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Autore: Il_Coso    25/06/2010    12 recensioni
Prendete una comune ragazza, estremamente decisa e e che adora scrivere, e fatela iscrivere ad un concorso per fanfiction... che ovviamente vuole vincere. E prendete anche una Morte un po' particolare, che deve portare via la sopraccitata ragazza, dal momento che è giunta la sua ora. Sarebbe tutto normale, se non fosse che Fra (così si chiama la ragazza) non ha ancora terminato la sua fanfiction, e vuole impedire alla Morte di portarla nell'aldilà. Fra riuscirà a finire la sua adorata storia? O la Morte la convincerà ad arrendersi? Dalla storia: "-Morte?- -Si?- -Sei una testa di pigna.-"
Genere: Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Frrrrrrrrrrrra

La Scrittrice e la Morte

 

 

 

Immaginatevi un tranquillo paese, uno come tanti altri.

Immaginatevelo al tramonto, mentre il sole fa bruciare le cime degli alberi, che frusciano lentamente per via di una fresca brezza.

Oltre gli alberi, immaginatevi un condominio.

Immaginatevelo con molti balconi.

Ora, su uno di quei balconi, immaginatevi una porta; e immaginatevela aperta.

Ecco, dopo tutto questo, lasciate che vi faccia immaginare che oltre quella porta c’è una ragazza, china sulla tastiera di un computer, intenta a scrivere una storia.

Una storia in cui crede.

Con tutta se stessa.

 

Click click click click. Click click. Click click click click click. Click click click. Click. Click click...

Fra stava scrivendo, e la tastiera ticchettava in modo abbastanza aritmico e discontinuo. Ma chi la conosceva sapeva bene che questo non era indice di indecisione: era un modo di andare cauta, di non essere frettolosa, affinché lo scritto riuscisse perfetto e non superficiale e impulsivo.

Si tirò su e rilesse quello che aveva scritto fino a quel momento.

-Perfetto.- si compiacque.

La storia che stava scrivendo non era fine a se stessa; poco tempo prima aveva letto, sul sito di fanfiction su cui pubblicava, l’annuncio di un concorso il cui tema le era molto piaciuto; e così si era data da fare.

Visto che era il primo contest a cui aveva pensato di iscriversi, aveva una certa voglia di fare una bella impressione; e pertanto si era presa tutto il tempo che pensava potesse esserle utile per fare un buon lavoro… anzi, un lavoro perfetto. Ci aveva messo una settimana ad immaginarsi una possibile trama, e ancora un’altra a scriversela dall’inizio alla fine… in testa; e dalla settimana numero tre, la stava inserendo sul computer.

Una pagina al giorno.

Giorno dopo giorno.

Per non essere frettolosa.

Aveva appena finito la ventottesima pagina, quella del colpo di scena. Secondo la sua scaletta, domani avrebbe inserito la ventinovesima, quella del finale pacificatore, e il giorno dopo la trentesima, cioè l’epilogo. Perfetto, no?

Assolutamente perfetto.

Fra sorrise, osservando il pallido schermo, e chiuse soddisfatta il file. Poi si concesse un lungo sorso di tè al limone, mentre rileggeva il titolo della fanfic originale, pressoché conclusa: Al cuor non si comanda.

Un po’ pomposo, doveva ammetterlo. Ma le piaceva, e poi rispecchiava, in qualche contorto modo, la storia d’amore che aveva scritto: la storia di due ragazzi, che incontrandosi per caso, si innamorano; lui rimarrà fedele alla ragazza, che invece non esiterà a spezzargli il cuore lasciandolo per un altro. Il giovane non riuscirà a farsene una ragione, e continuerà ad amarla lo stesso.

Personalmente trovava questo comportamento un po’ sciocco, però quella era l’idea, e quella aveva scritto. Senza contare che le storie tragiche le venivano dannatamente bene.

DLIIIIIN-DLOOOOON!!

Lo squillo del campanello le fece venire un colpo.

Si tirò su di malavoglia per andare ad aprire, borbottando contro la madre che non sarebbe arrivata che in tarda serata. Di solito era lei che si occupava di campanelli, telefoni e aggeggi simili…

Si alzò dalla sedia girevole, sfrattando il grosso e pigro gatto che le stava accoccolato in grembo, attraversò la camera immersa nella penombra, schivò un secondo gatto che le tendeva un agguato dietro una libreria, percorse il corridoio e sbloccò tutta una serie di lucchetti.

Solo allora aprì la porta.

