Serie TV > Criminal Minds
Ricorda la storia  |      
Autore: Kessi    01/07/2010    3 recensioni
Lei gli sorrise, intenerita da quel ragazzino cresciuto troppo in fretta. Gli accarezzò i capelli “Lo so.” Poi gli sussurrò all’orecchio “Rimani con me stanotte”. Reid si voltò verso di lei, guardò i suoi occhi scuri e attenti e le sorrise dolcemente. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

It's just the Beginning

 

Una ragazza sorrise, pensando alla serata che avrebbe trascorso tra poco meno di due ore. Prese una tazza, versandosi un po’ di caffè caldo e lo bevve tutto di un sorso, poi afferrò il libro di psicologia e lo mise in cartella, già pronto per l’indomani.
Il silenzio che regnava nel suo appartamento venne interrotto dallo squillo insistente del suo cellulare. Guardò il display e rispose “Ehi!” la chiamò una voce allegra.
“Sara!” rispose lei con altrettanta enfasi “Ciao! Come stai?”
“Io bene! E tu piuttosto? Come va l’università?”.
La ragazza fece una pausa, cercando di elaborare una frase di senso compiuto. Era da molto che non parlava l’italiano, e aveva perso un po’ la mano.
“Anche io me la cavo. Ho trovato un monolocale e anche se è piccolino, devo dire che è molto bello, mi piace! L’università sta andando piuttosto bene. Tra qualche settimana dovrò sostenere il mio primo esame”.
L’amica, dall’altro capo del telefono ridacchiò “Ma vai tranquilla, che sei bravissima!”.
Lei sorrise e si avviò nella sua stanza, aprendo l’armadio e guardando attentamente ogni capo che aveva. Sbuffò. Non ne trovava nessuno all’altezza.
“Ma comunque, come va con il tuo uomo del mistero?”.
“Dai, smettila di chiamarlo così!” la rimproverò in tono scherzoso “Te lo farò conoscere appena possibile. Non appena avrò l’occasione di tornare in Italia, lo conoscerai, promesso”.
“Davvero?”
“Certo, io mantengo sempre le promesse”.
“Va bene, d’accordo, mi fido di te Alice” le disse l’amica.
“Okay, ascolta non so cosa mettermi e mi devi aiutare”.
“Sai già cosa devi metterti!”
“Ah sì?”
“Pensaci bene”.
Alice scostò qualche vestito, e poi trovò quello perfetto, che giaceva piegato nel secondo cassetto. Lo tirò fuori e sorrise. Anche il problema riguardo al vestirsi si era risolto, e addirittura nel migliore dei modi.
Lo mise sul letto e poi corse a farsi una doccia. Tra poco sarebbe dovuta andare a prenderlo! Non poteva arrivare tardi, avrebbe rischiato di non trovarlo. Era una sorpresa!


Unità di Analisi comportamentale, Quantico, Virginia.

Non appena misero piede in ufficio, tutta i componenti della squadra si sentirono meglio, confortati. Erano finalmente ritornati da quell’incubo, tutti sani e salvi. Erano tornati a casa.
Penelope Garcia, li attendeva con un sorriso stampato sul volto e con diversi bicchieri colmi di caffè accanto a lei. Andò ad abbracciarli, mentre strinse la mano ad Hotch, che abbozzò un sorriso.
“Ehi piccola” la salutò Morgan, prendendo il caffè e sedendosi alla sua scrivania.
“Ciao zuccherino. Ti trovo molto bene” gli disse col sorriso stampato sul volto.
“Grazie bambolina” le rispose sorridendole, poi si voltò verso gli altri “Io ho fame. Andiamo a mangiare qualcosa?” propose.
Il dottor Reid diede un’occhiata furtiva al cellulare. Non aveva ricevuto alcuna chiamata, né tantomeno messaggi. Non aveva impegni apparenti per quella sera, così acconsentì di andare a cenare coi suoi colleghi.
Afferrò la sua borsa, si infilò il cappotto, e corse verso l’ascensore dove Morgan e gli altri lo attendevano.
Quando arrivarono al parcheggio della BAU, tutto era buio e deserto, o almeno così appariva.
“Ragazzi, vedete anche voi una persona laggiù? Ci sta osservando” notò Emily indicando con il dito una figura che sembrava femminile. Era illuminata da un lampione, ma si vedeva comunque poco.
“Sì, la vedo anche io” annunciò Morgan aguzzando la vista.
La figura in lontananza si sbracciò, per essere notata “Ehilà!”.
Quando udì la voce, Spencer Reid si irrigidì. Non poteva essere lei. Che ci faceva qui?
