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Autore: theIrydioner    27/06/2010    1 recensioni
Avrebbe potuto proteggere la sua donna e il suo bambino da qualunque pericolo, da qualunque disgrazia, anche dalla morte. Avrebbe potuto, lo sapeva, se lo avesse voluto; perché quando voleva qualcosa, Anakin Skywalker non si arrendeva mai prima di averla ottenuta.
...Ma sarei in grado di proteggerli anche da me stesso?

Tornando a casa dopo l'inquietante colloquio con Palpatine a teatro, Anakin è tormentato dai suoi incubi personali e dal nuovo spiraglio che le parole del Cancelliere gli hanno aperto; e i suoi pensieri corrono al figlio non ancora nato...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NOTE: questa è la mia prima fic, scritta subito dopo aver rivisto (per l'ennesima volta!) Episodio III  - e dopo essermi ripresa dal mare di lacrime...

Ho sempre pensato che sarebbe stato bello, nel film, vedere qualche momento in più che riguardasse Anakin e i suoi pensieri riguardo ai suoi bambini nel pancione...visto che poi il destino non gli ha più concesso un solo momento con i suoi figli, almeno fino alla fine. Ho cercato di espandere in questo senso; spero possa piacere! Chiedo scusa per il titolo moolto generico - non riuscivo proprio a trovarne uno più decente...e buona lettura :)
-Vale



Father's reflections
 

Il teatro si stava svuotando.

Lentamente, sotto le arcate dell'imponente edificio si radunava la folla colorata dell'élite di Coruscant, in un confuso e colorato turbinio di vesti ricamate, preziosi mantelli e lunghi soprabiti senatoriali. Anche mentre in quel preciso momento infuriava una guerra terribile, sparsa fra le stelle sopra le loro teste, i senatori non rinunciavano al loro abituale sfarzo e pomposità. Procedevano placidamente, avviandosi verso i taxi pronti ad aspettarli o alla volta dei propri speeder personali, pacatamente discutendo del visionario spettacolo di quella sera, mentre lassù i Jedi combattevano per loro con l'esercito dei Cloni.

Anakin Skywalker, perso in mezzo alla calca, non poté trattenere un moto di disgusto. Molta di quella gente non aveva neanche la più pallida idea di che cosa fosse la guerra che loro stessi avevano votato per cominciare, in Senato. In quel momento, poteva capire la rabbia e la delusione di Padmé, che invece aveva vissuto sulla propria pelle la pioggia di laser, la distruzione, le sofferenze del suo popolo, e aveva fatto di tutto perché questo non si ripetesse.

Padmé.

Aveva continuato a pensare a lei per tutta la durata della rappresentazione. I suoi occhi erano rimasti fissi sui giochi di luce dispiegati di fronte a lui, ma la sua mente vedeva solo lei...il dolce sorriso che amava, la gioia che brillava sul suo viso mentre parlavano della loro promessa, del loro bambino che lei portava in grembo...gioia che improvvisamente si era trasformata in un terribile incubo.

Anakin, aiutami!

Le grida, il dolore che sfiguravano il volto del suo angelo...

Il pianto disperato del suo bambino in sottofondo...

E lui non poteva aiutarli...rimaneva a fissarli in agonia, senza poterli sfiorare neanche con un dito...senza poter alleviare il loro dolore...

Anakin non poteva sopportarlo. Chiuse gli occhi, sperando di scacciare quella visione straziante, ma al tempo stesso sapendo che non poteva evitarla, perché essa si era impressa come a fuoco nel fondo della sua mente...lo perseguitava sempre, giorno e notte, da quando era tornato su quel maledetto pianeta.

Non poteva pensare di lasciarla morire...non lei.

Non poteva pensare di dover restare a guardare, impotente, mentre il suo angelo si consumava...esattamente com'era successo con sua madre, che aveva fatto in tempo soltanto a tendergli una mano, una carezza, prima di morire tra le su braccia, forti, sì, ma non abbastanza per salvarla. E quell'odio profondo che si era destato in lui, che gli aveva fatto massacrare senza pietà quei maledetti Tusken, non l'aveva riportata indietro...

