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Autore: Blackbutterfly1994    23/06/2010    2 recensioni
Avete mai avuto l’impressione che la persona che state osservando, toccando, baciando veda in realtà un’altra persona quando vi guarda negli occhi?
Beh, io questa sensazione l’avevo di continuo quando stavo con lui; e anche se sapevo che non era me che amava, mi illusi che tutto andasse bene, che ogni cosa fosse esattamente come l’avevo sempre desiderato.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’Illusione spezzata.

Allora… ho scritto questa storia all’una di notte.

E’ la prima storia autobiografica, almeno per metà.

Sono sicura che, nonostante dubiti che la persona di cui parlo frequenti il sito, lui si saprà riconoscere, se mai dovesse capitargli sottomano questa storia.

Nel caso ciò accadesse, mi scuso con lui per aver modificato in parte lo svolgimento dei fatti.

Detto questo, vi esorto come sempre a lasciarmi un commento.

Uno scrittore non è nessuno senza il suo pubblico, quindi vi chiedo di farmi sentire qualcuno almeno per un po’.

Buona lettura.

 

L’Illusione spezzata.

 

Credo, in fondo, di averlo sempre saputo.

Avete mai avuto l’impressione che la persona che state osservando, toccando, baciando veda in realtà un’altra persona quando vi guarda negli occhi?

Beh, io questa sensazione l’avevo di continuo quando stavo con lui; e anche se sapevo che non era me che amava, mi illusi che tutto andasse bene, che ogni cosa fosse esattamente come l’avevo sempre desiderato.

 

 

Io e lui abbiamo frequentato le elementari nella stessa sezione: entrambi molto piccoli, ci calcolavamo appena, tanto da non esserci scambiarci più di tre parole in cinque anni. A malapena associavo il suo nome ad un volto preciso. Quando, poi, siamo entrati alle medie abbiamo scelto scuole diverse, così ci siamo divisi e mai più visti per molti anni a venire.

 

Ma, si sa, la vita a volte fa strani scherzi: in una giornata d’estate come tante io e la mia compagnia, di cui alcuni componenti erano miei amici d’infanzia, decidemmo di passare una giornata al mare.

Niente libri, niente scuola, niente stress… solo acqua, sabbia, sole e intenso relax.

Quando arrivai e scesi dall’auto feci un rapido giro di saluti, fino a quando mi trovai davanti un ragazzo che non riconobbi benché mi ricordasse vagamente qualcuno. Lo vidi sorridermi e tendermi la mano.

- Ciao Francesca – mi disse.

Non appena parlò, la mente mi mise davanti l’immagine di un bambino dai capelli biondi e gli occhi sempre bagnati di lacrime – Emanuele! – esclamai, riconoscendolo. Era cambiato tantissimo: alto, capelli leggermente lunghi, occhi chiari. Era davvero carino, tanto che arrossii istintivamente – Accidenti, a momenti mi presentavo. Sei proprio diverso –

Rise – In effetti sono anni che non ci vediamo – confermò – Però io ti ho subito riconosciuta: non sei cambiata troppo –

Sorrisi a mia volta – Lo prenderò come un complimento –

Dopo questo breve scambio di battute, venni inghiottita in altre discussioni e accantonai ai limiti della coscienza la presenza di Emanuele.

Scendemmo in spiaggia, ci adagiammo sulla sabbia e cominciammo a discutere tranquillamente, le risate che riempivano l’aria e gli scherzi che rallegravano l’atmosfera; di nuovo, dimenticai persino la sua esistenza nonostante fosse a pochi passi da me.

 

Più o meno all’ora di pranzo, tutti decisero di andare al bar a mangiare qualcosa; io, che non avevo troppa fame, non mi aggregai alla compagnia, dicendo che preferivo aspettarli sulla battigia.

Uno o due minuti dopo sentii dei passi dietro di me, e vidi che Emanuele mi si sedeva accanto.

- Non mi andava di lasciarti sola – disse con un sorriso.

Lo guardai e non potei fare a meno di rispondere a quel sorriso così spontaneo – Grazie –

 

Non so ancora se dovrei ringraziare quella serie di eventi che lo portarono a rimanere con me, o se dovrei maledirli: fatto sta che cominciammo a parlare, parlare e parlare.

Ci scoprimmo non simili, ma esattamente identici: stessi gusti, stesse preferenze su libri, musica e film, stesse idee sul mondo.

Io dicevo qualcosa e lui completava la frase come se ci leggessimo nel pensiero; non avevo mai provato qualcosa del genere e rimasi stordita dalla sensazione di tranquillità che parlare con lui mi regalava. Sentivo che avrei potuto confidargli di tutto: infatti, poche ore dopo, mi ritrovai a confessargli cose personali che non avevo mai detto a nessuno.

Ero affascinata da lui, rapita dal suo modo di parlare, dai suoi valori così ferrei, dalle sue parole, dalla profondità delle sue riflessioni.

 

Mi ero completamente e irrimediabilmente innamorata col più classico dei colpi di fulmine.

Quel giorno praticamente lo passammo da soli: mentre il resto della compagnia scherzava sulla spiaggia, noi due rimanemmo sul bagnasciuga a parlare di ogni cosa per ore e ore senza degnare gli altri di uno sguardo o di una parola.

 

Senza che nemmeno me ne accorgessi, lui era diventato il mio sogno.

 

Quando, quella sera, tornai a casa, mi sentivo come se la giornata appena trascorsa fosse stata solo un meraviglioso miraggio: stentavo a credere che i miei ricordi potessero davvero rispecchiare la realtà di ciò che era successo.

