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Autore: milly92    24/06/2010    3 recensioni
Storia autobiografica. Si sa che il cosiddetto “Primo amore” è indimenticabile, ma forse lo è ancora di più se al primo amore se ne somma il “secondo”, quando si crede che con il “primo” sia finita ancora prima di iniziare. E’ quello che succede a Lena, quasi diciottenne che ci narra le sue avventure amorose di quattro anni prima, quando era stracotta del suo primo amore Fabio. Tra il liceo Classico appena iniziato, nuove amiche e un compagno di classe particolarmente affettuoso, riuscirà Lena ad ottenere la storia d’amore tanto agognata? Dedicata soprattutto alle ragazze che hanno appena iniziato o inizieranno il liceo tra pochi mesi, spero di farvi sognare un po’ e , perché no, anche farvi fare due sane risate ^^ “In realtà, però, il motivo di tanto entusiasmo al mio ritorno tra i banchi di scuola era un altro: mi ero iscritta al Liceo Classico, che si trovava nella stessa struttura dove avevo frequentato le medie. Alle scuole medie, in quella che a breve sarebbe stata la 3°B, conoscevo tanta gente. E tra quella gente c’era lui, Fabio, per cui avevo una cotta colossale da due anni. Poco importava che fosse di undici mesi più piccolo di me, dimostrava almeno quindici anni ed io lo adoravo perché era l’unico ragazzo che fino a quel momento era riuscito a farmi arrossire e palpitare il cuore con un minimo gesto di saluto.”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutto Nasce Da Un tema

Tra Ieri e Oggi, Storia Dei Miei Primi Due Amori

Capitolo I

Tutto Nasce Da Un tema

 

Oggi

Le solite quattro mura dell’aula mi circondano, sempre dello stesso deprimente color giallo paglia e sembrano quasi beffeggiarsi di noi, povere anime pie che siamo blindate lì dentro da ormai quattro anni, come sardine che non vedono l’ora di uscire dalla loro stretta e angusta confezione, anche se sanno che ciò che le spetterà sarà di ritrovarsi nello stomaco del consumatore che le ha acquistate. Sempre meglio che passare una vuota e insipida esistenza lì dentro però, dico io, anche perché c’è sempre il brivido dell’avventura quando ci si ritrova a dover affrontare qualcosa che non si conosce. Certo, anche di paura, ma che timore vuoi che provi una studentessa del quarto anno di liceo classico che per quasi un lustro è riuscita a sopravvivere a traumi psicologici dettati dalla inerme e depressa professoressa di inglese insieme alla pazzia e agli sbalzi d’umore di quelli di matematica e latino e greco? Nessuno. Anzi, come dico io, una volta finito “’sto liceo del cavolo” posso affrontare tutto.

Accanto a me, Laura sbuffa e si sistema meglio contro lo schienale della sedia, fingendosi interessata alle parole che la supplente di italiano sta dicendo.

“… Quindi credo che resterò qui almeno tre settimane, stando a ciò che il vostro professore mi ha detto prima dell’operazione. Bene, credo sia opportuno conoscerci prima un po’, quindi facciamo l’appello…”.

Bionda platino, con un viso truccato alla perfezione e tailleur blu, quella che si è presentata come la professoressa Altieri ha tutta l’aria di essere una docente alle prime armi, che non arriva ai trent’anni e crede che basti essere affascinante, sorridente e utilizzare qualche cadenza del gergo giovanile come “sfiga” per farsi apprezzare. In realtà non sa che alla fine chiunque può essere meglio di Castaldi, colui che ora è in ospedale per un’operazione alla colecisti e che per i primi due anni di superiori ci terrorizzava a morte, anzi, ci saremmo accontentati di non avere nessun sostituto ovviamente.

La bionda prende il registro e sta per dire il primo nome, il mio. Chiamarsi Amani Milena ha fatto sì che sia alle elementari, che alle medie e alle superiori  fossi la prima dell’appello, cosa non affatto piacevole visto che ero sempre stata in bella vista per eventuali interrogazioni oltre che la prima a essere interrogata agli orali degli esami, ma ormai mi ci ero abituata- anche perché alla maturità si sceglie la prima lettera per estrazione (cosa che ovviamente data la mia fortuna avrebbe fatto sì che di sicuro anche in quell’occasione la sorte avrebbe scelto di far uscire la A, tanto che l’avevo scommesso con le mie compagne di classe)- e la cosa che più non tolleravo, invece, era il nome in cui i professori pronunciavano il mio cognome. Amani. Scommetto che anche voi l’avete letto come “Amàni” e non “àmani”, proprio come il novanta per cento degli insegnanti incontrati in dodici anni di studi.

