Sfumature di grigio.
Era
finito. Finalmente era tutto finito. Ora poteva tornare: non c’era più nulla
che lo trattenesse lì. Quello non era il suo posto.
Si
accasciò sul terreno bagnato del cimitero, di fronte alla sua lapide senza più forze: era terribilmente stanco. Tentò di
mettersi a sedere, sfiorando le lettere incise sulla pietra, appigliandosi a
loro, unico sostegno.
«Shelly…»
sussurrò con voce rotta, tremendamente sofferente, stanca.
Intanto
poteva sentire le sirene che infrangevano il silenzio di quella maledetta notte
e più soffusi, quasi impercettibili, i rumori delle voci umane; tante, inutili
voci umane che si chiedevano cosa diavolo fosse successo, che cercavano di
spiegarsi qualcosa che non aveva spiegazione.
Chiuse
gli occhi, mentre la pioggia gli bagnava il viso, il petto, le membra: gli
donava un po’ di calma, la quiete della morte.
E
poi arrivò. Sentì chiaramente la sua presenza e riaprì gli occhi per poterla
vedere.
Bella,
come sempre, anche nella morte, avanzava come in una danza, un vestito bianco
copriva le sue dolci forme. E fu allora che Eric seppe che i morti – o meglio,
quelli come lui – potevano ancora provare emozioni. Perché mai aveva sentito
una gioia ed un dolore simili in vita, mai. Lo travolsero, minacciarono di annientarlo,
di non lasciare nulla di lui; ma tenne duro e sostenne quello guardo. Lei si
avvicinava, gentile: un angelo.
«Fermati»
sussurrò, lo stesso tono distrutto ad accentuare quella supplica travestita da
ordine «Non avvicinarti»
Lei
si fermò, ormai a pochi passi da lui, e piegò lievemente la testa da un lato,
confusa.
«Eric»
sussurrò e fu bellissimo sentire di nuovo la sua candida voce «Sono io» e fece
qualche altro passo verso di lui.
«Ti
prego, non avvicinarti» ripeté l’uomo, con voce rotta.
«Perché?»
chiese lei senza poter comprendere quelle parole: era lì per portarlo con se,
possibile che non volesse venire?
«Non
devi toccarmi» spiegò.
«Perché?»
domandò di nuovo la donna, guadagnando ancora qualche passo.
Eric
tentò di allontanarsi, si fece indietro per sfuggire al suo nuovo
avvicinamento, ma le spalle urtarono la fredda pietra della lapide,
impedendogli il movimento.
Shelly
continuava a guardarlo senza capire quei gesti: era come se stesse fuggendo… da
lei.
«Sono
come loro… non c’è nulla che ci distingue, ora» sussurrò lui all’improvviso,
prendendosi la testa fra le mani, scosso dai primi tremori di un nuovo pianto.
La
donna lo guardò con occhi tristi: era questo che lo tormentava, che ora non
riusciva a farlo tornare da lei. Il corvo non lo tratteneva. Ora quella bestia
si chiamava rimorso.
«Che
cosa stai dicendo, Eric?» gli chiese con voce amorevolmente ammonitrice, ormai
ad un soffio dall’uomo.
«Ti
prego, Shelly: non voglio sporcarti»
«Non
potresti mai»
«Ora
sì: ora sono come loro… Ma cose avrei potuto fare? Bisognava rimettere le cose a posto: dovevo vendicarci»
C’era
così tanta sofferenza in quella voce, così tanto scompiglio in quelle parole.
Possibile che per lui non ci potesse essere pace neanche adesso? No. Lei lo
avrebbe salvato. Ora toccava a lei.
«Tu
non sei come loro, Eric. Non potrai mai esserlo» gli sussurrò prendendogli la
mano ed ignorando la sua resistenza.
«Non
toccarmi: il sangue che sporca le mie mani sporcherà anche te»
«Non
c’è sangue su queste mani»
«Ma
c’è stato, Shelly. Ora non può vederlo, ma c’è stato. Ed il sangue
difficilmente sparisce»
Lei
cercava i suoi bellissimo occhi: voleva vederlo e ripetergli che non era come
quegli assassini, che c’era tutta la differenza del mondo fra di loro; ma Eric
teneva lo sguardo basso.
«Sono
come loro: siamo assassini. È questo
che conta»
«Oh,
Eric: tu credi che al mondo esistano solo il bianco e il nero?»
Lui
per la prima volta da quando Shelly lo aveva toccato, alzò gli occhi e li
immerse nei suoi.
«Al
mondo esistono tante sfumature di grigio. Tantissime, Eric: tu non immagini
quante. Forse infinite»
«Questo
non mi giustifica»
«Questo
ti differenzia»
«Abbiamo
ucciso tutti: abbiamo… la stessa sfumatura di grigio» disse allora Eric,
ripetendo un po’ scettico le parole della compagna.
«Affatto.
Siete completamente differenti» lo
contraddisse lei «Circostanze, modalità, motivazioni: sono tutti criteri che vi
differenziano»
«Allora
sono anche peggio di loro» continuò lui ricordando il modo in cui aveva fatto
fuori quei quattro bastardi, il modo in cui aveva sorriso e gioito della loro
fine.
«Non
è affatto così, Eric. E in ogni caso non sta né a me, né a te giudicare queste
azioni. Noi possiamo solo seguire il nostro destino e attendere che ci
giudichino. Non disperarti prima del tempo. È inutile»
Eric
la guardò a fondo: erano talmente dolci le sue parole e così sincere… gli
avrebbe creduto, sì, solo per questa volta.
«Ti
amo, Shelly» sussurrò, con un sorriso sincero.
«Ti
amo anch’io, Eric» e lo baciò.
Un
bacio dolce, che non aveva nulla della morte. Sapeva di vita… pura, semplice,
libera vita.
E
si alzò prendendo la sua mano: ora era pronto, ora poteva andare. E così la
vide, la sua sfumatura di grigio: non bianco, non nero. Grigio.
Perché
in ogni persona esistono luci ed ombre. Il segreto sta nel convivere con esse.
Eric
aveva visto tante ombre, poteva contarne altrettante nel suo cuore. Ma lo
sapeva: quando avrebbe avuto bisogno di una luce, gli sarebbe bastato voltarsi
verso di lei. Shelly.
Le case bruciano, le persone muoiono… ma il vero amore è
per sempre.
Lo spazio
dell’Autrice.
Ebbene, ho voluto fare
quest’esperimento per vedere un po’ che ne usciva… ed ecco questa Shot. Devo ringraziare
MissProngs per avermi fatto vedere questo meraviglioso film ed anche
Crazy_Clara che involontariamente, con il suo commento al film, mi ha ispirato
queste parole.
Che dire?? Mi trovo
d’accordissimo con le parole di Shelly, anche se capisco troppo bene il
tormento di Eric.
Spero vivamente che
questa Shot non passi del tutto inosservata… alla prossima.
Un bacio…
La vostra Alchimista
<3<3