Basta, no...

“Va tutto bene, Anakin?”

Il giovane Jedi aprì gli occhi di scatto, e lo sguardo confuso e tormentato che piantò sul Cancelliere sarebbe bastato da solo a rispondere. Il ragazzo tentò, però, di negare l'evidenza: “Certamente, Vostra Eccellenza” rispose, con voce meno ferma di ciò che avrebbe voluto. Nonostante la sua vita fosse cambiata totalmente e radicalmente da quel giorno in cui era volato via dalla soffocante calura di Tatooine, sotto l'ala protettiva del saggio Qui-Gon, c'era ancora in lui parte del bambino sognatore di un tempo, incapace di fingere o di mascherare qualunque sentimento, perché le sue emozioni rimanevano imprigionate nei suoi grandi occhi blu, esposte a chiunque lo osservasse.

Il Cancelliere Palpatine gli rivolse un sorriso di comprensione. Quell'uomo molte volte pareva comprendere il suo tormento interiore in una maniera quasi inquietante...sembrava poter leggere dentro la sua anima con una facilità preclusa a tutti gli altri.

Palpatine è un politico...non ha scrupoli a sfruttare i vizi e le passioni dei senatori per far funzionare il suo gioco...

Le parole del suo maestro emersero automaticamente dai ricordi. Quante volte Obi-Wan gli aveva detto di non fidarsi degli uomini politici, quante?

Eppure Anakin non riusciva a togliersi dalla testa le parole che il Cancelliere gli aveva rivolto quella sera...quella storia, raccontata con aria di casualità, e che ora rischiava di sconvolgere tutto ciò in cui credeva, tutto ciò cui aveva dedicato la sua vita da quando era stato finalmente padrone del proprio destino.

Riusciva davvero…a salvare le persone dalla morte?

Il Lato oscuro della Forza è la via per apprendere molte abilità che alcuni considerano ingiustamente non naturali…

Il giovane rabbrividì. Il Lato oscuro...al tempio Jedi gli avevano insegnato a temerlo, a rifuggirne il solo pensiero, perché un solo, unico passo in quella direzione avrebbe segnato il suo destino per sempre...sarebbe diventato proprio ciò che aveva giurato di distruggere.

Ma Palpatine gli aveva parlato dei Sith come mai nessuno aveva fatto prima...dalle sue parole, la figura di Darth Plagueis campeggiava come quella di un uomo sapiente e generoso, preoccupato a salvare delle vite con la sua arte. Anakin non riusciva a vedere, in questo, molta differenza dal compito dei Cavalieri Jedi.

I Sith sono egoisti, pensano solo a se stessi.

E i Jedi non lo fanno?

I Jedi sono altruisti. S’interessano solo agli altri.

Sorrise amaro, ripensando alla sicurezza con cui solo poco prima di udire quella leggenda aveva categoricamente separato Jedi e Sith nelle loro prerogative, con gli echi delle sue idealistiche credenze da bambino a risuonare ancora nelle sue parole. Proprio lui parlava di altruismo...quando in quel momento, con tutti i problemi della galassia di cui, come Jedi, avrebbe dovuto preoccuparsi, l'unica cosa che gli riusciva e che voleva fare era cercare disperatamente un modo per porre fine alla propria paura più spaventosa...un modo di salvare la sua Padmé.

Questo mi rende dunque più simile…a un Sith?

Anakin, in quel momento, non avrebbe saputo rispondere...e il fatto lo sconcertava.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa, per la vita del suo angelo...qualsiasi. Lo sapeva bene. Anche solo l'idea di poter vivere in un mondo senza di lei gli riusciva intollerabile come se gli mancasse l'aria...senza di lei, era come un pittore che dovesse improvvisamente diventare cieco, un musicista che da un giorno all'altro si ritrovasse sordo. Ma sarebbe mai stato capace di tradire i Jedi, che erano sempre stati la sua famiglia, di tradire Obi-Wan, più che un mentore e un amico, ma quasi un padre per lui?

Eppure non sono forse gli stessi Jedi ad umiliarti continuamente?

