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Autore: Mapi D Flourite    22/06/2010    6 recensioni
SPOILER! 6x18, The End
«James?»
L'uomo sollevò la testa, quando una voce fin troppo conosciuta e per troppo tempo dimenticata arrivò alle sue orecchie, e si voltò lentamente, gli occhi sgranati, mentre il sorriso lasciava spazio all'incredulità e le sue labbra si piegavano in una smorfia di sconcerto. «Tu?»
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jack, Sawyer
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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M e e t i n g  y o u  a g a i n
[ A f t e r l i f e ]





Il sole brillava tranquillo, quella mattina, e il vento soffiava frizzante tra le vie congestionate dal traffico e le finestre lasciate socchiuse nella speranza di catturare un po' di quella primavera che, quell'anno, aveva tardato tanto a ritornare. Il cielo si era schiarito come d'un tratto, liberandosi dei nuvoloni pesanti e delle piogge che durante tutto l'inverno avevano schiacciato gli ombrelli e prostrato gli umori e quando James si era svegliato, tra le sette e le otto, non aveva avuto bisogno di aprire le imposte scure e pesanti della sua camera da letto per sapere.
Gli era bastato aprire gli occhi e, mentre lasciava vagare il suo sguardo sul soffitto della propria stanza striato di buio e luce soffusa, aveva sentito chiaramente una sensazione di estrema calma e pace risvegliarsi nel suo petto e avvolgerlo completamente, da capo a piedi, come non succedeva ormai da così tanto tempo che, infondo al cuore, aveva iniziato a pensare che quei sentimenti non fossero mai realmente esistiti. Non sapeva da dove arrivasse, non sapeva perché fosse lì; l'unica cosa che sentiva per certa era che quella giornata, semplicemente, sarebbe stata diversa.
Ed ecco perché, dopo tanto – troppo – tempo, era tornato da lei.
Non sollevò gli occhi per guardare le ultime, pigre nuvolette bianche vagabondare nel cielo terso di Los Angeles, né lasciò scorrere lo sguardo sui prati ben curati e i vialetti acciottolati costeggiati da erba fine e brillante puntellata di piccoli fiorellini bianchi e azzurri. Appoggiato con tutto il suo peso al bastone che lo sosteneva, non faceva altro che rimanersene lì, cullato dolcemente dall'arietta, a guardare quella pietra grigia e quella foto a colori in cui lei sembrava essere davvero felice. Abbozzò un sorriso e sospirò, socchiudendo gli occhi azzurri che sembravano brillare con più intensità, tra le rughe di quel viso che dimostrava più anni di quanti non ne avesse in realtà.
«Ciao, Juliet,» sussurrò, e quando chiuse le labbra il mondo attorno a lui parve fermarsi e scomparire, come se tutto ciò che fosse rimasto fossero lui e quel sorriso raggiante che lo guardava dalla pietra. «Lo so che venire qui o stare a casa è la stessa cosa: tu non sei né qui né là, dopotutto, e che con questa stupida gamba è meglio che io non mi muova troppo, ma sta mattina sono venuto su dal letto e… Niente. Avevo bisogno di vederti.» Abbassò lo sguardo per un momento e si leccò le labbra secche. «Credo che sia finita per davvero, questa volta, Juliet.» Si chinò appena in avanti, e sfiorò il sasso con la punta delle dita, per poi scendere alla cornice lucida e al vetro che lo separava dalle sue guance e dalle sue labbra. «Lo sento dentro, più nitidamente che mai.» Il suo sorriso appena abbozzato di allargò, e quasi rise quando lo colse il pensiero che, davvero, lo sentiva. «Sto arrivando, piccola. Ovunque tu sia, aspettami solo un altro po', okay?»
«James?»
L'uomo sollevò la testa, quando una voce fin troppo conosciuta e per troppo tempo dimenticata arrivò alle sue orecchie, e si voltò lentamente, gli occhi sgranati, mentre il sorriso lasciava spazio all'incredulità e le sue labbra si piegavano in una smorfia di sconcerto. «Tu?»
Un sorriso e poi qualche passo nella sua direzione, le braccia stese lungo i fianchi che si aprivano piano, quasi come se volesse stringerlo in un abbraccio. «Io,» disse, semplicemente. «È bello rivederti.»
