It's
just the Beginning
Una ragazza
sorrise, pensando alla serata che avrebbe trascorso tra poco meno di
due ore.
Prese una tazza, versandosi un po’ di caffè caldo
e lo bevve tutto di un sorso,
poi afferrò il libro di psicologia e lo mise in cartella,
già pronto per
l’indomani.
Il silenzio che regnava nel suo appartamento venne interrotto dallo
squillo
insistente del suo cellulare. Guardò il display e rispose
“Ehi!” la chiamò una
voce allegra.
“Sara!” rispose lei con altrettanta enfasi
“Ciao! Come stai?”
“Io bene! E tu piuttosto? Come va
l’università?”.
La ragazza fece una pausa, cercando di elaborare una frase di senso
compiuto.
Era da molto che non parlava l’italiano, e aveva perso un
po’ la mano.
“Anche io me la cavo. Ho trovato un monolocale e anche se
è piccolino, devo
dire che è molto bello, mi piace!
L’università sta andando piuttosto bene. Tra
qualche settimana dovrò sostenere il mio primo
esame”.
L’amica, dall’altro capo del telefono
ridacchiò “Ma vai tranquilla, che sei
bravissima!”.
Lei sorrise e si avviò nella sua stanza, aprendo
l’armadio e guardando
attentamente ogni capo che aveva. Sbuffò. Non ne trovava
nessuno all’altezza.
“Ma comunque, come va con il tuo uomo del mistero?”.
“Dai, smettila di chiamarlo così!” la
rimproverò in tono scherzoso “Te lo
farò
conoscere appena possibile. Non appena avrò
l’occasione di tornare in Italia,
lo conoscerai, promesso”.
“Davvero?”
“Certo, io mantengo sempre le promesse”.
“Va bene, d’accordo, mi fido di te Alice”
le disse l’amica.
“Okay, ascolta non so cosa mettermi e mi devi
aiutare”.
“Sai già cosa devi metterti!”
“Ah sì?”
“Pensaci bene”.
Alice scostò qualche vestito, e poi trovò quello
perfetto, che giaceva piegato
nel secondo cassetto. Lo tirò fuori e sorrise. Anche il
problema riguardo al
vestirsi si era risolto, e addirittura nel migliore dei modi.
Lo mise sul letto e poi corse a farsi una doccia. Tra poco sarebbe
dovuta
andare a prenderlo! Non poteva arrivare tardi, avrebbe rischiato di non
trovarlo. Era una sorpresa!
Unità di Analisi comportamentale, Quantico, Virginia.
Non appena misero piede in ufficio, tutta i componenti della squadra si
sentirono meglio, confortati. Erano finalmente ritornati da
quell’incubo, tutti
sani e salvi. Erano tornati a casa.
Penelope Garcia, li attendeva con un sorriso stampato sul volto e con
diversi
bicchieri colmi di caffè accanto a lei. Andò ad
abbracciarli, mentre strinse la
mano ad Hotch, che abbozzò un sorriso.
“Ehi piccola” la salutò Morgan,
prendendo il caffè e sedendosi alla sua
scrivania.
“Ciao zuccherino. Ti trovo molto bene” gli disse
col sorriso stampato sul
volto.
“Grazie bambolina” le rispose sorridendole, poi si
voltò verso gli altri “Io ho
fame. Andiamo a mangiare qualcosa?” propose.
Il dottor Reid diede un’occhiata furtiva al cellulare. Non
aveva ricevuto
alcuna chiamata, né tantomeno messaggi. Non aveva impegni
apparenti per quella
sera, così acconsentì di andare a cenare coi suoi
colleghi.
Afferrò la sua borsa, si infilò il cappotto, e
corse verso l’ascensore dove
Morgan e gli altri lo attendevano.
Quando arrivarono al parcheggio della BAU, tutto era buio e deserto, o
almeno
così appariva.