E le parve perfettamente normale trovare dall’altra parte una figura coperta da capo a piedi di un lungo mantello nero; spuntava solo la mano sinistra, che reggeva una grossa falce bianca e rossa. La figura aveva il cappuccio, ed emetteva rantoli.

Quello che però non le parve normale fu che quell’alta figura con lungo mantello nero, mano sinistra e falce bicolore, emettesse rantoli proprio davanti casa sua. Con tutti gli altri posti che c’erano in giro.

-E… lei chi è?- chiese, educatamente. l’altro la fissò con uno sguardo molto penetrante da sotto il cappuccio; ma Fra non era tipo da lasciarsi penetrare dallo sguardo di chicchessia. Specialmente non da uno che rantolava di nascosto da sotto un cappuccio.

Così ripeté la domanda, più decisa, e alla fine l’altro rispose.

-Io- disse con voce profonda –sono la Morte.-

E poi silenzio.

Fra inarcò il sopracciglio: -Non conosco nessun signor “Lamorte”, mi dispiace, e…-

-Io- la interruppe lui, come se non avesse ascoltato –sono il Tristo Mietitore.-

Ah, non era solo un rantolante uomo incappucciato, ma anche contadino… e depresso, perfino!

Incappucciato, poi… sembrava più un travestimento, tipo quelli di Carnevale, no? E somigliava parecchio, ora che ci pensava, a quella illustrazione sul libro di Arte… come si intitolava? Va beh, dai, quello che ritraeva una personificazione della…

Oh, cavolo.

La figura annuì, e si avvicinò a sussurrarle un paio di parole all’orecchio.

-Si. Hai capito bene.-

Fra sbarrò gli occhi, indietreggiò di un paio di passi, e…

-Ahhh, ma che alito!-

-Cosa?-

La sorpresa gli fece scivolare via il cappuccio.

Fra annuì.

-Si, sa di… beh, sa di cadavere putrefatto lasciato a macerare allegramente per una settimana!-

-Ah ah, cos’è, la battuta del secolo? E poi non sono io, è il mantello. È più vecchio di quanto tu possa immaginare.-

-Si, si, beh. Esiste una cosa chiamata naftalina. È venduta in palline, c’è l’offerta 3 x 2 al supermercato…-

-Ora basta.- disse l’altro, ricomponendosi. –Posso entrare?- aggiunse poi.

Fra lo fissò sospettosa, ma poi annuì.

Così il ragazzo… ma poi era un ragazzo?... ora che era entrato, la luce metteva in risalto il volto giovane di un ventenne, e i suoi piccoli ricci biondo scuro. Ma lo sguardo… ah, lo sguardo! Penetrante. Davvero, così acuto da poterci sbucciare un kiwi con un’occhiata.

Ma Fra, comunque, non era tipo da lasciarsi penetrare dallo sguardo di chicchessia. Anche se ora si era tolto il cappuccio.

-Mi dia il mantello, glielo appendo all’attaccapanni.-

-Eh?-

-Davvero, me lo dia. Starà scomodo in casa con il mantello addosso.-

-Oh. D’accordo. La falce?-

-La appoggi pure al muro… beve qualcosa?-

-Magari… dell’acqua, grazie.-

Fra gliene riempì un bicchiere e lo guardò accomodarsi in cucina.

-Bene- gli disse dopo un momento –perché è qui?-

Il ragazzo si sorprese un’altra volta. La sua era ottusità o vana speranza?

-Beh è semplice. Sono qui per…- ma all’improvviso cominciò a tossire e a respirare affannosamente; Fra si spaventò, ma, com’era iniziato, l’attacco finì.

-Lei soffre d’asma?-

-Ahh… si… ahh… non senti… ah… che rantoli…?-

Tossì ancora un paio di volte.

-E poi, smettila di darmi del “lei”. Non suona bene!-

-Oh, va bene. Di solito non le… ti danno del “lei”?-

-Di solito non ha più importanza.-

-Ah capisco.-

Il silenzio dilagò tra di loro, finché il ragazzo parlò di nuovo.

E lo fece con un tono di voce così profondo che, sebbene stesse sussurrando, avrebbe potuto sovrastare cento e cento volte il fragore di un tuono.

-Sono qui per portarti via.-

 

Fra lo fissò, le parole che le rimbombavano in testa.

Come come come???

Si sentì ribollire. Fremere di rabbia e di stupore.

Balzò in piedi, le mani strette a pugno; e fu così che ribatté:

-No.-

Il ragazzo la guardò socchiudendo gli occhi.