Immagini di tutte le delusioni e gli schiaffi morali che il Consiglio gli aveva dato in quei pochi giorni si sovrapposero al già confuso vortice di pensieri che si agitava, come impazzito, nella sua testa... tutti gli sguardi di diffidenza e rimprovero...

Adesso smettila, Anakin…ammetti che te la sei cercata…sei stato il solito presuntuoso…e non sai mai controllarti…

Eppure, perché aveva continuamente la sensazione che, qualunque cosa facesse, nulla ricevesse mai approvazione...che nessuno dei Maestri, nemmeno Obi-Wan, avesse un minimo di fiducia in lui, Anakin Skywalker, che pure avrebbe dovuto essere il loro “Prescelto”?

Questi ragionamenti non ti porteranno da nessuna parte…adesso la tua priorità è Padmé…

L'immagine di lei si riaffermò improvvisamente nella sua mente, cancellando in un attimo tutti gli altri suoi confusi pensieri, proprio come un potente soffio di vento, nel deserto sterminato di Tatooine, in poche ore era capace di scavare avvallamenti e innalzare grandi dune di sabbia. Il suo amore sarebbe già stata preoccupata per lui a quell’ora…per lui che, appena rifugiatosi da lei dopo quell’orribile giornata al Tempio, era dovuto correre via all’improvviso, senza neanche fare in tempo a dirle dove sarebbe andato. Probabilmente gli avrebbe fatto il broncio quando sarebbe arrivato…era così adorabile anche quando era arrabbiata…ma Anakin sapeva che l’avrebbe perdonato subito quando l’avesse baciata con tutta la passione che aveva in corpo – come faceva sempre, d’altra parte…

Sarai preoccupata per me…ma non sai quanto lo sono io per te e per il nostro piccolo…

L’ansia lo assalì di nuovo bruscamente, insieme ad un irrefrenabile bisogno di andarsene da lì…di vedere se lei stava bene.

“Io…perdonatemi, Vostra Eccellenza, ma devo andare. Il maestro Kenobi ha richiesto la mia presenza non appena fossi stato libero da altri impegni” si giustificò Anakin, aggrappandosi alla prima scusa che gli era venuta in mente. Stando alle sue parole, il suo Maestro avrebbe dovuto aver bisogno di lui molto più spesso di quanto effettivamente accadeva…

Sulle labbra del Cancelliere passò nuovamente l’ombra di quello che ad Anakin, questa volta, parve molto un sorrisetto sarcastico. Il ragazzo raggelò, con la netta sensazione che l’uomo avesse capito tutto, quasi avesse potuto ascoltare il flusso agitato dei suoi pensieri. Ma fu solo un attimo, e Palpatine riguadagnò in fretta la sua espressione formale. “Ma certo, Anakin” replicò cordialmente il Cancelliere.

Anakin tirò un sospiro di sollievo. Era solo la mia immaginazione…pura suggestione…e dire che ormai dovrei essere abituato a mentire su questo argomento…

 “Spero che lo spettacolo sia stato di tuo gradimento…” continuò poi Palpatine, “…e che le notizie su Grievous possano essere messe a frutto al meglio dall’Ordine dei Jedi”. Nonostante il tono piano e affabile, il suo sguardo era strano, quasi ironico, mentre pronunciava queste parole; ma Anakin non vi diede particolare peso, ora impaziente di andarsene.

“Lo saranno, Vostra Eccellenza, ve lo prometto” disse il giovane Cavaliere, accennando a un inchino. “Vi auguro una buona notte, Cancelliere”.

“Buonanotte a te, Anakin” rispose il Cancelliere supremo. Il suo sorriso accondiscendente si trasformò ben presto in un ghigno di soddisfazione; ma il Jedi non poté vederlo, poiché già stava correndo verso il suo caccia, facendosi largo in mezzo alla folla.

 

Le luci che filtravano dalle finestre dell’appartamento di Padmé erano tra le poche ancora accese nell’imponente edificio 500 Repubblica, quando Anakin arrestò dolcemente la sua astronave sull’ormai noto terrazzo.

