~ I n c r i n a t u r a
Una crepa non è come una ferita.
Una ferita, per quanto profonda, prima o poi si rimargina. Certo, in alcuni casi può rimanere una cicatrice, ma il taglio non c’è più. E poi, col tempo, anche la cicatrice sembrerà sparire.
Un’incrinatura, invece, è qualcosa che rimane. Ogni oggetto fragile e rigido può incrinarsi. All’inizio sarà una fenditura sottile, quasi impercettibile, e potremmo anche non accorgercene. Ma poi quella piccola fessura inizierà ad allungarsi, ad ingrandirsi, e nonostante i nostri sforzi per ripararla sarà inutile perché non sempre scotch e colla funzionano. E alla fine, inevitabilmente, quell’incrinatura all’inizio invisibile porterà alla completa rottura dell’oggetto. E a questo punto tutto ciò che rimane da fare è prendere i cocci e buttarli.
La stessa cosa vale per l’animo umano.
Quando è semplicemente solcato da una ferita, per quanto grave o profonda, questa col tempo si cicatrizzerà e noi saremo in grado di andare avanti. Ma quando l’animo è incrinato, intaccato da qualcosa che l’ha modificato completamente, totalmente ed irrimediabilmente allora sarà più difficile ricucire il tutto e ripartire. Se l’animo è un oggetto fragile e rigido sarà impossibile rimarginare la crepa. Tuttavia quando un oggetto si rompe possiamo sostituirlo. Quando invece è il nostro animo ad essere in pezzi non possiamo semplicemente raccogliere i frammenti e buttarli. E allora dovremo convivere con quell’incrinatura che segna la nostra vita, impedendoci di dimenticare.
*
« Mi spiace Ai-chan! Non volevo, davvero! Ma mi è scivolato dalle mani e…»
« Non importa Ayumi, era solo uno specchio. » la tranquillizzo raccogliendo i pezzi sparsi in terra. Dalla porta, intanto, sbuca una testa: « Cos’era quel rumore? » chiede Kudo, avvicinandosi.
« Conan-kun! Ho rotto per sbaglio lo specchio di Ai…mi è scivolato! »
Continuo a raccogliere imperterrita le piccole parti riflettenti, mentre anche gli altri due bambini si avvicinano.
« Oh no! » esclama Genta.
« Accidenti! Sapete che una delle superstizioni occidentali vuole che la rottura di uno specchio porti a sette anni di guai? » fa Mitzuiko.
« Come? Oh accidenti! Io…non volevo! »
Oh, beh, che saranno mai altri sette anni di sfortune?
« Appunto, è solo una superstizione! Una sciocchezza! Si è solo rotto uno specchio! » li riprende Kudo.
« Già, ma rompere uno specchio è come rompere una parte della nostra anima! »
« Che cosa? »
« Ahi! » esclamo. Mentre recuperavo uno degli ultimi pezzi mi sono tagliata.
« Cos’è successo Haibara-san? Ti sei fatta male? »
« Mi sono soltanto graffiata, tutto qui. » dico, mentre il sangue comincia a scorrere dal dito.
« Bisogna disinfettarlo subito! » esclama allarmata Ayumi.
« Ci penso io, voi andate pure di là a giocare. » fa Kudo. I bambini obbediscono senza obbiettare, ma prima Ayumi mi indirizza un altro sguardo addolorato. Quando tutti e tre sono spariti mi rivolgo a lui:
« È solo un taglietto, posso benissimo fare da sola…non ho bisogno di un'infermiera! » dico col solito tono sarcastico. Lui mi guarda e sbuffa: « Avanti, posa i pezzi sul tavolo. » mi dice avvicinandosi al mobiletto con la cassetta del pronto soccorso. La prende e la poggia al mio fianco, dopodiché la apre. A questo punto non posso che fare come mi ha detto, così mi libero dei piccoli cocci riflettenti.