“Quanto ci scommetti che ora sbaglia l’accento?” chiedo sarcastica a Laura, che nel frattempo ha appoggiato la testa sul banco dopo aver sbadigliato sonoramente.

Seduta davanti a noi, Alice si volta e ammicca in mia direzione. “Amàni” sussurra con un tono altezzoso. “Io preparo già il coro di “àmani”,prof!” aggiunge.

Come la mia rosea previsione, quindi, la Altieri si schiarisce la voce e dice: “Amàni Milena!”.

Sospiro rassegnata, mentre Laura, Alice e il resto della classe ridacchia e si diffonde il coro di “àmani, non Amàni” guidato da me. E meno male che a inizio anno, stufa di questa tarantella, avevo preso il registro e avevo segnato l’accento sulla prima A dopo che la professoressa di spagnolo- che per altro ci conosceva già dato che aveva insegnato da noi al primo anno- aveva commesso il fatidico errore.

“Oh, scusami Milena! Quindi, àmani…”.

“Ha anche segnato l’accento, prof!” mette il dito nella piaga Maria dal suo primo banco. Ora che ricordo, era stata lei a suggerirmi quella perspicace mossa, a settembre.

La professoressa imita un mezzo sorriso imbarazzato e prosegue l’appello, finchè il suono della campanella non segna la fine dell’ora.

“Allora per la prossima volta mi fate questo tema, ragazzi!” dice infine. “Me lo consegnerete su un foglio così potrò portarlo a casa e leggerlo per conoscervi meglio, ok? Scrivete…”.

Ci medita un po’ su, sotto lo sguardo un po’ scocciato e curioso di noi studenti che abbiamo già il pensiero rivolto all’ora di fisica, dato che il professor Crescenzi è in piena fase di interrogazioni particolarmente ardue e impossibili a cui sottoporsi se il proprio intento è quello di sfiorare la sufficienza. Tema per conoscerci meglio? “Me e la mai famiglia”, magari?

No, ma ci sono andata quasi vicina. “Io e la mia classe. Sono passati ormai quattro anni dall’inizio della scuola superiore, e di sicuro ci sono state sia gioie che momenti particolari. Esprimi le tue considerazioni al riguardo, soffermandoti su qualche periodo che più ti va di estraniare”. La donna prende la borsa e fa per uscire. “Me lo consegnerete giovedì! Arrivederci!” e così dicendo esce dall’aula, facendo rumore con il ticchettio delle sue scarpe.

Dal primo banco della fila centrale, seduta acanto a Gioia,Madda si gira e mi guarda sorniona. “Lena, mi citerai nel tema? Dai, dopotutto sono undici anni che ti sopporto!” domanda, facendo uno sguardo da cucciola.

Levo un sopracciglio e assumo un’espressione da falsa malefica, fingendo di meditarci su. “Mmmm, diciamo che forse ti citerò come protagonista dei momenti più esilaranti!” concedo, quando, chissà perché, ho in mente tutt’altro. Non ci avrei mai creduto, eppure quel tema mi ha improvvisamente incuriosita; ho una grande voglia di pensare a ciò che devo scriverci, forse sarà colpa del tempo che è volato così in fretta, senza darmi il tempo di riflettere e realizzare che non sono più la quattordicenne di un tempo, ormai vicina alla maggiore età. E, inevitabilmente, senza curarmi della paura che invade la classe per la sicura imminente interrogazione e le due cavie che Cresenzi sceglierà, la mia mente viene rapita dal ricordo di una calda giornata di settembre e di ciò che ne è susseguito, in cui la protagonista è una Lena un po’ più bassa e ingenua, ma che comunque invidio per il modo in cui si è messa in gioco…

 

Ieri

Dovevo davvero essere matta, eppure era già dalla fine di luglio che non vedevo l’ora di andare a scuola per iniziare il liceo. Da quando, quel fatidico trentuno luglio, avevo saputo che anche la mia amica Maddalena- con cui andavo a scuola insieme dalla prima elementare-  aveva cambiato sezione e si era iscritta a sua volta nella mia stessa classe, ero ancora più impaziente di andare a scuola per poter vivere in sua compagnia i cinque anni del liceo, che ero certa sarebbero stati indimenticabili per la sua compagnia e quella delle numerose persone che avremmo conosciuto.

