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Autore: GurenSuzuki    23/06/2010    5 recensioni
1987.
Uruha è una bellerina di Tokyo.
Aoi un insegnante di danza.
La loro storia nasce per errore, cresce e si dirama tra note, passi di danza e body color glicine.
"Non verrà..."
"Ripeti che non ho capito." esalò ironico l'ossigenato.
"E' tutto inutile... non verrà..."
"Aoi-chan puoi ripeterlo tutto il giorno... ma se il gnoccone ha deciso di non venire, non verrà."

Dedicata a Nine, con amore.
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aoi, Uruha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a Nine.
Perchè mi sono ritrovata a scrivere questa shot per errore.
Perchè l'ho scritta grazie a lei, che me l'ha chiesta in un momento di delirio puro.
Perchè Uruha vestito come Madonna non ha prezzo!

Every little thing that you say or do
I'm hung up
I'm hung up on you.
Hung Up - Madonna


Flash Dance.

A proposito di body e mezze punte.

Tokyo, 3 Aprile 1987

Il body color lillà fasciava sinuosamente il suo torace sottile, dalle forme morbide e proporzionate. Le gambe così squisitamente femminee e toniche erano infilate in un paio di armoniche calze semi-trasparenti, color glicine. E i piedi lunghi e agilissimi calzavano mezze-punte rosate, il cui fiocco si annodava perfettamente attorno all'elegante polpaccio.

Kouyou quando ballava era uno spettacolo.

Gli archi descritti con le braccia, gli angoli acuti delle gambe, il sinuoso rivoltarsi di quel corpo incredibilmente aggraziato per essere davvero quello di un uomo. Il volto tonto, le labbra dalla forma ipnotica, impossibile da descrivere, gli occhi di una calda tonalità ambrata. Alcuni fili biondi erano appiccicati alla fronte madida. E Yuu li avrebbe volentieri emulati, spalmadosi su quel corpo come un vestito aderente, senza cuciture, per gustarsi appieno l'ebbrezza che sarebbe conseguita al sentire le forme di un Dio sotto le proprie mani.

Una piccola fascetta di spugna bianca gli scompigliava i capelli e raccoglieva le minuscole stille di fatica dalla pelle ambrata: le avrebbe raccolte tutte, una per una, un bacio dopo l'altro, gustandone il sapore.

Eppure non poteva.

Lo osservava da lontano, la palestra dentro la quale Kouyou -in arte Uruha- si allenava presentava una magnifica parete a vetri, che dava su una delle tantissime strade sovrappopolate di Ginza. Un piano rialzato, esattamente di fronte a questo -non un centimetro di più o di meno- era incastrato il monolocale di Yuu -in arte Aoi.

Passava almeno una buona mezz'ora pomeridiana a perdersi nella scia di emozioni donategli dagli agili e morbidi movimenti del ragazzo. Ma il tempo dei sogni finiva, prima o poi. E Yuu era sempre costretto a distaccarsene, da quel suo personale assaggio di perfezione, dalla sua arte.

Kouyou era la sua musa splendente di sogno solo dalle 14 alle 14 e 30.

Dopo lo stesso Yuu doveva reimmergersi in una quotidianità che lo annoiava, da cui traeva soltanto stress e preoccupazioni. Era assuefatto dall'aura di paradiso che circondava le coreografie del biondo. Come una droga si cibava del suo timido riflesso nel gigantesco specchio davanti cui si muoveva, di ogni timido sorriso che riusciva a scorgere increspargli le divine labbra.  Si trovava a boccheggiare in estasi davanti all'immagine del ballerino che si passava una grande e affusolata mano tra le ciocche di camomilla, scarmigliandole, mentre socchiudeva la bocca e serrava le palpebre stanche.

Aveva ormai imparato a menadito l'ultima coreografia provata: dalla posizione raccolta si alzava in un sinuosissimo movimento, aprendosi in una sforbiciata alquanto ampia e ben fatta, tracciava un arco con qualche touch e poi si esibiva in un aggraziato twist. Procedeva in acrobazie appena accennate, con una punta di sensualità racchiusa in ogni singolo spostamento. Rendeva erotico persino il piegarsi di un mignolo. Alla fine dopo un orgasmico shiver terminava il tutto in un morbido hipp fall.

E il corvino avrebbe venduto sua madre per poter anche solo osservare da vicino quella figura sgusciante.