Casa. Dopo la prima, spoglia abitazione di Tatooine, che aveva visto le sue memorie d’infanzia, quello era l’unico posto in tutta la galassia in cui si fosse sempre sentito accolto, protetto, amato, non importa cosa avesse fatto; l’unico luogo in cui potesse essere sempre, interamente se stesso…perché lì c’era Padmé, e Padmé aveva sempre saputo leggere nella sua anima, e tirare fuori il meglio di lui…eclissando la parte ombrosa e scura che si nascondeva nel suo cuore, sempre in agguato. Padmé in lui non vedeva, come tutti gli altri, il Jedi Skywalker, l’Eroe senza Paura, valoroso generale della Guerra dei Cloni, fortissimo ed intrepido, ma soltanto Anakin…lo stesso bambino che la credeva un angelo volato via dalle Lune di Iego; lo stesso ragazzo, cresciuto troppo in fretta per causa del suo grande potere, che nonostante i divieti l’aveva spiazzata baciandola, con un timido sorriso, quel giorno sul lago, a Naboo; lo stesso giovane uomo che dava un senso ad ogni suo respiro, e che sarebbe diventato il padre dei suoi figli.

E questo era tutto ciò che per Anakin contava ora…tutto ciò che voleva essere. Al diavolo i Jedi, la politica, la guerra. Senza di lei, nulla di ciò per cui combatteva da anni, nulla di ciò in cui credeva avrebbe più avuto significato. Perdere lei, il bambino, avrebbe comportato perdere anche se stesso…e questo Anakin non poteva farlo.

Entrò, e la turbolenta corrente dei suoi pensieri per la prima volta in tutta la serata fu costretta ad arrestarsi quando la vide. Il suo angelo giaceva placidamente addormentato sul divano, la Holonet ancora accesa, mentre un cronista Twi’lek continuava ad annunciare aggiornamenti sulla situazione dei vari avamposti della Repubblica sparsi per la galassia. La testa di Padmé era morbidamente reclinata sullo schienale, vinta dal peso della stanchezza, e le sue piccole mani anche nel sonno erano intrecciate intorno al pancione, come a voler cullare la piccola vita che vi cresceva dentro; sul suo viso era dipinta un’espressione di pace assoluta.

Anakin non poté impedirsi di restare imbambolato a fissarla, totalmente perso nell’immagine di lei.

Dio, come sei bella, amore mio…come potrebbe mai qualcuno permettere che ti accada qualcosa di male?

…Come potrei farlo io?

“Oh, padron Anakin! Santo cielo!”

Anakin si voltò, sorpreso dalla voce metallica alle sue spalle. “Che cosa succede, C-3PO?” domandò, improvvisamente allarmato dal tono ansioso del droide protocollare.

“Miss Padmé aveva espresso la volontà di aspettarvi. Credo che avrei dovuto svegliarla…”

Anakin scrollò il capo, sollevato. Avrebbe dovuto ricordarsi che il suo droide tendeva a prendere un po’ troppo sul serio qualunque questione…forse avrebbe dovuto cercare di riprogrammarlo, un giorno o l’altro. Ma non sarebbe più C-3PO, pensò il ragazzo con un sorriso.

“E’ tutto a posto, 3PO” lo rassicurò il Jedi. “Perché non vai a riposarti un po’? Sei stato in piedi tutto il giorno” disse poi, cercando una maniera gentile di far capire al robot che voleva starsene un po' da solo con Padmé.

“Ehm…in effetti…forse non sarebbe una cattiva idea...” rispose il droide, ancora un poco esitante.

“C’è anche R2 di là” aggiunse Anakin. Quei due robot passavano la maggior parte del tempo a battibeccare su ogni cosa, ma il giovane sapeva quanto in realtà fossero affezionati l’uno all’altro, dopo tutto ciò che ormai avevano passato insieme. Infatti, il tono pur monocorde e metallico della voce di C-3PO ebbe un guizzo nel sentir nominare l’amico astro-droide: “Ah…il piccolo R2…ci scambierò volentieri qualche parola…allora buonanotte signore…”.

“Buonanotte, 3PO” rispose Anakin, sorridendo mentre scuoteva il capo, guardando il droide protocollare allontanarsi con la sua solita andatura impacciata.