James sentì l'aria intrappolarsi nella sua gola e si voltò fino a che non l'ebbe di fronte, ancora non del tutto sicuro che quella fosse la realtà. Rimase un momento in silenzio e poi sospirò: «È bello rivedere te,» rispose meccanicamente, ancora dubbioso, stringendo con più forza il bastone tra le dita. E poi aggiunse, in un sospiro, quasi come non si fidasse della sua stessa voce: «Jack.»
Jack si fermò a pochi passi da lui ed entrambi gli uomini rimasero immobili a scrutarsi, incapaci di dare voce ad alcuno dei pensieri che passava loro per la mente. James abbassò il viso e aggrottò le sopracciglia, incapace di mettere ordine ai propri pensieri che sembravano impazziti nella sua mente: «Desmond aveva detto… Dopo essere tornato dall'Isola Desmond ci aveva detto che tu eri morto.» Sollevò il viso: «Era una bugia? Ma perché ci avrebbe raccontato…» E poi tacque, quando il sorriso di Jack si allargò ancora di più e i suoi occhi iniziarono a brillare. Sbatté le palpebre, sconcertato, e poi si passò una mano in fronte, lasciando cadere nuovamente il suo sguardo sulla lapide di Juliet. «No,» mormorò, tra sé e sé. Tornò a guardarlo. «Tu sei morto davvero
Non era una domanda e Jack annuì, infilandosi le mani in tasca. «Già.»
James aprì la bocca per parlare ma non disse nulla e lasciò che la consapevolezza lo attanagliasse per quei cinque miseri secondi in cui sentì la terra tremargli sotto i piedi e il peso di una colpa che aveva sentito tanti anni prima e che non avrebbe mai più creduto di provare schiacciargli le spalle stanche. Chiuse gli occhi: «Ti abbiamo lasciato indietro.»
«No.» James sollevò lo sguardo. «Io sono rimasto, perché era giusto che rimanessi, e sono felice che siate riusciti ad arrivare qui sani e salvi. Per una volta ho fatto anche io qualcosa di buono, almeno.»
Sorrideva, tranquillo, e in quell'espressione James avvertì nitidamente la stessa sensazione che aveva provato quella mattina, appena sveglio, e guardò nuovamente Juliet con espressione seria. Sospirò piano. «Sai,» le disse, a bassa voce, «credo di essere pronto davvero. Possiamo andare,» aggiunse, poi, rivolto a Jack.
L'altro uomo annuì. «Perfetto. Ti dispiace se ti accompagno?»
James avanzò, incespicando sulla gamba malata e sostenendosi alla meglio al suo bastone, e si fermò un momento accanto a lui, scrutandolo con occhi brillanti. «Anzi, mi farebbe piacere. Per un vecchietto è piuttosto lunga da qui a casa mia, mi farà bene avere qualcuno con cui parlare,» e senza che ci fosse bisogno di aggiungere altro si incamminarono, l'uno accanto all'altro, gli sguardi dritti davanti a sé, l'uno con le mani in tasca e l'altro che zoppicava lievemente, con calma, lasciandosi scappare di quando in quando qualche leggero gemito di fastidio.
Jack si voltò nella sua direzione, solo per un momento. «Cosa ti sei fatto alla gamba?»
«Perché, vuoi cercare di rimettermela a posto?» ridacchiò, inarcando un sopracciglio.
«Se potessi, sai che lo farei.» Tacque un momento. «No, sono solo curioso. Comunque, non devi certo rispondermi, se non vuoi,» aggiunse.
James si strinse nelle spalle: «Sono caduto.»
Si fermarono e rimasero immobili a guardarsi e Jack soffermando lo sguardo sulle mani nodose strette intorno al suo sostegno con la stessa forza con cui ricordava aveva stretto tempo fa la sua stessa mano. Annuì. «Capisco.»
«E tu, Jack?»
«Io?»
«A te che è successo?»
E, a quella domanda, non poté fare a meno di sorridere. Le immagini e le sensazioni lo investirono in pieno e lui si lasciò trasportare dai ricordi per un lungo momento, prima di rispondergli. «Sai una cosa?» gli disse, quasi come se si stesse confidando con un amico di vecchia data, «sono caduto anch'io.»