Quel pomeriggio di metà aprile stava, come sempre a quell'ora, curvo sulla poltroncina color malva, in una posa che si sarebbe potuta meritare il premio scomodità dell'anno, e i suoi occhi si muovevano a ritmo di danza assieme a Kouyou. Da una parte all'altra della palestra seguiva i suoi movimenti (ritrovandosi più volte a sbavare durante il lezioso riscaldamento, quando il ballerino protendeva il bacino verso il vetro della finestra, ignaro dello sconquassamento ormonale che provocava al suo vicino di casa).

Stava giusto immaginando quale incredibile sensazione di appagamento avrebbe provato nel poter stringere a sè quel corpo macchiato di lussuria quando il telefono prese a squillare insistentemente. Dapprima lo ignorò, focalizzando la propria attenzione solo ed esclusivamente verso il biondo. Ma al venticinquesimo squillo decise che forse era meglio rispondere.

"Pronto?"

"Yuu, cazzo!"

"Buongiorno anche a te, Ryo. Come va?" chiese con una punta di malcelata ironia, mentre un angolo della bocca si arricciava in una posa sdegnosa. Perchè quella sottospecie di bertuccia in calore lo disturbava in pausa pranzo?

"Male. E' successo un casino di proporzioni cosmiche!"

"Oooh, e sentiamo cosa sarà mai successo?" tendenzialmente diffidava degli sclerotici attacchi di nervi di Ryo.

"Si tratta di Ruki."

"Se rompe ancora i maroni perchè vuole l'occhio di bue fucsia mandalo pure a cagare da parte mia!"

"... si è rotto un piede."

***

Yuu Shiroyama passeggiava nervosamente da un lato all'altro del palcoscenico nero, tirando calci ai tendaggi carmini e bestemmiando in aramaico contro ogni santo/beato che conoscesse.

Un primo ballerino -o forse meglio dire, unico- non poteva slogarsi una caviglia a meno di un fottuto mese dal saggio finale!

"Ora spiegami come minchia è successo!" tuonò improvvisamente all'indirizzo del tecnico delle luci.

"..."

"Ryo, dimmi una cosa, ci tieni alla vita?"

"..."

"Allora?"

"... s-sì."

"E allora dimmi subito cosa cazzo è successo!" strillò sull'orlo di un attacco di nervi il corvino.

"E-eto... vedi... stava facendo skate e allora..." l'ossigenato si torturava i capelli, passandoci le mani nervose attraverso, cercando di districare inesistenti nodi, mentre stille freddissime gli imperlavano la fronte lucida. Quando Yuu si incazzava niente e nessuno riusciva a contenere la sua furia nevrotica e assolutamente priva di fattezze umane. Spesso Ryo aveva faticato a riconoscere una sola parola degli scleri in scream dell'insegnate. Ne aveva sinceramente paura, dato che non aveva mai osservato il comportamento di una persona mutare in modo così improvviso, diretto e doloroso. Sì perchè molto spesso non ricorreva solo a parole o gesti per propinare le sue ramanzine, ma le infarciva di oggetti contundenti sparati a raffica per tutta la stanza. Una volta aveva quasi sollevato di peso Ruki stesso, salvo poi ricordarsi che senza primo ballerino non andava da nessuna parte.

Ma un tecnico delle luci si sostituisce facilmente.

O almeno, così la minaccia del giorno gli era sempre stata impartita.

"Stava facendo che cosa?!" questo urlo in particolare fece desiderare a Ryo di poter essere dappertutto -anche in un forno a 280°- ma non lì. Non lì e soprattutto non in compagnia di Yuu.

"Gli avevo categoricamente vietato l'uso di quel trabiccolo infernale, dannato adolescente che non è altro!" soggiunse fuori di sè il corvino. "E ora come faccio, cazzo? Come faccio?!" si abbandonò stancamente sul bordo nel palcoscenico, cacciandosi la testa nel solco creato dalle ginocchia unite e circondandosi i polpacci con le magre braccia.

Ryo iniziò a smettere di temere per la propria virilità. Nemmeno quella volta sarebbe stata estirpata.

Si accovacciò accanto al corvino e gli passò un braccio attorno alle spalle.

"Su su, Aoi-chan, vedrai che troverai qualcuno disposto a lavorare nel tuo pezzo."