“Ragazzi, vedete anche voi una persona laggiù? Ci
sta osservando” notò Emily
indicando con il dito una figura che sembrava femminile. Era illuminata
da un
lampione, ma si vedeva comunque poco.
“Sì, la vedo anche io”
annunciò Morgan aguzzando la vista.
La figura in lontananza si sbracciò, per essere notata
“Ehilà!”.
Quando udì la voce, Spencer Reid si irrigidì. Non
poteva essere lei. Che ci
faceva qui?
“Ce l’ha con noi?” chiese JJ.
“Spencer!” continuò la figura mentre si
avvicinava con passo veloce e deciso
verso di loro.
“Oh, no, non ce l’ha con noi. Solo con
Reid” lo stuzzicò Derek.
Il dottore arrossì e puntò lo sguardo a terra,
quando venne travolto da una
ragazza dai capelli lunghi e neri. Lo abbracciò per qualche
secondo, poi lo
lasciò andare, non prima di avergli dato un lieve bacio
sulla guancia.
“Ciao” gli sussurrò.
“Alice, che ci fai qui?” gli chiese alquanto
imbarazzato.
Intanto Morgan e gli altri colleghi osservarono la scena divertiti, ma
allo
stesso tempo, felici per il membro più giovane della squadra.
“Sono venuta a prenderti, non sei contento?”
ridacchiò la ragazza, mentre si
allontanò di un passo da Reid per guardarlo.
“Non … non me l’avevi detto”
si giustificò il giovane.
“Infatti. Ti ho fatto una sorpresa”. Sorrise, poi
posò il suo sguardo sui
colleghi del suo Spencer.
“Oh, scusate, non mi sono presentata. Io sono
Alice” strinse la mano alla
persona più vicina a Reid, cioè Derek, che le
sorrise cordialmente, ricambiando
la stretta di mano “Io sono …”. Ma non
ebbe il tempo di presentarsi che la
giovane lo precedette “Tu sei Derek Morgan! Come non
conoscerti? Spencer mi
parla molto di te”.
Il dottor Reid, ancora più imbarazzato di quanto
già non era, arrossì
nuovamente e tossicchiò.
“Oh davvero? E che ti dice?”. Chiese il moro che se
la stava spassando.
“Che sei molto bravo nel tuo lavoro, un ottimo profiler, che
sei simpatico ma molte
volte anche invadente. Ma che sei il migliore amico che abbia mai
avuto”.
Morgan sorrise al piccolo genio che stava fissando l’asfalto
che, al momento,
sembrava la cosa più interessante del pianeta “Beh
anche lui è davvero un buon
amico”. Gli diede una pacca sulla spalla, che lo fece
sbilanciare.
Poi passò alla ragazza dai capelli bruni, che osservava la
scena divertita.
“Non dirmelo!” esclamò la ragazzina
“Tu sei … Emily Prentiss, vero?”
“Esattamente” sorrise.
“Hai visto Spencer? Sono brava eh?”.
Il ragazzino biascicò un
“sì”, mentre cercava di non rispondere
alle domande
del suo amico Morgan.
“Allora, come mai non mi hai detto di avere una
ragazza?”.
Intanto Alice si presentò anche a JJ, poi notando
l’assenza di tre agenti
dell’FBI chiese a Reid come mai non c’erano.
“Garcia ne ha approfittato ed è
andata dal suo fidanzato Kevin, Rossi aveva un impegno urgente, mentre
Hotch è
andato a trascorrere un po’ di tempo con suo
figlio” rispose prontamente il
ragazzo.
“Bene, allora, dato che le presentazioni sono terminate, io
direi di andare a
mangiare. Alice, ovviamente sei invitata … Sempre che tu e
Reid non abbiate di
meglio da fare”.
Spencer arrossì, mentre Alice sorrise, divertita
“No, non credo”.
Pochi minuti dopo erano al bar, che chiacchieravano allegramente. Non
era
tardi, tuttavia la stanchezza cominciò a farsi sentire.