“Ce l’ha con noi?” chiese JJ.
“Spencer!” continuò la figura mentre si avvicinava con passo veloce e deciso verso di loro.
“Oh, no, non ce l’ha con noi. Solo con Reid” lo stuzzicò Derek.
Il dottore arrossì e puntò lo sguardo a terra, quando venne travolto da una ragazza dai capelli lunghi e neri. Lo abbracciò per qualche secondo, poi lo lasciò andare, non prima di avergli dato un lieve bacio sulla guancia.
“Ciao” gli sussurrò.
“Alice, che ci fai qui?” gli chiese alquanto imbarazzato.
Intanto Morgan e gli altri colleghi osservarono la scena divertiti, ma allo stesso tempo, felici per il membro più giovane della squadra.
“Sono venuta a prenderti, non sei contento?” ridacchiò la ragazza, mentre si allontanò di un passo da Reid per guardarlo.
“Non … non me l’avevi detto” si giustificò il giovane.
“Infatti. Ti ho fatto una sorpresa”. Sorrise, poi posò il suo sguardo sui colleghi del suo Spencer.
“Oh, scusate, non mi sono presentata. Io sono Alice” strinse la mano alla persona più vicina a Reid, cioè Derek, che le sorrise cordialmente, ricambiando la stretta di mano “Io sono …”. Ma non ebbe il tempo di presentarsi che la giovane lo precedette “Tu sei Derek Morgan! Come non conoscerti? Spencer mi parla molto di te”.
Il dottor Reid, ancora più imbarazzato di quanto già non era, arrossì nuovamente e tossicchiò.
“Oh davvero? E che ti dice?”. Chiese il moro che se la stava spassando.
“Che sei molto bravo nel tuo lavoro, un ottimo profiler, che sei simpatico ma molte volte anche invadente. Ma che sei il migliore amico che abbia mai avuto”.
Morgan sorrise al piccolo genio che stava fissando l’asfalto che, al momento, sembrava la cosa più interessante del pianeta “Beh anche lui è davvero un buon amico”. Gli diede una pacca sulla spalla, che lo fece sbilanciare.
Poi passò alla ragazza dai capelli bruni, che osservava la scena divertita.
“Non dirmelo!” esclamò la ragazzina “Tu sei … Emily Prentiss, vero?”
“Esattamente” sorrise.
“Hai visto Spencer? Sono brava eh?”.
Il ragazzino biascicò un “sì”, mentre cercava di non rispondere alle domande del suo amico Morgan.
“Allora, come mai non mi hai detto di avere una ragazza?”.
Intanto Alice si presentò anche a JJ, poi notando l’assenza di tre agenti dell’FBI chiese a Reid come mai non c’erano. “Garcia ne ha approfittato ed è andata dal suo fidanzato Kevin, Rossi aveva un impegno urgente, mentre Hotch è andato a trascorrere un po’ di tempo con suo figlio” rispose prontamente il ragazzo.
“Bene, allora, dato che le presentazioni sono terminate, io direi di andare a mangiare. Alice, ovviamente sei invitata … Sempre che tu e Reid non abbiate di meglio da fare”.
Spencer arrossì, mentre Alice sorrise, divertita “No, non credo”.

Pochi minuti dopo erano al bar, che chiacchieravano allegramente. Non era tardi, tuttavia la stanchezza cominciò a farsi sentire.
“Allora Alice, che fai nella vita?” chiese Emily incuriosita.
“Oh, sto frequentando l’università. Sono al primo anno” specificò, sorridendo a Spencer che, nervoso e imbarazzato dalla situazione, non aveva proferito parola, o comunque non aveva ancora fatto uno di quei suoi interventi che divertivano tanto i suoi colleghi.
“E che cosa studi?” intervenne Derek, che si era lanciato nella discussione con parecchio entusiasmo.
“Psicologia” sorrise “Originale, vero?”
“Non mi suona nuovo questo campo di studi” ironizzò JJ. “Vuoi diventare una profiler?”.
La ragazza alzò le spalle “Non lo so, però da quando ho conosciuto Spencer ci sto pensando. Prima non ero al corrente di questo lavoro” si giustificò.
“E da quanto conosci Reid?” chiese Derek sorridendo.
“Da qualche mese ormai”.
“Sono 4 mesi e 3 giorni, esattamente” intervenne Spencer, fissando Alice con tenerezza.
“Ma davvero?” chiesero Emily e JJ all’unisono “E come mai non ce ne hai mai parlato?”.
“Beh, ecco … io …” balbettò il giovane genio intimidito da tante domande. “Non …”.