"Ryo dannazione il saggio finale è fra poco più di venticinque giorni!" trillò in falsetto Yuu.

"Ventisette per l'esattezza!" puntellò un dito per aria con fare saputo.

"Bu-uh!" piagnucolò l'insengante abbandonandosi contro la spalla del tecnico "Sei un asso nel tirare su le persone." soggiunse sarcasticamente poco dopo.

"Lo sò." fece finta di lucidarsi le unghie sulla camicia ma una gomitata di Yuu fra due costole gli diminuì la vena ironica nel giro di pochi decimi di secondo. "Ma perchè se sei incazzato devi menare?!" esalò in un sospiro tremulo di dolore.

Il corvino era entrato in una fase di totale depressione. Avrebbe dovuto annullare il proprio pezzo al saggio e così il prestigio della propria scuola sarebbe sceso sotto i tacchi, anzi, si sarebbe scavato la fossa da solo per poi rannicchiarcisi dentro. Era nervoso, intrattabile e incattivito. Si era impegnato allo sfinimento per presentare una coreografia degna di questo nome. Non che non fosse un coreografo capace, anzi, ma era un perfezionista di natura e stava ad osservare persino le pieghe del sipario prima di cominciare.

Oltretutto mi hanno pure interrotto in un momento assolutamente catartico, pensò con una punta di amarezza. La sua quotidiana immersione di mezz'ora nell'arte, nella danza di Kouyou, era stata bruscamente interrotta. Dannazione, balla così bene...

L'illuminazione fu improvvisa.

Tanto che scattò in piedi con l'eleganza consumata di un felino, lasciando di stucco il povero Ryo con ancora il braccio teso ad arco a mezz'aria.

"Muahahahahah."

Il tecnico spalancò gli occhi.

"Aoi-chan, ti senti bene?" chiese premurosamente questi.

"Sì sì Ryokun, benissimo. Ho trovato la soluzione a tutti i nostri problemi! Non preoccuparti di niente okay? Rivedi le luci e cerca di controllare che sia tutto in ordine, ci vediamo qui mercoledì okay?" disse, colto da un improvviso quanto mai fulminante attacco di logorrea il corvino, mentre correva a raccattare le proprie cose e spariva alla vista dell'ossigenato in poco meno di dieci secondi tondi tondi.

Ryo si ritrovò solo nel piccolo teatro, immobile come una statua, con gli occhi a palla che fissavano il punto da cui circa cinque secondi prima era uscito uno Yuu nuovamente colto dalla propria proverbiale allegria.

"... te stai poco bene."

***
Tokyo, 4 Aprile 1987

Un passo dopo l'altro.

E poi ancora e ancora.

Fino a prosciugarsi completamente.

Le note quasi non le percepiva, perso com'era nella spirale di sinuosa assuefazione alla rigida cadenza con cui doveva procedere, prima in bilico sulle mezze-punte, poi accartocciandosi sulla propria colonna vertebrale. Scuoteva ogni nervo del proprio corpo.

L'allenamento di quel giorno era stato assurdamente stancante. Dalle 10 a mezzogiorno non aveva fatto altro che rieseguire la stessa coreografia, movimento dopo movimento, rotazione dopo rotazione. Andò nello spogliatoio e si sciacquò celermente il viso. Gocce di sudore miste a stille fredde d'acqua scivolavano lungo il profilo slanciato del collo, sul pomo d'adamo, unico tratto che avrebbe fatto intuire la natura mascolina di quel volto.

A parte, ovviamente, il costume di scena talmente aderente che non solo faceva intuire il sesso, ma anche la religione.*

Aveva decisamente bisogno di una doccia rigenerante e di un po' di relax. Magari di gustarsi una pallina di gelato al pistacchio guarnita di panna. Sì. Stava meglio al solo pensarci.

Si riappropriò del genuino sorriso che lo contraddistingueva, come fosse un marchio di fabbrica, ed uscì alla freschissima aria di inizio aprile, ancora col costume di scena addosso.

Camminò un passo dopo l'altro, respirando a fondo e gioendo nell'immediato refrigerio donatogli dalla leggera brezza primaverile che soffiava per le strade.

Improvvisamente si sentì ticchettare sopra la spalla.

***

La prima volta che Yuu vide Kouyou indossava una mise improponibile.

