeva, conducendolo alla fonte di disperazione. Questa volta la cosiddetta fonte era più vicino di quanto pensasse.
Alla sua sinistra, il rumore sordo di un oggetto metallico che colpiva fortemente qualcosa gli penetrò dentro le orecchie per più di una volta. Quando torse gli occhi per controllare la situazione, riuscì ad intravedere Ivan con un rubinetto in mano, e una sedia a sdraio tutta sgangherata ai propri piedi.
“Mia cara sedia a sdraio…” Mormorava il sovietico con un’espressione sorridente e compiaciuta.”
“Ehi, Russia! Che succede?”
“Ho provato ad aprire più di una sedia a sdraio, ma non ci riesco… Poi sono passato alle maniere forti, ma neanche col mio rubinetto… Che nervosismo…” Spiegò, sempre col sorriso sul volto.
“Ahahahahah! Perché non me l’hai detto subito? Io sono l’eroe! Ci penso io!” Urlò, battendosi un pugno sul petto.
Con uno scatto agile, Alfred balzò dalla sua sedia a sdraio, dirigendosi verso quella del russo. Si chinò ginocchioni sulla sabbia, cominciando ad armeggiare con la sedia a sdraio, toccandone le gambe e i meccanismi a molla che ne permettevano il funzionamento.
Ivan, dal canto suo, non riuscì a resistere. La testa dell’americano che si muoveva di qua e di là sotto il suo naso era un bersaglio troppo invitante. Portò il rubinetto dietro la schiena, mentre raccoglieva le forze e raccoglieva le forze, quando, tutto ad un tratto, la sedia a sdraio volò verso l’alto, mancando d’un soffio Alfred e colpendo a tutta potenza Ivan in fronte, che crollò privo di sensi sulla sabbia dorata.
“Kaboom! Con un po’ di tritolo si risolve sempre tutto!”
La sedia a sdraio atterrò magicamente sulla distesa di sabbia, perfettamente aperta e utilizzabile, come se l’esplosione non l’avesse nemmeno scalfita.
“Hai visto, Russia? Non ci voleva molt-…” Pronunciò America mentre si rialzava in piedi, voltandosi di 180°. Ai suoi piedi, Ivan svenuto, stava cocendo sotto il sole rovente.
“Ma… ha deciso di dormire sulla sabbia alla fine? Bah, questi russi! Mi ha fatto aprire la sdraio inutilmente, e ora mi è passato l’appetito!”

Era una chiara giornata di estate. Le nuvole passeggiavano e i venti facevano amicizia con loro. Le chiedevano perché avevano deciso di scegliersi nomi stupidi come cirrostrati e cumulonembi, se fossero razziste con le nuvole nere cariche di pioggia, come facevano a muoversi sempre senza stancarsi e quant’altro.
Il nostro uomo biondo, impettito e occhialuto aveva abbandonato lo stabilimento, ricercando altre mete o altri luoghi in cui avrebbe potuto dare una mano.
Le strade erano ricche di stand o negozi di qualsiasi tipo, specialmente di fiorai, che lucravano sulla gran presenza di coppiette innamorate a cui rifilare l’ultimo tipo di fiore scoperto in patagonia.
Tra questi maledetti venditori, uno di essi aveva la capacità di convincere la maggior parte delle coppie di un possibile acquisto. Il suo nome era Francis, il re dei subdoli, il gran maestro della ruffianaggine, il cultore della seduzione.
Certo, anche lui aveva le sue nemesi. Come le donne timide, totalmente indecise, che si chiedevano quale tipo di fiore andasse meglio per arredare la propria casa.
“Il mio senso di bagno pizzica! Significa che c’è qualcuno in pericolo!”
Alfred torse gli occhi in direzione della sorgente di tanta disperazione. Seychelles si trovava di fronte allo stand “Bellezze Floreali”, il cui titolare era il sopraccitato Francis.
“Allora, chierìe, quale di questi vorresti?”
“… Pesce. Qualcosa che sa di pesce.”
“Che ne dici di questo oleandro marino, allora?” Propose il francese, passandosi una mano tra i capelli e strizzando l’occhio.
“Uhm…” Seychelles ne assaggiò con un forte tiro del naso l’odore, sottoponendo a giudizio la scelta del vinofilo: “Buono, ma… incompleto. Più pesce. Me ne serve. Come posso fare?”
Io sono l’eroeeeeeeeeee!” Proclamò Alfred, correndo in direzione di Seychelles col dito innalzato al cielo, arrivandole vicino in una lunga scivolata, lasciando sull’asfalto qualche centimetro delle sue suole.
“A-america?” Il francese rimase a bocca aperta, mentre cercava di rimettersi a posto un ciuffo spostato dalla folata di vento provocata dall’arrivo dell’americano.
“Ehilà, ehilà, Francia! Stai facendo uscire pazza questa poveretta, eh? Ma non c’è problema! Io risolverò tutto. Andiamo, andiamo, Seychelles, dì pure cosa vuoi.”
Beh, mi servirebbe un tipo di fiore che… sappia di pesce. Di più di un pesce. Cioè…” La piccola e innocente ragazzina si rigirò più volte il dito in una delle sue due code, assumendo un’espressione fragile e insicura. “Come faccio…”
“Se non riesci a scegliere… la soluzione è solo una! Prendine più di uno, fino a creare l’inconfondibile aroma che cerchi!”
“Oooh…!” Gli occhi della pesciara cominciarono a brillare, sprizzando stupore da ogni poro. Si sarebbe trattato di un lungo lavoro, e Francis già non si aspettava nulla di buono…

