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Autore: shining leviathan    29/06/2010    5 recensioni
Fadwa è una cacciatrice, un'assassina su commissione che esegue i suoi compiti a sangue freddo senza ripensamento. Non è bella, intelligente o particolare ma la sua indole rissosa e ironica tende a darle una popolarità che non vorrebbe.
Non sa da dove viene. Il suo passato è un labirinto nebbioso della quale non ricorda nulla, se non insignificanti particolari.
Ma saranno questi particolari a ricostruire la sua vita pezzo per volta, in un percorso di bugie e verità terribili.
In questo cammino sarà aiutata da Riku.
Il giovane keyblader nasconde anch'esso un segreto che rischia di far crollare i mondi in una nuova guerra, e sembra che l'unico modo per scongiurarla sia aiutare Fadwa a ricostruire il suo passato, facendo venire a galla la soluzione che potrebbe salvare tutti o nessuno.
Il destino dell'universo è ancora una volta in mani estranee, che bramano un potere risvegliato da Xeanorth anni prima.
Fadwa e Riku si ritroveranno costretti a collaborare, prima che l'odio avveleni del tutto i loro cuori, e dovranno vincere.
O tutto sarà perduto per sempre.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Ansem, Riku, Zexyon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Kingdom Hearts II
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DECADENCE OF THE MOONLIGHT

 

 

riku Pictures, Images and Photos

 

 

 

 

 

Riku non mi piaceva.

Aveva un modo di fare molto arrogante e, sinceramente, non sopporto le persone arroganti.

Sono quelle che al minimo accenno di pericolo scappano sotto le gonnelle della mamma a  piangere come dei neonati.

Waaa,Waaa.. io non sopporto i neonati. Ma in realtà non sopporto molte cose, troppe nell’ottica di chi vuol vivere senza problemi.

Anche se non è del tutto corretto dire che voglio vivere una vita senza problemi. Non mi curo dei miei, ma di quelli degli altri.

Anche quella volta non sarebbe stato diverso. Riku rappresentava un fastidio? Bene, non c’era nessun problema per me. Lui era solo l’ennesimo della lista di mostri che tenevo accuratamente ripiegata nel tascapane. Alcuni erano già segnati da una crocetta, morti e sepolti da tempo, e io avevo già pattuito a tempo debito tutte le ricompense.

Devo ammettere che in questi due anni ho lavorato parecchio, ne ho eliminati davvero molti. Heartless più che altro.

Quando la gente ha paura è disposta a pagare qualunque somma, ma io ho sempre preteso un pagamento anticipato. Per svignarmela alla chetichella, si intende.

Non è che non sia un tipo coraggioso. Solo che gli Heartless erano avversari particolarmente ostici da eliminare con il solo ausilio di una spada senza poteri particolari.

Intendiamoci, la mia spada non ha assolutamente niente che non va.  È perfettamente bilanciata, affilata, maneggevole. Una partigiana con l’elsa foderata di cuoio, niente ninnoli, niente intarsi per accentuare una femminilità che non ho. Niente, l’essenza del nulla cosmico.

Come me.

Se dovessi trovare tre aggettivi per esprimermi direi: suscettibile, nevrotica, incontentabile. Perché descrivono  esattamente ciò che sono, non di meno non di più.

Estremamente scialba emotivamente. Ma questo può essere un bene.

Col lavoro che faccio i sentimenti contano davvero poco, e costituiscono un intralcio troppo fastidioso per desiderare qualsiasi scrupolo morale nel momento in cui premo al lama nei punti vitali della preda.

Divago, un altro difetto del carattere di merda che mi ritrovo.

Stavo dicendo? Ah sì, Riku.

Non che inizialmente mi stesse più antipatico di altri, ma qualcosa nel suo sguardo accese in me un sentimento di odio viscerale che non riuscii a scacciare per i due giorni successivi. Quella scintilla aveva un qualcosa, una nota di disgusto che non si era dato la pena di celare.  Tipica stupidità di chi è convinto di poter pesare una persona sul piatto senza nemmeno conoscerla.

Ci credo che il topo mi ha pagato per eliminarlo!

Il mandante era nientemeno che un reale. Una persona, o meglio, animale, dal nome altisonante che io ovviamente non avevo mai sentito nominare. L’importante era che avesse i soldi, tanti.

Non uccidevo detentori per un pugno di munny con tutti i rischi che mi prendevo. Volevo avere la garanzia di essere pagata tanto quanto pesava un Blu Ciccio. E i Blu Cicci pesano, lo conferma una che se le è trovato sul piede destro in un dolorosissimo secondo.

Comunque sia mi aveva convocato in una maniera davvero singolare. Appendere una busta col sigillo di ceralacca al collare di un cane non era il massimo dell’originalità, ma tutto sommato aveva centrato il bersaglio senza perdersi in noiosi giri di parole. Era stato fortunato ad avere un pulcioso tanto intelligente da non perdersi dietro ad ogni forestiero della locanda.

In compenso era bavoso.

“ Stammi lontano! Non osare leccarmi, brutto bastardo!” se pensate che esageri vi dico solo che era il cane più bavoso e giallo di tutta Radiant Garden.