-Cosa? Nessuno può ribattere a me!-

Fra scosse la testa incredula.

-“Cosa” lo dico io: ti presenti alla mia porta, così, all’improvviso, senza che ci siamo mai parlati prima, e pretendi già di scappare via con me? Lo so che sono attraente, ma fino a questo punto…-

 

Il ragazzo la fissò.

Ancora.

E ancora.

E di nuovo.

Poi esplose.

-Sei un’idiota!!! Non intendevo quello!-

Lei lo fissò male, e incrociò le braccia.

-Ah, no? E che cosa intendevi, esattamente?-

L’altro sospirò.

-Va bene, te lo dirò in modo semplice. Molto semplice. È la tua ora per morire. È abbastanza semplice ora?-

Qualcosa scattò nella testa di Fra.

-Non voglio!-

-Non mi importa!-

-E io non vengo!-

-Non mi importa!-

Si guardarono in cagnesco al di sopra del tavolo della cucina.

Non poteva essere. Non oggi. Non in quel momento. Era troppo giovane, bella e furba per morire! Doveva assolutamente escogitare qualcosa…

-Io ti sfido a… a… a… a scacchi!-

Il ragazzo si stupì.

-Cosa? A scacchi?-

-Beh, si, perché no? In palio metto la mia vita.-

-No, aspetta, quello che volevo dire io è: cosa diamine ti fa pensare che io sappia giocare a scacchi???-

Ora fu il turno di Fra di stupirsi.

-Vuoi dire che… tutti quei quadri… le storie… le leggende… sono sbagliate?-

L’altro annuì compiaciuto: -Esatto: confondo sempre il re con la regina, e non mi ricordo mai come si muove il cavallo!-

Questo contrattempo non ci voleva. Era una mossa astuta, molto astuta... Peccato che Fra lo fosse di più!

-Allora ti sfido a Monopoli!-

-No, non mi piace, è noioso…-

-Allora…a Scarabeo!-

-No, odio gli insetti.-

-A… Indovina Chi?-

-Le vostre facce sono tutte uguali.-

-Final Fantasy?-

-Videogiochi? Bleah!-

-Xiaolin Showdown?-

-Che roba è?-

-Nemmeno il Gioco dell’Oca???-

-No, è troppo semplice, finiremmo in due minuti!-

Fra incrociò le braccia e cominciò a masticare improperi, mentre il ragazzo la guardava tranquillo, sicuro di avere tutte le cose sotto controllo. Come sempre, d’altronde.

-Sentimi bene, ricciolo. Io non ho intenzione di venirmene via con te. O almeno… non ora. Chiaro? Perciò… smamma.-

-Smamma?- chiese il “ricciolo” corrugando la fronte.

-Si, mai sentito?-

-Sai il gergo giovanile è qualcosa che manca, da dove vengo io.-

-Okay, ti spiego. Sciò! Pussa via! Sparisci!-

Ah, ecco. Ora era tutto più chiaro. “Sparisci” era una cosa che conosceva… peccato che non potesse farlo.

-Mi sa che non posso... Devi venire via con me. E devi farlo ora.-

-No!-

-Uffa, non ricominciare…- il biondo roteò gli occhi.

Si guardarono male ancora un po’.

-Ascolta…- disse lui dopo un po’ –devi venire. Io non faccio eccezioni. Mai. Perciò… mettiti il cuore in pace. E vieni.-

-C’è un problema.-

-Cosa? Un problema? Con me non ci sono mai problemi!-

-E invece si. Vedi, io sono viva. Sono ancora viva, e finchè lo sarò… beh, non potrai prendermi! Quindi mi sa che devi ripassare, bello.-

-Ah, ma allora il problema non c’è! Vedi, tu sei già morta. Peccato.-

Per Fra fu un brutto colpo. Davvero bruttissimo.

-Cosa… e quando? Come???-

-Ti ricordi quando ho suonato il campanello?-

-Si, mi hai fatto prendere un colpo.-

-Appunto.-

 

Fra si sedette sul divano. O meglio: crollò sul divano. Cioè, lo avrebbe fatto se non avesse avuto una reputazione da mantenere.

Morte la guardò, e vide la catena della sua tenacia sciogliersi.

-Bene. Ora, andiamo.- disse con un tono non ammetteva repliche.

Ma comandare Fra, come abbiamo già detto, non era così semplice.

-Non mi muovo da qui!- replicò infatti.