“Oh Spencer è molto riservato in questo”. Lo salvò Alice.
“Lo sai che Reid potrebbe non essere un umano?” la prese in giro Morgan, ridacchiando.
La giovane rivolse un’occhiata fugace, ma ricca di significati al suo ragazzo, poi rispose a Derek “Ti riferisci al fatto che ha un quoziente intellettivo di 187, una memoria eidetica e che sa leggere 20.000 parole al minuto? Sì, credo di poterlo sopportare” ironizzò mentre afferrò la mano di Reid.
Lui incrociò le sue dita a quelle della ragazza.
“Dove vi siete conosciuti?”.
“All’università. Io stavo uscendo dopo aver finito la lezione e lui stava arrivando con un libro di filosofia dalle dimensioni enormi. Ero incuriosita, così abbiamo iniziato a parlare” raccontò la ragazza con occhi sognanti, ricordando quel momento per lei magico.
Poi lo squillo del cellulare della giovane, prese a suonare. “Scusate un momento”. Osservò il display lampeggiare e rispose.
“Ehi mamma!” esclamò la ragazza con entusiasmo.
I profiler, lasciarono alla nuova arrivata un po’ di privacy e tornarono a parlottare tra loro. Ovviamente l’argomento della discussione era la relazione tra Reid e Alice. Morgan era quello più interessato e continuava a rivolgere domande alquanto imbarazzanti a Spencer, che ogni volta rispondeva a monosillabi.
“A parte gli scherzi, ragazzino … è fantastica!” disse Derek facendogli l’occhiolino “Non è troppo giovane?” chiese più curioso che critico.
“Uhm … No … Ecco …”
“Ehi rilassati! Stavo scherzando!” lo riprese.
Pochi secondi dopo, Alice chiuse la chiamata e tornò a conversare con gli agenti dell’FBI.
“Hai origini italiane?” chiese Emily.
“Sì. Io sono italiana” chiarì Alice, sorridendo “Mi sono trasferita in America per andare al college, in modo da essere più preparata quando sarei dovuta andare all’Università. Inizialmente mi sono trasferita a New York, la città che amo di più, ma poi l’ho ritenuta troppo grande e dispersiva come città, così mi sono trasferita qui a Quantico”.
“Ma il tuo nome non è italiano” disse l’agente Jareau, confusa.
“Sì, lo è. Solo che in italiano si pronuncia in un altro modo” sorrise chiarendo la situazione. Guardò l’ora, prese il cappotto e si alzò “Scusate ma ora devo proprio lasciarvi, domani ho lezione e se non vado a dormire presto, poi non sarò in grado di seguire. È stato davvero un piacere conoscervi e spero di rivedervi” concluse la ragazza salutando tutti.
“Ti accompagno” intervenne Reid, che salutò i suoi colleghi, dicendo che si sarebbero visti il giorno seguente.
“E mi raccomando, fate i bravi. Hai sentito, ragazzino? La tua fidanzata deve dormire” scherzò Derek.
Reid gli diede una lieve pacca sulla spalla, e mentre i due si allontanavano verso l’uscita sentirono Emily che lo riprendeva “Derek, smettila di imbarazzarlo in questo modo!”.
I due ragazzi sorrisero.

Quando uscirono dal bar, furono avvolti da un piacevole silenzio ed entrambi sospirarono. Spencer guardò Alice, e le sorrise “Scusa l’indiscrezione di Derek, ma te l’avevo detto che era invadente”.
“Non ti preoccupare. È molto simpatico e deve volerti davvero molto bene”.
Si avviarono alla macchina di Alice, e quando lei prese le chiavi in mano, Reid la pregò di lasciar guidare lui. “Non sei stanco, Spencer?”
“No, dovresti esserlo tu” disse “Hai passato tutto il giorno a studiare” le ricordò.
“E tu a risolvere casi raccapriccianti!” replicò lei.
“Statisticamente e semplicemente, scientificamente, chi studia spende il doppio delle energie rispetto a …”.
Ma Alice lo interruppe, posandogli un dito sulle labbra “D’accordo, d’accordo. Ma non incominciare a parlare di statistiche e quant’altro ad una velocità che il mio cervello, che ha un QI normale, non è in grado di seguire”. Poi gli porse le chiavi e salirono in auto.
“Allacciati la cintura” le raccomandò il piccolo genio prima di partire. Lei alzò gli occhi al cielo, ma fece come le aveva consigliato il ragazzo.
Guidarono ad una velocità di 50 km all’ora, ma arrivarono relativamente presto a casa.
“Vieni.” Le disse la ragazza prendendolo per mano, e portandolo nel suo piccolo monolocale.