Da agosto avevo iniziato la caccia ai vestiti da indossare quel caldo quattordici settembre duemilasei, ma si può dire che ancor prima avessi iniziato a cercare uno zaino adatto con tanto di diario e astuccio coordinato.

In realtà, però, il motivo di tanto entusiasmo al mio ritorno tra i banchi di scuola era un altro: mi ero iscritta al Liceo Classico, che si trovava nella stessa struttura dove avevo frequentato le medie. Alle scuole medie, in quella che a breve sarebbe stata la 3°B, conoscevo tanta gente. E tra quella gente c’era lui, Fabio, per cui avevo una cotta colossale da due anni. Poco importava che fosse di undici mesi più piccolo di me, dimostrava almeno quindici anni ed io lo adoravo perché era l’unico ragazzo che fino a quel momento era riuscito a farmi arrossire e palpitare il cuore con un minimo gesto di saluto.

“Lena! Sei già pronta?! Ma sono le otto meno un quarto!”.

La voce incredula di  mia madre interruppe i miei pensieri mentre ero intenta nello scrutarmi allo specchio per aggiustarmi il cerchietto e il ciuffo che il giorno prima il parrucchiere mi aveva pazientemente lisciato, lasciando il resto della chioma castana mossa dopo averla accorciata di un bel po’, in modo che arrivasse solo un po’ oltre le spalle.

“Si, tra un quarto d’ora viene Lena giù, andiamo insieme a scuola” risposi.

Mamma mi guardò confusa- evidentemente non aveva ancora bevuto mezzo sorso del caffè che si trovava nella tazza che reggeva in mano- prima di annuire. “Ah, Maddalena vuoi dire! Non capisco perché ti ostini a chiamarla Lena, anzi, non capisco perchè ti fai chiamare così anche tu dopo che il tuo vero nome è un altro…” mormorò con una mezza aria di rimprovero.

La guardai di sbieco e tornai ad occuparmi dei capelli, sbuffando. “Lo sai che alle medie ci facevamo chiamare così, e sai anche che Milena non mi è mai piaciuto molto” le ricordai.

La nostra conversazione fu interrotta dal sopraggiungere di uno gnomo di dieci anni ancora in pigiama e con gli occhi cisposi. Alto poco più di un metro e quaranta, mio fratello Francesco quel giorno avrebbe iniziato la quinta elementare.

“Mamma, c’ho fame” annunciò come tutte le mattine.

“Francesco! Ti ho svegliato venti minuti fa, tra mezz’ora devi stare a scuola, vestiti!” urlò in risposta mia madre, incitandolo ad entrare in bagno.

“Ma io ho fame!”.

“E mangi dopo, muoviti…! Oh, lo dicevo io, ogni anno a settembre inizia il solito guaio! Ma quand’è che finite di andare a scuola, eh? Io già non ce la faccio più….”.

Fu con sollievo che cinque minuti dopo, avendo accertato che la maglietta rosa non fosse troppo aderente sulla pancia e che il mascara non fosse sbavato, scesi giù per incontrare la mia amica, che trovai fuori al cancello del condominio dove vivevo, radiosa  e sorridente come suo solito.

“Liceale!” la accolsi, abbracciandola.

“Liceale!” ripetè lei. Si allontanò e mi guardò. “Ma che ne hai fatto della Lena della ex 3°B?” chiese sarcastica. “Dove sono i tuoi capelli chilometrici e gli occhiali?”.

“Parrucchiere e lenti a contatto. Lena, non ce la facevo più ad essere “Lena la secchiona”, voglio cambiare, anzi, voglio essere quella che sono veramente. Mi sento bene così, mi sento libera e voglio che la classe mi conosca nella mia migliore versione, non quella della tipa un po’ acida che non passa niente a nessuno. Anche perché ho paura… E se non sono in grado di affrontare il liceo? Se è tutto troppo difficile per me?” ammisi con un tono timoroso.