James aggrottò le sopracciglia e poi scosse il capo. In tutta onestà, non aveva bisogno di sapere altro. «Bene. Infondo ho sempre pensato che io e te fossimo condannati a soffrire delle stesse pene.» Esitò un momento e lanciò una rapida occhiata alle proprie gambe, prima di incamminarsi di nuovo. Jack lo seguì, il profilo alto e gli occhi spalancati, come se volesse al contempo assorbire il mondo che lo circondava e avesse la piena consapevolezza che tutto, già, gli apparteneva.
Fu James a rompere nuovamente il silenzio: «Allora, Doc, com'è l'aldilà? Ne vale la pena?»
Jack sorrise e si strinse nelle spalle. «Mi dispiace, ma non posso risponderti.»
Lo guardò di sottecchi con una luce furba ad illuminargli gli occhi: «Cos'è, una sorta di legge superiore per la quale non puoi infrangere il segreto professionale?»
«No, niente del genere,» rispose lui, ridendo. «Non posso risponderti perché non lo so
James aggrottò le sopracciglia. «Non lo sai?» Lui scosse il capo. «Ma non mi avevi detto di essere morto?»
«Certo, sono morto ma, come vedi, sono anche qui.» Sollevò lo sguardo verso il cielo. «E se sono qui, significa che non sono ancora dall'altra parte, non ti pare?»
Non gli rispose subito e abbassò lo sguardo, cercando di elaborare le sue parole. «Già.» Fece schioccarla lingua e chinò la testa da una parte, lasciando che i capelli bianchi cadessero ad accarezzargli il collo: «Qualche questione in sospeso di qualche tipo?»
Jack scosse il capo. «No. Soltanto, non credo di essere ancora in grado di lasciare andare.»
«Lasciare andare? Cosa?»
«La vita, le mie convinzioni,» si strinse nelle spalle. «Tutti voi.» James lo guardò e Jack gli restituì un sorriso mesto. «Alcuni li ho persi durante il cammino e voi altri… Voglio essere sicuro di non perdere anche voi.»
«E lei?» gli chiese, quasi senza pensare, e non ci fu bisogno di specificare di chi stesse parlando. Jack distolse lo sguardo e strinse le labbra e poi, un attimo dopo, sorrise, come colpito da un ricordo che aveva gelosamente serbato infondo all'anima.
«Sei stato anche da lei, alla fine?» insisté e Jack scosse il capo, continuando a sorridere. «No, James, non alla fine. Io sono sempre stato con lei.» Poi aggiunse, con gli occhi lucidi e la voce che gli tremava: «Se n'è andata in pace. Io… Io credevo che non mi avesse visto, prima di allora non si era mai resa conto della mia presenza, ma…» inspirò a fondo, chiudendo gli occhi. «Un solo istante prima di spirare ha sollevato le mani e mi ha afferrato il viso, e guardandomi dritto negli occhi ha detto "Mi sei mancato così tanto".» Sorrise e scosse il capo, cercando di trattenere le lacrime. «Era felice. Dopo tanto tempo, finalmente l'ho vista davvero felice.»
James distolse lo sguardo e guardò a terra, tra la punta del suo bastone e quella della sua scarpa. Strinse le labbra in una linea dura e poi chiese: «E lei
Entrambi sollevarono lo sguardo e anche adesso non ci fu bisogno di aggiungere altro. «Ti sta aspettando.»
«L'hai vista? Le hai parlato? Perché non è venuta qui, insieme a te?»
Jack scosse il capo: «Lei è già dall'altra parte, James, è già passata. E ti sta aspettando, ne sono certo.»
James rimase a fissare il vuoto con gli occhi lucidi e stanchi e annuì, incapace di aggiungere altro. «Non è stata colpa tua, Doc.»