Un aderente body senza maniche, fucsia -Ruki avrebbe ucciso per averlo-, sotto ad uno scaldacuore rosa flescioso e orridamente brillantinato, una citura viola pailettata allacciata morbidamente attorno ai fianchi magri e un paio di leggings color carne, così dannatamente scuri in confronto alla sua pelle diafana. Quasi efebica. Senza ovviamente tenere conto delle décolleté di vernice prugna, che slanciavano delle gambe già paurosamente alte di loro. Lo stacco di coscia era inguardabile da quanta libidine possedeva.

Eppure il corvino lo trovò splendido. Anche con quell'accozzaglia di rosa addosso. Le delicate onde color miele danzavano seguendo lo spirare della delicata brezza primaverile e gli occhi, scuri e sciolti di dolcezza, erano cerchiati da un delicato ombretto color panna.

Osservare quelle labbra voluttuosamente indescrivibili era un colpo tremendo al testosterone di Yuu, il quale si agitava e faceva flessioni a tutto andare.

Lo reprimette.

"Sì, desidera?"

Aaaah! Il cervello dell'insegnante proferì un sospiro orgasmico carico di phatos, che di virile non aveva nemmeno l'ombra.

Persino la voce era melodiosa. Anche se terribilmente stonata con l'aspetto da bambola e con l'aura di femminilità che emanava. Uno sgambatissimo body fuscia non sarebbe stato così bene a nessuna donna esistente al mondo.

"Sì, mi scuso per il disturbo ma avrei bisogno di chiederle una cosa."

"Certo, ma chi è lei?"

Che imbecille! Non si presentava neppure e già chiedeva favori!

"Oh scusi! Piacere, Shiroyama Yuu, insegnante alla scuola di danza e arti sceniche Midori." così dicendo prese dalla tasca interna della giacca un biglietto da visita, piccolo e quadrato, sopra cui era stampato il kanji del proprio nome d'arte bordato d'argento e sotto un recapito telefonico alla segreteria della scuola.

"Blu." **

"Esatto."

"Io sono Takashima Kouyou, molto piacere."

Si inchinarono entrambi, formando due perfetti angoli retti.

Yuu sorrise sinceramente alla ballerina, prima di proseguire. "Le vorrei parlare un attimo di una questione importante, relativa al saggio che si svolgerà a fine mese nella prefettura di Aoyama cui presenzieranno le scuole più in vista di Tokyo."

A quell'affermazione l'attenzione e la curiosità del biondo s'accesero di botto, facendogli aprire qualche millimetro di più le palpebre orlate di ciglia scurissime.

Poco dopo, davanti a due tazze di caffè bollente, Yuu iniziò a parlare.

"Vede è da qualche mese che la mia scuola è stata invitata formalmente a partecipare all'evento del 30 Aprile, al teatro Ro. Credo che lei sappia quale onore sia, per un istituto, presenziare e partecipare allo spettacolo. Ho preparato personalmente la coreografia da portare a questo saggio assieme al mio miglior alunno."

Fece una piccola pausa.

"Non vedo come questo c'entri con me..." disse assolutamente spiazzato Kouyou, posando con un lieve tintinnìo la tazza sul piattino.

"Vede pochi giorni fa il mio unico ballerino" calcò bene l'aggettivo "si è slogato una caviglia e non potrà più partecipare all'evento. Lei capisce quale situazione mi si sia presentata innanzi..."

"Oh ma certamente."

Passarono qualche secondo in un teso silenzio.

"E quindi... Aoi-sama, cosa c'entrerei io in tutto questo?" domandò con gentilezza il ballerino.

Yuu si sporse un poco sul tavolo.

"Ciò che le chiedo, Kouyou, è di partecipare lei al saggio al posto del mio ballerino."

Silenzio.

"Vede..." cominciò con tono tentennante il biondo.

"Lei è un ballerino provetto, dalle grandissime capacità e dalla buona forza di volontà. I suoi movimenti sono perfetti e potrebbe avere davanti una splendida carriera. Ma non ha le disponibilità sufficienti per accedere ad una scuola facoltosa."

"Lei... come...?" chiese con una punta di ira.