“Allora Alice, che fai nella vita?” chiese Emily
incuriosita.
“Oh, sto frequentando l’università. Sono
al primo anno” specificò, sorridendo a
Spencer che, nervoso e imbarazzato dalla situazione, non aveva
proferito
parola, o comunque non aveva ancora fatto uno di quei suoi interventi
che
divertivano tanto i suoi colleghi.
“E che cosa studi?” intervenne Derek, che si era
lanciato nella discussione con
parecchio entusiasmo.
“Psicologia” sorrise “Originale,
vero?”
“Non mi suona nuovo questo campo di studi”
ironizzò JJ. “Vuoi diventare una
profiler?”.
La ragazza alzò le spalle “Non lo so,
però da quando ho conosciuto Spencer ci
sto pensando. Prima non ero al corrente di questo lavoro” si
giustificò.
“E da quanto conosci Reid?” chiese Derek sorridendo.
“Da qualche mese ormai”.
“Sono 4 mesi e 3 giorni, esattamente” intervenne
Spencer, fissando Alice con
tenerezza.
“Ma davvero?” chiesero Emily e JJ
all’unisono “E come mai non ce ne hai mai
parlato?”.
“Beh, ecco … io …”
balbettò il giovane genio intimidito da tante domande.
“Non
…”.
“Oh Spencer è molto riservato in
questo”. Lo salvò Alice.
“Lo sai che Reid potrebbe non essere un umano?” la
prese in giro Morgan,
ridacchiando.
La giovane rivolse un’occhiata fugace, ma ricca di
significati al suo ragazzo,
poi rispose a Derek “Ti riferisci al fatto che ha un
quoziente intellettivo di
187, una memoria eidetica e che sa leggere 20.000 parole al minuto?
Sì, credo
di poterlo sopportare” ironizzò mentre
afferrò la mano di Reid.
Lui incrociò le sue dita a quelle della ragazza.
“Dove vi siete conosciuti?”.
“All’università. Io stavo uscendo dopo
aver finito la lezione e lui stava
arrivando con un libro di filosofia dalle dimensioni enormi. Ero
incuriosita,
così abbiamo iniziato a parlare”
raccontò la ragazza con occhi sognanti,
ricordando quel momento per lei magico.
Poi lo squillo del cellulare della giovane, prese a suonare.
“Scusate un
momento”. Osservò il display lampeggiare e rispose.
“Ehi mamma!” esclamò la ragazza con
entusiasmo.
I profiler, lasciarono alla nuova arrivata un po’ di privacy
e tornarono a
parlottare tra loro. Ovviamente l’argomento della discussione
era la relazione
tra Reid e Alice. Morgan era quello più interessato e
continuava a rivolgere
domande alquanto imbarazzanti a Spencer, che ogni volta rispondeva a
monosillabi.
“A parte gli scherzi, ragazzino … è
fantastica!” disse Derek facendogli
l’occhiolino “Non è troppo
giovane?” chiese più curioso che critico.
“Uhm … No … Ecco …”
“Ehi rilassati! Stavo scherzando!” lo riprese.
Pochi secondi dopo, Alice chiuse la chiamata e tornò a
conversare con gli
agenti dell’FBI.
“Hai origini italiane?” chiese Emily.
“Sì. Io sono italiana” chiarì
Alice, sorridendo “Mi sono trasferita in America
per andare al college, in modo da essere più preparata
quando sarei dovuta
andare all’Università. Inizialmente mi sono
trasferita a New York, la città che
amo di più, ma poi l’ho ritenuta troppo grande e
dispersiva come città, così mi
sono trasferita qui a Quantico”.
“Ma il tuo nome non è italiano” disse
l’agente Jareau, confusa.
“Sì, lo è. Solo che in italiano si
pronuncia in un altro modo” sorrise
chiarendo la situazione. Guardò l’ora, prese il
cappotto e si alzò “Scusate ma
ora devo proprio lasciarvi, domani ho lezione e se non vado a dormire
presto, poi
non sarò in grado di seguire. È stato davvero un
piacere conoscervi e spero di
rivedervi” concluse la ragazza salutando tutti.