Spencer era stato solo una volta a casa di Alice, tuttavia la ricordava perfettamente. Notò un libro aperto sul tavolo, con diverse sottolineature. A parte quello però, la casa era molto ordinata e pulita.
“Ehi, mi stai facendo il profilo basandoti sul mio appartamento?” scherzò Alice mentre si tolse la giacca, mettendola sull’appendi abiti.
Il ragazzo non le rispose, ma si limitò a sorridere.
Alice lo guardò, fermo, in mezzo alla cucina, e non potè non notare quanto sembrasse disorientato. Come un cucciolo, non appena si ritrova in un luogo a lui estraneo.
“Accomodati pure. Fa come se fossi a casa tua” gli disse prendendogli il cappotto e riponendolo accanto al suo.
La giovane prese dallo scaffale una bustina per il thè e chiese a Spencer se ne voleva anche lui.
“No, grazie”. Disse lui rifiutando la proposta elegantemente. Intanto afferrò il libro di psicologia che era accanto a lui e lo sfogliò.
“Questo non è un testo scolastico” osservò.
“No, infatti. L’ho preso io per approfondire ed ampliare le mie conoscenze. Dicono che questo professore sia il più temuto di tutti” si giustificò lei, mentre gli sedeva accanto, con una tazza di thè bollente tra le mani.
“Sei preoccupata?” le chiese aggrottando la fronte.
“Un pochino, sì” ammise cominciando a bere la bevanda.
“Posso aiutarti, se vuoi, lo sai” la rassicurò Spencer, sfiorandole un braccio.
Lei gli sorrise, intenerita da quel ragazzino cresciuto troppo in fretta. Gli accarezzò i capelli “Lo so.” Poi gli sussurrò all’orecchio “Rimani con me stanotte”.
Reid si voltò verso di lei, guardò i suoi occhi scuri e attenti e le sorrise dolcemente. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
“D’accordo” acconsentì alzandosi. Quella situazione lo metteva in imbarazzo.
Dopo Alice andò in bagno, si lavò i denti con cura ed indossò un pigiama in tinta unita. Ormai era troppo per rimpiangere il completo di Victoria’s Secrets che le aveva regalato la sua amica e che non aveva mai messo.
Afferrò dall’armadio anche un pigiama da uomo che porse a Reid. Era nuovo di zecca.
Quando la ragazza, tornò in camera da letto, e Spencer la vide, pensò che non c’era niente di più bello che Alice in pigiama.
“Sei …” balbettò il dottore imbarazzato “Ti sta molto bene”.
Lei ridacchiò “È solo un pigiama” replicò lei divertita osservandolo. Gli aveva preso un pigiama blu scuro. Gli andava un po’ grande, aveva le maniche troppo lunghe. Ricordava un po’ Cucciolo dei sette nani.
Alice tirò giù le coperte e si accomodò nel letto, caldo e confortevole. Anche Reid la imitò, impacciato ed imbarazzato. Quella situazione lo rendeva nervoso, anche se nervoso era un eufemismo. Posò la pistola e il distintivo sul comodino, poi si sdraiò, cercando di rilassarsi.
“Sai, penso che dovrò passare a cambiarmi. Pensa che cosa direbbero i miei colleghi se mi vedessero tornare con gli stessi abiti che indossavo ieri?”. Chiese parlando veloce, come sempre.
“Sì, suppongo di saperlo”. La ragazza immaginò tutte le battute che avrebbe fatto Derek e rise al solo pensiero.
Chiusero la luce, e rimasero al buio, eccetto che per il chiarore lunare che filtrava dalla finestra, rendendo la camera di un colore argenteo.
La ragazza si avvicinò a lui, e lo abbracciò, appoggiando la testa sul cuscino di Reid, che si scostò per farle un po’ di spazio. I loro corpi erano pericolosamente vicini, e l’elettricità che si era creata era palpabile. Alice sospirò, felice e senza pensieri né tanto meno preoccupazioni. Quel momento era assolutamente perfetto, e pensò di essere la ragazza più fortunata ad avere un ragazzo come lui al suo fianco.
Spencer ricambiò l’abbraccio goffamente, cercando di rilassarsi il più possibile, cosa che era impossibile. Quella notte non avrebbe chiuso occhio, era una cosa scontata.
“A che ora ti alzi?” le sussurrò Reid.
“Verso le sei e mezza, sette. Devo essere all’università alle otto.”
“Allora mi alzerò con te per non ritardare, visto che devo passare ancora a casa”. Le disse.