Mentre l’armatura dorata del fedele amico meccanico spariva alla volta del terrazzo, di nuovo gli occhi del Jedi guizzarono subito verso la figura minuta di sua moglie addormentata, portandosi via quell’accenno di serenità appena abbozzato sulle sue labbra.

Senza quasi rendersene conto, il giovane si avvicinò al divano e si accoccolò sul pavimento di fianco a Padmé, per non rischiare di svegliarla. Rimase in contemplazione per quello che avrebbe potuto essere un'ora o un minuto, non avrebbe saputo dirlo...semplicemente incapace di smettere di guardarla, simile a un giallo girasole costantemente alla ricerca dell'abbraccio dorato del sole.

Padmé gli sembrava ancora più minuta ora, in contrasto con il pancione; e questo pensiero lo fece sorridere suo malgrado, ripensando a come lei gli sembrasse alta quando si erano incontrati per la prima volta...di come si fosse scoraggiato, pensando di essere troppo piccolo per farsi apprezzare da lei...e lo stupore di lei nel riconoscere, dieci anni più tardi, l'immagine di quel bambino nel ragazzo che era diventato.

Quasi come se avesse potuto ascoltare i suoi pensieri, Padmé sospirò e sorrise nel sonno, muovendo leggermente le mani che parevano così minuscole per contenere la vita che lì dentro di lei scalpitava e fremeva attraverso la Forza. Anakin poteva sentire la presenza del bambino: era qualcosa di indistinto e ancora confuso, ma c'era, ed era molto forte. Se il loro figlio aveva ereditato i suoi midichlorian, pensò il giovane, sarebbe potuto facilmente diventare un Jedi proprio come lui...e Padmé non sarebbe stata molto contenta di avere qualcun altro per cui dover essere costantemente in ansia. Anakin sorrise di nuovo, pensando a quanto avrebbe dovuto litigare con sua moglie riguardo a questo...ma il sorriso gli morì in gola un'altra volta, lasciando mentre a ripresentarsi era quell'incubo spietato, che non gli lasciava scampo.

Come poteva permettersi di sognare un futuro, quando non sapeva neanche se avrebbe potuto averlo?

È una leggenda sith…riusciva ad influenzare i midichlorian pere creare la vita…

Esercitati a distaccarti da tutto ciò che temi di perdere…

Il Jedi si prese la testa fra le mani, come se questo potesse zittire le mille raccomandazioni, le mille voci diverse che nuovamente prendevano a sfrecciare nella sua mente.

Che cosa devo fare…cosa??

Anakin non poté impedirsi di pensare, in quel momento, che forse, se fossero stati più attenti, se quella piccola vita che si stava formando non ci fosse stata...allora, forse sarebbe stato meglio, e non sarebbe successo proprio nulla...niente paure, niente incubi, niente tormento. Soprattutto, nessun rischio per la sua Padmé...

Proprio in quel momento, però, avvertì un movimento nella Forza del bambino, quasi volesse protestare per quell'idea di suo padre. Per la Forza, ti chiedo scusa, piccolo mio…non volevo…pensò Anakin, vergognandosi della sua stessa considerazione. Con delicatezza, allungò la mano destra per accarezzare dolcemente il pancione, tentando di tranquillizzare il bimbo; ma, quando appoggiò le dita metalliche sul ventre di Padmé, lo sentì ritrarsi improvvisamente, quasi spaventato dal suo tocco. Il giovane tirò indietro di scatto la mano, stupito da quella reazione, ma osservando i fili ancora in parte scoperti dell'arto artificiale subito capì.

“Non ti piace il metallo, eh? Sei proprio come la mamma...anche lei mi dice sempre che è troppo freddo” sussurrò piano, rivolto al pancione. Abbozzò un sorriso, esitante, e provò ad allungare il braccio sinistro, quello che la guerra dei Cloni per ora gli aveva risparmiato. “Shh...il tuo papà ti vuole già bene, lo sai? Non le pensa veramente quelle cose...” continuò a mormorare rassicurante, sfiorando quasi con reverenza la pelle tesa della pancia di Padmé, che continuava serenamente a dormire. Era quasi strano sentire se stesso parlare in quel modo...vedere emergere un lato di sé che Anakin non credeva di poter avere, una tenerezza ed un affetto ancora diversi da quelli che provava per sua moglie...un amore che aveva il sapore di una meravigliosa promessa, e che il ragazzo pregava con tutte le sue forze non fosse destinato a spezzarsi così bruscamente, e dolorosamente, come le sue visioni predicevano.