8932 mazzi di fiori dopo

“Qu-quanti ne devo tenere ancora addosso?” Il francese teneva sulla schiena, sulle mani, sulle spalle, sulla testa, sulle braccia, un numero indefiniti di fiori, impossibili da determinare semplicemente ad occhio. Seychelles stava andando per tentativi, tentando di trovare l’aroma che cercava, aggiungendo o togliendo fiori a random.
“Uhn… e se aggiungessimo…”
“Provo ad aggiungere io qualcosa!” Alfred scaricò un altro copioso mazzo di fiori sulla schiena di Francis. “Che te ne pare?”
“Non sa… di… pesce…”
“La vogliamo smettere per favore? Non ce la faccio più!”
“Ahahah! Francis, sei proprio un mollaccione! Toh, prendi questo esemplare tipico di fiore dell’amazzonia! Sembra perfetto per il profumo di cui è in cerca Seychelles!” Senza pensarci l’americano gettò un altro bouquet di fiori sulla schiena del francese, sforzandosi di poter trovare l’aiuto giusto per la donzella in difficoltà.
“Co-cosa? America, che cazzo mi hai lanciato? Non avrai per caso sfiorato l’esemplare di ovbulba flurensis, è famosissimo per attirare sciami e sciami di api verso l’uomo che possiede i fiori in quel momento!”
Una manciata di secondi e un rumorosissimo sciame di api era già comparso all’orizzonta, come una sorta di tromba d’aria turbinante e assassina. Francis sgranò gli occhi, tremando per l’imminente pericolo.
“Cochon! Che cos… parbleu! Si stanno dirigendo verso di me! Devo… gnnn… scappare!”
Francis andò per muovere le gambe a passo veloce, ma il peso dei fiori l’aveva completamente paralizzato e impossibilitato a fuggire.
“Pourquoiiiiiii, mon dieu?”
Lo sciame di api aveva ormai avvolto Francis, che era crollato supino a terra, sotto il peso delle sue bellezze floreali, divenendo facile preda degli animali pungenti. Urla strazianti e lancinanti provenirono da dietro il bancone, mentre Alfred e Seychelles assistivano alla scena senza muovere un ciglio.
“Pesce… morto?”
“Nah, Seychelles, si sta divertendo con le api! Francis è una persona dolce come il miele, e le api ne vanno matte!”
“Oooh, ma allora… i fiori fanno male? E la mia fragranza… pesce?”
Io sono l’eroe! E ho sempre la soluzione giusta al momento giusto!” Alfred si girò di colpo, individuando con gli occhi un pescivendolo sul ciglio della strada. Con la faccia di chi sa cosa sta facendo, comprò una quantità incredibile di pesce, depositandolo nelle mani della ragazzina.
“Ecco! Arreda casa tua con questi! La fragranza di pesce è assicurata!”
La ragazzina fissò i pesci con aria stralunata: “Pesce! Pesce, pesce, pesce!”
“Evvai! Un’altra situazione risolta alla grande!” Con estrema gioia, Alfred alzò il braccio, colpendo le mani di Seychelles e facendole volare tutti i pesci in faccia con una brutalità inaudita, tanto da farle perdere i sensi.
“Toh, che strano! Non avevo mai visto nessuno prendersi da solo a pesci in faccia! Non le bastavano già quelli che aveva ricevuto da altri?” E conscio del fatto di aver sconfitto ancora una volta il male, Alfred, più che mai impettito, ricominciò il suo viaggio senza meta.

