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Autore: Chibi Girlz    23/06/2010    1 recensioni
Central City College.
Roy Mustang è uno degli studenti più scansafatiche dell'istituto, nonché il più amato dalle studentesse, motivo per cui il suo smisurato ego tende ad illuderlo di essere "il centro dell'universo".
Tuttavia, c'è qualcuno su cui il suo carisma e il suo fascino non hanno alcun effetto: la bella Riza Hawkeye.
Spinto dall'orgoglio, il moro si propone una sfida: riuscire a farla cadere ai suoi piedi.
Ma se nel corso della sua ennesima bravata accadesse qualcosa di imprevisto...?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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1_Inaccettabile indifferenza - Riza! Riza, aspettami! -.
La bionda si volse sentendosi richiamare, i capelli sciolti che le ondeggiavano sulle spalle seguendo il movimento del capo.
- Rebecca muoviti, altrimenti faremo tardi! -.
- Scusa, mi ero dimenticata i libri in dormitorio! -.
Rebecca, col fiatone, si fermò affianco dell'amica, cercando di riprendersi, riuscendo a far affiorare un sorriso sulle labbra dell'altra: se la sera prima fosse andata a dormire prima, probabilmente non sarebbe stata tanto addormentata, quella mattina, da dimenticarsi i libri in camera. Tuttavia, tenne per sé l'osservazione: non aveva alcuna intenzione di battibeccare già di prima mattina.
- Coraggio, andiamo - si limitò a dire, riprendendo a camminare.
Mentre attraversavano il campus, preoccupate di arrivare tardi nonostante mancassero ancora quindici minuti all'inizio della prima lezione, nel dormitorio maschile c'era chi ancora stava scegliendo che vestiti indossare.
- Jean, dici che questa può andare? -.
Un ragazzo dai capelli corvini si girò verso il compagno di stanza, comodamente seduto sul suo letto, mostrando una camicia beige.
Jean mandò uno sbuffo esasperato.
- Roy, vorrei solo ricordarti che non devi andare ad un appuntamento... - spostò lo sguardo sull'orologio e, allarmato, schizzò in piedi - ... e che se non ti sbrighi faremo tardi! -.
Roy parve indignarsi della mancanza di attenzione dell'amico al suo problema.
- Come speri che riesca a fare colpo sulle studentesse se non curo il mio abbigliamento?! - replicò, stizzito.
- Sì, quella va bene - tagliò corto Jean, correndo alla scrivania a cercare i libri di testo del giorno tra tutti quelli ammucchiati alla rinfusa sul piano - Basta che ti muovi a metterla!!! -.
- Tsk! - sbuffò il moro, scuotendo la testa - Ci credo che non hai la ragazza: non curi affatto la tua immagine...! -.
- Si dà il caso che io ci tenga a non essere espulso da qui, caro mio! Non come te, che non te ne frega assolutamente niente! - ribatté aspramente Jean, aprendo la porta della stanza - Me ne vado. Fa' in modo di essere in classe almeno per la seconda ora!!! - e se ne andò, sbattendo la porta.
Roy ignorò il consiglio: in fondo, a lui che importava del suo rendimento scolastico? L'avevano costretto ad andare in quella maledetta scuola solo perché la sua "amata" matrigna non lo voleva tra le scatole dopo la fine della scuola superiore.
Così l’aveva iscritto al Central City College, l’istituto più rinomato di tutta la città, dove confluivano tutti coloro che aspiravano ad un brillante futuro.
Lui, però, non vedeva l'ora di andarsene, anche se doveva ammettere che le studentesse non erano niente male.
Be', non avrebbe comunque avuto possibilità di sopravvivere lì dentro per più di uno/due anni: il suo impegno nello studio era scarsissimo. Persino Jean andava meglio di lui, e dire che prima di arrivare in quella scuola la cosa era ribaltata.
Si vestì e prese i libri, quindi uscì dalla camera; attraversò il dormitorio e uscì nel giardino. Allora si diresse verso la classe.
- Chissà se le ragazze sono già entrate tutte... - commentò tra sé e sé, assorto - ... speriamo che qualcuna si sia attardata come me... -.
Accelerò involontariamente il passo, come se il solo pensare alle decine e decine di spasimanti in sua attesa bastasse a fargli montare l'impazienza di entrare in classe.
 Si ritrovò a correre prima che potesse realizzarlo, mentre la sua immaginazione galoppava senza freni, illudendolo addirittura che nessuna delle sue compagne di classe riuscisse a stare in aula senza di lui.
Quando arrivò, mancava ancora un minuto all'inizio della lezione.
La sua entrata in scena fu a dir poco... pazzesca.
- Ragazze sono quaaa!!! - urlò, gettandosi in classe, arrivando con una scivolata in grande stile fino davanti alla cattedra, dinanzi alla quale si fermò, appoggiandovisi con fare estremamente sexy.
Strilli e sospiri si levarono da ogni angolo della classe, mentre Jean e Maes, i suoi due amici, lo fissavano a bocca aperta, scioccati più dal fatto che fosse arrivato in orario che dal suo atteggiamento.
Riza e Rebecca erano le uniche due che sembravano totalmente disinteressate. Gli lanciarono solo un'occhiata annoiata, prima di riprendere a parlare come se niente fosse.
- Ecco mr-guardate-come-sono-sexy... - commentò Rebecca in tono ironico.
- Questo sì che è egocentrismo... - osservò Riza, scuotendo la testa, contrariata.
- Puoi dirlo forte, ragazza -
- Mi sorprende però che sia arrivato in orario... -
- Si vede che non riusciva a stare senza le sue fans... -.
E ambedue scoppiarono a ridere.
Roy parve accorgersene, perché rivolse loro un'occhiata infastidita.
- Eh-ehm... signor Mustang, ha intenzione di fare lezione al posto mio? -.
Con un sobbalzo, tutte le ammiratrici del moro si volatilizzarono, lasciandolo da solo ad affrontare il professore, uno scontro che pareva aver già decretato il vincitore.
Scoccandogli un'occhiataccia carica di risentimento per avergli rubato il momento, il ragazzo se ne andò al suo posto, lasciando libera la cattedra.
L’insegnante la occupò, quindi passò in rassegna con gli occhi la classe.
- Bene... iniziamo la lezione... -.
Per tutta l'ora, Mustang fu troppo impegnato ad osservare la giovane Riza Hawkeye per prestare attenzione alla lezione: quella ragazza aveva osato ridere di lui, prenderlo in giro durante una delle sue pose migliori e, cosa ancora più importanti, aveva deliberatamente ignorato la sua bellezza statuaria, una cosa che nessuno si era mai permesso di fare, prima di allora.
Non poteva passarla liscia: nessuno poteva permettersi di fargli un simile torto e pensare di cavarsela.
Doveva escogitare qualcosa per fargliela pagare, ma una cosa era certa: per l'ora di pranzo avrebbe attuato la sua vendetta.
Era un proposito che era intenzionato a rispettare nel modo più assoluto.
  
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