"Sono un conoscente della sua insegnante e spesso mi ha intessuto le sue lodi, Kouyou." bugia. Enorme bugia. Ma come poteva dirgli che peccava di ingordigia osservandolo come solo un vecchio sessantenne arrapato poteva permettersi di fare? E, ancor peggio, che le sue erano solo supposizioni maturate nei mesi di osservazione? Era oltremodo palese che se un giovane di così bell'aspetto e capacità stesse ancora studiando in una scuola mediocre come la Miyamoto, fosse solo per problemi economici.

"Mh." il ballerino parve accontentarsi della risposta e si rilassò contro lo schienale della cassapanca.

"Con questo saggio lei ha l'opportunità di farsi notare da alcuni dei più importanti coreografi di tutto il giappone. Potrebbe così vedersi aprire tutte le porte della città, solo perchè è stato tanto fortunato da farsi vedere. Solo questo basterà Kouyou."

Non era totalmente certo delle proprie parole, ma doveva smuoverlo.

Kouyou si chiuse in un religioso mutismo. Pensava e macchinava se accettare quell'impiego fosse la scelta migliore. C'era comunque un altro saggio da prepare, per Maggio, assieme alla propria scuola.

Aveva una tale confusione in testa da non riuscire a riordinare le idee e poi il sentirsi quegli occhi scuri e abbacinanti puntellati in volto non aiutava certo! Parevano carezzarlo languidamente, avvolgerlo in un tiepido abbraccio e cullarlo con dolcezza. Si perse, non pensando più, rinchiudendosi in un libro ovattato.

Yuu alla fine si alzò dal tavolo. Prese un altro biglietto da visita e munendosi di una penna scribacchiò qualcosa sul retro per poi porgerlo al biondo.

"Si prenda qualche giorno per pensarci, Kouyou. Se cambia idea mi troverà tutti i giorni dalla mattina alla sera a questo indirizzo. Le auguro una buona giornata." gli sorride caldamente prima di inchinarsi profondamente e sparire, inghiottito dal fiume di persone che camminavano per le strade.

***

Tokyo, 6 Aprile 1987

Erano passati due giorni.

Due giorni spesi a sguazzare nella tensione.

Quel pomeriggio il dubbio che Kouyou, forse, non sarebbe mai entrato da quella porta lo assalì violentemente e tutta l'allegria che s'era portato dietro dall'incontro -sia per aver finalmente guardato il ballerino da una distanza ravvicinata, sia perchè credeva d'averlo smosso a sufficienza- scemò.

"Non verrà..." sedeva sconsolatamente sul bordo del palcoscenico, le gambe slanciate a penzolare nell'aria, le mezze-punte ai piedi per pura abitudine.

"Non perdere le speranze, Aoi-chan." ribadì con enfasi Ryo, spaparanzato mollemente su un paio di poltroncine di velluto della prima fila, intento a sgranocchiare patatine e ad armeggiare con il walkmen.

"No, sono già passati due giorni... e poi quante volte ti ho detto di non mangiare in teatro, razza di scimmia!" sbraitò sull'orlo di una lacerante crisi di nervi il crovino.

Il tecnico lo liquidò con un cenno svogliato della mano inanellata, accompagnando il tutto con uno sbuffo annoiato.

"Puff! Tanto non verrà..."

"Aoi smettila."

"Non verrà..."

"Ripeti che non ho capito." esalò ironico l'ossigenato.

"E' tutto inutile... non verrà..." infarcì il commento con una gran dose di teatralità, portandosi il dorso della mano destra sulla fronte.

"Aoi-chan puoi ripeterlo tutto il giorno... ma se il gnoccone ha deciso di non venire, non verrà."

Stava per ribattere quando lo sbattere oltremodo furioso di un battente della porta lo riscosse.

Kouyou correva quasi, i capelli scompigliati, le sopracciglia corrucciate, un cipiglio severo in volto.

Gli andò davanti, mollò il borsone sul pavimento e iniziò a parlare. O meglio, a gridare, puntando un'unghia curata e perfettamente laccata contro Aoi.

"Tu!"

"..."

"..."

"..."

"Buongiorno Kouyou..."

Il biondino si espresse in un lungo mugolìo infastidito.

"Tu!" ripetè.

"Io..."

"Tu!"

"Lui." emerse nella conversazione Ryo, piantando i piedi su un bracciolo.

Kouyou non gli prestò la benchè minima attenzione, neanche fosse un insettino spiaccicato sulla tappezzeria di un salotto lussuoso.