Era una chiara giornata di estate. Le nuvole passeggiavano e i venti facevano amicizia con loro. Le chiedevano perché erano bianche, se avessero dei mariti, come facevano a non sfracellarsi a terra e quant’altro.
L’uomo dal ciuffo biondoso sexy andava barcollando sotto il solleone cocente, disidratato e affamato. Essere eroi era un duro lavoro, e forse due azioni eroiche in una sola giornata erano troppe.
Ma un eroe non ha mai tempo di riposarsi. E se c’è qualcuno che ha “bisogno” il senso di bagno non può che attivarsi. Questa volta la fonte di disperazione riguardava una persona che stava particolarmente a cuore ad Alfred.
“Ti dico di no, maledetto unicorno! Non va toccata quella parte del motore!”
Arthur era chino sul motore della propria decappottabile, accostata sul ciglio della strada di quella ridente località turistica. Il culetto dell’inglese, la cui forma era ben visibile a contatto col costume, si muoveva a destra e a sinistra, mentre le mani toccavano a casaccio qua e là marchingegni presenti dentro il cofano.
“Inghilterra! Ahahahah! Parli ancora coi tuoi amici immaginari? Perché non ti crei un unicorno di professione meccanico la prossima volta? Almeno ti aiuta!”
“America…” Con la faccia stizzita, Arthur si voltò lentamente verso l’americano, sperando che la sua espressione fosse più eloquente delle sue parole. “Che diamine vuoi qua? Fuori dai piedi!”
“Uhn?” America si sorprese, mentre con circospezione faceva il giro dell’auto dell’inglese. “E questo cuscino a forma di rosa? Che cosa ci fa nella tua macchina? Forse Francis…”
“Sono affari miei!” Urlò Arthur, piazzandosi tra Alfred e la decappottabile.
“Inghilterra! Ahahahah! Sono venuto qui per aiutarti, non hai capito? Io sono l’eroe!” E via un’altra volta il dito verso il cielo, innalzato verso la libertà e gli aerei da guerra.
“N-no! Tieni le tue zampacce lontano dalla mia decappottabile!”
“Andiamo, sai molto bene che sono migliore di te in tutto! E poi ho imparato come si fa da giappone!”
Una leggera spinta ed Arthur era ormai lontano dal cofano, al cui interno le frettolose  mani dell’americano si muovevano senza sosta, provocando rumori inquietanti per le orecchie del giovane Arthur. Col cuore straziato, non poteva far altro che osservare qualche bullone o vite che veniva fuori.
Lo strazio perdurò finchè Alfred non tirò su la faccia sporca di grasso, asciugandosi il sudore.
“Inghilterra! Ahahahahah! Vedrai come ti ho sistemato il motore! E’ una bomba!”
“Ehr… sì? Non vedo l’ora di provarlo, allora!”
Inghilterra prese posto sul sedile del guidatore, con volto scettico. Mise le mani sul volante, andando per girare le chiavi e accendere la vettura.
“Aspetta, Arthur. Lascia che ti aiuti. Chiudi gli occhi…”
“Co-come sarebbe a dire, chiudi gli occhi?” L’inglese saltò all’aria, con la faccia più porpora che abbia mai avuto.
“Fidati di me, Arthur!”
Il britannico chiuse gli occhi, tenendo le mani ben ferme sul volante. Dopo una manciata di secondi, sentì il respiro dell’americano avvicinarsi a lui, sempre più vicino, fino al collo.
“Adesso non frenare, Arthur… Non fermarti…”
Co-cosa? Sta forse alludendo al fatto… che non devo tirarmi indietro? Che non devo frenare i miei sentimenti? What the fuck!
Il cervello del gentleman era andato praticamente in tilt. Quella frase risuonava così ambigua… e… quella sua frase precedente… quel chiudere gli occhi…
“Bene, Arthur. Adesso accelera, fallo vibrare… Muovi sull’acceleratore…”
Accelerare… il battito del mio cuore? M-ma… What the Hell, da dove ha preso tutta questa audacia?
Il volto di Arthur era in sovraccarico sanguigno. Stordito da quelle parole che non si aspettava, mantenne la lucidità necessaria quanto bastava a seguire le direttive dell’americano, schiacciando sull’acceleratore. Quando Alfred smise di parlare, il rumore di un motore che si accendeva arrivò alle orecchie dell’inglese.
Aprì gli occhi e tutto gli fu chiaro: nella sua macchina a cambio automatico, schiacciare l’acceleratore significava partire. Alfred aveva girato le chiavi mentre lui aveva gli occhi chiusi, e la pressione sull’acceleratore aveva fatto il resto.
La macchina partì come un razzo, e quando Arthur aprì gli occhi si ritrovava già a folle velocità, con una macchina che non riusciva a controllare né a fermare.
“What the heeeeeeeeeeeeell…!” Sentì Alfred sempre più in lontananza, mentre vedeva la macchina dell’inglese partire a tutta velocità, andare a sbattere con un albero ai lati della strada e poi esplodere, mentre il britannico veniva scagliato via ad anni luce di distanza.
“Ehi, che fesso! Eppure gliel’avevo detto che il nuovo motore era una bomba! Come gli è venuto in mente di farlo esplodere? Oh, povero Inghilterra…”