Maledizione, questa ragazza gli stava facendo perdere un sacco di tempo! Urgeva un rimedio. Forse le chiacchiere l’avrebbero resa più arrendevole…

-E va bene, aspettiamo un po’! Dai, racconta… perché sei così ostinata?-

-Eh? Vorrei vedere te al mio posto!-

Come se nulla fosse, il ragazzo continuò:

-Avanti, racconta…c’è qualcosa che ti interessa particolarmente? O magari… un ragazzo particolarmente carino?-

-Che dici, saranno fatti miei?-

-Ahhh, sei impossibile!- esclamò il ragazzo, mettendosi le mani tra i capelli e cominciando a camminare nella stanza.

Fra lo vide, e il suo comportamento la fece un po’ intristire. E, in fondo, chi lo dice che anche le persone impenetrabili, super ostinate e astutissime non possono commuoversi?

-Oh, e va bene, te lo dico.-

-Cosa? Davvero?-

Il ragazzo si fermò di colpo e si affrettò a sedersi di fronte a Fra.

-Parla, su!-

-Il punto è che… insomma...- Fra si dondolò imbarazzata sulla sedia.

-… è che… sto scrivendo una storia e la devo ancora finire! Ecco, l’ho detto.-

Morte rimase zitto per un po’, cercando di capire il senso di quello che aveva appena sentito. Poi parlò ancora.

-Insomma, tu ti rifiuti di trapassare… per una storia?-

-Si.-

-Per… un racconto? Narrativa, parole, lettere?-

-Si.-

-Ma… è una cosa stupida!-

Fra lanciò a Morte un’occhiata che gli fece venire voglia di portarsi via da solo.

-Stupida? Hai idea di cosa rappresenti per me quel racconto?-

-Fammici pensare… tutto quello che pensi, tutto quello che senti, i tuoi ideali, le tue speranze e i tuoi sogni, giusto?-

Fra rimase spiazzata per un secondo. Ma solo per un secondo.

-Beh… si. È sbagliato forse?-

-No, è solo… stupido.-

-Non c’è nulla di stupido nell’esprimere i propri sogni e i propri pensieri al mondo! A volte è l’unico modo che si ha per farsi sentire e per sentirsi, perché a volte i sogni sono l’unica cosa che ti resta.-

Fra si irritò, e si irritò sempre di più quando vide che il ragazzo sembrava del tutto insensibile ai suoi argomenti.

-Ma tanto, perché te lo dico? A te non interessa! Ti credi superiore a queste cose… stupide.- E gli diede le spalle.

-Testa di pigna.- borbottò.

Morte rimase scioccato qualche secondo, prima di ribattere:

-Ascolta. Sono esistito per abbastanza tempo da vedere il futuro diventare antichità, da vedere gli ideali universali essere dimenticati, di vedere i sogni delle persone essere spazzati via… capisci quando dico che mi sembra che queste cose mi sembrano insulse?-

-Ah si? E allora cosa in cosa dovremmo rifugiarci? Cosa rende la vita degna di essere vissuta, se non i nostri sogni?-

Morte soppesò la domanda. Seriamente.

-I dolci- disse alla fine. –I dolci hanno un buonissimo sapore.-

-Sei una testa di pigna!- esclamò di nuovo Fra.

 

Dopo un po’, stanco di fissare la silenziosa schiena di Fra, Morte parlò ancora.

-Bene, se il problema è quella storia… vai, finiscila, poi ce ne andremo.-

Fra finalmente si girò e sospirò.

-Non basta! L’ho scritta per un concorso, che scadrà…-

-…si?-

-… tra quattro mesi.-

Morte spalancò gli occhi. Quattro…? No, era troppo tempo. Decisamente troppo.

-No.-

-Ma…-

-No, aspetta. Ci sono delle cose che bisogna imparare a tralasciare. Vieni, ti faccio vedere.-

Fra era un po’ sospettosa, ma lo seguì lo stesso sul… balcone. Orami il sole era tramontato, e in strada aleggiava una pigra penombra, dovuta ai lampioni che spandevano un po’ luce.

-Che ci facciamo qui?-

-Aspetta. Guarda lì.-

Fra guardò. c’era una macchia grigia che assomigliava a…

-… un piccione?-

-Una piccione…- la corresse Morte.

La piccione barcollava come se avesse sbattuto la testa. A un certo punto cadde a terra.

-Oh no! Non dirmi che è…-

-Aspetta ancora un momento.-

Dall’oscurità della siepe che si trovava a pochi metri, cominciò a venire fuori un’ombra spaventosa.