All'improvviso, sotto le sue dita, il Jedi sentì la pelle tendersi ancora di più, e un piccolo piedino sferrò un calcetto proprio sotto la mano di Anakin, quasi volesse rispondergli che aveva capito. Il sorriso sulla bocca del giovane si allargò a quel punto. “Ehi, vedo che così va meglio...cerca solo di non svegliare la tua mamma che dorme così bene...”

Il bambino per tutta risposta continuò allegramente a saltellare nel pancione. Anakin sospirò. “Ecco, anche in questo sei tutto tua madre, è assolutamente inutile discutere con te...siete le uniche persone al mondo che mi fanno sempre, invariabilmente cedere...” bisbigliò ancora alla pancia, lanciando un'occhiata furtiva al viso di Padmé, che, con tutto quel baccano che il piccolo stava combinando, cominciava a dare segni di movimento.

Il ragazzo cercò di nuovo la presenza del suo bambino nella Forza, quello strano miscuglio di idee ed emozioni ancora in formazione, per capire che cosa lo stesse agitando, e un sentimento lo colpì immediatamente, lasciandolo stupito e commosso.

Era felice. Il piccolo era felice perché lui era lì, a parlargli di dolci sciocchezze… Non era più soltanto una presenza distante, che poteva avvertire solo nei racconti sussurrati di Padmé, storie di pericolose battaglie e rocambolesche missioni spaziali...ma era reale, presente.

Gli occhi di Anakin s’inumidirono nel percepire i pensieri del suo bambino…nel sentire distintamente l’affetto di quella piccola creaturina proiettarsi verso di lui con fiducia assoluta.

Non so se ne sono degno, piccolo mio…non so più che cosa sia giusto e cosa no…

 Il bambino parve calmarsi all’improvviso, come preso ad ascoltare le sue riflessioni silenziose.

Non so più che scopo avrebbe la mia vita senza di voi… Yoda mi ha detto di lasciarvi andare, ma non posso farlo…mi hanno sempre insegnato che amare incondizionatamente è la via di un Jedi…e proprio adesso che davvero lo sento sulla mia pelle, dovrei perdervi?

Senza preavviso, lo travolsero di nuovo altre immagini…frammenti di futuro ostili e taglienti come molte lame affilate.

Ancora pensieri di Padmé sola nell’oscurità, in agonia…ma soprattutto di dovere stringere tra le braccia quel corpicino, ora così vivace e vitale, reso livido e rigido dalla morte…quel legame così speciale, tenero e profondo, che già sentiva, bruscamente spezzato, come una possente quercia sradicata dal vento di tempesta.

La mano di Anakin si strinse a pugno sul pancione, quasi convulsamente, mentre lottava per cacciare via le ombre dei suoi incubi che di nuovo si addensavano su di lui…mentre annaspava cercando di trattenere le lacrime d’agonia, d’incertezza, di tormento che gli bruciavano negli occhi…mentre annegava nelle proprie visioni a occhi aperti.

Nella Forza, percepì che il bambino era di nuovo inquieto…ma la sua agitazione non veniva più dal suo giocare spensierato nel pancione…ora era una tristezza improvvisa e remota a renderlo irrequieto. Soffriva, perché ascoltava i suoi pensieri.

No, piccolo mio…tu devi essere felice…il tuo futuro dovrebbe essere soltanto sole e serenità…

Futuro…che scherzo. Quanti avrebbero desiderato poterlo prevedere, per influenzare le sorti delle galassie, per produrre speranza e indirizzare verso il bene il corso del caso, mentre lui invece ne temeva le sporadiche apparizioni, poiché in esse poteva vedere soltanto il riflesso della morte?