“Ti accompagno” intervenne Reid, che
salutò i suoi colleghi, dicendo che si
sarebbero visti il giorno seguente.
“E mi raccomando, fate i bravi. Hai sentito, ragazzino? La
tua fidanzata deve
dormire” scherzò Derek.
Reid gli diede una lieve pacca sulla spalla, e mentre i due si
allontanavano
verso l’uscita sentirono Emily che lo riprendeva
“Derek, smettila di
imbarazzarlo in questo modo!”.
I due ragazzi sorrisero.
Quando uscirono
dal bar, furono avvolti da un piacevole silenzio ed entrambi
sospirarono.
Spencer guardò Alice, e le sorrise “Scusa
l’indiscrezione di Derek, ma te
l’avevo detto che era invadente”.
“Non ti preoccupare. È molto simpatico e deve
volerti davvero molto bene”.
Si avviarono alla macchina di Alice, e quando lei prese le chiavi in
mano, Reid
la pregò di lasciar guidare lui. “Non sei stanco,
Spencer?”
“No, dovresti esserlo tu” disse “Hai
passato tutto il giorno a studiare” le
ricordò.
“E tu a risolvere casi raccapriccianti!”
replicò lei.
“Statisticamente e semplicemente, scientificamente, chi
studia spende il doppio
delle energie rispetto a …”.
Ma Alice lo interruppe, posandogli un dito sulle labbra
“D’accordo, d’accordo.
Ma non incominciare a parlare di statistiche e quant’altro ad
una velocità che
il mio cervello, che ha un QI normale, non è in grado di
seguire”. Poi gli
porse le chiavi e salirono in auto.
“Allacciati la cintura” le raccomandò il
piccolo genio prima di partire. Lei
alzò gli occhi al cielo, ma fece come le aveva consigliato
il ragazzo.
Guidarono ad una velocità di 50 km all’ora, ma
arrivarono relativamente presto
a casa.
“Vieni.” Le disse la ragazza prendendolo per mano,
e portandolo nel suo piccolo
monolocale.
Spencer era stato solo una volta a casa di Alice, tuttavia la ricordava
perfettamente. Notò un libro aperto sul tavolo, con diverse
sottolineature. A
parte quello però, la casa era molto ordinata e pulita.
“Ehi, mi stai facendo il profilo basandoti sul mio
appartamento?” scherzò Alice
mentre si tolse la giacca, mettendola sull’appendi abiti.
Il ragazzo non le rispose, ma si limitò a sorridere.
Alice lo guardò, fermo, in mezzo alla cucina, e non
potè non notare quanto
sembrasse disorientato. Come un cucciolo, non appena si ritrova in un
luogo a
lui estraneo.
“Accomodati pure. Fa come se fossi a casa tua” gli
disse prendendogli il
cappotto e riponendolo accanto al suo.
La giovane prese dallo scaffale una bustina per il thè e
chiese a Spencer se ne
voleva anche lui.
“No, grazie”. Disse lui rifiutando la proposta
elegantemente. Intanto afferrò
il libro di psicologia che era accanto a lui e lo sfogliò.
“Questo non è un testo scolastico”
osservò.
“No, infatti. L’ho preso io per approfondire ed
ampliare le mie conoscenze.
Dicono che questo professore sia il più temuto di
tutti” si giustificò lei,
mentre gli sedeva accanto, con una tazza di thè bollente tra
le mani.
“Sei preoccupata?” le chiese aggrottando la fronte.
“Un pochino, sì” ammise cominciando a
bere la bevanda.
“Posso aiutarti, se vuoi, lo sai” la
rassicurò Spencer, sfiorandole un braccio.