I giorni passarono, e le uscite con i nostri amici continuarono; ci vedevamo abbastanza regolarmente, e il rapporto cresceva.

Io gli consegnavo l’intera mia anima, sicura che l’avrebbe trattata bene, perché lui era perfetto, era il mio desiderio più grande.

 

Scelsi di non vedere il fatto che ad ogni incontro lui parlava sempre meno.

Scelsi di non vedere il fatto che mi evitava sempre di più.

Scelsi di non vedere perché la vita pareva finalmente arridermi, ed io non potevo né volevo accettare che tutto si concludesse in quel modo.

 

Poi, una sera, successe: mi baciò. Anche se forse farei meglio a dire che io lo baciai.

Ci trovavamo in disparte, come sempre, dagli altri e la notte ci proteggeva con la sua vellutata oscurità. L’attimo di silenzio si protrasse più a lungo, io lo guardai negli occhi e poi, prendendo il coraggio a due mani, mi sporsi e poggiai le labbra alle sue. Sentirlo rispondere al mio tocco mi fece quasi venire le vertigini, ebbra com’ero di felicità: in quel momento ero così euforica che ricordo pensai che niente e nessuno avrebbe mai potuto rovinare quel rapporto speciale.

 

Non sapevo che presto, molto presto, la verità mi sarebbe sbattuta in faccia brutalmente, e avrebbe fatto così male da farmi quasi soffocare.

 

Dopo il bacio fu quasi automatico, almeno per me, considerarci una coppia a tutti gli effetti: cominciammo ad uscire da soli, io gli prendevo con nonchalance la mano e lo guardavo adorante.

Lo amavo, lo amavo da impazzire.

 

Scelsi di non chiedermi perché non fosse mai lui a chiedermi di vederci.

Scelsi di non trovare strano il fatto che non sentisse mai l’impulso di baciarmi.

Scelsi di credere in quell’amore fino alla fine, benché lui quasi non parlasse più e continuasse ad avere lo sguardo perso nel vuoto, quando stavamo insieme.

 

Il giorno del nostro mesiversario,  ben un mese insieme!, mi ero detta euforica, lo trovai ad aspettarmi sotto casa.

Ero quasi pazza di felicità: era la prima volta che faceva un gesto del genere e mi convinsi che finalmente le cose stessero andando come avrebbero dovuto, che finalmente lui avesse imparato ad amarmi.

- Francesca, mi dispiace, ma non ce la faccio. Non meriti di essere presa in giro così: non ti amo, non posso continuare a stare con te –

Furono queste le sue prime parole: non un saluto, non un bacio.

Come regalo per quel giorno così speciale mi porse solo il suo addio.

 

Mi sentii come se mi avessero tolto l’aria d’un tratto.

- Come? – soffiai, incapace di credere a ciò che avevo sentito.

- Amo un’altra. So che avrei dovuto dirtelo subito, che non avrei dovuto lasciare che le cose arrivassero a questo punto, ma non volevo vederti piangere, vederti stare male. Solo adesso mi rendo conto di aver solo peggiorato le cose: mi dispiace. Tu le assomigli tanto, e allora ho pensato che forse… - la voce gli morì in gola mentre spostava lo sguardo, incapace di sostenere l’esame a cui lo stavano sottoponendo i miei occhi.

- Che forse io sarei stata una buona sostituta? – completai, il rumore di qualcosa che mi si spezzava dentro che riempiva le mie orecchie.

Rimase in silenzio per un po’ – Mi dispiace – ripeté, poi mi diede un veloce bacio sulla guancia e svanì.

 

In realtà, la colpa non era solo sua: l’avevo sempre saputo.

Forse, mi dissi, questa era la giusta punizione per la mia codardia, per la mia voglia smodata di riversare su qualcuno tutto l’amore che mi portavo dentro.

Si, mi ripetei, in fondo la colpa era di entrambi.

 

Eppure, nonostante questi ragionamenti così assennati, ricordo ancora la bruciante amarezza delle lacrime che mi rigarono il viso, quella sera.

Rievoco perfettamente la freddezza degli abbracci che mi avvolsero nel tentativo di consolarmi.

 

Era la prima volta che amavo, ed ero stata usata come la brutta copia di un originale irraggiungibile.

Era la prima volta che amavo, e desiderai non averlo mai fatto.

 

Perché lui era il mio sogno,

ma questo desiderio si era frantumato fra le mie dita, e i suoi cocci taglienti mi avevano ferito le mani causandomi ferite che facevano male, male da morire.

 

 

Adesso sono passati quasi due anni da quel momento.

Sono passati due anni, ma ancora non riesco a pensare a lui senza scoppiare a piangere, senza sentire un doloroso senso di vuoto allargarmisi, crudele, nel petto.

 

Perché lui era il mio sogno,

ed io non sono ancora riuscita a raccogliere tutti i frammenti di quell’illusione perduta.

 

Da  allora, non l’ho più visto. Continuo tutt’ora a chiedere di lui ai nostri amici: ho saputo che sta bene, che è riuscito a conquistare la ragazza da lui ambita.

Probabilmente non ricorda nemmeno più il mio nome o il mio volto, mentre io mi dispero ancora a causa sua.

 

Non lo trovate patetico?

Io si: credo che questo  sia qualcosa di disgustosamente patetico.

E nonostante tutto, un divertimento perverso mi invade quando verso lacrime per lui.

 

L’amara ironia di sapere che sono stata un mezzo attraverso il quale fargli raggiungere la sua felicità perfetta;

l’acida coscienza che il mio dolore è valso la sua serenità.

 

Ma soprattutto, la consapevolezza che rifarei tutto solo per vedere il suo sorriso una volta ancora.

   
 
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