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Autore: liviawood    10/09/2005    6 recensioni
Efestione giace gravemente malato a Pella. Alessandro è convinto che morirà, e nelle lunghe ore di veglia comincia a chiedersi cosa sia veramente il sentimento che prova per quello che aveva sempre consderato il suo migliore amico.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due ragazzi sui diciassette anni cavalcavano fianco a fianco su un largo sentiero che attraversava uno dei folti boschi del nord della Macedonia.
Il più basso dei due aveva un viso androgino, dai lineamenti dolci e delicati, la pelle chiara, le guance rosee, capelli ondulati del colore dell'oro, e due occhi azzurri come il cielo.
Questi occhi erano la cosa che più colpiva in quel viso di bellezza sovrumana: uno era limpido come il cielo, l'altro invece era a tratti oscurato, come da una nuvola temporalesca che ofuscava la giovanile voglia di vivere che splendeva nell'altro. A tratti quest'ombra era così cupa da far sembrare l'occhio quasi nero, e in quei momenti si poteva giurare che profonde passioni stessero turbinando nel cuore del ragazzo.
C'era qualcosa di divino in quello sguardo, in quel volto. L'altro, più alto e muscoloso, non era avvolto dallo stesso alone di divinità del suo compagno, ma non per questo era meno bello.
Il suo viso aveva lineamenti virili, ma tradiva una grande dolcezza d'animo nelle labbra morbide e rosse, fresche come quelle di un bambino.
I suoi occhi, azzurri come quelli del compagno, non ardevano di segrete passioni, ma erano gioiosi e curiosi, senza ombre nè veli.
I capelli castani, leggermente mossi dalla brezza profumata di resina e fiori, scendevano lunghi sulle spalle muscolose.
I nomi dei due ragazzi erano Alessandro ed Efestione.

Mentre cavalcavano chiacchieravano allegramente, pensando alla giornata trascorsa: avevano cavalcato nei boschi tutto il giorno, riposandosi all'ombra degli alberi, cacciandosi il pranzo e dissetandosi con l'acqua dei ruscelli.
Dato che era quasi il tramonto stavano cercando un posto in cui passare la notte.
"Alessandro! Guarda quella radura. Mi sembra il posto ideale!"
Era una piccola radura, con un morbido sottobosco di felci e fiori, e qualche sasso su cui sedersi.
"Va bene. Leghiamo i cavalli e andiamo a cercarci la cena" "Ho voglia di piccione, Alessandro"
"Certamente. Però dobbiamo trovarli, i piccioni"
I due ragazzi smontarono da cavallo, legarono i due stalloni ad un ramo e presero archi e frecce.
Si addentrarono nel bosco, cercando di fare più silenzio possibile.
D'un tratto Alessandro vide un piccione pasciuto appollaiato su un ramo.
Incoccò la freccia e prese la mira.
Stava per tirare quando Efestione cominciò a tossire.
Il piccione, destato dal rumore, si accorse del pericolo e prese il volo.
Alessandro si voltò verso l'amico, seccato.

"Efestione! Non potevi trattenerti? Efestione? Cos'hai?" Il ragazzo continuava a tossire, una tosse profonda e davvero poco sana.
Alessandro gli diede una pacca sulla schiena, e Efestione riprese a respirare.
"Ah... grazie, Alessandro"
"Efestione, cos'hai?"
"Tosse, solo un po' di stupida tosse. Non ti preoccupare"
"Mi preoccupo, invece. Mi sembra più un principio di bronchite che solo tosse. Torna ai cavalli, ci penso io a cacciare"
Senza una parola, Efestione tornò alla radura.
Questo spaventò Alessandro ancora di più della tosse, perchè conosceva Efestione, e sapeva che avrebbe rinunciato a cacciare solo se stava proprio male.
In preda all'ansia Alessandro uccise tre piccioni, poi tornò di corsa alla radura.
Efestione era seduto con la schiena appoggiata a un tronco, gli occhi chiusi, e si teneva la testa tra le mani.
Alessandro si inginocchiò di fronte a lui.
"Efestione? Cos'hai?"
Efestione aprì gli occhi.
"Non lo so... ho mal di testa... mi sento stanco. E ho freddo"
Alessandro si tolse il mantello e lo avvolse intorno al corpo dell'amico.
Tremava per il freddo ma cercò di non farlo notare ad Efestione.
Armeggiò un po' con una pietra focaia e un acciarino ma alla fine riuscì ad accendere un fuocherello crepitante. "Avvicinati, Efestione. Riscaldati"
Spennò i tre piccioni e poi li infilzò con la sua spada per cuocerli.
Quando furono pronti li pulì e ne diede due ad Efestione. "Mangia. Ti fa bene, hai bisogno di energie"
Ma Efestione non riusciva a mangiare. Dopo aver mandato giù un po' di carne, vomitò.
Alessandro era sempre più preoccupato.
Gli appoggiò una mano sulla fronte ed impallidì.
"Tu bruci, Efestione"
Efestione sorrise stancamente.
"Lo immaginavo"
"E perchè non me l'hai detto?"
"Non volevo farti preoccupare"
"Stupido. Dobbiamo tornare subito a Pella"
"Ti sembro in grado di cavalcare?"
Alessandro legò il cavallo di Efestione al suo stallone nero Bucefalo, poi prese l'amico tra le braccia e montò a cavallo.
"Stringiti a me, Efestione. Dobbiamo galoppare tutta la notte. Se riesci, cerca di dormire"
"Alessandro... grazie"
Alessandro lanciò i cavalli al galoppo, cercando di vincere il sonno, il freddo e la preoccupazione.
Le condizioni di Efestione erano gravi.
Alla bronchite si erano aggiunte complicazione intestinali, o almeno, questo era quello che aveva dedotto Alessandro.
Efestione era aggrappato a lui con tutta la sua forza, anche mentre dormiva. Non parlò per tutta la notte, perchè poco dopo l'inizio della cavalcata era sprofondato in un sonno malato, ed era spesso scosso da forti colpi di tosse.

Con le prime luci dell'alba Alessandro arrivò a Pella.
La sentinella di turno lo riconobbe e gli si avvicinò.
"Mio signore..."
"Presto, ragazzo, vai a chiamare il medico Filippo. Digli che Efestione sta male. Lo porterò nella mia stanza. Corri!"
La sentinella corse via, e Alessandro, con Efestione addormentato tra le braccia, si diresse verso la sua stanza.
  
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