Lei gli sorrise, intenerita da quel ragazzino cresciuto troppo in
fretta. Gli
accarezzò i capelli “Lo so.” Poi gli
sussurrò all’orecchio “Rimani con me
stanotte”.
Reid si voltò verso di lei, guardò i suoi occhi
scuri e attenti e le sorrise
dolcemente. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
“D’accordo” acconsentì
alzandosi. Quella situazione lo metteva in imbarazzo.
Dopo Alice andò in bagno, si lavò i denti con
cura ed indossò un pigiama in
tinta unita. Ormai era troppo per rimpiangere il completo di
Victoria’s Secrets
che le aveva regalato la sua amica e che non aveva mai messo.
Afferrò dall’armadio anche un pigiama da uomo che
porse a Reid. Era nuovo di
zecca.
Quando la ragazza, tornò in camera da letto, e Spencer la
vide, pensò che non
c’era niente di più bello che Alice in pigiama.
“Sei …” balbettò il dottore
imbarazzato “Ti sta molto bene”.
Lei ridacchiò “È solo un
pigiama” replicò lei divertita osservandolo. Gli
aveva
preso un pigiama blu scuro. Gli andava un po’ grande, aveva
le maniche troppo
lunghe. Ricordava un po’ Cucciolo dei sette nani.
Alice tirò giù le coperte e si
accomodò nel letto, caldo e confortevole. Anche
Reid la imitò, impacciato ed imbarazzato. Quella situazione
lo rendeva nervoso,
anche se nervoso era un eufemismo. Posò la pistola e il
distintivo sul
comodino, poi si sdraiò, cercando di rilassarsi.
“Sai, penso che dovrò passare a cambiarmi. Pensa
che cosa direbbero i miei
colleghi se mi vedessero tornare con gli stessi abiti che indossavo
ieri?”.
Chiese parlando veloce, come sempre.
“Sì, suppongo di saperlo”. La ragazza
immaginò tutte le battute che avrebbe
fatto Derek e rise al solo pensiero.
Chiusero la luce, e rimasero al buio, eccetto che per il chiarore
lunare che
filtrava dalla finestra, rendendo la camera di un colore argenteo.
La ragazza si avvicinò a lui, e lo abbracciò,
appoggiando la testa sul cuscino
di Reid, che si scostò per farle un po’ di spazio.
I loro corpi erano
pericolosamente vicini, e l’elettricità che si era
creata era palpabile. Alice
sospirò, felice e senza pensieri né tanto meno
preoccupazioni. Quel momento era
assolutamente perfetto, e pensò di essere la ragazza
più fortunata ad avere un
ragazzo come lui al suo fianco.
Spencer ricambiò l’abbraccio goffamente, cercando
di rilassarsi il più
possibile, cosa che era impossibile. Quella notte non avrebbe chiuso
occhio,
era una cosa scontata.
“A che ora ti alzi?” le sussurrò Reid.
“Verso le sei e mezza, sette. Devo essere
all’università alle otto.”
“Allora mi alzerò con te per non ritardare, visto
che devo passare ancora a
casa”. Le disse.
Alice alzò leggermente il viso, incontrando quello
dell’agente dell’FBI. I loro
nasi quasi si sfioravano, e il loro respiro si mescolava. La ragazza
trovò
automatico avvicinarsi a lui e baciarlo. Questa volta fu un vero bacio,
dolce e
romantico.
Reid rimase sorpreso da quel gesto, tuttavia ricambiò,
all’inizio un po’
impacciato, ma poi si lasciò andare. Fu travolto da una
serie di emozioni che
identificò come ancora sconosciute per lui, non avendole mai
provate.
“Credo … Credo che” si
schiarì la gola “Che dovremmo cercare di dormire,
non
credi?” balbettò lui.
La ragazza gli sorrise, furba, tuttavia anche lei era stanca.
“Hai ragione”.