Era una chiara giornata d’estate. Il cielo era ormai al crepuscolo e di nuvole non ce n’erano più.
Alfred aveva terminato la giornata con una gran soddisfazione sulle spalle. Ancora una volta, si era battuto perché tutto andasse bene. E aveva vinto.
Il bene aveva trionfato ancora una volta.
Si era meritato una bella cena a base di hamburger e cola.
Scriveva così a fine giornata, sul suo diario:
< Con le buone azioni di cui mi sono ricoperto oggi, potrei anche stare a riposo per un mese, ma…
Se non trovo il tempo per rilassarmi nemmeno in vacanza, quando dovrei farlo?
Eppure, giuro che da domani la smetto.
Anche perché ho la sensazione che non tutto ciò che ho fatto oggi abbia avuto un esito positivo.
O no?
Beh, domani chiederò a qualcuno.
O dopodomani.
O magari fra un mese.
Ma è poi così importante l’opinione degli altri?
Tanto, per quanto possa domandare in giro, da ogni parte riecheggerà sempre la stessa magnifica voce: Io sono l’eroe!>>
“Là! Finito!” Urlò esultante America, staccando la penna dal foglio.
“Bene, adesso puoi levarti da sopra di me? Mi stai fracassando tutto!”
“Inghilterra! Ahahahah! Scusa, mi ero completamente dimenticato di essermi appoggiato sul tuo stomaco per scrivere!”
“Vaffanculo! Non solo mi hai mandato all’ospedale, mi usi anche come scrivania!”
“Beh, se mi hai sempre detto che posso contare su di te non vedo perché non dovrei poter scrivere su di te!”
Con una risposta arguta, ancora una volta l’eroe aveva esorcizzato il male, riportando tutto alla normalità. Il mondo poteva dormire sogni tranquilli.
Continua a difenderci, Alfred. Continua a difenderci e a garantire a ognuno il proprio giusto futuro.
Perché, checcè ne possano dire, tu sei e rimani l’eroe. L’unico eroe.

--- 

Questa fiction è… strana. Un insieme di demenzialità e ironia nei confronti di America? Non saprei. Ma so a chi doverla dedicare. Anche se l’ho terminata alle 0:05 e di fatto non è più il suo compleanno, dedico questa fiction a Giulia/Hina, come un piccolo presente per il suo compleanno (di cui mi sono ricordato, tra l’altro, alle sei di pomeriggio xD)
Dal momento che lei è l’eroe, e sottolineo, l’unico che sopporto, non potevo non dedicarle una fiction alfredosa. Sebbene lei non voglia ammetterlo mai, so bene che mi ama, quindi non volevo che questa giornata mi scivolasse addosso come una giornata qualsiasi. Per cui…
Tanti auguri onee! <3

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Linktroll