"Per colpa tua non sono riuscito a chiudere occhio in questi due fottutissimi giorni, e i miei allenamenti sono stati completamente in-u-ti-li!"

Yuu rimase fermo, esprimendo tutta la propria inconcepibile intelligenza mettendosi su una faccia paragonabile solo a quella di uno stoccafisso impanato, strabuzzando gli occhi scuri.

"Ho pensato e ripensato..." si abbandonò stancamente su una poltroncina, dall'altra parte del corridoio rispetto a Ryo.

"E... accetti?" chiese speranzoso Aoi.

"... Sia chiaro che ho un altro saggio ben più importante a questo da preparare e che non posso concentrarmi esclusivamente sul tuo lavoro! E che non prometto nulla dato che il vostro stupido spettacolo è a venti giorni a partire da adesso!" strillò alzandosi in piedi fulmineamente. Al corvino venne in mente la chiara immagine di un nastro di seta manovrato dal vento.

L'insegnante scese dal palco lentamente piantandosi di fronte a Kouyou, quasi fumante di rabbia per essere stato raggirato dalle parole taglienti di Yuu pochi giorni prima. L'aveva messo con le spalle al muro e lui di certo non poteva sputare negli occhi al destino quando gli veniva offerto un piatto così dannatamente gustoso.

"Che caratterino..." asserì sinceramente Ryo.

"Allora... accetti?"

"... sì."

***

Tokyo, 29 Aprile 1987

"E' questo?!" strillò in falsetto Kouyou, additando con un affusolato infice l'immensa platea del teatro Ro. Centinaia di file composte da morbidi sedili di impalpabile velluto blu si inchinavano ad un larghissimo palco di mogano nero. Il ballerino tolse le scarpe e ci camminò sopra, come in bilico su di un filo, saggiando ogni piccolo dislivello con le palme, assorbendo l'arte.

Chiuse gli occhi e respirò a fondo.

In quelle settimane s'era allenato duramente sotto il severo sguardo di Yuu, che non aveva ammesso neppure il più piccolo errore, esigendo il massimo impegno per quelle misere ore che avevano a disposizione per le prove.

L'impegno stava per lasciare posto all'ansia pre-esibizione.

Ma fino ad allora Kouyou era stato tranquillo. Trovava incredibilmente erotico l'odore del teatro prima di uno spettacolo. Osservò i loggioni stagliarsi quasi con arroganza nel semicerchio di balconi dorati e oltremodo sfavillanti alla luce dell'immenso lampadario a goccia.

Era splendido.

Yuu gli cinse la vita con un braccio. "Proviamo un altra volta, qui."

Erano soli, perfettamente soli.

Potevano prendersi tutto il tempo del mondo quel pomeriggio.

Kouyou si posizionò al centro del palco a capo chino, assumendo la posa iniziale della coreografia mentre Yuu premeva il tasto play dello stereo. Le note si librarono nell'aria, offuscando la mente del ballerino per interminabili secondi.

Poi partì.

***

"Co-come è?" chiese con un filo di voce, ancora chino sul legno del palco, ansante.

Yuu salì e gli andò alle spalle.

"Perfetto, come sempre."

Il respiro si infranse sulla pelle leggermente sudata di Kouyou che represse un brivido di piacere.

Il bacio che il corvino gli donò sapeva di fatica, di gioia, di purezza, di passione, di tabacco, di caffè, di colonia, di sesso.

Poi con una liscissima mano iniziò a calare il body color carne, leccando la clavicola appena sporgente e mordicchiandolo lungo il profilo del collo.

Appena sfilò la lingua, iniziando a martoriare la gola nivea, Kouyou si strinse spasmodicamente a lui, reclamando più attenzioni. I loro corpi asciutti aderirono perfettamente, combaciando come le tessere di un mosaico.

Per tutte quelle settimane si erano rincorsi, donandosi lievissimi baci in punta di labbra, sfuggendo e rincorrendo, preda e cacciatore.

Gli fece scivolare fuori del tessuto un braccio, che carezzò coi polpastrelli. Poi abbassò il costume fino alla vita, facendo piegare il biondo in avanti, fin quasi a toccare il legno con la punta del naso. Iniziò a baciargli la linea concava nella spina dorsale, infilando la lingua tra ogni vertebra e gioendo nell'ascoltare la melodia confusa di lamenti e mugolii proferiti da Kouyou. Un nodo di tensione si arricciò poco sotto l'ombelico del corvino nell'udirlo ansimare in quel modo.