Appoggiò la testa sul suo petto, ascoltando il suo respiro
regolare. Con lui
accanto, si sentiva protetta. Reid sorrise, accarezzandole i capelli
lisci e
setosi. Fu così che trovarono il tanto desiderato sonno. In
questo modo Morfeo
accolse i due innamorati tra le sue braccia.
Il risveglio fu
più duro di quanto si aspettassero, tuttavia trovare al suo
fianco il suo
ragazzo, fece sentire Alice completa.
Reid era già sveglio da parecchio, ma fece finta di essersi
svegliato insieme a
lei.
Qualche minuto dopo, Alice aveva apparecchiato la tavola per fare
colazione,
riempiendola di succhi di frutta e una scatola di cereali.
“Buongiorno” gli disse quando lo vide arrivare
già cambiato.
“Ciao”. Si sedette al tavolo e osservò
Alice preparare il latte per lei,
piccola abitudine dell’infanzia da cui non si era staccata. A
differenza delle
sue amiche, la ragazza la mattina, non beveva il caffè, ma
latte e cereali.
“Vuoi che ti prepari il caffè?” chiese a
Spencer, che era immerso nella lettura
di un libro che lei aveva comprato poco tempo fa, ma che non aveva
ancora
letto. Inutile dire la sua sorpresa, quando vide che il piccolo genio
era
arrivato quasi alla fine. Era un libro di 500 pagine.
Non sapeva se si sarebbe abituata ad una cosa del genere.
Per un attimo pensò al suo futuro. Se avessero mai avuto dei
bambini, sperava
che prendessero l’intelligenza dal padre.
Scosse la testa, ritornando coi piedi per terra.
“Sì, grazie” rispose lui, chiudendo il
libro.
Alice si sedette di fronte a Spencer, che beveva tranquillamente il suo
caffè,
mentre lei cercava di riuscire a pescare i cereali sparsi nella tazza
di latte.
Quando finirono di mangiare, il dottor Reid si offrì di
sparecchiare la tavola
e lavare i piatti, mentre lei si sarebbe preparata. La ragazza
acconsentì,
sparendo nel bagno e tornando poco dopo, completamente diversa. Si era
truccata
e pettinata accuratamente. Indossava una camicetta azzurra e dei jeans
chiari,
che le stavano davvero bene.
“Ti accompagno all’università.
È ancora presto per me. Devo essere in ufficio
alle 8 e mezza e ora sono solo le 7 e mezza.”
Spiegò Spencer, afferrando il suo
cappotto e la borsa a tracolla colma di fogli.
Uscirono in strada, che era già affollata da gente che
correva per prendere la
metropolitana o il pullman. I due camminarono fianco a fianco, senza
però
prendersi per mano, e nonostante le loro mani fossero sfiorate diverse
volte,
nessuno dei due prese l’iniziativa.
Come previsto da Spencer, arrivarono
all’università in meno di 10 minuti, e
mancavano più di venti minuti all’entrata.
“Adesso vai, o rischi di arrivare in ritardo” gli
suggerì la ragazza, mentre gli
avvolgeva la sciarpa al collo, gesto che avrebbe fatto una madre con il
proprio
figlio.
“Va bene”.
Alice si alzò sulle punte dei piedi e baciò il
ragazzo, che questa volta,
ricambiò senza esitazioni. “Stai attento, piccolo
agente dell’FBI” sussurrò
lei, sulle labbra del dottore, che tremò.
“Buona lezione” gli augurò lui, mentre
si allontanava in direzione di casa, con
il sorriso sulle labbra, come Alice.
Anche se non glielo aveva mai detto, lei lo amava ed era sicura che
anche lui
provasse il medesimo sentimento, tuttavia lui era troppo timido per
confessarglielo.
Quando arrivarono rispettivamente a lavoro e a lezione,
i due erano entrambi consapevoli di avere
trovato la propria anima gemella.
La loro vita insieme, era appena cominciata. La loro storia
l’avrebbero scritta
giorno dopo giorno, insieme.
Questo era solo l’inizio.