“Ma stai zitta! Andrai bene e basta… E al liceo saremo sempre noi, solo che ora non abbiamo più bisogno di truccarci di nascosto nei bagni” mi ricordò, accennando a quando, poco più di sei mesi prima, avevamo preso l’abitudine di truccarci di nascosto con matita azzurra e lucidalabbra trasparente.

Sorrisi al solo ricordo e annuì. Iniziammo ad avviarci verso la scuola, e non so come il discorso cadde sui nostri nomi.

“D’ora in poi, però, ho deciso: tu sarai Lena ed io Madda!” annunciò.

“Oh! Ok! Ma lo sai che proprio stamattina mamma mi ha chiesto perché continuavo a chiamarti Lena?”.

“Allora è deciso…”.

“Si, Madda!”.

Schiacciammo il cinque, ormai avanti la scuola, precisamente davanti al portone principale da cui entravano sia le medie che le elementari. Volsi lo sguardo, alla ricerca di qualche faccia amica, magari delle tante persone che avevo salutato il giorno dell’esame con la promessa di rivederci presto, che un nodo informe e gigantesco prese posto dallo stomaco in su, impedendomi di respirare per un paio di secondi. Automaticamente strinsi forte il polso di quella che ormai era Madda, tanto che lei mi guardò interrogativa.

“Ehi! Che c’è?” domandò.

“F-Fabio è… E’ lì!” sussurrai, senza smettere di togliergli gli occhi di dosso. Portava lo zaino su una spalla sola, bello come sempre, più alto di un bel po’ di centimetri e abbronzato più che mai. Indossava i suoi soliti Ray Ban neri, e stava salutando una della sua classe con fare cordiale. Può darsi che leggendo ve lo stiate immaginando come il solito principino biondo occhi azzurri, ma Fabio aveva i capelli castani senza cresta e via dicendo e gli occhi di un semplice nocciola.

“Oddio! Cavolo, vai lì, salutalo!” mi spronò Madda.

“No, no, io… Ho ancora vergogna dopo quello che è successo l’ultima volta che ci siamo visti…” confessai. Il solo ricordo mi fece sentire ancora di più in imbarazzo, ad essere onesti. Ci eravamo visti l’undici luglio, dopo che lui mi aveva chiesto un appuntamento.

Il fatto era che ci eravamo conosciuti per bene durante un corso di teatro dove avevamo messo in scena “Grease”- dove, scherzo del destino, eravamo una delle coppie, Marty e Sonnie- e la sera della prima, dopo aver ballato un lento che nella trama originale nemmeno esisteva, non ci eravamo nemmeno salutati visto che alla fine dello spettacolo era dovuto correre via. Ci ero rimasta malissimo, avevo pianto come una scema al solo pensiero che ormai con la fine del corso non avevo più un pretesto per vederlo,  e tutto si raddoppiò quando iniziò a non farsi sentire anche perché aveva cambiato numero. In tutto questo sostenni gli esami di terza media, cercai di andare avanti, di dimenticarlo, ma fu inutile.

Tutto cambiò il giorno del mio quattordicesimo compleanno, quando venni a sapere da Madda che lo sentiva spesso, che massaggiavano per ore… Non potendone più, presi il cellulare e decisi di fargli un ultimo squillo e restai sorpresa nel vedere che mi rispose con un sms.

“Ciao Lena, è stata Lena Amani a darti il mio numero? Perché lei mi diede il tuo qualche settimana fa”.

Morale della favola, aveva messaggiato per tutto quel tempo con Madda-che all’epoca si faceva chiamare ancora come me- credendo fossi io. Quella fu una sera di rivelazioni, perché ammise che io ero la “sua preferita” e alla fine si decise ad ammettere il suo interesse per me.

Alla luce di quella nuova consapevolezza mi sentivo morire. Non ci credevo. E quando mi invitò ad un appuntamento accettai tutta gioiosa, fiera di avere il mio primo appuntamento con un ragazzo. Anzi, il ragazzo.

Quella sera era andato tutto bene, tranne per il piccolo particolare che a fine serata lui aveva cercato di baciarmi ma io- che di baci ne avevo visti solo nei film- ed io non l’avevo capito perché si era sporto in un modo strano verso di me e non avevo compreso nulla sul momento. Così mi aveva abbracciata e se ne era andato dopo aver farfugliato un piccolo “Scusa”.

“Ma dai scema” sussurrò Madda. “Che te ne frega…”.