Subito prende ovatta e disinfettante e lo passa sul piccolo taglio, accertandosi che non ci siano residui di vetro, dopodiché mi mette un cerotto.
« Ecco. »
« Oh, a quanto pare hai un ottimo futuro da medico! » lo prendo in giro.
« Spiritosa…» fa lui, posando il tutto. Poi si abbassa a raccogliere gli ultimi pezzi che non avevo fatto in tempo a riprendere.
Io, intanto, fisso quelli sul tavolo. In ognuno è riflessa la stessa cosa, ma in maniera diversa. Tento di riavvicinare le varie schegge, quasi come un puzzle, ma ciò che viene fuori non è altro che una superficie rotta che riflette una realtà distorta.
« Ecco qui…ah, mi sa che devi solo buttarlo. Così è inutilizzabile. »
Mi volto verso di lui, poi di nuovo verso la superficie: « Lo so…ma questo specchio, che non mi ha mai mostrato la verità, adesso riesce finalmente a riflettere una cosa così com’è realmente…»
« Eh…? »
« Niente, lascia stare. » faccio alzandomi. Mi avvicino al frigo per prendere un po’ d’acqua. Quando chiudo lo sportello me lo ritrovo a poca distanza. Involontariamente sobbalzo.
« Non starai mica pensando a ciò che ha detto Mitzuiko, vero? È solo una sciocca superstizione, Haibara! »
Sorrido ironica: « Dimentichi che sono una scienziata? Non è nella mia natura essere superstiziosa…»
« Però? »
Però? E chi ha detto che c’è un però? Poggio la bottiglia sul mobiletto e lo guardo.
« Però il mio animo è davvero incrinato…intaccato dal nero pece e dal rosso sangue…e lo sarà per sempre. » verso l’acqua in un bicchiere e comincio a bere. Sento il suo sguardo ancora su di me.
« Passerà. Tutto si aggiusterà, vedrai…»
« No – lo interrompo – un’incrinatura non è una ferita. Una ferita guarisce, una crepa non si rimargina. Ed il mio animo ne è pieno. E sai cosa succede, di solito, ad un oggetto del genere? Quando le fenditure cominciano a crescere, a divenire più profonde, finisce per rompersi. Ma un oggetto rotto non serve a niente. » dico fredda, quasi inespressiva. Perché gli sto dicendo queste cose?
Lo vedo sogghignare, come quando ha appena risolto un caso. A volte davvero non sopporto quell’espressione! Pensa di poter sapere tutto, lui! Si sbaglia...
Si avvicina al tavolo dove sono ancora i pezzi di specchio rotto. Ne prende uno e lo avvicina alla finestra, puntandomi contro la luce riflessa dalla superficie.
« Ma che fai? » chiedo infastidita.
« Guarda. » mi dice. Afferra un altro pezzetto di specchio e lo mette vicino all’altro, proprio come avevo fatto io mentre costruivo il “puzzle”. Stavolta la luce che mi arriva è ancora maggiore.
« Kudo, vuoi forse accecarmi? »
Lui sembra ignorarmi: « Sai, Haibara, in ogni cosa c’è un’incrinatura… – pronuncia per poi riavvicinarsi e posare uno dei due pezzetti nella mia mano – ma è così che entra la luce.* »
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Questa cosa giaceva inerme nella pen-drive. Così, una volta ritrovata e averle ridato una guardata ho detto “ma si, perché no…pubblichiamola.”
Ora…nonostante io l’abbia riletta cinquanta volte sono sicura di aver sbagliato qualche tempo verbale, perciò chiedo venia in anticipo.
*L’ultima frase pronunciata da Kudo appartiene a Leonard Cohen, ed è quella che mi ha ispirato, a suo tempo.
I commenti, come al solito, sono ben accetti e naturalmente gradirei molto conoscere la vostra opinione.
Detto questo vi saluto, sperando di riuscire a tornare presto nel fandom con la long-fic che ho in cantiere – e che la vocina nella mia testa mi assicura che ci resterà ancora per mooolto tempo…