Una zampa artigliata.

Due ali grigio cenere, una delle quali ripiegata.

L’altra che reggeva un minacciosissimo falcetto.

Un nero mantello con il cappuccio calato.

Si avvicinò alla piccione defunta, e disse:

-Tuuuu. Tuuuu.-

 

Fra rimase un attimo a fissare la figura del piccione ammantato che pungolava con un falcetto la piccione morta, tubandole nel frattempo.

-Esattamente… cosa sarebbe quell’affare?-

-È la Morte dei Piccioni, ovviamente! Altrimenti noto come Tristo Tubatore.-

-Tubatore? Scusa ma chi vi dà i nomi? Sembra la ditta di un idraulico depresso!-

Morte alzò gli occhi al cielo. Poi li riabbassò.

-Lascia stare, è meglio.-

Nel frattempo la Morte dei Piccioni aveva fato alzare la piccione, e dopo un po’ di tubamenti se ne volarono via.

Mentre Fra si chiedeva come fosse possibile volare con un falcetto in un’ala, Morte la guardò e disse:

-Quella piccione era una mamma, aveva un nido con tre piccoli e un ottimo marito che la aspettavano, e la aspettano ancora… eppure ha accettato lo stesso di volarsene via con il Tristo Tubatore. Cosa hai imparato da tutto questo?-

-Che chi vi dà i nomi ha una pessima fantasia?-

-Non è questo il punto!-

-Okay, okay, lo so… la lezione è che non importa quante cose ti restino qui, quando è il tuo momento devi andare senza possibilità di appello. Bisogna rassegnarsi, l’inevitabile è, appunto, inevitabile, e tu puoi ribellarti quanto vuoi, ma…è quasi sempre inutile.-

Un momento di silenzio.

-Veramente la lezione era che quando io comando, bisogna obbedire, ma anche quello che hai detto va bene! Quindi ora sei pronta?-

-Lo sono.-

-Senza rimpianti?-

-Si, in realtà…-

-Cioè? La tua storia?-

-No, ora che ci penso… mi mancheranno i miei amici e la mia famiglia…-

-Brava,- disse Morte –sei cresciuta.-

-In cinque minuti?-

-Ventisette secondi ben spesi sono tutta una vita.-

-…-

-…-

-Morte?-

-Si?-

-Sei una testa di pigna.-

 

Rimasero in casa solo altri due minuti. Morte recuperò il mantello nero e la falce bianca e rossa, e Fra agguantò la borsa, anche se sapeva che non le sarebbe servita più di tanto. Prese anche una felpa, nel caso stessero andando in un posto dove faceva freddo.

E infine scesero in strada, e cominciarono a camminare verso la luce.

VROOOOOOOM.

Okay, magari i fari del camion erano la luce sbagliata. Una volta che ebbero individuato la luce giusta, Morte parlò un’ultima volta.

-Alla fine, di cosa parlava la tua storia? Raccontamela.-

-Era una storia d’amore, ma è lunga…- disse Fra.

-Non ti preoccupare, lo è anche il nostro viaggio.- assicurò il ragazzo.

Fra allora annuì e gliela raccontò. Parola per parola, compresi i capitoli che non aveva ancora scritto.

E finalmente, Al cuor non si comanda ebbe una fine.

Come la storia che state leggendo voi, dopotutto.

Anzi, non proprio…

 

***

 

Click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click click.

Click.

Morte era tornato a casa di Fra quella sera stessa. La ragazza gli aveva raccontato gli ultimi capitoli, quelli che non aveva avuto il tempo di mettere per iscritto, e lui ora li aveva ricopiati. Esattamente come aveva sentito... quando voleva, Morte sfoderava un ottima memoria.

L’ultima cosa che doveva fare, ora, era inviare il testo. Afferrò il mouse.

 

INVIARE?

 

Neanche lui sapeva cosa l’aveva spinto a farlo. Non era mai accaduto, prima, che interferisse con le questioni dei vivi.

Questa volta, però...

Alla fine prese la sua decisione.

Click.

 

INVIATO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La prima cosa che dico è: Scusate. Perché questa fic è orribile, e non mi convince molto. Però la pubblico lo stesso dato che la speranza è l’ultima a morire… e perciò spero che vi piaccia e che abbiate la voglia di recensire.

Spero anche di non aver offeso nessuno dato il tema di cui la fic tratta.

Arrivederci alla prossima pubblicazione, che speriamo sia migliore… bye!!

  
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