“Me ne frega! Pensa che dopo l’uscita mi ha mandato un sms dicendo che forse era meglio non vederci per un po’ perché era convinto che “non volevo”!” ribattei.

“Eddai, devi… Oh, cavolo, ti sta guardando!”.

“Eh?”.

Mi girai un po’ e lo vidi che sorrideva in mia direzione. E se stava guardando qualcun altro? Dopotutto aveva sempre gli occhiali da sole!

Invece no.

“Ciao Lena, ciao Lena” disse, a circa cinque metri di distanza.

“Oh, c-ciao Fabio!” biascicai.

“Ciao, comunque da oggi sono Madda, eh!” ribattè pimpante la mia amica.

Lui fece un sorriso di assenso e dopo un ultimo cenno di saluto si girò e si avviò verso l’entrata del portone.

“E ti pareva” sbuffai.

“E ti pareva che dovevi darti una mossa! Bacialo tu visto che la prima volta ci ha provato lui, no?”.

“Ma che è, una gara?” domandai, facendole segno di proseguire verso l’entrata del Liceo.

La mia amica continuò i suoi incoraggiamenti ed io ero così presa dalla situazione che mi resi conto di essere sul punto di varcare la soglia del Liceo Classico solo quando mi ritrovai davanti alla sua struttura, un semplice palazzo di tre piani.

Davanti vi erano decine e decine di studenti che ridevano tra loro, si abbracciavano, urlavano per la gioia di rivedersi dopo tre mesi. Li squadrai un po’, e lì capii che tutti i progetti mentali che mi ero fatta sul fatto che ormai ero grande  e andavo al liceo svanirono: ero semplicemente l’ultima arrivata, e fino alla fine dell’anno avrei fatto parte della categoria dei “mocciosi”.

Sospirai e presi la mano di Madda tra le mie.

“Promettimi che in questi cinque anni combatteremo insieme e ce la faremo” sussurrai, ansiosa.

Madda sorrise, e mi fissò con i suoi occhi smeraldini. “Si, Lena, ce la faremo. Dopotutto la nostra ex classe era una giungla, questa non può essere peggio”.

Annuii, più convinta, proprio nel momento in cui suonò la prima campanella, quella delle otto e venticinque.

Ero già sul punto di recarmi verso l’entrata che notai che nessuno tra gli studenti si muoveva. Capii che alla fine era come una festa: nessuno voleva arrivare per primo.

Esitai, senza sapere come fare, visto che avevo sempre avuto l’abitudine di essere una delle prime ad entrare in classe.

“Entriamo, dai” disse decisa Madda, infischiandosene, e nel momento in cui ci voltammo vedemmo due ragazze bionde che parlavano animatamente mentre varcavano la soglia dell’entrata, che poco dopo scoprimmo chiamarsi Gioia e Laura.

Non sapevo che Laura con il corso del tempo sarebbe diventata ancora più “importante” di Madda. Ma non sapevo nemmeno che qualche secondo prima di loro fosse entrato Emanuele, un compagno di classe con cui, purtroppo per me, avrei avuto molto a che fare…

 

******************

Ciao a tutti.

So di avere un’altra fic in corso e che dovrei aggiornare da più di un mese, ma questa storia l’avevo in mente da circa sei mesi. C’è da dire che è puramente autobiografica, per questo è ambientata nel duemilasei, anno in cui ho iniziato il liceo. Non mi è mai piaciuto mettere il mio personaggio in mezzo alle mie fic, però mi è capitato che spesso, raccontando le mie vicissitudini “amorose” di quattro anni fa a qualcuno, spesso l’unico commento è stato “Wow, dovresti scriverci una storia”.

E così eccomi qui.

Sarà una storia molto realista e spero abbastanza divertente, e credo che spesso ci saranno delle parti delle “me” attuale, per questo il titolo “tra ieri e oggi”.

Ovviamente i nomi dei personaggi sono modificati.

Detto ciò, fatemi sapere con un commentino cosa ve ne sembra, perché se questa storia non interesserà dubito che continuerò ad aggiornarla.

Per chi aspetta il 6° capitolo di “Thinking of you” dico solo di avere un altro po’ di pazienza ^^

E se vi va di dare un’occhiata ad una storiella comica che sto scrivendo nella sezione Harry Potter:

  
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