…una leggenda Sith…

…salvava le persone dalla morte…

Anakin strinse gli occhi, le parole tentatrici di Palpatine a riecheggiargli ancora nelle orecchie. D'altra parte, quale altra soluzione alternativa vedeva davanti a sé? Avrebbe forse potuto farsi aiutare dai Jedi, così pronti a giudicare e a disprezzare tutto ciò che non rientrava nel loro preziosissimo Codice...che non avrebbero esitato ad espellerlo senza possibilità di giustificazione se avessero scoperto che Padmé era sua moglie, o peggio...che attendeva un figlio da lei? Avrebbero mai potuto capirlo loro, che avrebbero considerato il suo bambino soltanto un'onta per l'Ordine, mentre tutto ciò che lui avrebbe voluto fare era gridare al mondo quanto amasse lui e sua madre?

Se fossero stati davvero così altruisti e generosi, avrebbero mai potuto consigliargli di essere felice per la morte dei suoi cari?

Il ragazzo si vergognò immediatamente dei pensieri astiosi che gli attraversavano la mente...eppure, in tutta quella confusione che gli appannava i sensi, i discorsi pacati del Cancelliere gli sembravano l'unica cosa che ancora conservasse una logica, l'unico spiraglio di salvezza di fronte al muro invalicabile di diffidenza che il Consiglio sembrava volergli costruire intorno ogni giorno.

Un misto di rabbia e disperata determinazione si fece strada fino al fondo del suo cuore in subbuglio, mentre rivolgeva di nuovo le proprie riflessioni al suo piccolo agitato nel pancione.

Non posso dirti di non avere paura dei miei incubi, piccolo…perché mi terrorizzano più di ogni altra cosa…ma posso prometterti che il tuo papà ti proteggerà da tutto, sempre…tu e la tua mamma siete la mia vita…farò qualsiasi cosa possa salvarvi…qualsiasi…

Aveva appena formulato questo pensiero, e subito le immagini che lo perseguitavano parvero cambiare...farsi più luminose, più ariose.

E, in tutta la luce che improvvisamente gli aveva invaso la mente provata, riconobbe un luogo.

Da quando l’aveva visto, da quel pomeriggio spensierato trascorso con Padmé, il suo standard di idilliaco aveva avuto un nuovo modello.

Naboo. Le grandi praterie nella regione dei Laghi.

In mezzo all’erba alta, una sagoma correva verso di lui. Rideva, con quella risata allegra e spontanea che soltanto i bambini sanno regalare.

E infatti la sagoma era di un bel bambino biondo, che gli ricordava spaventosamente se stesso da piccolo, raggiante di gioia e vitalità mentre balzava in mezzo ai ciuffi verdi d’erba alta. Dietro di lui, risuonò subito dopo la dolce eco di un’altra voce argentina, e Anakin osservò un’altra bambina emergere dal mare erboso della sua visione, all’inseguimento, i capelli castani scompigliati al vento…una bambina dagli stessi, profondi, luminosi occhi color cioccolato della sua Padmé.

Per la Forza…sono davvero i nostri figli…realizzò il giovane. Stupefatto, si perse nello scenario così stranamente piacevole della sua mente, mentre i bambini si rincorrevano in cerchio schiamazzando allegri. Non appena riuscì a raggiungere il fratello, quella piccola Padmé in miniatura gli si gettò a capofitto addosso scoppiando a ridere, e i due bimbi iniziarono a rotolare nell’erba più alta di loro. Anakin si sentì invadere dalla tenerezza, pensando che quell’esatta, identica scena lui l’aveva già vissuta con sua moglie, quando ancora ne era la guardia del corpo, ma nessuno dei due riusciva a nascondere l’amore appassionato che iniziava a bruciare nel loro petto.

Allora…forse posso davvero cambiare le cose…forse…se intraprendo quella strada...non succederà niente…

Sentì un bisogno irrefrenabile di avvicinarsi…di toccarli, di sapere che quella non era soltanto una fantasia emersa dalla parte più disperata della sua mente, ma una possibilità concreta di cambiare il destino dei suoi cari. Nella sua visione ad occhi aperti, andò loro incontro, un sorriso a illuminargli le labbra, le mani tese verso di loro. I due bambini si erano accasciati sul prato, sudati e accaldati, ridendo a crepapelle; la piccola si rialzò per prima con un balzo, pronta nuovamente a giocare, e mentre tirava su di scatto la testa ricciuta si accorse di lui.