«James…»
«Non è stata colpa tua,» ripeté, la voce dura. Chiuse gli occhi. «Forse è stata solo colpa mia, forse ho fatto qualcosa di sbagliato, o forse no…» Si leccò le labbra. «Forse, semplicemente, era così che doveva andare. Sai, ho passato gli ultimi quarant'anni della mia vita a pensarci, ininterrottamente, e nonostante questo non sono giunto a capo di niente: ho biasimato te, Kate, me stesso, perfino lei, ad un certo punto.» Tacque un attimo, come se il peso di quelle parole gli fosse insopportabile. «Non so di chi sia la colpa, non so se ci sia una colpa, ma se può servire a qualcosa, sappi che, se mai arriverò a dare a qualcuno la responsabilità per ciò che è successo, quel qualcuno non sarai tu.» Imprecò a bassa voce, tra i denti: «Ci hai salvati tutti, Doc. Avrei dovuto fidarmi.»
«No,» Jack scosse il capo e sorrise, sbattendo le palpebre. «Hai fatto ciò che ritenevi giusto, non hai… nessuno di voi ha niente da rimproverarsi. E per quello che riguarda me o Juliet, ti ringrazio.»
Non aggiunsero altro e distolsero lo sguardo, lasciando che la tensione e la commozione, semplicemente, scomparissero, dissolvendosi nell'aria, pur restando attaccate a loro come un profumo insistente che non sarebbe mai più andato via. Camminarono a lungo in silenzio, costeggiando file di villette a schiera senza che lo sguardo si allontanasse dal cielo lontano e dall'asfalto che scorreva lento sotto i loro piedi. Ad un certo punto, James gemette e chiuse gli occhi, fermandosi con le spalle curve e la mano libera appoggiata su una coscia. «Figlio di…»
«James?»
«Sto bene. La gamba,» spiegò, abbozzando un sorrisetto. «Sono caduto davvero in basso, eh? Una volta saltavo anche giù dagli strapiombi.» Rise, guardandolo poi di sbieco. «Comunque, non siamo lontani, è proprio quella là in fondo,» e gliela indicò, facendo un cenno col capo verso una delle villette che costeggiavano la strada, assolutamente identiche le une alle altre. «Ho un assoluto bisogno di buttarmi sulla mia poltrona e finire il libro che ho cominciato questa settimana.»
«Un bel libro?» gli chiese, non appena James ricominciò a camminare con passo regolare.
«No. In tutta onestà, sono pochi i libri che mi piacciono poco quanto questo.» E rise, come se avesse appena fatto la battuta più divertente della sua vita. Poi, al riso si sostituì un sorriso amaro: «Era il suo preferito, sai? È per questo che voglio finirlo. Me la fa sentire più vicina.»
Jack non rispose, né commentò. Non ce n'era davvero bisogno.
Si fermarono circa a metà della lunga strada, davanti ad una villetta con i muri candidi e attraversarono il giardino e la veranda che li separavano dalla porta di ingresso. James fece scattare la serratura ed entrò, senza aspettare che l'altro lo seguisse – sapeva che l'avrebbe fatto.
Appoggiando tutto il suo peso sul bastone che, d'un tratto, sembrava diventato fragile come un fuscello, si trascinò a fatica nel soggiorno illuminato dalla luce del sole e si lasciò cadere sulla poltrona, abbandonando il suo bastone al proprio fianco. Gli lanciò un'ultima occhiata, e lo vide scivolare lungo il bracciolo della poltrona e rovinare per terra, infrangendosi contro il parquet lucido e poi sollevò gli occhi per osservare Jack che lo scrutava dal limitare della stanza: «Poco male,» commentò con un sospiro. «Non credo che sia necessario che tu lo raccolga, comunque. Sta bene dove sta.»
Jack annuì, greve, e James si infilò gli occhiali spessi prima di prendere tra le mani il libro appoggiato sul tavolino accanto a lui e carezzarne con le dita stanche la copertina lucida.  Sospirò e si strinse nelle spalle, concedendo a Jack un'ultima occhiata: «Ti offrirei qualcosa, ma immagino che tu non abbia bisogno di un goccio di birra, vero?»
«Infatti.»
«Allora, se non hai di meglio da fare, accomodati. A me manca poco più di un capitolo per finire il libro e poi credo che avrò ancora bisogno della tua compagnia.» Lasciò vagare lo sguardo nella grande stanza e si soffermò a studiare le lancette dell'orologio che teneva sul caminetto. Sorrise. «Ormai sono le undici e mezza,» commentò, osservando con la coda dell'occhio Jack sedersi comodamente sul divano e accavallare le gambe. «Credo che non avrò bisogno di prepararmi il pranzo, oggi. Tu cosa dici?»