"A--a... aoi..."

"Chiamami per nome, dolcezza."

"Yu-uh... Yuu..." lo sibiliò quasi, ogni lettera scivolò fuori dalle labbra turgide e carminie risuonando nell'aria come una promessa.

"Ti amo Kouyou."

Il biondo spalancò gli occhi a quella confessione, rabbrividendo di piacere per la calda lingua che ancora lo stuzzicava.

"Ti amo dal primo momento che ti ho visto danzare..." parlava con tono basso e lascivo, alternado piccoli baci alle parole.

"..."

"Ti amo da quando ho osservato la tua grazia, la tua bellezza, la tua gentilezza, il tuo carattere."

"D-dove...?" esalò il biondo.

"Dalla finestra del mio appartamento, Kouyou."

Il suo nome che scivolava attraverso quelle labbra piene e sensuali lo inibì a tal punto che non gli importò della piccola bugia raccontatagli in precedenza.

"Tu, Kouyou, sei il mio ossigeno."

Gli baciò la nuca, succhiando poi un lembo di pelle sotto l'attaccatura dei serici capelli.

"Sei la mia ispirazione."

Leccò con avidità la linea della spina dorsale.

"Sei la mia arte."

Gli sfilò velocemente il body e si limitò a calare fino alle ginocchia il collant trasparente.

Poi fu solo una sinfonia di gemiti identici, un gioco di corpi simili, un battere di cuori sincronizzati.

Yuu e Kouyou si amarono per la prima volta su un palco di mogano nero, sotto gli sguardi argentei di un teatro dormiente.

***

Tokyo, 30 Aprile 1987

Si t
orturava le mani impaziente, lisciandosi continuamente il tutù rosso sgargiante sui fianchi magri e passando innanzi alla specchiera ogni minuto, controllando la capigliatura perfettamente acconciata.

Yuu era al suo fianco, esasperantemente tranquillo. Il giorno prima dopo aver fatto l'amore s'erano stesi uno di fianco all'altro, sopra quello stesso palco e avevano parlato. L'insegnante gli aveva raccontato di tutti i pomeriggi spesi ad osservarlo danzare, desiderando un contatto più vicino con lui. Kouyou si era aperto e gli aveva narrato di come in quelle settimane si fosse invaghito di lui abbastanza per finire a fare l'amore.

Si erano poi baciati dolcemente.

E ora eccoli lì, dietro le quinte, attendendo trepidantemente il loro momento.

L'ora di brillare, di volare, di respirare.

"E ora diamo il benvenuto qui sul palco all'esibizione della scuola di danza e arti sceniche Midori." dopo l'annuncio del presentatore la platea applaudì brevemente. Le luci calarono.

"Aoi..." esalò tremulamente Kouyou, gli occhi appannati di tensione.

Yuu gli andò alle spalle, ponendogli i palmi sugli avambracci. Gli dette un piccolo bacio sul profilo della giugulare.

"Vai, Kouyou. Vai e diventa Uruha. Vai e crea. Vai e danza."

Detto questo lo spinse fuori delle quinte con dolcezza.

Kouyou, ancora tremante, prese posizione al centro del palco.

Stava ancora pensando a possibili scene in cui si vedeva cadere o sbagliare passaggio quando gli occhi incapparono su un punto speciale. Quello sopra cui, il giorno prima, lui e Yuu avevano consumato il proprio amore.

Allora chiuse gli occhi.

E la musica partì.

The End






* cit. Woody Allen.
**Il nome Aoi, composto da due kanji uno che simboleggia la pianta della malva e relativo colore e l'altro che significa azzurro. Dovrebbe andare bene anche per il blu XD. Spiegazione presa da baka_the_genius_mind xD.

guren's note

Ordunque, l'idea di questa shot mi venne data da Nine su fb, subito appoggiata da Mya ovviamente xD, si parlava di un Uruha alla madonna, provvistissimo di body e Aoi insegnante di danza in puro stile anni ottanta :).

Dunque care fan dei gazette ecco i vostri amori catapultati all'alba del 1987 u.u

Non ho particolari note da fare, quindi mi dileguo :D

Un enorme bacio sulla zucca, piccole ^^.

g.
   
 
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