Il sorriso sulle labbra di Anakin si allargò nel vedere bene quanto era bella sua figlia…ma fu la reazione che vide dipingersi sul viso di lei a spaventarlo.

La gioia sparì in un attimo dagli occhi profondi della piccola…per lasciare posto a pozzi di spavento e terrore.

Anakin sbatté le palpebre più volte, incredulo. Sua figlia aveva…paura di lui?

Anche il bambino biondo parve avvertire l’improvvisa tensione della sorella, poiché si tirò immediatamente su a sedere, guardandola preoccupato. “Che cosa c’è, Leia?” chiese, preoccupato.

Leia.

Il nome che sognava di dare alla sua bambina…quel nome che sua madre gli sussurrava per farlo addormentare, riecheggiante nelle storie di principesse e pirati spaziali che gli raccontava nella loro casetta di Tatooine, finché crollava sfinito nel suo letto. E ora la sua piccola principessa lo fissava impaurita, alzando soltanto un ditino accusatorio contro di lui, come muta risposta alla domanda del fratello. Il bambino alzò lo sguardo, seguendo la direzione…e nei suoi occhi blu si dipinse la stessa, attonita espressione.

No…piccoli, non dovete avere paura…non vi farei mai del male…

Anakin fece due passi incerti verso i bambini, ma essi indietreggiarono, stringendosi tra loro, barcollanti per la paura, gli sguardi sempre sbarrati, fissi sul suo volto…

…era davvero il suo volto?

Si rese conto all’improvviso di quanto facesse fatica a respirare…di come si sentisse compresso dentro qualcosa di estraneo. Improvvisamente, avvertì il freddo, come se tutto intorno a lui ci fosse un muro di metallo a isolarlo dal mondo.

E avvertì il respiro.

Malato, innaturale. Meccanico.

Inspira. Espira.

Da dove veniva quel respiro? C’era forse qualcun altro a minacciare i suoi bambini?

Lo sguardo di Anakin vagò sconcertato in mezzo all’oceano verde di Naboo, cercando qualcosa che non poteva trovare…se non dentro se stesso.

Fissò nuovamente gli occhi in quelli atterriti dei due bambini…ed ebbe un orribile, crudele presentimento.

Sollevò le mani…erano entrambe guantate, e stridevano nelle loro giunture metalliche. Se le portò al viso con lentezza estrema.

Inspira. Espira.

Si sfiorò il volto…ma la sua pelle non c’era. Non riusciva più a trovare gli occhi, il naso, i capelli sempre un po' arruffati che Padmé amava scompigliargli...

Tutto ciò che riuscì a toccare fu soltanto la fredda superficie di una maschera di metallo.

C’era soltanto lui. Era lui il mostro che spaventava i suoi figli…

Anakin urlò, urlò con quanto fiato aveva in corpo, urlò e i bambini corsero via da lui, la paura a guidare i loro passi, portando via con loro anche il suo sogno…

Si ritrovò seduto sul liscio pavimento dell’appartamento, ansimante e madido di sudore, mentre Padmé al suo fianco era ancora tranquillamente addormentata. Il bambino non si agitava più nel pancione.

Il giovane si accasciò contro il divano, passandosi una mano sul viso.

Avrebbe potuto proteggere la sua donna e il suo bambino da qualunque pericolo, da qualunque disgrazia, anche dalla morte. Avrebbe potuto, lo sapeva, se lo avesse voluto; perché quando voleva qualcosa, Anakin Skywalker non si arrendeva mai prima di averla ottenuta.

...Ma sarei in grado di proteggerli anche da me stesso?

La sua muta domanda si perse nella brezza leggera entrata furtivamente dal balcone, destinata a rimanere senza risposta, subito coperta dai rumori del traffico caotico di Coruscant.

  
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