Alice alzò leggermente il viso, incontrando quello dell’agente dell’FBI. I loro nasi quasi si sfioravano, e il loro respiro si mescolava. La ragazza trovò automatico avvicinarsi a lui e baciarlo. Questa volta fu un vero bacio, dolce e romantico.
Reid rimase sorpreso da quel gesto, tuttavia ricambiò, all’inizio un po’ impacciato, ma poi si lasciò andare. Fu travolto da una serie di emozioni che identificò come ancora sconosciute per lui, non avendole mai provate.
“Credo … Credo che” si schiarì la gola “Che dovremmo cercare di dormire, non credi?” balbettò lui.
La ragazza gli sorrise, furba, tuttavia anche lei era stanca. “Hai ragione”.
Appoggiò la testa sul suo petto, ascoltando il suo respiro regolare. Con lui accanto, si sentiva protetta. Reid sorrise, accarezzandole i capelli lisci e setosi. Fu così che trovarono il tanto desiderato sonno. In questo modo Morfeo accolse i due innamorati tra le sue braccia.


Il risveglio fu più duro di quanto si aspettassero, tuttavia trovare al suo fianco il suo ragazzo, fece sentire Alice completa.
Reid era già sveglio da parecchio, ma fece finta di essersi svegliato insieme a lei.
Qualche minuto dopo, Alice aveva apparecchiato la tavola per fare colazione, riempiendola di succhi di frutta e una scatola di cereali.
“Buongiorno” gli disse quando lo vide arrivare già cambiato.
“Ciao”. Si sedette al tavolo e osservò Alice preparare il latte per lei, piccola abitudine dell’infanzia da cui non si era staccata. A differenza delle sue amiche, la ragazza la mattina, non beveva il caffè, ma latte e cereali.
“Vuoi che ti prepari il caffè?” chiese a Spencer, che era immerso nella lettura di un libro che lei aveva comprato poco tempo fa, ma che non aveva ancora letto. Inutile dire la sua sorpresa, quando vide che il piccolo genio era arrivato quasi alla fine. Era un libro di 500 pagine.
Non sapeva se si sarebbe abituata ad una cosa del genere.
Per un attimo pensò al suo futuro. Se avessero mai avuto dei bambini, sperava che prendessero l’intelligenza dal padre.
Scosse la testa, ritornando coi piedi per terra.
“Sì, grazie” rispose lui, chiudendo il libro.
Alice si sedette di fronte a Spencer, che beveva tranquillamente il suo caffè, mentre lei cercava di riuscire a pescare i cereali sparsi nella tazza di latte.
Quando finirono di mangiare, il dottor Reid si offrì di sparecchiare la tavola e lavare i piatti, mentre lei si sarebbe preparata. La ragazza acconsentì, sparendo nel bagno e tornando poco dopo, completamente diversa. Si era truccata e pettinata accuratamente. Indossava una camicetta azzurra e dei jeans chiari, che le stavano davvero bene.
“Ti accompagno all’università. È ancora presto per me. Devo essere in ufficio alle 8 e mezza e ora sono solo le 7 e mezza.” Spiegò Spencer, afferrando il suo cappotto e la borsa a tracolla colma di fogli.
Uscirono in strada, che era già affollata da gente che correva per prendere la metropolitana o il pullman. I due camminarono fianco a fianco, senza però prendersi per mano, e nonostante le loro mani fossero sfiorate diverse volte, nessuno dei due prese l’iniziativa.
Come previsto da Spencer, arrivarono all’università in meno di 10 minuti, e mancavano più di venti minuti all’entrata.
“Adesso vai, o rischi di arrivare in ritardo” gli suggerì la ragazza, mentre gli avvolgeva la sciarpa al collo, gesto che avrebbe fatto una madre con il proprio figlio.
“Va bene”.
Alice si alzò sulle punte dei piedi e baciò il ragazzo, che questa volta, ricambiò senza esitazioni. “Stai attento, piccolo agente dell’FBI” sussurrò lei, sulle labbra del dottore, che tremò.
“Buona lezione” gli augurò lui, mentre si allontanava in direzione di casa, con il sorriso sulle labbra, come Alice.
Anche se non glielo aveva mai detto, lei lo amava ed era sicura che anche lui provasse il medesimo sentimento, tuttavia lui era troppo timido per confessarglielo.
Quando arrivarono rispettivamente a lavoro e a lezione,  i due erano entrambi consapevoli di avere trovato la propria anima gemella.
La loro vita insieme, era appena cominciata. La loro storia l’avrebbero scritta giorno dopo giorno, insieme.
Questo era solo l’inizio.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Criminal Minds / Vai alla pagina dell'autore: Kessi