Non attese risposta e aprì il romanzo, immergendosi completamente nella sua lettura e ascoltando distrattamente il rumore delle lancette che scorrevano sempre più lentamente, come le parole sotto i suoi occhi che, mano a mano che il tempo passava, diventavano sempre più piccole e offuscate, più lontane, più difficili da leggere. Sorrise amaramente, voltando l'ennesima pagina, e poi un'altra e un'altra ancora, mentre l'interesse per il finale dell'intreccio scemava e lui iniziava a perdersi, dolcemente, mosso solo dalla testardaggine di arrivare fino alla fine.
Lesse incessantemente, nonostante la stanchezza e il torpore del sonno iniziassero a farsi strada dentro di lui e quando anche l'ultima frase e l'ultima parola furono scivolate sotto ai suoi occhi e si furono impresse nella sua mente, si tolse gli occhiali e si appoggiò contro lo schienale imbottito, chiudendo finalmente il libro e stringendolo con le sue ultime forze tra le dita nodose.
Sospirò. «Ho finito.» Jack sollevò lo sguardo e i due uomini si sorrisero, appena, come se quell'ultima, grande fatica, l'avessero condivisa insieme fino in fondo. «Questa volta ho finito per davvero.»
Reclinò il capo all'indietro, senza smettere di sorridere e poi, dopo un lunghissimo istante di silenzio scandito dai suoi respiri che diventavano sempre più radi, lenti e pesanti, socchiuse la bocca, appena, lasciando che un fiato esile e impercettibile gli scappasse dalle labbra: «Ti ho presa, piccola.»
Jack aggrottò le sopracciglia e puntò lo sguardo nei suoi occhi e nel suo viso che gli restituì un'espressione completamente sollevata, serena, in pace. Prima di chiudere gli occhi James annuì.
Ha funzionato.






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N/A
Nuovo layout, come potete notare. \o/ Ero un po' stufa della vecchia impostazione: là non mi potevo sbizzarrire come avrei voluto con le note personali, visto che era uno schemino troppo rigido. Così, invece, posso fare ciò che voglio! (:
Dedico questa fanfic a Sonia, naturalmente, che ha sempre il 50% del merito di tutta la roba che scrivo e poi, ovviamente, alle mie donnine Lostiane di EFP: Fede, Ila, e Sil, con cui è stato mio infinito piacere condividere anche questo aspetto del nostro amore per questa serie, il fanwriting. Siete tutte meravigliose, e io vi amo. ♥
Allora, da dove salta fuori sta roba?
Mi piacererebbe tanto fare la fyga e venirvi a dire che m'è uscita così, perché mi servivano storie per il mio claim alle 24ore, ma la realtà è un'altra: questa fanfiction è stata pensata circa tre giorni dopo l'uscita di The Substitute e da allora è sempre rimasta lì, in un angolo della mia testa, a macinarsi da sola e a prendere polvere: ovviamente, all'inizio era molto diversa. Inizialmente Jack aveva sì preso il posto di Jacob, ma era sopravvissuto e aveva mandato a casa tutti gli altri, continuando tuttavia a tenerli d'occhio e a preoccuparsi per loro fino al giorno della morte di ciascuno, in cui sarebbe tornato sulla terra ferma per dar loro l'ultimo addio.
Tuttavia, nonostante il finale mi abbia stroncato questa teoria, la storia non è morta e, mentre - lo ammetto! - cercavo di spremermi le meningi per trovare qualche trama con cui riempire la mia tabella, mi è venuto in mente questo: perché non far tornare Jack come spirito? Il problema "Ma James non è in grado di vedere gli spiriti" è stato ovviato con una breve scrollata di spalle: su quell'isola ne ha viste di cotte e di crude e in quel particolare momento era vicinissimo alla morte, praticamente già in contatto con l'aldilà (la sensazione di pace, eccetera) quindi poteva benissimo vedere Jack e parlare con lui.
Morale della favola, prendetela come viene. XD
Spero di tutto cuore che non vi sia dispiaciuta troppo: io ho versato una lacrimuccia, scrivendola! ^^"


  
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