Una volta arrivata al luogo dell’incontro, dopo aver attraversato un campo di asteroidi che mi aveva rigato la vernice fra parentesi, scesi in un garage bislacco quanto i meccanici che mi vennero incontro.

“ Benvenuta al Castello!” squittì lo scoiattolino più chiaro, saltellando nel tentativo di arrivare alla mia altezza, il che ci vuole davvero poco, purtroppo. È triste pensare che anche gli scoiattoli possono raggiungermi il volto con un semplice saltello.

“ Il Re ti aspetta!”

Non li degnai di uno sguardo, cominciando a salire imperterrita su per le scale.

Mi fermai all’ottavo gradino, ansimando di fatica. Il dolore alla gamba sinistra si propagava fino all’anca, scendendo gradualmente sui legamenti,paralizzandomeli. Strinsi i denti, decisa a non mostrare la mia debolezza ad un potenziale cliente. Non potevo correre il rischio di rimanere di nuovo senza incarico, quei soldi mi servivano.

E non mi sarei lasciata scappare l’occasione.

 

 

Il topo arrivò mezz’ora dopo.

Io ero entrata nel suo studio eludendo la sorveglianza di uno strano papero vestito da giullare, che fischiettava allegramente per i corridoi del castello tenendo gli occhi fissi sul suo scettro lucente, e mi chiesi seriamente come facessero a capirlo quando parlava! Dal suo becco piatto uscivano solo rantoli e gorgoglii, e dopo un attento esame conclusi che quel poveretto era dislessico.

Studiai con calma la stanza, trovando di pessimo gusto quelle decorazioni esagerate e sghembe. I ritratti del re, o dei suoi antenati, erano abbigliati in maniera ridicola, difficile da accostare ad un animale che pensavo vivesse esclusivamente nei buchi del terreno o nelle cantine. Un personaggio da ricovero come quel papero.

La porta si aprì, e mi volsi lentamente verso il nuovo venuto.

Avessi avuto le tasche piene gli avrei rimproverato il ritardo, ma dato che ero piuttosto a corto diffidai dall’offendere il possibile cliente.

“ Ah, sei già qui! Che rapidità!” esordì con una vocetta squillante e si diresse caracollando verso la poltrona di velluto dietro lo scrittoio. Io lo osservai senza rispondere.

“ Sei di poche parole,eh? Prego, siedi”

Ubbidii, prendendo posto sulla sedia di fronte a lui.

“ Veniamo subito al dunque” cominciò cancellando il sorriso dal muso “ Ti ho fatta venire qui per una questione molto importante”

“ Come sempre”

Incrociò le enormi dita coperte da guanti bianchi sotto quello che doveva essere il mento e si sporse un po’ verso di me.

Raddrizzai la schiena, cercando di darmi un tono, e assottigliai le palpebre in un’espressione truce. Se c’era una cosa che detestavo, fra le tante, era di essere osservata in maniera insistente.

“ Uhm!” esclamò all’improvviso “ Come sei giovane!”

“ Il punto?” chiesi controllando l’irritazione.

Il Re sospirò, come dispiaciuto del mio improvviso malumore, e mormorò.

“ Non avrei mai voluto arrivare a questi livelli” abbassò le orecchie “ Ma non voglio che la situazione mi sfugga di mano, e il rischio che la storia si ripeta è davvero alto”

“ Non mi sta ascoltando, Maestà” dissi riportandolo alla realtà nel modo più cortese possibile “ Vorrei sapere a chi devo dare la caccia. I dettagli non mi interessano, basata solo il minimo indispensabile per stanarlo e… farlo fuori”

“ Mio Dio! Non ho menzionato un uccisione!”

“ E allora perché mi ha chiamato?” replicai con calma, accavallando le gambe coperte dai miei stivali neri “ Non ha forse richiesto i miei servigi di cacciatrice?”

“ Sì, ma…” era in difficoltà, non aveva pensato che le clausole del mio contratto prevedevano come fine ultimo la morte della preda. Questo mi sorprese un po’.

“ Ma cosa?”

Il topo, Topolino! Ecco qual’era il suo nome, si passò una zampa sugli occhi, come a voler scacciare l’orrore che gli aveva deformato i lineamenti da roditore. Pareva indeciso, ferito, e io mi limitai a fissarlo vacua finchè non si calmò.

“ Non pensavo ad una soluzione drastica. Non posso, dopotutto sono un re! Non posso ordire complotti  a danni di detentori, di miei amici!”

“ Detentori?” lo interruppi smettendo di far dondolare il piede e rimettendo la gamba giù “ detentori del Keyblade?”

“ Sì” alzò un sopracciglio, poggiando la testa sulla mano “ Sei informata, a quanto vedo, cosa sai dei Keyblade?”

Un invisibile tremito all’altezza degli occhi mi suggerì di stare attenta.

“ Molto poco in realtà”

“ Bene” si rilassò “ Meglio così”

Sospirai, facendo roteare gli occhi.

“ Mi dica i dettagli” chiesi a malincuore.

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi qua! Volevo provare a fare qualcosa di nuovo e mi è venuto in mente questo personaggio. Non so se continuarla, ma se vi interessa ditelo e io la continuerò ^_^ ciao, alla prossima!!!

 

 

 

 

 

  
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